Inizialmente pensavo di scrivere una presentazione per questo spazio, ma poi ho capito che è decisamente meglio lasciare la parola direttamente al padrone di casa...


“Il concetto di moralità, riportato al 1961, indica un modo di pensare e di agire che sia accettabile sulla base di certe realistiche e umanissime reazioni a ciò che è avvenuto in passato e che probabilmente avverrà in futuro. Ma in realtà, anche se i Robert Vaughan sono pieni di buone intenzioni e non posso che rispettarli, creano ostacoli sulla via dell’espressione schietta e diretta.
Datemi persone dall’apparenza cattiva, perché sono araldi del bene futuro: molto di quello che era male alle cinque e mezza di ieri è tutt’altra cosa oggi.
A volte penso alle grandi sinfonie che oggi abbiamo accettato, dopo che alla prima esecuzione il pubblico le aveva fischiate e aveva lasciato la sala.
<<Scrivere poesie è difficile: bisogna sudare, per tirar fuori la giusta immagine, l’espressione precisa, un certo giro di pensiero…>>
Scrivere poesie non è difficile;è difficile viverle. Siamo realistici: ogni volta che diciamo ‘buongiorno’ a qualcuno senza intendere davvero augurargli una buona giornata, siamo un po’ meno vivi. E quando scrivi una poesia all’interno dei canoni comunemente accettati della forma-poesia, facendo sì che suoni come una poesia, perché una poesia è una poesia, in quella poesia stai dicendo ‘buongiorno’, e moralmente è qualcosa di molto corretto, non hai certo detto MERDA, ma non sarebbe splendido se… invece di sudare per far uscir fuori la giusta immagine, l’espressione precisa, un certo giro di pensiero… potessi semplicemente sederti e scrivere semplicemente le cose come stanno, cazzo, rivestendole di suono e colore, scuotendoci e risvegliandoci con la forza, gli uccellacci neri, i campi di granturco, l’orecchio nella mano della puttana, il sole, il sole, il sole, IL SOLE!; facciamo poesia come facciamo l’amore; facciamo poesia e lasciamo le leggi, le regole e la morale alle chiese e ai politici; facciamo poesia con lo stesso spirito con cui pieghiamo la testa indietro per scolarci del buon liquore; lasciate che un barbone ubriaco faccia brillare la sua fiamma, e un giorno, Robert, ripenserò a te, elegante e difficile, che misuri vocali e avverbi, e crei regole invece che poesia.”

Lettera a John William Corrington, Urla dal balcone (lettere 1959-1969)