Le sorelle l'accusavano di sprecare la sua bellezza, di non fare buon uso del cervello. Ma Cass ne aveva da vendere, di cervello e di spirito.
Dipingeva, danzava, cantava, modellava la creta, e quando qualcuno era ferito, mortificato, nel corpo o nell'anima, Cass provava compassione per costui.
Il suo cervello era, ecco, differente; la sua mentalità non era pratica, ecco quanto. Le sorelle eran gelose perché essa attraeva i loro uomini; ce l'avevano su con Cass perché, secondo loro, sciupava un sacco d'occasioni.
Di solito Cass era gentile con quelli piú brutti; i cosiddetti fusti non le dicevano niente. Le facevano schifo.
"Senza nerbo," diceva, "senza grinta. Arrivano, alti in sella, con quei nasi ben fatti, quelle orecchie ben disegnate... Tutta esteriorità, e niente dentro."
La sua indole era affine alla pazzia; aveva un temperamento che certi chiamano pazzia.

Dal racconto La donna più bella della città