Nicolai Lilin è un giovane scrittore nato in nell’ex Unione Sovietica, nella zona che ora fa parte della Moldavia, o meglio della Transnistria, una nazione che in realtà non esiste e che non è stata riconosciuta da nessun altro stato. Lilin vive in Italia da una decina d’anni e scrive direttamente in lingua italiana. “Educazione siberiana” è il suo primo libro (ne ha scritti altri due) ed è una via di mezzo tra romanzo ed autobiografia. Parla infatti della sua infanzia e adolescenza vissute all’interno della comunità criminale siberiana. Educato dai genitori ma anche da criminali anziani, il giovane Nicolai viene iniziato ai valori di quella che viene definita “criminalità onesta”. Alcuni valori possono essere condivisibili anche da noi, altri molto meno… L’autore ci parla delle sue esperienze, dal primo coltello (la “picca”) alle prime risse, dalle conversazioni con il nonno (figura di spicco della comunità) al carcere minorile. Si tratta di un originalissimo romanzo di formazione, dal tono schietto e diretto. “Educazione siberiana” mi ha lasciato più volte a bocca aperta. Un romanzo che vive di contrasti (a partire appunto dal concetto di criminale onesto), fuori dalle righe, che suscita sensazioni ed emozioni diverse nel giro di poche pagine. Certi personaggi sono memorabili, soprattutto i vecchi criminali siberiani. Anche la struttura del libro è affascinante, come se fosse un lungo racconto orale con mille divagazioni e mille storie nelle storie. Come ad esempio il lungo capitolo centrale ‘Il giorno del mio compleanno’ dove ogni personaggio e ogni luogo sono pretesti per iniziare a raccontare altre storie. Mi sono chiesto più volte quanto c’è di vero e quanto invece di romanzato, forse perché è una realtà parecchio diversa da quella in cui viviamo. Mi sono anche documentato un po’ sulla Transnistria, di cui prima ignoravo addirittura l’esistenza, e ho letto delle cose spaventose, soprattutto perché non sono tanto lontane da noi. Uno stato fantoccio con una situazione sociale che definire degradata è un eufemismo: il lato oscuro dell’Europa. Tornando a Lilin, mi piace tantissimo il modo in cui scrive, un linguaggio asciutto e affilato come la lama della sua picca. Utilizza la lingua italiana in modo grezzo ma estremamente efficace, molto più di tanti nostri scrittori. Sempre con un filo di ambigua ironia: a volte non si capisce se sta scherzando o se dice sul serio. "Dopo tanti pensieri e discussioni con me stesso sono arrivato alla conclusione che non si risolve niente con il coltello e con le botte. Così sono passato alla pistola".