Non conoscevo la Scapigliatura, o perlomeno non la ricordavo.
Questo romanzo affronta temi che mi interessano molto: l’amore vissuto in modo viscerale, il delirio, la sublimazione che però non conforta ma che, in questo caso fa ammalare, tutte caratteristiche queste di Fosca, il personaggio più interessante della storia.
Giorgio è un uomo che apparentemente si lascia condurre dagli eventi ma, dietro questo apparente vittimismo, secondo me c’è una condotta atta a provocare gli eventi stessi, consciamente, come lui stesso cita Lottai contro me stesso, contro la mia natura codarda che si ribellava ad un sagrifizio che io stesso avevo provocato.
Giorgio rifugge da qualsiasi tipo di convenzione sociale e si mette alla prova per avvalorare questa tesi su se stesso: conquista una donna sposata, facendo leva sulla sua naturale predisposizione al senso di pietà, che Giorgio capisce con uno sguardo, e quando Clara alla fine lo lascia, il piedistallo su cui l’aveva posta crolla.
Giorgio si compiace della diversità della sua storia d’amore clandestina, così diversa dalle comuni storie d’amore, e quando è lontano da Clara i suoi pensieri sulla loro storia assumono un contorno filosofeggiante, come se Giorgio traesse più piacere nel ricordo dei bei momenti passati insieme più che nel viverli nel momento presente.
Giorgio vive per essere oggetto d’amore, quando non lo è più la donna amata fino a quel momento diventa la donna da disprezzare.
Abbandonato da Clara Giorgio cerca consolazione in Fosca, donna fino a quel momento disprezzata per la sua bruttezza e che l’uomo piano piano condusse a sé per puro narcisismo ed egoismo, dicendole bugie che giustificava a se stesso come segno di pietà, l’unico sprazzo di sincerità che ho visto nell’uomo nei confronti di Fosca è stato durante il discorso che i due hanno avuto di fronte al caminetto la notte passata nella stanza della padrona della taverna che li ha ospitati.
Fosca mi è piaciuta molto, attraverso le sue lettere la sua condotta, a prima vista senza logica, assume per me invece una logica drammatica, verso cui non posso che provare una profonda commozione.
Fosca ama senza riserve, è trasparente, non c’è malvagità in lei, chiede solamente di essere amata, anche se porta questo suo bisogno d’amore all’eccesso, ma sono sempre e solo richieste, non fa nulla per nuocere l’amato.
Giorgio dal canto suo più volte ha l’opportunità di disilluderla, consigliato saggiamente anche dal medico che vedo un po’ come la sua coscienza, ma non lo fa, preferisce continuare ad affondare in quella situazione in cui da solo si è imbarcato, dapprima per vanità e dopo per inerzia, perché non ha carattere.
Un’ultima nota: i capelli di Fosca, simbolo del suo fascino, simbolo della sua acuta intelligenza e nello stesso tempo di disordine mentale, di libertà emotiva, soprattutto sessuale (quando sono sciolti e scapigliati), il suo mistero è racchiuso nei suoi capelli perché tramite i suoi capelli esprime le sue emozioni.
Credo, e qui concludo (non riesco a concludere perché mi ha preso molto), che Giorgio rifiuti Fosca non tanto per la sua bruttezza ma perché capisce che lui e lei in realtà sono molto simili, sventurati ed infelici, Giorgio rincorre la felicità ma nello stesso tempo ne ha paura, insomma è un personaggio ancora alla ricerca di se stesso, non ha la stessa consapevolezza di Fosca.