Quando il capocomico si siede sul palco davanti al sipario a contemplare la fiera, osservando quel luogo brulicante di vita, viene travolto da un sentimento di profonda malinconia. E' pieno di gente che mangia e che beve, che amoreggia e che si accapiglia, che ride e che piange, che fuma e che bara, che si azzuffa e che balla oppure suona il violino; e poi ci sono attaccabrighe che fanno gli smargiassi, bellimbusti che ammiccano alle donne, furfanti che rubano borsette, poliziotti sempre all'erta, ciarlatani (altri ciarlatani! Peste li colga!) che strillano davanti ai baracconi, campagnoli che guardano estasiati le ballerine piene di fronzoli e i poveri vecchi saltimbanchi impiastricciati di belletto, mentre individui dalle agili dita gli svuotan le tasche. Sì, questa è LA FIERA DELLA VANITA': senz'altro un luogo né edificante, né allegro, anche se molto chiassoso. Ammirate il volto degli attori e dei pagliacci appena finiscono il loro numero; e Tom il buffone che dietro la tenda si leva il belletto prima di sedersi a tavola assieme alla moglie e ai suoi figlioletti. Tra poco si alzerà il sipario, e lui sarà lì a far capriole e a gridare: - Ehi voi, tutto bene?


William M. Thackeray - "La Fiera della Vanità"