Ecco finalmente la mia impressione sul libro di Annamaria:

“Si può descrivere il dolore? No. E non perché è un nome astratto. Semplicemente perché non esistono aggettivi, metafore o qualsiasi immagine per esprimerlo per intero. E’ il vuoto nero nel quale sprofondi senza appigli, è i graffi sull’anima che non sanguina, è soffocare continuando a respirare è...il dolore.”


Tre donne, tre amiche. Giunte a un binario della vita in cui si tirano le somme. Hanno circa cinquant’anni, ma un vissuto importante.
- Benedetta, casalinga, sposata da 30 anni con un marito, Giovanni, dai baci dal “sapore stantìo”. Tre figli maschi.
- Eleonora, insegnante, anch’essa tre figli – due femmine e un maschio. Vive il matrimonio come un peso difficile da sopportare, soprattutto perché il marito, appesantito dagli anni e definito “pachiderma” dalla moglie, ha ancora appetiti sessuali che lei non ricambia con lo stesso trasporto.
Carmen, giornalista di carriera. Single, vive con il gatto Pucci, un soriano molto affettuoso. Rossa di capelli e corteggiata da molti uomini, soffre di incubi terribili.

Questo il quadro delle tre figure femminili del romanzo, che si interseca e si sussegue fra battute esilaranti e momenti di riflessione. Non è facile per loro mettere a nudo le loro angosce, le loro preoccupazioni e i loro fallimenti. Lo stare insieme non è un modo per confrontarsi, ma per passare momenti spensierati e staccare la spina dal presente.
Per Carmen, invece, il tormento è quasi palpabile. Telefona alle amiche e preannuncia, con la voce rotta, un viaggio di lavoro, in cui non sarà rintracciabile. Prega le amiche di non preoccuparsi e prende il volo verso lidi sconosciuti.
Ma le amiche, preoccupate, iniziano a indagare sui motivi di tale scomparsa, convinte sempre più che qualcosa nel discorso di Carmen non le ha convinte.
Ma appena si muovono in varie direzioni, scoprono cose davvero inimmaginabili. Ma avranno fatto davvero bene?
Interessante la caratterizzazione dei personaggi, che puntano l’indice su tematiche quanto mai attuali. Dall’amicizia tra donne, ai rapporti affettivi, ai legami tra omosessuali. Uno spaccato di società che ci scorre davanti agli occhi come a un vecchio film, dove i ruoli si soverchiano e si amalgamano.
La scrittrice sa creare un mix di napoletanità - con alcune frasi in dialetto che rendono maggiormente il significato dell’azione – e di emotività, in cui un silenzioso dolore serpeggia fra i personaggi della storia.
Un romanzo che, forse, aiuterà a capire un universo femminile dalle mille sfaccettature, in cui l’uomo non ne esce vincitore. Ma, in realtà, non ci sono né vincitori, né vinti. C’è la vita di ogni giorno.

Ciao!
Cecilia