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Discussione: Curiosità sul Giallo e dintorni

          
  1. #1
    Io L'avatar di dolores
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    Curiosità sul Giallo e dintorni

    Questo thread è un furto: l'ho rubato al mio amico aNobiiano Chomsky. Naturalmente gli ho chiesto il permesso di farlo, perché quello che posterò è tutta farina del suo sacco. Io mi sono limitata a trovarlo interessante, e quindi ho pensato di riproporlo qua. L'unica cosa che farò sarà quella di cercare qualche fotografia per integrare il testo e movimentarlo un po'.
    Quindi inizio ringraziando Chomsky per la sua disponibilità, per la sua passione e per il suo lavoro.
    “Non ho bisogno di tempo per sapere come sei: conoscersi è luce improvvisa” (P. Salinas)

  2. #2
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    Re: Curiosità sul Giallo e dintorni

    Il romanzo giallo nasce a Parigi nel 1841, dopo l'efferato omicidio di un'anziana signora e di sua figlia. Il caso, dopo le infruttuose indagini della polizia viene risolto dal geniale acume del signor Dupin vero archetipo dell'investigatore deduttivo che tanta fortuna avrà nell'epigono Sherlock Holmes. Nel romanzo di Edgar Allan Poe (vero inventore della formula magica della dectection) "Gli assassinii della Via Morgue" Auguste Dupin risolve il mistero partendo da un ragionamento per cercare le prove che lo sostanzino.




    Dopo questo exploit Dupin è protagonista del perfetto racconto "La lettera rubata" in cui scopre il nascondiglio della lettera cercato invano da tanti segugi guardando nel posto più logico e perciò meno probabile. Alla fine del 1842 nel "Mistero di Maria Roget", ispirato da un caso realmente accaduto, Dupin risolve il mistero della scomparsa di una graziosa ragazza senza muoversi da casa e basandosi solo sugli articoli del giornale. In una nota aggiunta all'edizione in volume dei suoi "racconti" Poe ha annotato di "aver effettivamente risolto il caso reale" con notevole anticipo rispetto alla polizia anche se recenti studi hanno dimostrato che il caso non è mai stato chiarito sino in fondo. Un altro racconto assimilabile al giallo è "Lo scarabeo d'oro" in cui si narra della scoperta di un tesoro grazie alla decrittazione di una vecchia mappa cifrata.




    Il grande John Dickson Carr rese Poe protagonista di un suo racconto - "Il gentiluomo di Parigi" - in cui lo scrittore americano risolve da par suo un caso di omicidio.
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  3. #3
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    Re: Curiosità sul Giallo e dintorni

    Nel 1928 durante la cosiddetta "epoca d'oro" del romanzo giallo si sentì la necessità di stabilire un codice che fissasse le regole per creare un buon poliziesco. Fu il critico d'arte Willard Huntington Wright, meglio conosciuto come S. S. Van Dine, nel suo articolo "Venti regole per scrivere romanzi polizieschi" a dettare questi standard che generalmente sono stati seguiti sino ad oggi.



    1. Il lettore deve avere le stesse possibilità del poliziotto di risolvere il mistero. Tutti gli indizi e le tracce debbono essere chiaramente elencati e descritti.
    2. Non devono essere esercitati sul lettore altri sotterfugi e inganni oltre quelli che legittimamente il criminale mette in opera contro lo stesso investigatore.
    3. Non ci deve essere una storia d'amore troppo interessante. Lo scopo è di condurre un criminale davanti alla Giustizia, non due innamorati all'altare.
    4. Né l'investigatore né alcun altro dei poliziotti ufficiali deve mai risultare colpevole. Questo non è un buon gioco: è come offrire a qualcuno un soldone lucido per un marengo; è una falsa testimonianza.
    5. Il colpevole deve essere scoperto attraverso logiche deduzioni: non per caso, o coincidenza, o non motivata confessione. Risolvere un problema criminale a codesto modo è come spedire determinatamente il lettore sopra una falsa traccia per dirgli poi che tenevate nascosto voi in una manica l'oggetto delle ricerche. Un autore che si comporti così è un semplice burlone di cattivo gusto.
    6. In un romanzo poliziesco ci deve essere un poliziotto, e un poliziotto non è tale se non indaga e deduce. Il suo compito è quello di riunire gli indizi che possono condurre alla cattura di chi è colpevole del misfatto commesso nel capitolo I. Se il poliziotto non raggiunge il suo scopo attraverso un simile lavorio non ha risolto veramente il problema, come non lo ha risolto lo scolaro che va a copiare nel testo di matematica il risultato finale del problema.
    7. Ci deve essere almeno un morto in un romanzo poliziesco e più il morto è morto, meglio è. Nessun delitto minore dell'assassinio è sufficiente. Trecento pagine sono troppe per una colpa minore. Il dispendio di energie del lettore dev'essere remunerato!
    8. Il problema del delitto deve essere risolto con metodi strettamente naturalistici. Apprendere la verità per mezzo di scritture medianiche, sedute spiritiche, la lettura del pensiero, suggestione e magie, è assolutamente proibito. Un lettore può gareggiare con un poliziotto che ricorre a metodi razionali: se deve competere anche con il mondo degli spiriti e con la metafisica, è battuto "ab initio".
    9. Ci deve essere nel romanzo un poliziotto, un solo "deduttore", un solo "deus ex machina. Mettere in scena tre, quattro, o addirittura una banda di segugi per risolvere il problema significa non soltanto disperdere l'interesse, spezzare il filo della logica, ma anche attribuirsi un antipatico vantaggio sul lettore. Se c'è più di un poliziotto, il lettore non sa più con chi sta gareggiando: sarebbe come farlo partecipare da solo a una corsa contro una staffetta.
    10. Il colpevole deve essere una persona che ha avuto una parte più o meno importante nella storia, una persona cioè, che sia divenuta familiare al lettore, e lo abbia interessato.
    11. I servitori non devono essere, in genere, scelti come colpevoli: si prestano a soluzioni troppo facili. Il colpevole deve essere decisamente una persona di fiducia, uno di cui non si dovrebbe mai sospettare.
    12. Nel romanzo deve esserci un solo colpevole, al di là del numero degli assassinii. Ovviamente che il colpevole può essersi servito di complici, ma la colpa e l'indignazione del lettore devono ricadere su un solo cattivo.
    13. Società segrete, associazioni a delinquere "et similia" non trovano posto in un vero romanzo poliziesco. Un delitto interessante è irrimediabilmente sciupato da una colpa collegiale. Certo anche al colpevole deve essere concessa una "chance": ma accordargli addirittura una società segreta è troppo. Nessun delinquente di classe accetterebbe.
    14. I metodi del delinquente e i sistemi di indagine devono essere razionali e scientifici. Vanno cioè senz'altro escluse la pseudo-scienza e le astuzie puramente fantastiche, alla maniera di Jules Verne. Quando un autore ricorre a simili metodi può considerarsi evaso, dai limiti del romanzo poliziesco, negli incontrollati domini del romanzo d'avventura.
    15. La soluzione del problema deve essere sempre evidente, ammesso che vi sia un lettore sufficientemente astuto per vederla subito. Se il lettore, dopo aver raggiunto il capitolo finale e la spiegazione, ripercorre il libro a ritroso, deve constatare che in un certo senso la soluzione stava davanti ai suoi occhi fin dall'inizio, che tutti gli indizi designavano il colpevole e che, se fosse stato acuto come il poliziotto, avrebbe potuto risolvere il mistero da sé, senza leggere il libro sino alla fine. Il che - inutile dirlo - capita spesso al lettore ricco d'istruzione.
    16. Un romanzo poliziesco non deve contenere descrizioni troppo diffuse, pezzi di bravura letteraria, analisi psicologiche troppo insistenti, presentazioni di "atmosfera": tutte cose che non hanno vitale importanza in un romanzo di indagine poliziesca. Esse rallentano l'azione, distraggono dallo scopo principale che è: porre un problema, analizzarlo, condurlo a una conclusione positiva. Si capisce che ci deve essere quel tanto di descrizione e di studio di carattere che è necessario per dare verosimiglianza alla narrazione.
    17. Un delinquente di professione non deve mai essere preso come colpevole in un romanzo poliziesco. I delitti dei banditi riguardano la polizia, non gli scrittori e i brillanti investigatori dilettanti. Un delitto veramente affascinante non può essere commesso che da un personaggio molto pio, o da una zitellona nota per le sue opere di beneficenza.
    18. Il delitto, in un romanzo poliziesco, non deve mai essere avvenuto per accidente: né deve scoprirsi che si tratta di suicidio. Terminare una odissea di indagini con una soluzione così irrisoria significa truffare bellamente il fiducioso e gentile lettore.
    19. I delitti nei romanzi polizieschi devono essere provocati da motivi puramente personali. Congiure internazionali ecc. appartengono a un altro genere narrativo. Una storia poliziesca deve riflettere le esperienze quotidiane del lettore, costituisce una valvola di sicurezza delle sue stesse emozioni.
    20. Ed ecco infine, per concludere degnamente questo "credo", una serie di espedienti che nessuno scrittore poliziesco che si rispetti vorrà più impiegare; perché già troppo usati e ormai familiari a ogni amatore di libri polizieschi. Valersene ancora è come confessare inettitudine e mancanza di originalità:
    a) scoprire il colpevole grazie al confronto di un mozzicone di sigaretta lasciata sul luogo del delitto con le sigarette fumate da uno dei sospettati;
    b) il trucco della seduta spiritica contraffatta che atterrisca il colpevole e lo induca a tradirsi;
    c) impronte digitali falsificate;
    d) alibi creato grazie a un fantoccio;
    e) cane che non abbaia e quindi rivela il fatto che il colpevole è uno della famiglia;
    f) il colpevole è un gemello, oppure un parente sosia di una persona sospetta, ma innocente;
    g) siringhe ipodermiche e bevande soporifere;
    h) delitto commesso in una stanza chiusa, dopo che la polizia vi ha già fatto il suo ingresso;
    i) associazioni di parole che rivelano la colpa;
    j) alfabeti convenzionali che il poliziotto decifra.



    Naturalmente seguire pedissequamente queste regole avrebbe tolto al giallo l'emozione e gli avrebbe tolto quel realismo a cui molti giallisti tendevano. Infatti Raymond Chandler nel suo famoso saggio "La semplice arte del delitto" scritto nel 1944 polemizza duramente con il romanzo poliziesco classico "riservato alle vecchie signore", perchè "il romanzo poliziesco deve essere realistico per quanto riguarda personaggi, ambiente e atmosfera. Deve trattare di persone vere in un mondo vero". Nel suo saggio Chandler loda Dashiell Hammett per per aver strappato il delitto al giardino di rose del vicario, dove lo tenevano ostaggio Agatha Christie e Dorothy Sayers, e averlo restituito ai vicoli, in "un mondo in cui i gangster possono dominare le nazioni e poco manca che governino le città".
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  4. #4
    Io L'avatar di dolores
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    Re: Curiosità sul Giallo e dintorni

    La paternità del poliziesco vede una lunga disamina che trova contrapposti Poe e Gaboriau. Una "guerra" tra America e Francia, irrisolta e credo irrisolvibile; di fatto però il contributo (anche semplicemente di "definizione" delle regole del genere) fu essenziale almeno quanto l'intuizione che portò E. A. Poe a inventare l'antesignano di Sherlock Holmes. Tributo che, purtroppo, raramente viene versato al francese.



    Emile Gaboriau portò a maturazione quell'innovazione che Poe aveva avuto. Non c'è da stupirsi che il testimone passò ad un francese in quanto fu Charles Baudelaire con le sue traduzioni dell'opera di Poe che fece conoscere il genio dello scrittore americano in tutta Europa. Inoltre Gaboriau nel suo personaggio principale Monsieur Lecocq, già nel nome rende omaggio ad uno degli avventurieri più straordinari del suo tempo, Eugène-François Vidocq che fu disertore, falsario, ladro, galeotto, spia per poi diventare il primo capo della Sûreté , la prima grande polizia moderna (a cui appartiene anche il signor Lecocq).



    Emile Gaboriau fonde nei suoi romanzi, tra i quali ricordo "L'affare Lerouge" del 1863, "Il dramma d'Orcival" del 1867 e "Il signor Lecocq" del 1869, la narrativa popolare di cui il tipico esponente é Eugene Sue autore de "I misteri di Parigi" e la narrativa poliziesca ispiratagli da Poe. Monsieur Lecocq a differenza di Auguste Dupin, non si isola nell'astrazione perchè per lui l'indagine non è un gioco intellettuale ma un percorso di identificazione con il criminale e in questo prefigura il commissario Maigret. Lecocq infine ispirò direttamente Conan Doyle per il personaggio di Sherlock Holmes. "Ho letto "Lecocq il poliziotto" di Gaboriau, annotò nel marzo del 1886 lo scrittore inglese, e un racconto che parla dell'assassinio di una vecchia di cui non ricordo il nome. Tutti ottimi. Ricordano Wilkie Collins ma in meglio." Il seme era stato gettato e l'anno successivo sul Beeton's Christmas Annual fu pubblicato "Uno studio in rosso".

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  5. #5
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    Re: Curiosità sul Giallo e dintorni

    Quote Originariamente inviato da dolores

    Naturalmente seguire pedissequamente queste regole avrebbe tolto al giallo l'emozione e gli avrebbe tolto quel realismo a cui molti giallisti tendevano. Infatti Raymond Chandler nel suo famoso saggio "La semplice arte del delitto" scritto nel 1944 polemizza duramente con il romanzo poliziesco classico "riservato alle vecchie signore", perchè "il romanzo poliziesco deve essere realistico per quanto riguarda personaggi, ambiente e atmosfera. Deve trattare di persone vere in un mondo vero". Nel suo saggio Chandler loda Dashiell Hammett per per aver strappato il delitto al giardino di rose del vicario, dove lo tenevano ostaggio Agatha Christie e Dorothy Sayers, e averlo restituito ai vicoli, in "un mondo in cui i gangster possono dominare le nazioni e poco manca che governino le città".
    Bellissimo thread, Dolores.
    Ti seguo subito e pongo l'attenzione, con il mio quote, sul come si sentì la necessità, da parte di alcuni scrittori, di adeguarsi all'evoluzione della società ed al bisogno di descriverla in termini realistici.
    Aggiungo che una società non più accettata aprioristicamente, genera malessere nei protagonisti, che viene puntualmente descritto nei nuovi, all'epoca, romanzi noir della hard boiled school.

    Ciao

  6. #6
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    Re: Curiosità sul Giallo e dintorni

    Quote Originariamente inviato da Baudin
    Quote Originariamente inviato da dolores
    Naturalmente seguire pedissequamente queste regole avrebbe tolto al giallo l'emozione e gli avrebbe tolto quel realismo a cui molti giallisti tendevano. Infatti Raymond Chandler nel suo famoso saggio "La semplice arte del delitto" scritto nel 1944 polemizza duramente con il romanzo poliziesco classico "riservato alle vecchie signore", perchè "il romanzo poliziesco deve essere realistico per quanto riguarda personaggi, ambiente e atmosfera. Deve trattare di persone vere in un mondo vero". Nel suo saggio Chandler loda Dashiell Hammett per per aver strappato il delitto al giardino di rose del vicario, dove lo tenevano ostaggio Agatha Christie e Dorothy Sayers, e averlo restituito ai vicoli, in "un mondo in cui i gangster possono dominare le nazioni e poco manca che governino le città".
    Bellissimo thread, Dolores.
    Ti seguo subito e pongo l'attenzione, con il mio quote, sul come si sentì la necessità, da parte di alcuni scrittori, di adeguarsi all'evoluzione della società ed al bisogno di descriverla in termini realistici.
    Aggiungo che una società non più accettata aprioristicamente, genera malessere nei protagonisti, che viene puntualmente descritto nei nuovi, all'epoca, romanzi noir della hard boiled school.
    Ciao
    Grazie Baudin
    Sono d'accordo con te. Anzi, sono molto d'accordo con te
    Preciso subito che io sono una appassionata lettrice dei romanzi di Agatha Christie (li posseggo quasi tutti e li rileggo sempre con grande piacere) e adoro i delitti perpetrati nei giardini di rose dei vicariati, tuttavia - per gusto personale - prediligo i romanzi noir, credo per affinità con la fragilità umana in essi descritta e per identificazione con un disagio che, se pur non sfociando in situazioni così tragiche, tocca chi - come dici giustamente tu - non accetta aprioristicamente le regole che governano il nostro vivere sociale.

    Ciao!
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  7. #7
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    Re: Curiosità sul Giallo e dintorni

    Oltre ad Emile Gaboriau un altro francese, Gaston Leroux, contribuì a dare al romanzo giallo la struttura formale che lo caratterizza e che lo rende così popolare. Leroux, autore anche del celebre "Il fantasma dell'opera", thriller del quale sono state tratte numerose versioni cinematografiche, nel 1908 con "Il mistero della camera gialla" introduce sia un personaggio che diventerà famoso, il giovane giornalista Rouletabille, sia un "topos" che da allora ogni autore di gialli che si rispetti dovrà affrontare: il mistero della camera chiusa ermeticamente.



    Uno dei maggiori esperti di "camere chiuse" è stato senza dubbio John Dickson Carr, che nel suo mirabile "Le tre bare" fa tenere al suo personaggio più famoso, Gideon Fell, addirittura una conferenza sul tema, in cui sviscera a fondo ogni variazione sul genere. Proprio durante la sua colta disquisizione Gideon Fell giudica "Il mistero della camera gialla": "il migliore racconto poliziesco che sia mai stato scritto".

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  8. #8
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    Re: Curiosità sul Giallo e dintorni

    Il delitto nella camera chiusa è diventato col tempo un genere a se stante che coniuga il piacere di scoprire chi è stato (da cui viene la definizione popolare "whodunit" con la quale viene chiamato il giallo classico all'inglese) e la curiosità di sapere come l'assassino è riuscito a fuggire dal luogo del delitto.



    Oltre John Dickson Carr, l'indiscusso maestro nel campo, si sono cimentati in questo genere tutti i più grandi giallisti come Edgar Wallace, in "L'enigma della candela ritorta", S.S. Van Dine in "La strana morte del signor Benson" e in "Tragedia in casa Coe", per citarne solo due, Agatha Christie anche nel racconto "Morte di un arlecchino", Ellery Queen in "Il delitto alla rovescia" e "Una stanza per morirci" e Clayton Rawson, che in "Morte dal cappello a cilindro" tiene una vera e propria lezione sul tema.




    Ultimamente Paul Halter, giallista francese che dichiara apertamente di ispiarsi a Dickson Carr, ha rinverdito i fasti di questa particolare categoria con romanzi come "La quarta porta", "A 139 passi dalla morte", "Nebbia rossa" dove rievoca i delitti di Jack lo squartatore, "La morte dietro la tenda rossa" e "La camera del pazzo".

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  9. #9
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    Re: Curiosità sul Giallo e dintorni

    Il termine "detective story" ormai entrato nel gergo comune per indicare il romanzo poliziesco o "giallo" venne coniato dalla scrittrice statunitense Anna Katharine Green (1846-1935) come sottotitolo al suo primo libro "Il mistero delle due cugine" ("The Leavenworth case") del 1878.



    La Green, prima donna a scrive un importante poliziesco, oltre a Ebenezer Gryce detective della polizia di New York, protagonista del caso delle due cugine, creò anche la prima figura di donna investigatrice Violet Strange.

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  10. #10
    Sydbar L'avatar di sydbar
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    Re: Curiosità sul Giallo e dintorni

    Mi piace...
    Colgo l'occasione per salutare tutti i miei Amici del Qforum.
    Vanità, decisamente il mio peccato preferito...

  11. #11
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    Re: Curiosità sul Giallo e dintorni

    Quote Originariamente inviato da sydbar
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    Colgo l'occasione per salutare tutti i miei Amici del Qforum.
    Grazie Sydbar! Un grosso saluto anche a te
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  12. #12
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    Re: Curiosità sul Giallo e dintorni

    Benché fosse medico e sia stato in parte ispirato per il suo immortale personaggio di Sherlock Holmes dal suo professore di medicina Joseph Bell, non fu Sir Arthur Conan Doyle a creare il primo investigatore scientifico della storia del giallo. Il primo investigatore scientifico fu il dottor Thorndyke, protagonista dei romanzi di Richard Austin Freeman.



    Nel 1907 Freeman pubblica "L'impronta scarlatta" la prima avventura del medico legale John Thorndyke a cui faranno seguito altri dieci romanzi e quarantadue racconti. Spinto da una cultura scientifica enciclopedica e da una logica stringente Thorndyke risolve i suoi casi portando al culmine il razionalismo ottocentesco già preannunciato da Poe e dallo stesso Conan Doyle.



    Secondo Raymond Chandler i romanzi di Freeman (tra cui segnalo "Il testimone muto" "L'affare D'Arblay" e L'occhio di Osiride") affascinano anche per il "caldo charme che hanno gli amori vittoriani e le meravigliose passeggiate attraverso Londra".
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  13. #13
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    Re: Curiosità sul Giallo e dintorni

    Anche se il suo nome è legato indissolubilmente a quello di Sherlock Holmes, Sir Arthur Conan Doyle non amò mai particolarmente il suo personaggio più famoso e arrivò al punto di farlo morire cadendo nelle cascate svizzere di Reichenbach nel racconto “Il problema finale” del 1886. In seguito dovette far resuscitare a furor di popolo quel detective diventato tanto ingombrante, nato “per gioco” e per passare le lunghe serate in attesa dei clienti nel suo studio di giovane medico.
    I suoi interessi erano rivolti principalmente ai romanzi storici di cui si ricordano le saghe di Sir Nigel e del brigadiere Gerard. Fu anche uno dei precursori della fantascienza con il ciclo del professor Challenger di cui il romanzo più famoso è certamente “Il mondo perduto” che ha influenzato il libro di Michael Crichton “Jurassic park”.



    Nell’ultima fase della sua vita Conan Doyle si dedicò attivamente allo studio dello spiritismo e delle fate, come documenta Charles Hingam nella sua documentatissima biografia “The adventures of Conan Doyle”. Il suo interesse per l’occultismo contrasta con l’esaltazione della logica e del Positivismo incarnato in Sherlock Holmes ma Conan Doyle era un tipico uomo dell’Ottocento sempre in bilico tra Realismo e Romanticismo.



    Infine fu anche coinvolto in una vicenda che sembra tratta da uno dei suoi libri. Viene infatti sospettato di essere l’autore della “Beffa dell’uomo di Piltdown”. Nel 1912 in una miniera vicina a Piltdown nel Sussex furono ritrovato alcuni frammenti del teschio di quello che sembrava un ominide sconosciuto, ritenuto l’anello di congiunzione tra l’uomo e la scimmia. Solo quarant’anni dopo si scoprì che i reperti consistevano nella mandibola di un orango e in un pezzo di cranio di uomo moderno.



    Una curiosità su Conan Doyle è data dalla sua partecipazione come giornalista alle Olimpiadi di Londra del 1908. Molti ritengono sia lui il megafonista che sorregge Dorando Pietri durante gli ultimi strazianti metri della maratona olimpica. E' certo invece che si prodigò per far avere al valoroso atleta carpigiano una sostanziosa colletta e che perorò - invano - la sua causa.
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  14. #14
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    Re: Curiosità sul Giallo e dintorni

    Come la Settimana Enigmistica anche Sherlock Holmes vanta innumerevoli tentativi di imitazione. Molti scrittori si sono cimentati con questo mito letterario. Il grande Mark Twain in un racconto del 1912 (A double-barrelled Detective Story) racconta un insuccesso dell'investigatore.



    Lo stesso figlio di Sir Arthur, Adrian, assieme a John Dickson Carr ha pubblicato due raccolte di novelle "Le imprese di Sherlock Holmes" e "Nuove imprese di Sherlock Holmes". Anche Maurice Leblanc ha fatto incontrare il suo eroe Arsène Lupin con Herlock Sholmes.



    Oltre ai gialli Holmes è diventato persino personaggio di racconti di fantascienza ma il romanzo "fuori canone" più significativo è senza dubbio "La soluzione sette per cento" di Nicholas Meyer in cui il detective è un drogato che si reca a Vienna per curarsi da un "dottorino" di cui si dice un gran bene, Sigmund Freud. Il padre della psicanalisi non solo disintossica Holmes, che si inietta cocaina in una soluzione al sette per cento, ma riesce anche a svelare le ragioni di questo suo vizio: il padre dell'investigatore aveva ucciso la moglie e il suo amante.



    Anche Ellery Queen in "Uno studio in nero" ne fa rivivere l'epopea mettendolo addirittura sulle tracce di Jack lo Squartatore.

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  15. #15
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    Re: Curiosità sul Giallo e dintorni

    Una prova dell'enorme popolarità del personaggio creato da Sir Arthur Conan Doyle, diventato vero e proprio archetipo dell'investigatore, è data dalla bizzarra teoria che ha preso piede tra gli appassionati di gialli e anche tra qualche scrittore che l'ha romanzata. Secondo queste voci Nero Wolfe, il corpulento e brillante detective di origine montenegrina, sarebbe figlio di Sherlock Holmes e di Irene Adler, l'affascinante avventuriera protagonista del racconto "Uno scandalo in Boemia".



    Strano destino quello di Irene, che compare solo in questa avventura (anche se viene citata in altri racconti) ma che è diventata il più conosciuto e più importante personaggio del fantastico mondo holmesiano. Cantante d'opera, avventuriera e forse anche spia, unica donna che Sherlock Holmes ammira incondizionatamente, Irene Adler è anche protagonista dei romanzi gialli di Carole Nelson Douglas dove compare anche il grande investigatore.

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