La Natura ha da sempre accarezzato i sogni dei poeti più nobili. Anche le umili piante, quelle che non degneremmo di uno sguardo approfondito, stuzzicarono l'ingegno creativo dei poeti. Come il Salice, ad esempio.
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(Un salice bianco)

Il grande Virgilio, nella I^ Ecloga delle Bucoliche , così scriveva:

Melibeo:

Fortunato vecchio! Dunque i campi rimarranno tuoi,
e grandi abbastanza per te, sebbene la nuda pietra
e la palude con i fangosi giunchi invadano tutti i pascoli.
Non nuoceranno alle gravide pecore i pascoli inconsueti,
né il contagio di un vicino armento porterà danno.
Fortunato vecchio, qui tra i noti fiumi
e le sacre fonti godrai il fresco all'ombra:
qui sul vicino confine di sempre la siepe,
succhiata nei suoi fiori di salice dalle api iblee,
spesso con lieve sussurro ti inviterà ad addormentarti;
di qui sotto un'alta rupe canterà all'aria il potatore;
e frattanto le roche colombe, tuo amore,
e la tortora dall'aereo olmo non cesseranno di gemere.



MELIBOEUS

Fortunate senex, ergo tua rura manebunt,
et tibi magna satis, quamvis lapis omnia nudus
limosoque palus obducat pascua iunco!
Non insueta gravis temptabunt pabula fetas,
nec mala vicini pecoris contagia laedent.
Fortunate senex, hic, inter flumina nota
et fontis sacros, frigus captabis opacum!
hinc tibi, quae semper, vicino ab limite, saepes
Hyblaeis apibus florem depasta salicti
saepe levi somnum suadebit inire susurro;
hinc alta sub rupe canet frondator ad auras;
nec tamen interea raucae, tua cura, palumbes,
nec gemere aeria cessabit turtur ab ulmo.