L'ultima poesia scritta da Sylvia Plath porta la data del 5 febbraio 1963. Si chiama "Edge", "Limite". Sylvia Plath è sulla soglia. Quella soglia che varcherà la notte tra il 10 e l'11 febbraio, sigillando con lo scotch ogni fessura della cucina nella quale si era chiusa, e posando la testa all'interno del forno, il gas aperto.
Aveva in precedenza sigillato la camera dei bimbi, perchè il gas non arrivasse fin lì, e lasciato accanto ai loro lettini il latte e il pane con il burro per la colazione.


Limite

La donna ora è perfetta
Il suo corpo

morto ha il sorriso della compiutezza,
l'illusione di una necessità greca

fluisce nei volumi della sua toga,
i suoi piedi

nudi sembrano dire:
Siamo arrivati fin qui, è finita.

I bambini morti si sono acciambellati,
ciascuno, bianco serpente,

presso la sua piccola brocca di latte, ora vuota.
Lei li ha raccolti

di nuovo nel suo corpo come i petali
di una rosa si chiudono quando il giardino

s'irrigidisce e sanguinano i profumi
dalle dolci gole profonde del fiore notturno.

La luna, spettatrice nel suo cappuccio d'osso,
non ha motivo di essere triste.

E' abituata a queste cose.
I suoi neri crepitano e tirano.

Sylvia Plath