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Discussione: Vittoria Guerrini (Cristina Campo)

          
  1. #1
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    Lightbulb Vittoria Guerrini (Cristina Campo)

    Vittoria Guerrini, in arte Cristina Campo, nasce a Bologna il 29 aprile 1923, muore a Roma il 10 gennaio 1977.

    Nome:   Cristina-Campo.jpg
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    Amore, oggi il tuo nome

    Amore, oggi il tuo nome
    al mio labbro è sfuggito
    come al piede l'ultimo gradino...
    ora è sparsa l'acqua della vita
    e tutta la lunga scala
    è da ricominciare.
    T'ho barattato, amore, con parole.
    Buio miele che odori
    dentro diafani vasi
    sotto mille e seicento anni di lava -
    ti riconoscerò dall'immortale
    silenzio.

    Cristina Campo
    Non avere mai paura di essere un papavero in un campo di giunchiglie.


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  3. #2
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    È rimasta laggiù, calda, la vita,
    l’aria colore dei miei occhi, il tempo
    che bruciavano in fondo ad ogni vento
    mani vive, cercandomi…
    Rimasta è la carezza che non trovo
    più se non tra due sonni, l’infinita
    mia sapienza in frantumi. E tu, parola
    che tramutavi il sangue in lacrime.
    Nemmeno porto un viso
    con me, già trapassato in altro viso
    come spera nel vino e consumato
    negli accesi silenzi…
    Torno sola
    tra due sonni laggiù, vedo l’ulivo
    roseo sugli orci colmi d’acqua e luna
    del lungo inverno. Torno a te che geli
    nella mia lieve tunica di fuoco.

    Cristina Campo





    Non avere mai paura di essere un papavero in un campo di giunchiglie.


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  5. #3
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    Devota come un ramo
    curvato da molte nevi
    allegra come falò
    per colline d'oblio,
    su acutissime lamine
    in bianca maglia di ortiche,
    ti insegnerò, mia anima,
    questo passo d'addio...

    Cristina Campo - La tigre assenza
    A ciascuno e' affidato il compito di vegliare sulla solitudine dell'altro.

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  7. #4
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    Moriremo lontani. Sarà molto
    se poserò la guancia nel tuo palmo
    a Capodanno; se nel mio la traccia
    contemplerai di un'altra migrazione.
    Dell'anima ben poco
    sappiamo. Berrà forse dai bacini
    delle concave notti senza passi,
    poserà sotto aeree piantagioni
    germinate dai sassi...
    O signore e fratello! ma di noi
    sopra una sola teca di cristallo
    popoli studiosi scriveranno
    forse, tra mille inverni:
    «nessun vincolo univa questi morti
    nella necropoli deserta».

    Cristina Campo 1944



    P.S. Di questi versi Cristina Campo ne parlerà nel 1955 in una lettera alla Pieracci, in cui dice:«Moriremo lontani è la mia prima poesia. La scrissi in una notte così stanca… Se ti capita di trovarti nei Musei Vaticani, vedrai nella sala egizia una custodia di vetro con dentro i corpi di due bellissimi giovani. E sopra quella coppia millenaria, che è l’immagine stessa dell’amore, c’è un cartello: “Non erano uniti da alcun vincolo familiare».
    A ciascuno e' affidato il compito di vegliare sulla solitudine dell'altro.

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  9. #5
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    Ora che capovolta è la clessidra,
    che l’avvenire, questo caldo sole,
    già mi sorge alle spalle, con gli uccelli
    ritornerò senza dolore
    a Bellosguardo: là posai la gola
    su verdi ghigliottine di cancelli
    e di un eterno rosa
    vibravano le mani, denudate di fiori.
    Oscillante tra il fuoco degli uliveti,
    brillava Ottobre antico, nuovo amore.
    Muta, affilavo il cuore
    al taglio di impensabili aquiloni
    (già prossimi, già nostri, già lontani):
    aeree bare, tumuli nevosi
    del mio domani giovane, del sole.

    Cristina Campo
    A ciascuno e' affidato il compito di vegliare sulla solitudine dell'altro.

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  11. #6
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    Diario bizantino di Cristina Campo (postumo):

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    A ciascuno e' affidato il compito di vegliare sulla solitudine dell'altro.

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  13. #7
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    Così scrisse a un'amica: "La mia lingua, lo so bene, è armoniosa, troppo, persino. E' proprio questo che a me non va. Io faccio dell'oreficeria, mentre si deve lavorare la pietra."

    Di sè, a un'altra amica, scrisse: "Ha scritto poco e avrebbe voluto scrivere meno."


    Oltre il tempo, oltre un angolo

    Wath sorrow
    beside your sadness
    and what beauty
    W.C. Williams

    Troppe cose hanno accolto le tue palpebre
    l’attenzione t’ha consumato le ciglia.
    Troppe vie t’hanno ripetuta,
    stretta, inseguita.
    La città da secoli ti divora
    ma per te travede, sogno e sfacelo,
    di luci e piogge, lacrime senili
    sulla ragazza che passa
    febbrile, indomabile, oltre il tempo, oltre un angolo.
    Ritorna! Gridano i vecchi di Santa Maria del Pianto,
    la ronda della piscina di Siloè
    con i cani, gl’ibridi, gli spettri
    che non si sanno e tu sai
    radicati con te
    nel glutine blu dell’asfalto
    e credono al tuo fiore che avvampa, bianco –
    poiché tutti viviamo di stelle spente.

    Cristina Campo, La tigre assenza
    A ciascuno e' affidato il compito di vegliare sulla solitudine dell'altro.

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  15. #8
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    Nobilissimi ierei,
    grazie per il silenzio,
    l'astensione, la santa
    gnosi della distanza,
    il digiuno degli occhi, il veto dei veli,
    la nera cordicella che annoda ai cieli
    con centocinquanta volte sette nodi di seta
    ogni tremito del polso,
    l’augusto canone dell’amore incommosso,
    la danza divina del riserbo:
    incendio imperiale che accende
    come in Teofano il Greco e in Andrea Diacono,
    di mille Tabor l’oro delle vostre cupole,
    apre occhi del cuore negli azzurrissimi spalti,
    riveste i torrioni di Sangue.
    Che prossimità spegne
    come pioggia di cenere.

    Cristina Campo
    Non avere mai paura di essere un papavero in un campo di giunchiglie.


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  17. #9
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    Canone IV
    Il Tremendo, conoscendone l’animo
    pieghevole come il salice al vento dell’idolatria,
    trasfuso ch’ebbe nella divina icone
    il suo indicibile sguardo sugli uomini,
    volle talora sottilmente provarne
    l’antico occhio di carne,
    un lampo trasfondendo della suprema Maschera
    in un volto di carne:
    centro celato nel cerchio, essenza nella presenza,
    lido inafferrabilmente coperto e riscoperto
    della Somiglianza, fermo orizzonte dell’Immagine,
    all’incrocio del tempo e dell’eterno,
    là dove la Bellezza,
    la Bellezza a doppia lama, la delicata,
    la micidiale, è posta
    tra l’altero dolore e la santa umiliazione,
    il barbaglio salvifico e
    l’ustione,
    per la vivente, efficace separazione
    di spirito e anima, di midolla e giuntura,
    di passione e parola.
    O quanto ci sei duro
    Maestro e Signore! Con quanti denti il tuo amore
    ci morde! Ciò che dal tuo temibile
    pollice luminoso è segnato
    – spazio ducale tra due sopraccigli, emisferi
    cristallini di tempie, sguardi senza patria quaggiù,
    silenzi più remoti dell’uranico vento –
    ancora e ancora, scoperta e riscoperta
    la tua Cifra per ogni angolo della terra, per ogni angolo
    dell’anima da te è gettata, da te è scagliata:
    a testimoniare, a ferire,
    a insolubilmente saldare
    a inguaribilmente separare.

    Cristina Campo
    Non avere mai paura di essere un papavero in un campo di giunchiglie.


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