Pensa e ripensa. Rifletti e rifletti.
Alla fine è uscito questo pensiero.


Saramago non smentisce mai!
Un libro, un percorso, una ricerca.
Il protagonista (José), l'unico avente un nome nel libro, è un impiegato abbastanza mite. Vive solo, in una casa che confina direttamente, addirittura attraverso una porta, con l'ufficio dove lavora (la Conservatoria Generale dell’Anagrafe).
Nella Conservatoria Generale dell'Anagrafica sono presenti tutti i moduli di nascita e morte di ogni persona. Essa è divisa in due sezioni, quella dei vivi (ordinata e pulita) e quella dei morti (corridoi bui, polverosi e quasi infiniti).
Come hobby il signor José colleziona le "vite" dei vip del suo paese, finché un giorno si trova davanti un modulo di una donna sconosciuta. Da quel giorno parte alla ricerca sfrenata, passionale ed alquanto folle.
Nella storia non possono mancare differenti punti di riflessione. Qui ce ne sono alcuni dei miei:
  Spoiler

Il dormire o riposarsi in ogni luogo dove lo porta la ricerca --> Potrebbe essere associato alle tappe della nostra vita, che a volte sono come degli stalli. Ci troviamo in situazioni scomode e ci rimaniamo del tempo prima di poter andare avanti.
Il soffitto della camera --> Josè, più volte, disteso sul letto, mentre riflette, si ritrova a parlare con il soffitto. Sicuramente una di queste è la chiave della mia riflessione. Josè che gli dice una frase del tipo: "Tu che stai lassù e non fai niente. Abituato solo a guardare, ma non agire", ed il soffitto che risponde più o meno "è vero, io sono qua su e non faccio niente, ma ti guarda tutto il tempo e ti conosco più di quanto immagini". La conversazione mi ha fatto pensare al riferimento uomo-Dio. Uomo che vive e agisce e Dio che guarda e conosce.
Il pastore e le pecore --> il pastore l'ho visto come una figura ricorrente nei libri di Saramago. Infatti, lo si può trovare anche nel "Vangelo secondo Gesù Cristo", dove per me, impersonava il diavolo/il male. Bellissima conversazione tra Gesù e questo personaggio!
In questo libro, il pastore difende i morti per suicidio, liberandoli dalle visite inopportune che hanno portato il defunto all'atto estremo. Come? Cambiando il numero sulla tomba prima che il marmista metta il nome del deceduto, in modo da non avere la corrispondenza giusta tra il nome ed il corpo. Così, le i morti per suicidio saranno lasciati in pace da eventuali visitatori che li hanno fatti soffrire.
La contrapposizione e la similitudine del cimitero e l'anagrafe --> L'Anagrafica così chiusa e divisa tra morti e vivi, il cimitero così aperto (senza mura), che entra addirittura nelle strade della città. Da una parte una divisione netta, dall'altra quasi una "infestazione" nel mondo dei vivi.
La riorganizzazione dell'anagrafica --> L'accettazione che la vita e la morte si tengono per mano e camminano di pari passo. E' inutile distinguerle e dividerle.
La fine --> Grande interrogativo. Cosa voleva dire realmente Saramago? Come cecità che lascia un grande punto interrogativo, questo libro non è da meno.
La mia interpretazione: bruciando il certificato di morte è come non morire mai.
Interpretazione che non convince neanche me stessa.


Voi, invece, cosa ne pensate?