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Discussione: Riflessioni

          
  1. #1
    Master Member L'avatar di Enribello
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    Riflessioni

    Questo spazio nasce per parlare della vita,riflesso del nostro infinito...parole,approfondimento,considerazioni.. .

    La riflessione che leggerete sotto e' dovuta a due cose....la prima....e' questa che lessi tempo fa'...

    LA TRACCIA


    Prologo

    All' inizio del 1900, un gruppo di studentesse americane del Mount Holyoke college, in Massachusetts, sigillò una scatola di metallo destinata alle colleghe del lontano anno 2000. Una volta aperta, 100 anni e 20 minuti dopo (i minuti necessari ai fabbri per scardinarla), all'interno sono stati trovati un berretto universitario, programmi teatrali, una foto della classe 1900, alcune monete, un libretto d'esami e soprattutto un messaggio. "Se la scienza vi ha insegnato quello che molti credono sarà uno degli elementi più diffusi delle vostre conoscenze, ovvero il potere di comunicare con il mondo invisibile dal quale saremo osservando il vostro destino - recitava il testo - vi preghiamo di rispondere a questo messaggio".


    Sul rotolo del Libro dei Morti,il dio Anubi dal volto di sciacallo,solleva un cuore e lo posa su una bilancia ponendo sull’altro piatto una piuma. Lo scriba Toth e’ pronto a scrivere il verdetto.Se il cuore e’ piu’ pesante della piuma, un demone e’ pronto a divorarci.Solo chi ha il cuore piu’ leggero della piuma camminera’ sottobraccio ad Horus per incontrare Osiride che gli concedera’ la vita eterna. Suggestivo no ? L’eternita’ .la memoria,il tempo……tanti poeti e filosofi ne hanno scritto.
    Ma noi?
    C’è chi sara’ ricordato per per aver scritto libri o dipinto quadri. Per qualche scoperta scientifica, per un impresa sportiva , chi lascia opere architettoniche chi una grande musica. O un grande film.
    E sara’ ricordato magari con biografie,con piazze o vie….


    Itaca ti ha dato il bel viaggio,

    senza di lei mai ti saresti messo in viaggio: che cos'altro ti aspetti?
    ITACA Kavafis


    Gia’ cosa ci aspettiamo?

    Noi “anonimi” come saremo ricordati?Noi che stiamo attraversando questa vita?

    Forse dovremmo lasciare una traccia. Di noi.
    Per non lasciare vuoto il palcoscenico quando la recita sara finita.
    Magari un diario. Chi tra 100 anni leggera,’ potra’ immaginare qualcosa di noi? Delle nostre cose “minime”? Bastera'?

    . Essere stato un buon padre o una buona madre, aver amato in silenzio o aver fatto del bene a qualcuno,regalando magari un sorriso a chi ne aveva bisogno.
    Mi piace pensare che in futuro lontano qualcuno/a ripensera’ a noi con quello stesso sorriso e che non svanira’ tutto come ...lacrime nella pioggia
    E poi....
    Sara’ il mio cuore piu’ leggero di una piuma? Uhmm..me sa che Osiride non la incontro.
    ..



    Ah gia' la seconda...

    Qualche anno fa' vennero una sera a casa amiche e amici di mia figlia.E li ho sentiti dire,vedendo delle vecchie foto,"Ammazza che figo che ERA tuo padre!" Ho messo volutamente la parola "era" in risalto. Va bene che per i 18 enni uno di 40 e' gia' vecchio,pero' che diamine...un po' di rispetto


    No perche' se uno a 40 e' vecchio...a me mi mettono direttamente dentro la piramide...che poi a pensarci bene...Enribelloramsete il grande...mica suona male...se poi incontro Nefertiti...
    scusate l'o.t.
    Io li odio i nazisti dell'Illinois...

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  3. #2
    Master Member L'avatar di Enribello
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    Eros e Thanatos, amore e morte. Due opposti che da sempre convergono... non si dice infatti ancora oggi come ieri “ti amo da morire”...(Romeo e Giulietta) o “muoio d’amore”... (la storia del giovane Werther di Goethe...)...?
    I grandi amanti della storia muoiono sempre... Antonio e Cleopatra....Paolo e Francesca...Tristano e Isotta....quasi come se non si potesse vivere l’estasi amorosa senza provare il suo contrario....pensiamo a Otello..la sua passione degenera fino al punto di uccidere chi piu’ ama... o alla storia di Orfeo... il tentativo romantico di strappare dal regno dell’Ade l’amata...tentando un compromesso appunto tra amore e morte. Ma a parte la letteratura, ne hanno parlato in tanti...( Freud ecc..)

    In un vecchio film ,“L’impero dei sensi”,si racconta la passione di un uomo e una donna presi in un vortice di trasgressione fino alla morte.
    L’amore puo’ essere travolgente e appagante ma puo’ trasformarsi in una spirale di odio o di follia che conduce alla morte. In un altro film tratto dal bel libro “L’Amore ai tempi del colera” (G.G.Marquez) i due protagonisti dopo tante vissicitudini moriranno amandosi in un battello che segnala con un drappo il colera a bordo. ...”E’ la vita a non aver confini,non la morte!” cosi dice lui,in questo eterno gioco tra Eros e Thanatos... anche ai giorni nostri sembra un binomio indissolubile...basta leggere le cronache di tutti i giorni.
    Eppure non dovrebbero essere distanti? Che cosa affascina?....Lo so e’ un argomento un po’ cosi....su cui filosofeggiare un po' se vi va....un ultima cosa....

    I francesi chiamano l’orgasmo “la petit mort”....per il senso di oblio che accoglie i corpi inondati dal troppo piacere....

    aho’ se proprio devo mori’....
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  5. #3
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    “la petit mort”....per il senso di oblio che accoglie i corpi inondati dal troppo piacere....

    aho’ se proprio devo mori’....
    lo scassaballe linguistico che mi anima mi porta a puntualizzare che "mort", in quanto sostantivo, è femminile. Quindi: "la petite mort". Ti lascio immaginare che cosa possa suggerire in questo contesto l'evocazione (o dovrei dire riesumazione?) di un "petit mort"?

    'sti cianfresi ingarbujati...
    "non vitae sed scholae discimus" (Seneca, Epistulae morales ad Lucilium, 106, 12)

  6. #4
    Moderator L'avatar di kaipirissima
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    ,
    Ah gia' la seconda...

    Qualche anno fa' vennero una sera a casa amiche e amici di mia figlia.E li ho sentiti dire,vedendo delle vecchie foto,"Ammazza che figo che ERA tuo padre!" Ho messo volutamente la parola "era" in risalto. Va bene che per i 18 enni uno di 40 e' gia' vecchio,pero' che diamine...un po' di rispetto


    No perche' se uno a 40 e' vecchio...a me mi mettono direttamente dentro la piramide...che poi a pensarci bene...Enribelloramsete il grande...mica suona male...se poi incontro Nefertiti...
    scusate l'o.t.
    riflessione...
    SOLO 40? Non so perché ma ti facevo più "vecchio" . Ah ah . Lo so, non è un buon post per iniziare la giornata!

  7. #5
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    Enri:
    No perche' se uno a 40 e' vecchio...a me mi mettono direttamente dentro la piramide..
    Proprio perche' ne ho di piu'.... ( rivedere topic di presentazione)
    Io li odio i nazisti dell'Illinois...

  8. #6
    Moderator L'avatar di kaipirissima
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    ah, vero. chissà che avevo per la testa, forse mi ero fermata a Figo e quarantenne e mi sono distratta.

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  10. #7
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    Forse questa non e' la discussione giusta...spostatelo pure naturalmente

    Libri lib(e)rati


    Libri. Libri librati in volo nelle voliere appese al muro, libri rampicanti che fioriscono fuori stagione, libri animati che scodinzolano sul comodino, sotto il letto, sul tavolino. Libri che pigolano, che urlano appena li apri, che sgocciolano tutta la notte e non ti lasciano dormire e a volte infiltrano il pavimento e la vicina del piano di sotto chiama: "Signora, c’è Tolstoj nel mio tinello, vuole riprenderselo, che mi dorme sul divano e spiegazza i cuscini?", oppure Von Clausewitz che gioca coi soldatini del bambino. O Gabo in cucina che litiga con Donna Flor sulla quantità di sale del risotto e dell’amore.
    E poi i libri che sono solo interiori: i diari di mio padre e mia madre, i miei diari scomparsi, i diari di mia nonna analfabeta, tutti telepatici e genetici (ci troviamo scritti i lobi sottili, le ossa sensitive, la schiena diritta, il gusto per il sapore dell’acqua e delle parole, una certa forma del naso e dei pensieri, la testa calda, i piedi freddi, il sangue salato, una vertigine all’attaccatura dei capelli e del cuore, il presentimento delle comete).
    I carteggi di lettere non scritte e non spedite oppure mai aperte, dove l’inchiostro continua a sobollire piano, come catrame.
    I manuali per costruire barche, arche, scaffali e relazioni. Il Grande libro dei nodi (il mio preferito è la gassa d’amante, ma non saprò mai riprodurlo, con nessuno e con niente).
    E i vocabolari. Libri bulimici che vogliono tutte le parole ma non le sanno usare, le mettono in fila come non saranno mai, né dentro né fuori. Vocabolari dove lettere come la x, la y, la k cambiano di posto ogni volta che li apri (sono incognite, come d’altronde tutte le lettere dell’alfabeto, ma loro di più).
    E poi ci sono i libri che sono usciti, e sono diventati stanze, terrazze, case, città, pianeti.
    Nella mia casa ci sono camere sudamericane, camere dello scirocco e camere della tortura. Un patio con gardenie immortali, da cui s’intravvede un sanatorio ottocentesco, una fabbrica abbandonata, alcuni mari, due vulcani, montagne incantate, stazioni dove nelle notti d’inverno s’aggirano viaggiatori, città del tutto invisibili.
    E i libri che ho immaginato, e per oscure ragioni sono diventati veri, o viceversa: libri che ho letto talmente tanto da farli diventare totalmente immaginari. Come la cena di Trimalcione, le ricette di zia Enza, il taccuino di Carmosina, le botteghe color cannella. Le cronache marziane le scrissi quando ero giovane, ora forse vorrei immaginare Declino e caduta dell’Impero romano, oppure il Ciclo della fondazione.
    Ho amato una quantità di uomini e donne, sotto i più vari travestimenti: alcuni li ospito ancora a casa mia. Il Che che non riesce ad allacciarsi gli anfibi, perché ha troppa fretta di vivere. Frida che cammina sbilenca e disegna sui muri con lo smalto rosso o col sangue. Ino Moxo che cerca la terza metà, o i ponchos ricamati dalla vecchia Ana, cieca e veggente nella migliore tradizione (qualche volta confabula con Edipo, e non so mai se li interessi sapere come è stato che hanno visto, o come è stato che non hanno visto).
    E qualche volta i libri sbocciano in forma di rosa. Stat rosa pristina nomen.
    Il balcone olezza di rose al gelsomino, rose al tiglio, rose al peperoncino, rose all’avverbio di modo, rose al carbone bagnato, rose al bandoneon. E i nomi si affollano, e noi li cogliamo per metterli nei vasi, o nei libri, libri che parlano di rose…


    E’ che nella mia altra vita in rete (nessuna delle centoquindici reali) si parla di libri, si compilano liste di libri, ci si scambia catene immateriali di libri che poi ti si affollano attorno e non vedi più niente, solo pagine aperte come ali, e confondi la realtà coi libri, o viceversa, ma forse è sempre così: se non avessimo i libri attraverso cui filtrarla, la realtà sarebbe senza rose e senza pepe, o viceversa, se non avessimo terra da metterci, i libri si alzerebbero in volo, e potremmo solo contemplarli da lontano, schermandoci gli occhi con la mano.
    da
    https://manginobrioches.wordpress.co...ibri-liberati/

    Leggendo questo vecchio incantevole scritto,mi sono ricordato di quando leggevo cosi tanto Seneca o Pirandello che arrivavo al punto di dargli la buonanotte quando li appoggiavo sul comodino....e anche quando sullo scaffale vedevo Marx o CheGuevara vicino alla Bibbia....chissa,
    se si parlassero tra di loro magari non starebbero a scrutarsi tra di loro "l'un contro l'altro armato".
    A volte dimentichiamo che noi lettori possiamo sorvolare lo spazio e il tempo aprendo libri cosi distanti che in modo paritario ci aiutano ad avvicinarci alla comprensione del mondo

    Io li odio i nazisti dell'Illinois...

  11. #8
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    Gli inglesi dicono : "La mia casa e' la mia fortezza" intendendo con cio' il suo potere protettivo.
    Io vorrei proporre un altro aspetto :quello della casa come parte di noi stessi, intrinsica della nostra personalita'.
    La casa si trova come archetipo in tutte le civilta', e se osserviamo i primi disegnini dei bambini non manca la casa gia' dalla prima infanzia.
    La casa trasmette con la sua autenticita', luce e colori , lo stato d'animo di chi ci vive, gioia e amarezza, amore e sociabilita'. Bisogna pero'considerare che la scelta spesso e' vincolata da motivi economici e non esprime
    totalmente ciò che vorremmo. Quindi brevemente...
    come e' la vostra casa e come la vorreste? E sopratutto: siete disposte/i ad un compromesso con il vostro compagno/a,convivente o moglie/marito che sia ?
    (Non pensate che per il fatto di stare insieme ci sia una condivisione anche sul come deve essere il vostro nido d'amore )...
    anzi questo potrebbe essere una sorpresa
    Io li odio i nazisti dell'Illinois...

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  13. #9
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    Compromessi in un rapporto di coppia ce ne sono sempre e la casa non fa eccezione, nel mio caso le diatribe più frequenti riguardano, strano ma vero , lo spazio che occupano i miei libri a discapito delle altre destinazioni d'uso che mia moglie vorrebbe riservare a mensole e ripiani vari.
    Non è vero che ti fermi quando invecchi, ma invecchi quando ti fermi.

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  15. #10
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    Intanto ringrazio Mauro per aver risposto...una considerazione a proposito della foto sotto...



    Bello il camino...non male l'idromassaggio.
    Solo una domanda...come faccio a mettere il bosco fuori casa mia ?

    Allora seriamente...
    Per quanto riguarda la casa ideale ho tutto il progetto in testa....solo che per il lato economico, dovrebbe aiutarmi qualcuno tipo Briatore
    Parlando di quella attuale e' per forza frutto di un compromesso...in generale pero'mi rappresenta,anche se non l'ho disegnata io.
    E' abbastanza luminosa , di solito profumata dalle essenze che vanno a seconda del periodo.
    Una stanza in particolare e' arredata con mobili color "zucca", (i colori sono importanti come diro' sotto) piena di quadri,libri dapertutto, (persino in libreria )cd,dvd, ricordi di viaggi....un disordine calcolato,dove mi ritrovo....non mi piacciono in generale le case perfettine o finte. La cucina e' in legno rovere,quando ci sono io sembra kabul dopo un attacco se no in genere e' ordinata.
    Parquet in camera da letto,bagno con mosaici bianchi e neri,con una doccia grande per due Un bel terrazzo con piante e fiori,
    A volte mi capita di vedere case splendide ma assolutamente impersonali....di contro mi viene in mente una casa di una mia amica giornalista e fotografa,piena di ricordi e foto dei suoi viaggi....anche eccessiva per certi versi...pero' rivelava la personalita' di chi ci abitava.
    E anche gli oggetti hanno la loro importanza...quelli dei nonni o magari prima ancora....se qualcuno li tiene in vita questi oggetti ci sopravvivono...come anche la nostra stessa casa,se di proprieta'. Va oltre noi. Due parole sui colori....

    Dal libro di Remi Alexander, architetto: "La vostra casa, voi stessi" ...
    Parlando dell'influenza che ha la casa su tutti noi, R.A. da' speciale importanza ai colori. I nostri occhi e tutto il corpo captano quei messaggi colorati che dobbiamo imparare a dosare.
    Il soggetto e' vasto in funzione del clima e di ogni singola stanza. Ma anche l'intuizione ci guida nella scelta dei colori piu' favorevoli al nostro organismo.
    Generalmente Alexander preferisce i colori con effetto rilassante come il crema, e per soffitti l'azzurro-cielo.
    Il bianco puo' deprimere come la neve quando dura a lungo.
    Marrone, grigio e nero out. I toni pastello sono piu' accettati, anche nelle stanze da bagno. (e' chiaro che poi ognuno fa quello che vuole...e' solo uno spunto)
    Si deve prendere in considerazione che per abituarsi ad una nuova casa occorrono in media 2 anni.
    Ma nel corso degli anni cambiamo i gusti, le abitudini e le necessita'. Queste sono le ragioni che ci portano a traslocare. In certe tribu' i traslochi sono accompagnati da riti di passaggio, per favorire l'attaccamento a nuove radici....ma qui poi si andrebbe o.t.....







    Io li odio i nazisti dell'Illinois...

  16. #11
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    Diceva Charles Bukowski:

    Mostratemi un uomo che abita solo e ha la cucina perpetuamente sporca e, 5 volte su 9, vi mostrerò un uomo eccezionale.

    27 giugno 1967, alla 19° birra.

    La mia casa è un grande caos ma non sono una donna eccezionale. Mi piacciono gli appartamenti funzionali e non sopporto le dimore asettiche dove non c'è un grammo di polvere e le pattine per la cera per terra. La mia casa ideale dovrebbe essere più grande, con una stanza per lo studio e una con tutti gli accessori per i miei due micioni.
    Due cose mi hanno sempre sorpreso: l'intelligenza degli animali e la bestialità degli uomini. Bertrand Russell

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  18. #12
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    Il lato economico è quello che frega quasi tutti quelli che non sono membri di Confindustria

    Però, a parte questo, credo che ognuno di noi possa dare una sua ben definita impronta alla casa in cui abita e, spesso, le diatribe sull'argomento con chi abita sotto il nostro stesso tetto, nascono proprio perché la casa non assume l'aspetto o l'atmosfera che noi vorremmo ci circondasse.
    Io sono tendenzialmente una persona ordinata ma non maniaca della razionalizzazione, il che significa che ci deve essere un posto per ogni cosa e ogni cosa deve stare al suo posto ma non con precisione geometrica. L'esempio che qui non può mancare sono i libri: devono stare nella libreria ma sono messi un po' orizzontali, un po' verticali e senza criteri precisi a parte il raggruppare i volumi di uno stesso autore ... lo stesso vale per tante altre cose che non mi dispiace vedere in giro per casa purché non si passi dalla casa "vissuta" alla casa "abbandonata".

    I colori.
    Mi piacerebbe dare maggiore personalità (e vivacità) alla casa con colori anche un po' audaci, ma questo è un argomento su cui mia moglie ha posto un veto tipo quelli degli U.S.A. alle Nazioni Unite e al quale sono concesse deroghe strettissime rispetto al bianco come un vago color crema nel salotto, mentre a me non dispiacerebbe la camera delle ragazze color lilla (come hanno, invano, chiesto) e la cucina su un tono arancio scuro.

    Speculare a Enribello in cucina, se c'è disordine non riesco a cucinare per cui ordine e pulizia da cucina stellata.
    Non è vero che ti fermi quando invecchi, ma invecchi quando ti fermi.

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  20. #13
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    Questa è l’acqua.
    di David Foster Wallace
    [traduzione di Roberto Natalini]
    Trascrizione del discorso di David Foster Wallace per la cerimonia delle lauree al Kenyon college, 21 maggio 2005.

    Magari lo conoscete…o magari no.E' un po' lungo... e quindi lo divido in tre parti....ma vale assolutamente la pena leggerlo tutto, con calma....non ve ne pentirete.
    Parola di Enry.

    ----------------------------------------------------------------------

    Un saluto a tutti e le mie congratulazioni alla classe 2005 dei laureati del Kenyon college. Ci sono due giovani pesci che nuotano uno vicino all’altro e incontrano un pesce più anziano che, nuotando in direzione opposta, fa loro un cenno di saluto e poi dice “Buongiorno ragazzi. Com’è l’acqua?” I due giovani pesci continuano a nuotare per un po’, e poi uno dei due guarda l’altro e gli chiede “ma cosa diavolo è l’acqua?”

    È una caratteristica comune ai discorsi nelle cerimonie di consegna dei diplomi negli Stati Uniti di presentare delle storielle in forma di piccoli apologhi istruttivi. La storia è forse una delle migliori, tra le meno stupidamente convenzionali nel genere, ma se vi state preoccupando che io pensi di presentarmi qui come il vecchio pesce saggio, spiegando cosa sia l’acqua a voi giovani pesci, beh, vi prego, non fatelo. Non sono il vecchio pesce saggio. Il succo della storia dei pesci è solamente che spesso le più ovvie e importanti realtà sono quelle più difficili da vedere e di cui parlare. Espresso in linguaggio ordinario, naturalmente diventa subito un banale luogo comune, ma il fatto è che nella trincea quotidiana in cui si svolge l’esistenza degli adulti, i banali luoghi comuni possono essere questioni di vita o di morte, o meglio, è questo ciò che vorrei cercare di farvi capire in questa piacevole mattinata di sole. Chiaramente, l’esigenza principale in discorsi come questo è che si suppone vi parli del significato della vostra educazione umanistica, e provi a spiegarvi perché il diploma che state per ricevere ha un effettivo valore sul piano umano e non soltanto su quello puramente materiale. Per questo, lasciatemi esaminare il più diffuso stereotipo nei discorsi fatti a questo tipo di cerimonie, ossia che che la vostra educazione umanistica non consista tanto “nel fornirvi delle conoscenze”, quanto “nell’insegnarvi a pensare”.
    Se siete come me quando ero studente, non vi sarà mai piaciuto ascoltare questo genere di cose, e avrete tendenza a sentirvi un po’ insultati dall’affermazione che dobbiate aver bisogno di qualcuno per insegnarvi a pensare, poiché il fatto stesso che siete stati ammessi a frequentare un college così prestigioso vi sembra una dimostrazione del fatto che già sapete pensare. Ma vorrei convincervi che lo stereotipo dell’educazione umanistica in realtà non è per nulla offensivo, perché la vera educazione a pensare, che si pensa si debba riuscire ad avere in un posto come questo, non riguarda affatto la capacità di pensare, ma piuttosto la scelta di cosa pensare. Se la vostra assoluta libertà di scelta su cosa pensare vi sembrasse troppo ovvia per perdere del tempo a discuterne, allora vorrei chiedervi di pensare al pesce e all’acqua, e a mettere tra parentesi anche solo per pochi minuti il vostro scetticismo circa il valore di ciò che è completamente ovvio.
    Ecco un’altra piccola storia istruttiva. Ci sono due tizi che siedono insieme al bar in un posto sperduto e selvaggio in Alaska. Uno dei due tizi è credente, l’altro è ateo, e stanno discutendo sull’esistenza di Dio, con quell’intensità particolare che si stabilisce più o meno dopo la quarta birra. E l’ateo dice: “Guarda, non è che non abbia ragioni per non credere. Ho avuto anche io a che fare con quella roba di Dio e della preghiera. Proprio un mese fa mi sono trovato lontano dal campo in una terribile tormenta, e mi ero completamente perso e non riuscivo a vedere nulla, e facevano 45 gradi sotto zero, e così ho provato: mi sono buttato in ginocchio nella neve e ho urlato ‘Oh Dio, se c’è un Dio, mi sono perso nella tormenta, e morirò tra poco se tu non mi aiuterai’.” E a questo punto, nel bar, il credente guarda l’ateo con aria perplessa “Bene, allora adesso dovrai credere” dice, “sei o non sei ancora vivo?” E l’ateo, alzando gli occhi al cielo “Ma no, è successo invece che una coppia di eschimesi, che passava di lì per caso, mi ha indicato la strada per tornare al campo.”
    È facile interpretare questa storiella con gli strumenti tipici dell’analisi umanistica: la stessa precisa esperienza può avere due significati totalmente diversi per due persone diverse, avendo queste persone due diversi sistemi di credenze e due diversi modi di ricostruire il significato dall’esperienza. Poiché siamo convinti del valore della tolleranza e della varietà delle convinzioni, in nessun modo la nostra analisi umanistica vorrà affermare che l’interpretazione di uno dei due tizi sia giusta a quella dell’altro falsa o cattiva. E questo va anche bene, tranne per il fatto che in questo modo non si riesce mai a discutere da dove abbiano origine questi schemi e credenze individuali. Voglio dire, da dove essi vengano dall’INTERNO dei due tizi. Come se l’orientamento fondamentale verso il mondo di una persona e il significato della sua esperienza fossero in qualche modo intrinseci e difficilmente modificabili, come l’altezza o il numero di scarpe, o automaticamente assorbiti dal contesto culturale, come il linguaggio. Come se il modo in cui noi costruiamo il significato non fosse in realtà un fatto personale, frutto di una scelta intenzionale. Inoltre, c’è anche il problema dell’arroganza. Il tizio non credente è totalmente certo nel suo rifiuto della possibilità che il passaggio degli eschimesi abbia qualche cosa a che fare con la sua preghiera. Certo, ci sono un sacco di credenti che appaiono arroganti e anche alcune delle loro interpretazioni. E sono probabilmente anche peggio degli atei, almeno per molti di noi. Ma il problema del credente dogmatico è esattamente uguale a quello del non credente: una certezza cieca, una mentalità chiusa che equivale a un imprigionamento così totale che il prigioniero non si accorge nemmeno di essere rinchiuso.
    Il punto che vorrei sottolineare qui è che credo che questo sia una parte di ciò che vuole realmente significare insegnarmi a pensare. A essere un po’ meno arrogante. Ad avere anche solo un po’ di coscienza critica su di me e le mie certezze. Perché una larga percentuale di cose sulle quali tendo a essere automaticamente certo risulta essere totalmente sbagliata e deludente. Ho imparato questo da solo e a mie spese, e così immagino sarà per voi una volta laureati.
    Ecco un esempio della totale falsità di qualche cosa su cui tendo ad essere automaticamente sicuro: nella mia esperienza immediata, tutto tende a confermare la mia profonda convinzione che io sia il centro assoluto dell’universo, la più reale e vivida e importante persona che esista. Raramente pensiamo a questa specie di naturale, fondamentale egocentrismo, perché è qualche cosa di socialmente odioso. Ma in effetti è lo stesso per tutti noi. È la nostra configurazione di base, codificata nei nostri circuiti fin dalla nascita. Pensateci: non c’è nessuna esperienza che abbiate fatto di cui non ne siate il centro assoluto. Il mondo, così come voi lo conoscete, è lì davanti a VOI o dietro di VOI, o alla VOSTRA sinistra o alla VOSTRA destra, sulla VOSTRA TV o sul VOSTRO schermo. E così via. I pensieri e i sentimenti delle altre persone devono esservi comunicati in qualche modo, ma i vostri sono così immediati, urgenti, reali.
    Continua...
    Io li odio i nazisti dell'Illinois...

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    Adesso vi prego di non pensare che io voglia farvi una lezione sulla compassione o la sincerità o altre cosiddette “virtù”. Il problema non è la virtù. Il problema è di scegliere di fare il lavoro di adattarsi e affrancarsi dalla configurazione di base, naturale e codificata in noi, che ci fa essere profondamente e letteralmente centrati su noi stessi, e ci fa vedere e interpretare ogni cosa attraverso questa lente del sé. Le persone che riescono ad adattare la loro configurazione di base sono spesso descritti come “ben adattati”, che credo non sia un termine casuale. Considerando la trionfale cornice accademica in cui siamo, viene spontaneo porsi il problema di quanto di questo lavoro di autoregolazione della nostra configurazione di base coinvolga conoscenze effettive e il nostro stesso intelletto. Questo problema è veramente molto complicato. Probabilmente la più pericolosa conseguenza di un’educazione accademica, almeno nel mio caso, è che ha permesso di svilupparmi verso della roba super-intellettualizzata, di perdermi in argomenti astratti dentro la mia testa e, invece di fare semplicemente attenzione a ciò che mi capita sotto al naso, fare solo attenzione a ciò che capita dentro di me. Come saprete già da un pezzo, è molto difficile rimanere consapevoli e attenti, invece di lasciarsi ipnotizzare dal monologo costante all’interno della vostra testa (potrebbe anche stare succedendo in questo momento). Vent’anni dopo essermi laureato, sono riuscito lentamente a capire che lo stereotipo dell’educazione umanistica che vi “insegna a pensare” è in realtà solo un modo sintetico per esprimere un’idea molto piu’ significativa e profonda: “imparare a pensare” vuol dire in effetti imparare a esercitare un qualche controllo su come e cosa pensi. Significa anche essere abbastanza consapevoli e coscienti per scegliere a cosa prestare attenzione e come dare un senso all’esperienza. Perché, se non potrete esercitare questo tipo di scelta nella vostra vita adulta, allora sarete veramente nei guai. Pensate al vecchio luogo comune della “mente come ottimo servitore, ma pessimo padrone”. Questo, come molti luoghi comuni, così inadeguati e poco entusiasmanti in superficie, in realtà esprime una grande e terribile verità. Non a caso gli adulti che si suicidano con armi da fuoco quasi sempre si sparano alla testa. Sparano al loro pessimo padrone. E la verità è che molte di queste persone sono in effetti già morte molto prima di aver premuto il grilletto.
    E vi dico anche quale dovrebbe essere l’obiettivo reale su cui si dovrebbe fondare la vostra educazione umanistica: come evitare di passare la vostra confortevole, prosperosa, rispettabile vita adulta, come dei morti, incoscienti, schiavi delle vostre teste e della vostra solita configurazione di base per cui “in ogni momento” siete unicamente, completamente, imperiosamente soli. Questo potrebbe suonarvi come un’iperbole o un’astrazione senza senso. Cerchiamo di essere concreti. Il fatto puro e semplice è che voi laureati non avete ancora nessun’idea di cosa “in ogni momento” significhi veramente. Questo perché nessuno parla mai, in queste cerimonie delle lauree, di una grossa parte della vita adulta americana. Questa parte include la noia, la routine e la meschina frustrazione. I genitori e i più anziani tra di voi sapranno anche troppo bene di cosa sto parlando.
    Tanto per fare un esempio, prendiamo una tipica giornata da adulto, e voi che vi svegliate la mattina, andate al vostro impegnativo lavoro da colletto-bianco-laureato-all’università, e lavorate duro per otto o dieci ore, fino a che, alla fine della giornata, siete stanchi e anche un po’ stressati e tutto ciò che vorreste sarebbe di tornarvene casa, godervi una bella cenetta e forse rilassarvi un po’ per un’oretta, per poi ficcarvi presto nel vostro letto perché, evidentemente, dovrete svegliarvi presto il giorno dopo per ricominciare tutto da capo. Ma, a questo punto, vi ricordate che non avete nulla da mangiare a casa. Non avete avuto tempo di fare la spesa questa settimana a causa del vostro lavoro così impegnativo, per cui, uscendo dal lavoro, dovete mettervi in macchina e guidare fino al supermercato. È l’ora di punta e il traffico è parecchio intenso. Per cui per arrivare al supermercato ci mettete moltissimo tempo, e quando finalmente arrivate, lo trovate pieno di gente, perché naturalmente è proprio il momento del giorno in cui tutti quelli che lavorano come voi cercano di sgusciare in qualche negozio di alimentari. E il supermercato è disgustosamente illuminato e riempito con della musica di sottofondo abbrutente o del pop commerciale, ed è proprio l’ultimo posto in cui vorreste essere, ma non potete entrare e uscire rapidamente, vi tocca vagare su e giù tra le corsie caotiche di questo enorme negozio super-illuminato per trovare la roba che volete e dovete manovrare con il vostro carrello scassato nel mezzo delle altre persone, anche loro stanche e di fretta come voi, con i loro carrelli (eccetera, eccetera, ci dò un taglio poiché è una cerimonia piuttosto lunga) e alla fine riuscite a raccogliere tutti gli ingredienti della vostra cena, e scoprite che non ci sono abbastanza casse aperte per pagare, anche se è l’ora-di-punta-di-fine-giornata. Cosi la fila per pagare è incredibilmente lunga, che è una cosa stupida e che vi fa arrabbiare. Ma voi non potete sfogare la vostra frustrazione sulla povera signorina tutta agitata alla cassa, che è superstressata da un lavoro la cui noia quotidiana e insensatezza supera l’immaginazione di ognuno di noi qui in questa prestigiosa Università.
    Ma in ogni modo, finalmente arrivate in fondo a questa fila, pagate per il vostro cibo, e vi viene detto “buona giornata” con una voce che è proprio la voce dell’oltretomba. Quindi dovete portare quelle orrende, sottili buste di plastica del supermercato nel vostro carrello con una ruota impazzita che spinge in modo esasperante verso sinistra, di nuovo attraverso il parcheggio affollato, pieno di buche e di rifiuti, e guidare verso casa di nuovo attraverso il traffico dell’ora di punta, lento, intenso, pieno di SUV, ecc.
    A tutti noi questo è capitato, certamente. Ma non è ancora diventato parte della routine della vostra vita effettiva di laureati, giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, anno dopo anno. Ma lo sarà. E inoltre ci saranno tante altre routine apparentemente insignificanti, noiose e fastidiose. Ma non è questo il punto. Il punto è che è proprio con stronzate meschine e frustranti come questa che interviene la possibilità di scelta. Perché il traffico e le corsie affollate del supermercato e la lunga coda alla cassa mi danno il tempo di pensare, e se io non decido in modo meditato su come pensare e a cosa prestare attenzione, sarò incazzato e infelice ogni volta che andrò a fare la spesa. Perché la mia naturale configurazione di base è la certezza che situazioni come questa riguardino solo me. La MIA fame e la MIA stanchezza e il MIO desiderio di andarmene a casa, e mi sembrerà che ogni altra persona al mondo stia lì ad ostacolarmi. E chi sono poi queste persone che mi ostacolano? E guardate come molti di loro sono repellenti, e come sembrano stupidi e bovini e con gli occhi spenti e non-umani nella coda alla cassa, o anche come è fastidioso e volgare che le persone stiano tutto il tempo a urlare nei loro cellulari mentre sono nel mezzo della fila. E guardate quanto tutto ciò sia profondamente e personalmente ingiusto.
    Continua...
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    Oppure, se la mia configurazione di base è più vicina alla coscienza sociale e umanistica, posso passare un bel po’ di tempo nel traffico di fine giornata a essere disgustato da tutti quei grossi, stupidi SUV e Hummers e furgoni con motori a 12 valvole, che bloccano la strada e consumano il loro costoso, egoistico serbatoio da 40 galloni di benzina, e posso anche soffermarmi sul fatto che gli adesivi patriottici e religiosi sembrano essere sempre sui veicoli più grandi e più disgustosamente egoisti, guidati dai più brutti, più incoscienti e aggressivi dei guidatori. (Attenzione, questo è un esempio di come NON bisogna pensare…) E posso pensare che i figli dei nostri figli ci disprezzeranno per aver sprecato tutto il carburante del futuro e avere probabilmente fottuto il clima, e che noi tutti siamo viziati e stupidi ed egoisti e ripugnanti, e che la moderna civiltà dei consumi faccia proprio schifo, e così via.
    Avete capito l’idea.
    Se scelgo di pensare in questo modo in un supermercato o sulla superstrada, va bene. Un sacco di noi lo fanno. Tranne che il fatto di pensare in questo modo diventa nel tempo così facile e automatico che non è più nemmeno una vera scelta. Diventa la mia configurazione di base. È questa la modalità automatica in cui vivo le parti noiose, frustranti, affollate della mia vita da adulto, quando sto operando all’interno della convinzione automatica e inconscia di essere il centro del mondo, e che i miei bisogni e i miei sentimenti prossimi sono ciò che determina le priorità del mondo intero.
    In realtà, naturalmente, ci sono molti modi diversi di pensare in questo tipo di situazioni. Nel traffico, con tutte queste macchine ferme e immobili davanti a me, non è impossibile che una delle persone nei SUV abbia avuto un orribile incidente d’auto nel passato, e adesso sia cosi terrorizzata dal guidare che il suo terapista le ha ordinato di prendere un grosso e pesante SUV, così che possa sentirsi abbastanza sicura quando guida. O che quell’Hummer che mi ha appena tagliato la strada sia forse guidato da un padre il cui figlio piccolo è ferito o malato nel sedile accanto a lui, e stia cercando di portarlo in ospedale, ed abbia quindi leggitimamente molto più fretta di me: in effetti sono io che blocco la SUA strada.
    Oppure posso sforzarmi di considerare la possibilità che tutti gli altri nella fila alla cassa del supermercato siano stanchi e frustrati come lo sono io, e che alcune di queste persone probabilmente abbiano una vita molto più dura, noiosa e dolorosa della mia.
    Di nuovo, vi prego di non pensare che vi stia dando dei consigli morali, o vi stia dicendo che dovreste pensare in questo modo, o che qualcuno si aspetta da voi che lo facciate. Perché è difficile. Richiede volontà e fatica, e se voi siete come me, in certi giorni non sarete capaci di farlo, o più semplicemente non ne avrete voglia.
    Ma molte altre volte, se sarete abbastanza coscienti da darvi la possibilità di scegliere, voi potrete scegliere di guardare in un altro modo a questa grassa signora super-truccata e con gli occhi spenti che ha appena sgridato il suo bambino nella coda alla cassa. Forse non è sempre così. Forse è stata sveglia per tre notti di seguito tenendo la mano del marito che sta morendo di un cancro alle ossa. O forse questa signora è l’impiegata meno pagata della motorizzazione, che proprio ieri ha aiutato vostra moglie a risolvere un orribile e snervante problema burocratico con alcuni piccoli atti di gentilezza amministrativa.
    Va bene, nessuno di questi casi è molto probabile, ma non è nemmeno completamente impossibile. Dipende da cosa volete considerare. Se siete automaticamente sicuri di sapere cos’è la realtà, e state operando sulla base della vostra configurazione di base, allora voi, come me, probabilmente non avrete voglia di considerare possibilità che non siano fastidiose e deprimenti. Ma se imparate realmente a concentrarvi, allora saprete che ci sono altre opzioni possibili. Avrete il potere di vivere una lenta, calda, affollata esperienza da inferno del consumatore, e renderla non soltanto significativa, ma anche sacra, ispirata dalle stesse forze che formano le stelle: amore, amicizia, la mistica unità di tutte le cose fuse insieme. Non che la roba mistica sia necessariamente vera. La sola cosa che è Vera con la V maiuscola è che sta a voi decidere di vederlo o meno.
    Questa, credo, sia la libertà data da una vera educazione, di poter imparare ad essere “ben adattati”. Voi potrete decidere con coscienza che cosa ha significato e che cosa non lo ha. Potrete scegliere in cosa volete credere. Ed ecco un’altra cosa che può sembrare strana, ma che è vera: nella trincea quotidiana in cui si svolge l’esistenza degli adulti non c’è posto per una cosa come l’ateismo. Non è possibile non adorare qualche cosa. Tutti credono. La sola scelta che abbiamo è su che cosa adorare. E forse la più convincente ragione per scegliere qualche sorta di dio o una cosa di tipo spirituale da adorare – sia essa Gesù Cristo o Allah, sia che abbiate fede in Geova o nella Santa Madre Wicca, o nelle Quattro Nobili Verità, o in qualche inviolabile insieme di principi etici – è che praticamente qualsiasi altra cosa in cui crederete finirà per mangiarvi vivo. Se adorerete il denaro o le cose, se a queste cose affiderete il vero significato della vita, allora vi sembrerà di non averne mai abbastanza. È questa la verità. Adorate il vostro corpo e la bellezza e l’attrazione sessuale e vi sentirete sempre brutti. E quando i segni del tempo e dell’età si cominceranno a mostrare, voi morirete un milione di volte prima che abbiano ragione di voi. Ad un certo livello tutti sanno queste cose. Sono state codificate in miti, proverbi, luoghi comuni, epigrammi, parabole, sono la struttura di ogni grande racconto. Il trucco sta tutto nel tenere ben presente questa verità nella coscienza quotidiana.Adorate il potere, e finirete per sentirvi deboli e impauriti, e avrete bisogno di avere sempre più potere sugli altri per rendervi insensibili alle vostre proprie paure. Adorate il vostro intelletto, cercate di essere considerati intelligenti, e finirete per sentirvi stupidi, degli impostori, sempre sul punto di essere scoperti. Ma la cosa insidiosa di queste forme di adorazione non è che siano cattive o peccaminose, è che sono inconsce. Sono la configurazione di base.
    Sono forme di adorazione in cui scivolate lentamente, giorno dopo giorno, diventando sempre più selettivi su quello che volete vedere e su come lo valutate, senza essere mai pienamente consci di quello che state facendo.
    E il cosiddetto “mondo reale” non vi scoraggerà dall’operare con la configurazione di base, poiché il cosiddetto “mondo reale” degli uomini e del denaro e del potere canticchia allegramente sul bordo di una pozza di paura e rabbia e frustrazione e desiderio e adorazione di sé. La cultura contemporanea ha imbrigliato queste forze in modo da produrre una ricchezza straordinaria e comodità e libertà personale. La libertà di essere tutti dei signori di minuscoli regni grandi come il nostro cranio, soli al centro del creato. Questo tipo di libertà ha molti lati positivi. Ma naturalmente vi sono molti altri tipi di libertà, e del tipo che è il più prezioso di tutti, voi non sentirete proprio parlare nel grande mondo esterno del volere, dell’ottenere e del mostrarsi. La libertà del tipo più importante richiede attenzione e consapevolezza e disciplina, e di essere veramente capaci di interessarsi ad altre persone e a sacrificarsi per loro più e più volte ogni giorno in una miriade di modi insignificani e poco attraenti.
    Questa è la vera libertà. Questo è essere istruiti e capire come si pensa. L’alternativa è l’incoscienza, la configurazione di base, la corsa al successo, il senso costante e lancinante di aver avuto, e perso, qualcosa di infinito. Lo so che questa roba probabilmente non vi sembrerà molto divertente o ispirata, come un discorso per questo di genere di cerimonie dovrebbe sembrare. In questo consiste però, per come la vedo io, la Verità con la V maiuscola, scrostata da un sacco di stronzate retoriche. Certamente, siete liberi di pensare quello che volete di tutto questo. Ma per favore non scartatelo come se fosse una sermone ammonitorio alla Dr. Laura. Niente di questa roba è sulla morale o la religione o il dogma o sul grande problema della vita dopo la morte. La Verità con la V maiuscola è sulla vita PRIMA della morte. È sul valore reale di una vera istruzione, che non ha quasi nulla a che spartire con la conoscenza e molto a che fare con la semplice consapevolezza, consapevolezza di cosa è reale ed essenziale, ben nascosto, ma in piena vista davanti a noi, in ogni momento, per cui non dobbiamo smettere di ricordarci più e più volte: “Questa è acqua, questa è acqua.”
    È straordinariamente difficile da fare, rimanere coscienti e consapevoli nel mondo adulto, in ogni momento. Questo vuol dire che anche un altro dei grandi luoghi comuni finisce per rivelarsi vero: la vostra educazione è realmente un lavoro che dura tutta la vita. E comincia ora.
    Auguro a tutti una grossa dose di fortuna.

    David Foster Wallace
    __________________
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