Dalla quarta di copertina:

Nella casa di Petrópolis, poche ore prima di ingerire insieme alla giovane moglie una dose letale di Veronal, (Zweig) affranca le sue ultime lettere e scrive in tedesco una Declaracào datata 22 febbraio 1942. Il giorno prima aveva provveduto a inviare ai suoi editori e traduttori a New York e a Buenos Aires tre dattiloscritti della Schachnovelle. [...] L'"umanista in ritardo e fuori tempo" Stefan Zweig sentiva esaurirsi la propria capacità di concentrazione e la propria forza immaginativa. La solida architettura della Schachnovelle, la prosa avvolgente e sicura, il tedesco misurato e lucido, sono il suo estremo e nostalgico tentativo di rispondere all'ossessione del nulla e alla minaccia della follia che tormentano la vecchia Europa non meno del Dr. B. (Dallo scritto di Rossella Rizzo)


Commento:
Io scrivevo e pensavo ancora in tedesco, ma ogni pensiero da me pensato, ogni augurio da me formulato era già per i paesi sorti in armi a difendere la libertà del mondo”. Stefan Zweig, Il mondo di ieri.
E nella lettera a Victor Wittkowski del 13 dicembre 1941:”Che maledizione dover vivere, pensare e scrivere proprio in questa lingua. Io resto qui nella mia totale solitudine e lavoro, […] ma con sempre minor gioia, poiché, a che scopo, per chi?” Era in esilio in Brasile per sfuggire ai nazisti nel suo paese.
Ma la depressione lo stava spingendo nel baratro, in quei mesi che lo dividevano dalla fine, e tentò di combatterla studiando gli scacchi, un esercizio che gli ha fatto partorire la sua ultima opera in cui l’amore per gli scacchi è descritto nel modo più estremo che si possa immaginare: il patologico.
Troppo dolorosa la sequela degli avvenimenti della sua vita: “la mia opera letteraria nella lingua in cui fu scritta fu ridotta in cenere, e proprio nel paese dove i miei libri si erano resi amici milioni di lettori. Io ora non appartengo ad alcun luogo, son dovunque uno straniero e tutt’al più un ospite; anche la vera patria che il mio cuore si era eletta, l’Europa, è perduta per me da quando per la seconda volta, con furia suicida, si dilania in una guerra fraterna. Contro la mia volontà ho dovuto assistere alla più spaventosa sconfitta della ragione e al più selvaggio trionfo della brutalità, nell’ambito della storia. Mai una generazione , non lo affermo certo con orgoglio bensì con vergogna, ha subito un siffatto regresso morale da così nobile altezza spirituale” Stefan Zweig, Il mondo di ieri.

E cosi il Dr. B. protagonista della novella di fronte alla brutalità della barbarie cerca, nella prigionia, di sopravvivere alla tortura psicologica grazie al gioco degli scacchi e alla scacchiera immaginaria che nel suo pensiero sostituisce qualunque altra attività negativa, nella più assoluta solitudine, in una lotta immane per non soccombere. Veramente troppo impari lo scontro per Zweig uomo, pacifista e cittadino del mondo, esponente di quella parte sublime della cultura mittleuropea che tanto affascina.
Nel gennaio del ’42 quando terminò di scrivere la novella, la spedì a Ernst Feder, anch’egli scrittore e appassionato di scacchi, per riceverne un parere. Ne parlò anche a Herman Kester in una lettera “Ho scritto una novella nel formato a me tanto caro e pur così sfortunato, troppo ampia per un giornale e una rivista, troppo piccola per un libro, troppo astratta per il grande pubblico, troppo insolita nel suo tema. Ma lei certo sa che le madri stringono al cuore con particolare affetto i figli gracili da un lato e dotati dall’altro”.
Una novella stupenda, l’ultima prova di uno spirito libero, di uno scrittore straordinario che preferì uscire di scena di fronte alla follia della storia.