Non so se Connelly stia perdendo un po' di smalto nella sua narrativa o se sono io che, dopo averne letti un bel po', soffro di una sorta di assuefazione al suo stile, ma quest'ultimo romanzo mi è parso un tantino meno intrigante del solito, pur rimanendo un ottima lettura noir.


Il momento in cui Harry Bosch dovrà lasciare il Dipartimento di Polizia di Los Angeles (questa volta definitivamente) è sempre più vicino, ma lui fa di tutto per posticipare il momento in cui dovrà uscira dall'acqua in cui ha nuotato, spesso controcorrente, per tanti anni e in questo gli viene in aiuto la sua vecchia partner Kiz Rider che riesce a garantirgli altri trentanove mesi di caccia ai criminali, forse la sola attività che lo fa sentire davvero vivo, cosa che si evince già all'inizio di questo romanzo in cui Connelly scrive: “Bosch voleva un nuovo caso, aveva bisogno di un nuovo caso”.

E il caso Bosch lo avrà, anzi, saranno due: il primo assegnatogli dal suo diretto superiore della sezione “Crimini irrisolti” che riguarda un crimine a sfondo sessuale commesso ventun'anni prima, riportato alla luce grazie all'esame del DNA ritrovato sulla vittima e che riporta a un maniaco sessuale che però ha 29 anni e quindi ne aveva 8 quando il crimine venne commesso. Lo scoprire il perché di questa incongruenza negli indizi porterà Bosch a scoprire un universo criminale rimasto sepolto per decenni e a scrivere un finale di questa parte di storia sul quale lui stesso si troverà a nutrire dubbi legati principalmente al senso della giustizia in casi così scottanti.

Il secondo caso viene da molto in alto.
Gli viene assegnato dal Capo della Polizia in persona su specifica richiesta di un consigliere del Comune di Los Angeles nonché padre della vittima di quello che a, tutti gli effetti, pare un suicidio.
Ma il padre della vittima non è un politico qualsiasi bensì l'ex Vicecapo della Polizia Irvin Irving, che, con questa richiesta, sorprende tutti essendo ben noti i suoi burrascosi rapporti con il detective.
Ma Irving sa che per Bosch “O contano tutti, o non conta nessuno” e che, quindi, l'indagine sarà svolta in modo irreprensibile.
Nonostante questo, e nonostante la verità sul caso sarà riportata a galla, Bosch capirà che, a livelli così elevati della società in cui vive, la verità spesso, da sola non basta a rendere piena giustizia e il rischio che qualcuno ne distorca la visione per scopi diversi da quelli giudiziari è altissimo.

In questo libro troviamo un Bosch molto meno “action” del solito, ma più assorto in una serie di riflessioni filosofiche che sembrano esprimere un giudizio dell'autore su aspetti del sistema giudiziario americano che, se da un lato rivelano un certo spirito giustizialista, dall'altro suonano come una denuncia piuttosto netta delle contraddizioni e delle debolezze del sistema stesso.

La novità più significativa presente nel romanzo, però, è la figlia di Bosch andata a vivere con lui dopo la morte della madre. Un'adolescente che spesso resta in casa da sola in compagnia di una pistola automatica, ficca abilmente il naso negli affari professionali e sentimentali del padre e partecipa a gare di tiro con i suoi coetanei.
La possibilità che stia per nascere una dinastia di detective non è poi così remota …