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Discussione: I poeti del Futurismo

          
  1. #1
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    I poeti del Futurismo

    Paolo Buzzi

    Forse è la vita vera.
    Il carro dipinto,
    i cavalli selvatici e docili, ebbri di vento,
    le belle figlie in cenci,
    la mensa a bivacco furtiva sotto gli astri,
    la strada bianca del mondo
    Due cose mi hanno sempre sorpreso: l'intelligenza degli animali e la bestialità degli uomini. Bertrand Russell

  2. #2
    Moderator L'avatar di Rupert
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    Marinetti, L'automobile da corsa

    All’Automobile da corsa

    Veemente dio d’una razza d’acciaio,
    Automobile ebbra di spazio,
    che scalpiti e fremi d’angoscia
    rodendo il morso con striduli denti
    Formidabile mostro giapponese,
    dagli occhi di fucina,
    nutrito di fiamma
    e d’olî minerali,
    avido d’orizzonti, di prede siderali
    Io scateno il tuo cuore che tonfa diabolicamente,
    scateno i tuoi giganteschi pneumatici,
    per la danza che tu sai danzare
    via per le bianche strade di tutto il mondo!
    Allento finalmente
    le tue metalliche redini,
    e tu con voluttà ti slanci
    nell’Infinito liberatore!
    All’abbaiare della tua grande voce
    ecco il sol che tramonta inseguirti veloce
    accelerando il suo sanguinolento
    palpito, all’orizzonte
    Guarda, come galoppa, in fondo ai boschi, laggiù!
    Che importa, mio dèmone bello?
    Io sono in tua balìa! Prendimi! Prendimi!
    Sulla terra assordata, benché tutta vibri
    d’echi loquaci;
    sotto il cielo accecato, benché folto di stelle,
    io vado esasperando la mia febbre
    ed il mio desiderio,
    scudisciandoli a gran colpi di spada.
    E a quando a quando alzo il capo
    per sentirmi sul collo
    in soffice stretta le braccia
    folli del vento, vellutate e freschissime

    Sono tue quelle braccia ammalianti e lontane
    che mi attirano, e il vento
    non è che il tuo alito d’abisso,
    o Infinito senza fondo che con gioia m’assorbi!
    Ah! ah! vedo a un tratto mulini
    neri, dinoccolati,
    che sembran correr su l’ali
    di tela vertebrata
    come su gambe prolisse

    Ora le montagne già stanno per gettare
    sulla mia fuga mantelli di sonnolenta frescura,
    là, a quel sinistro svolto
    Montagne! Mammut in mostruosa mandra,
    che pesanti trottate, inarcando
    le vostre immense groppe,
    eccovi superate, eccovi avvolte
    dalla grigia matassa delle nebbie!
    E odo il vago echeggiante rumore
    che sulle strade stampano
    i favolosi stivali da sette leghe
    dei vostri piedi colossali

    O montagne dai freschi mantelli turchini!
    O bei fiumi che respirate
    beatamente al chiaro di luna!
    O tenebrose pianure! Io vi sorpasso a galoppo!
    Su questo mio mostro impazzito!
    Stelle! mie stelle! l’udite
    il precipitar dei suoi passi?
    Udite voi la sua voce, cui la collera spacca
    la sua voce scoppiante, che abbaia, che abbaia
    e il tuonar de’ suoi ferrei polmoni
    crrrrollanti a prrrrecipizio
    interrrrrminabilmente?

    Accetto la sfida, o mie stelle!
    Più presto! Ancora più presto!
    E senza posa, né riposo!
    Molla i freni! Non puoi?
    Schiàntali, dunque,
    che il polso del motore centuplichi i suoi slanci!

    Urrà! Non più contatti con questa terra immonda!
    Io me ne stacco alfine, ed agilmente volo
    sull’inebbriante fiume degli astri
    che si gonfia in piena nel gran letto celeste!

    Filippo Tommaso Marinetti
    (trad. dello stesso F. T. Marinetti di A mon Pégase).




    Testo originale di F T. Marinetti, 1908:

    A MON PEGASE

    Da La Ville Charnelle



    Dieu véhément d'une race d'acier,
    Automobile ivre d'espace,
    qui piétines d'angoisse, le mors aux dents
    stridentes!
    O formidable monstre japonais aux yeux de forge,
    nourri de flamme et d'huiles minérales,
    affamé d'horizons et de proies sidérales,
    je déchaîne ton coeur aux teuf-teufs diaboliques,
    et tes géants pneumatiques, pour la danse
    que tu mènes sur les blanches routes du monde.
    Je lâche enfin tes brides métalliques... Tu
    t'élances,
    avec ivresse, dans l'Infini libérateur!...
    Au fracas des abois de ta voix...
    voilà que le Soleil couchant emboîte
    ton pas véloce, accélérant sa palpitation
    sanguinolente au ras de l'horizon...
    Il galope là-bas, au fond des bois... regarde!...

    Qu'importe, beau démon?...
    Je suis à ta merci...Prends-moi!
    Sur la terre assourdie malgré tous ses échos,
    sous le ciel aveuglé malgré ses astres d'or,
    je vais exaspérant ma fièvre et mon désir
    à coups de glaive en pleins naseaux!...
    Et d'instant en instant, je redress ma taille
    pour sentir sur mon cou qui tressaille
    s'enrouler les bras frais et duvetés du vent.

    Ce sont tes bras charmeurs et lointains qui
    m'attirent!
    ce vent, c'est ton haleine engloutissante,
    insondable Infini qui m'absorbes avec joie!...
    Ah! Ah!... des moulins noirs, dégingandés,
    ont tout à coup l'air de courir
    sur leurs ailes de toile baleinée
    comme sur des jambes démesurées...

    Voilà que les Montagnes s'apprétent à lancer
    sur ma fuite des manteaux de fraîcheur
    somnolente...
    Là! Là! regardez! à ce tournant sinistre!...
    Montagnes, ô Bétail monstrueux, ô Mammouths
    qui trottez lourdement, arquant vos dos immenses
    vous voilà dépassés...noyés...
    dans l'échevau des brumes!...
    Et j'entends vaguement
    le fracas ronronnant que plaquent sur les routes
    vos jambes colossales aux bottes de sept lieues...

    Montagnes aux frais manteaux d'azur!...
    Beaux fleuves respirant au clair de lune!... Plaines ténébreuses! je vous dépasse au grand galop
    de ce monstre affolé... Etoiles, mes Etoiles,
    entendez-vous ses pas, le fracas des abois
    et ses poumons d'airain croulant interminablement?
    J'accepte la gageure...avec Vous, mes Etoiles!...
    Plus vite!... encore plus vite!...
    Et sans répit, et sans repos!...
    Lachez les freins!... Vous ne pouvez?..
    Brisez-les donc!...
    Que le pouls du moteur centuple ses élans!

    Hurrah! Plus de contact avec la terre immonde!...
    Enfin, je me détache et je vole en souplesse
    sur la grisante plénitude
    des Astres ruisselants dans le grand lit du ciel!

  3. #3
    Master Member L'avatar di daniela
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    Dominare

    Dominare
    straripare d'azzurro e di silenzio 2 minuti
    strada scendere
    scendere
    scendere
    scendere
    scendere
    salire
    scendere scendere
    pianerottolo d'un torrente
    scendere ancora
    ancora fuga dalle colline e vallate
    subitaneo ottenebrarsi dei contrafforti dei Rodopi
    a picco sotto i piedi dell' aviatore tra 2
    chiarori di fiumi.

    Filippo Tommaso Marinetti

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    A ciascuno e' affidato il compito di vegliare sulla solitudine dell'altro.

  4. #4
    Moderator L'avatar di Rupert
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    Fortunato Depero

    Canzone rumorista (1916)




    Tramvai (1916)

  5. #5
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    Corrado Govoni, "Le cose che fanno la domenica"

    Le cose che fanno la domenica

    L’odore caldo del pane che si cuoce dentro il forno.
    Il canto del gallo nel pollaio.
    Il gorgheggio dei canarini alle finestre.
    L’urto dei secchi contro il pozzo e il cigolìo della puleggia.
    La biancheria distesa nel prato.
    Il sole sulle soglie.
    La tovaglia nuova nella tavola.
    Gli specchi nelle camere.
    I fiori nei bicchieri.
    Il girovago che fa piangere la sua armonica.
    Il grido dello spazzacamino.
    L’elemosina.
    La neve.
    Il canale gelato.
    Il suono delle campane.
    Le donne vestite di nero.
    Le comunicanti.
    Il suono bianco e nero del pianoforte.
    Le suore bianche bendate come ferite.
    I preti neri.
    I ricoverati grigi.
    L’azzurro del cielo sereno.
    Le passeggiate degli amanti.
    Le passeggiate dei malati.
    Lo stormire degli alberi.
    I gatti bianchi contro i vetri.
    Il prillare delle rosse ventarole.
    Lo sbattere delle finestre e delle porte.
    Le bucce d’oro degli aranci sul selciato.
    I bambini che giuocano nei viali al cerchio.
    Le fontane aperte nei giardini.
    Gli aquiloni librati sulle case.
    I soldati che fanno la manovra azzurra.
    I cavalli che scalpitano sulle pietre.
    Le fanciulle che vendono le viole.
    Il pavone che apre la ruota sopra la scalèa rossa.
    Le colombe che tubano sul tetto.
    I mandorli fioriti nel convento.
    Gli oleandri rosei nei vestibuli.
    Le tendine bianche che si muovono al vento.

    Corrado Govoni

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  7. #6
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    Fortunato Depero

    SiiO VLUMMIA - Torrente


  8. #7
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    Fortunato Depero

    VERBALIZZAZIONE astratta di SIGNORA







  9. #8
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    Valentine de Saint-Point






    Les pantins dansent Ballano i burattini
    Les pantins dansent
    Je mourrai, un jour de fête,
    Alors que les pantins dansent.
    Je n’entre pas dans leur danse,
    Je ne fête pas leurs fête.
    Je mourrai, un jour de fête,
    Alors que les pantins dansent.

    Alors qu’ils crient et qu’ils hurlent
    Tous, une gaieté prescrite,
    Rien je ne crie ni ne hurle,
    Même une vertu proscrite.

    Et leur vacarme est si faux
    Que je ne puis m’écouter.
    Dans un factice, si faux,
    Vie ne se peut écouter.

    Mon silence, mort au bruit,
    Silence pour quoi je vis,
    Cela seul par quoi je vis,
    Mon silence, mort au bruit.

    Ma solitude est si lourde,
    Amertume inguérissable!
    Solitude riche et lourde,
    Solitude inguérissable!

    Je mourrai, un jour de fête,
    Alors que les pantins dansent.
    Je n’entre pas dans leur danse,
    Je ne fête pas leurs fêtes.
    Je mourrai, un jour de fête,
    Alors que les pantins dansent.

    Valentine de Saint Point (1875-1953)
    Ballano i burattini
    Morirò in un dì di festa,
    Mentre danzano i burattini.
    Non m’unisco al loro ballo,
    Non festeggio la loro festa.
    Morirò in un dì di festa,
    Mentre danzano i burattini.

    Mentre gridano e urlano
    Tutti, una gaiezza prescritta,
    Non grido né urlo nulla,
    Neppure una virtù proscritta.

    Ed il loro baccano è così forte
    Che non posso ascoltarmi.
    In una farsa così falsa,
    Non può ascoltarsi Vita.

    Il mio silenzio, morto al rumore,
    Il silenzio per cui vivo,
    Esso solo, per cui io vivo,
    Il mio silenzio, morto al rumore.

    La mia solitudine è così pesante,
    Inguaribile amarezza!
    Solitudine ricca e pesante,
    Solitudine inguaribile!

    Morirò in un dì di festa,
    Mentre danzano i burattini.
    Non m’unisco al loro ballo,
    Non festeggio la loro festa.
    Morirò in un dì di festa,
    Mentre danzano i burattini.



    trad. aprile 2013 © Rupert


  10. #9
    Moderator L'avatar di Rupert
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    Ecco un bellissimo esempio di produzione artistica, interpretazione e poi reinterpretazione-adattamento-ispirazione tra poesia, suono e musica.

    Il testo è un adattamento del celeberrimoGadji beri bimba di Hugo Ball, che, con l'eccezione di questo componimento, resta quasi del tutto ignoto ai più.


    Gadji beri bimba

    gadji beri bimba glandridi laula lonni cadori
    gadjama gramma berida bimbala glandri galassassa laulitalomini
    gadji beri bin blassa glassala laula lonni cadorsu sassala bim
    gadjama tuffm i zimzalla binban gligla wowolimai bin beri ban
    o katalominai rhinozerossola hopsamen laulitalomini hoooo
    gadjama rhinozerossola hopsamen
    bluku terullala blaulala loooo

    zimzim urullala zimzim urullala zimzim zanzibar zimzalla zam
    elifantolim brussala bulomen brussala bulomen tromtata
    velo da bang band affalo purzamai affalo purzamai lengado tor
    gadjama bimbalo glandridi glassala zingtata pimpalo ögrögöööö
    viola laxato viola zimbrabim viola uli paluji malooo

    tuffm im zimbrabim negramai bumbalo negramai bumbalo tuffm i zim
    gadjama bimbala oo beri gadjama gaga di gadjama affalo pinx
    gaga di bumbalo bumbalo gadjamen
    gaga di bling blong
    gaga blung

    Un'interpretazione molto futurista:

    "non vitae sed scholae discimus" (Seneca, Epistulae morales ad Lucilium, 106, 12)

  11. #10
    Member L'avatar di donnadelfaro
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    Non amo il futurismo in nessuna delle sue manifestazioni artistiche, fatta eccezione per qualche poesia di Quasimodo. E' una corrente che ha portato il "brutto" nell'arte, nella poesia, nella letteratura e nella musica. Insomma un'arte coraggiosa che si nutre del brutto.

  12. #11
    Moderator L'avatar di Rupert
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    Neppure io amo il futurismo. In particolare trovo al tempo stesso ingenua e micidiale la convinzione che la tecnologia e il "progresso" scientifico possano da soli risolvere ogni problema dell'umanità, ridotta per altro a pura espressione meccanicista. Non lo amo e tuttavia lo trovo estremamente interessante e alcune sue manifestazioni sono francamete geniali. Altre invece desolatamente grottesche.
    Credo d'altronde che la macchina bellica della Grande guerra abbia giudizicato, condannato e in molti casi letteralmente giustiziato il futurismo, lasciando spazio al momivento Dada, che invece per vari motivi, non tutti artistici, amo moltissimo.

    "non vitae sed scholae discimus" (Seneca, Epistulae morales ad Lucilium, 106, 12)

  13. #12
    Administrator L'avatar di DarkCoffee
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    L'interpretazione del Gadji beri bimba mette un po' paura...
    The creatures outside looked from pig to man, and from man to pig, and from pig to man again: but already it was impossible to say which was which.

  14. #13
    Moderator L'avatar di Rupert
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    L'interpretazione del Gadji beri bimba mette un po' paura...
    L'atmosfera lugubre che l'interpretazione genera è piuttosto in sintonia con lo spirito dell'opera. Una celebrazione del clangore meccanico della vita industriale moderna. Negli intenti dei futuristi questo era il "bello". Chiaramente l'apprezzamento estetico è legato alla sensibilità personale e in certa misura anche alle prospettive, alle mode e alla percezione tipiche di un'epoca. Non bisogna dimenticare che quell'epoca con quelle prospettive si è infiammata nella più desolante catastrofe dell'umanità, un quarantennio con due episodi di guerra mondiale, sterminio di massa, devastazione, genocidio.
    Paola dice che il futurismo ha introdotto il brutto nell'arte. Da un certo punto di vista è vero, ma il reale problema è che i futuristi ritengono bella l'inesorabilità di quello che chiamano progresso e quindi in buona misura scombinano il concetto stesso, mentre grandissimi artisti come Otto Dix, usano e ricercano il brutto da presentare come brutto per denunciare le brutture ed esprimere un monito profondo le preoccupazioni verissime... che naturalmente in pochi hanno veramente guardato.
    "non vitae sed scholae discimus" (Seneca, Epistulae morales ad Lucilium, 106, 12)

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