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Discussione: Poesia U.S.A.

          

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  1. #1
    Master Member L'avatar di daniela
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    Ragazza ignota in reparto maternità

    Bimbo, la corrente del respiro ha sei giorni.
    Piccola nocca t'accoccoli sul letto bianco,
    piccolo e forte, come una chiocciola rattratto
    ti rannicchi al seno.
    Le labbra sono animali, sei nutrito con amore.

    All'inizio la fame non è errore.
    Tentennano le cuffiette le infermiere,
    su ceste a rotelle sei pascolato
    con la nidiata dei senza nido,
    lungo corridoi inamidati.
    La tua testa al mio tocco s'inclina,
    vacilla piano come una tazzina.
    Senti l'appartenenza.
    Ma questo è un letto istituzionale.
    Non farai per molto la mia conoscenza.

    I dottori sono smaltati.
    Vogliono sapere i fatti.
    Si chiedono dell'uomo che mi ha lasciato,
    un'anima pendolo che viene e che va
    e come sempre ti lascia piena di bambino.
    Ma la nostra cartella clinica rimane vuota.
    Ti ho lasciato crescere, non ho fatto altro.
    Ora siamo qui, guardati da tutto il reparto.
    Hanno pensato che fossi strana
    Anche se non ho detto una parola.
    Sono esplosa e svuotandomi di te
    ti ho lasciato imparare cos'è l'aria.
    I dottori fanno grafici d'indovinelli.
    Volgo la testa altrove. Io non lo so.

    È tua la sola faccia che riconosco.
    Ossa da ossa mi bevi le risposte.
    Sei volte al giorno soddisfo il tuo bisogno,
    le tue labbra animali,
    il tepore della pelle che si fa paffuta.
    Vedo schiudersi le tendine degli occhi.
    Sono pietre blu, il muschio va sparendo.
    Sbatti le palpebre stupito,
    e mi chiedo cosa vedi
    strano parente che turbi il mio silenzio.
    Sono un riparo di menzogne.
    Dovrei di nuovo imparare a parlare,
    o senza speranza di salute mentale
    potrò toccare un viso che riconosco?

    Nel corridoio ritornano le ceste.
    Le mie braccia ti calzano a pennello,
    avvolgono le lanose infiorescenze
    dei tuoi salici piangenti,
    l'arnia ronzante d'api dei tuoi nervi,
    i muscoli e le grinze dei primi giorni.
    La tua faccia da vecchino
    disarma le infermiere.
    I dottori mi rimproverano ancora.
    Parlo allora. È a te che il mio silenzio nuoce.
    Dovevo saperlo. Devo far scrivere qualcosa.
    La voce s'allarma nella gola:
    ''Nome del padre: nessuno''.
    Ti tengo fra le braccia e ti nomino bastardo.

    E anche questa è fatta. Non ho più
    niente da dire, niente da perdere.
    Altre hanno già trafficato vita
    e non potevano parlare.
    Mi rattrappisco per evitare
    i tuoi occhi gufigni, mio fragile ospite.
    Sfioro le tue guance come fiori. Al contatto
    illividisci. Ci disconosciamo. Sono
    l'insenatura che t'accoglie, lo scoglio
    contro cui ti frangi. Ti stacchi. Scelgo
    l'unica via per te, piccolo erede,
    e ti do via, squassando i noi stessi che perdiamo.
    Va' bimbo che non sei nulla più d'un mio peccato.


    Anne Sexton
    A ciascuno e' affidato il compito di vegliare sulla solitudine dell'altro.

  2. #2
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    L'ULTIMA ROSA DELL'ESTATE

    Ecco l’ultima rosa dell’estate
    che va via sfiorendo da sola.
    Tutte le sue graziose compagne
    sono già appassite e scomparse.
    Nessun fiore della sua famiglia,
    nessun bocciolo di rosa le è vicino
    a riflettere il lieve arrossire
    a dare un sospiro per un sospiro.

    Io non ti lascerò sola
    mentre langui sul tuo stelo
    Fino a che l’amore dorme,
    va e dormi con loro.
    Così gentilmente cospargo
    con i tuoi petali il letto
    dove gli sposi del tuo giardino
    giacciono senza profumo e inerti.
    Possa io seguirti presto
    quando gli amici partiranno
    e le gemme cadranno dal cerchio brillante di luce.
    Quando i veri cuori sono appassiti
    e quelli affettuosi sono gonfi
    Chi potrebbe abitare questo buio mondo, da solo?

    Gertrude Stein
    A ciascuno e' affidato il compito di vegliare sulla solitudine dell'altro.

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