Forse il momento in cui ho letto questo libro, delicatissimo, non era il momento adatto per apprezzarlo in tutta la sua profonda poesia, forse il mio animo è troppo amaro per poter empatizzare appieno con la scrittrice e con la sua visione dell’amore, forse nell’amore non ci credo più tanto. Mi sono identificata con la “pazzia” della nonna della scrittrice, con questo “mal di pietre” che ho tradotto come “mal di vivere”, questo bisogno di rifugiarsi nel sogno perché la realtà non è quella che volevamo per noi stesse. Questa parte onirica è davvero espressa magnificamente, l’isteria della nonna è drammatica e potente, ci ho visto tanta verità e l’ho apprezzata moltissimo. La lettera finale mi ha commosso, crolla il castello di sabbia e riconduce tutto il romanzo ad una dimensione umana e tutto si spiega (anche le parti che all’inizio mi erano sembrate stucchevoli). Bellissime le terme intese come mondo parallelo a quello reale, luogo di benessere, di cura non solo fisica ma soprattutto psichica, luogo in cui è possibile essere ciò che saremmo volute essere sempre. Verso il finale secondo me la scrittrice è stata un po’ retorica (o forse ripeto sono io che ho perso il romanticismo) come quando si esprime così (ho scelto questi due brani ma ce ne sono anche altri che ho trovato un pò troppo semplicistici, di solito mi piacciono poco i brani che tendono a dare una morale):

Mamma mi ha raccontato queste cose dopo che nonna è morta. Le ha sempre tenute per sé e non ha mai avuto paura di farmi allevare da sua suocera che amava molto. Anzi, pensa che dobbiamo essere grati a nonna perché si è presa tutto il disordine che magari sarebbe toccato a papà e a me. Secondo mamma, infatti, in una famiglia il disordine deve prendere qualcuno, perché la vita è fatta così, un equilibrio fra i due, altrimenti il mondo si irrigidisce e si ferma. Se la notte noi dormiamo senza incubi, se il matrimonio di papà e mamma è sempre stato senza scosse, se mi sposo con il mio primo ragazzo, se non abbiamo crisi di panico e non tentiamo di suicidarci, né di buttarci dentro i cassonetti della spazzatura, o di sfregiarci è merito di nonna, che ha pagato per tutti. In ogni famiglia c’è sempre uno che paga il proprio tributo perché l’equilibrio fra ordine e disordine sia rispettato e il mondo non si fermi.

Questa casa non è rimasta vuota anche perché veniamo qui con il mio ragazzo e penso sempre che abbia ancora l’energia di nonna e che se facciamo l’amore in un letto di via Manno, in questo posto magico con il solo rumore del porto e i versi dei gabbiani, poi ci ameremo per sempre. Perché in fondo, forse, nell’amore, alla fine bisogna affidarsi alla magia, perché non è che riesci a vedere una regola, qualcosa da seguire per far andare le cose bene, per esempio dei Comandamenti.