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Discussione: Elogio dei piedi

          
  1. #1
    Master Member L'avatar di Sir Galahad
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    Elogio dei piedi

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    “Elogio dei piedi”, una poesia di Erri De Luca

    Perché reggono l'intero peso.
    Perché sanno tenersi su appoggi e appigli minimi.
    Perché sanno correre sugli scogli e neanche i cavalli lo sanno fare.
    Perché portano via.

    Perché sono la parte più prigioniera di un corpo incarcerato. E chi esce dopo molti anni deve imparare di nuovo a camminare in linea retta.
    Perché sanno saltare, e non è colpa loro se più in alto nello scheletro non ci sono ali.
    Perché sanno piantarsi nel mezzo delle strade come muli e fare una siepe davanti al cancello di una fabbrica.

    Perché sanno giocare con la palla e sanno nuotare.
    Perché per qualche popolo pratico erano unità di misura.
    Perché quelli di donna facevano friggere i versi di Pushkin.

    Perché gli antichi li amavano e per prima cura di ospitalità li lavavano al viandante.
    Perché sanno pregare dondolandosi davanti a un muro o ripiegati indietro da un inginocchiatoio.
    Perché mai capirò come fanno a correre contando su un appoggio solo.

    Perché sono allegri e sanno ballare il meraviglioso tango, il croccante tip-tap, la ruffiana tarantella.
    Perché non sanno accusare e non impugnano armi.
    Perché sono stati crocefissi.

    Perché anche quando si vorrebbe assestarli nel sedere di qualcuno, viene scrupolo che il bersaglio non meriti l'appoggio.
    Perché, come le capre, amano il sale.
    Perché non hanno fretta di nascere, però poi quando arriva il punto di morire scalciano in nome del corpo contro la morte.

  2. #2
    Moderator L'avatar di kaipirissima
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    È stato più forte di me, quella citazione mi ha spinto a cercare...


    Aleksandr Sergeevič Puškin, Eugenio Onegin (1823-1831)

    XXX
    Ahimé, il più della mia vita
    In sollazzi ho sperperato!
    Ma se fosse consuetudine
    Ancora oggi andrei per balli:
    La sfrenata gioventù amo –
    Gioia, sfarzo, pigia pigia,
    E i vestiti ricercati,
    E i piedini, delle dame;
    Anche se, in tutta la Russia,
    È già tanto se trovate
    Solo tre paia di gambe
    Femminili comme il faut.
    Ah, quanto ebbi a lungo in testa
    Due piedini... Triste e freddo,
    Li ricordo ancora, e in sogno
    A turbarmi il cuor mi vengono.


    XXXI
    Quando, dove, in che deserto,
    Pazzo, te li scorderai?
    Ah, piedini miei piedini!
    Dove siete? Dove andate,
    Quali fiori ora calcate?
    Usi agli agi dell’Oriente
    L’orma vostra non lasciaste
    Sulla triste neve nordica:
    Voi dei soffici tappeti
    Amavate il molle tatto.
    Io per voi non scordai allora
    Bramosie d’elogi e gloria,
    La mia patria e la prigione?
    Dei miei anni giovanili
    La felicità svanì –
    Come dai prati fioriti
    La leggera vostra impronta.


    XXXII
    Seni ha Diana, e gote Flora,
    Incantevoli, miei cari!
    Ma il piedino di Tersicore
    Per me ha un che d’incanto in più.
    Profetando all’occhio un premio
    Di valore inestimabile,
    Con la sua beltà simbolica
    Il riottoso sciame attira
    Dei desideri. Io l’amo,
    Cara Elvina, amica mia,
    Sotto i drappi delle mense,
    Sui primaverili prati,
    Sugli alari nell’inverno,
    Sui parquets tirati a specchio,
    Sul granito degli scogli.


    XXXIII
    Mi ricordo un mare, avanti
    La tempesta: le onde a schiere
    Accorrevano amorose
    Per giacersi ai piedi suoi!
    Come le invidiavo, avido
    Di sfiorare insieme a loro
    Con la bocca i cari piedi!
    Mai, nei turbolenti giorni
    Della mia gioventù fervida,
    Mai, con tanto sfinimento,
    Spasimai baciare labbra
    Io di giovinette Armide,
    Infocate, rosee gote,
    Seni gonfi di languore;
    No, mai foga di passioni
    Tormentò così il mio petto!



  3. #3
    Master Member L'avatar di Sir Galahad
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    Incantevole, divertente...brava, Kaipi!
    Quando si dice che anche le parti considerate (a torto) meno nobili possono avere un occhio di riflessione anche poetica. E perchè no?

  4. #4
    Moderator L'avatar di kaipirissima
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    la geografia dei piedi
    Immagini allegate Immagini allegate  

  5. #5
    Senior Member L'avatar di Aleciccio
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    Quando non posso guardare il tuo volto
    ecco, guardo i tuoi piedi.

    I tuoi piedi d'osso inarcato,
    i tuoi piccoli piedi duri.

    Io so che ti sostengono,
    e che il tuo dolce peso
    su di essi s'innalza.

    La tua cintura e i tuoi seni,
    la duplicata porpora
    dei tuoi capezzoli,
    la scatola dei tuoi occhi
    che hanno appena volato,
    la bocca ampia di frutto,
    la tua chioma rossa,
    piccola torre mia.

    Ma non amo i tuoi piedi
    se non perché camminarono
    sopra la terra e sopra
    il vento e sopra l'acqua,
    fino a che m'incontrarono.

    Pablo Neruda
    Bisogna essere leggeri come un uccello, non come una piuma. Paul Valery

  6. #6
    Patrizia
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    "Io non posso combattere contro questa fantasia. Devo vederlo, immaginarlo che esce dal buio e si avvicina. E poi, di colpo, farlo correre verso di me, verso la porta di casa mia...
    Un gioco così privato.
    Cosa faresti al mio posto? Be', tu sei molto più generosa di me. Hai accettato persino di farmi entrare dentro di te. Io non ho un animo così nobile, temo. Io gli sbatto la porta in faccia, ogni sera, la sbatto con tutte le mie forze. La chiudo a chiave e vado in fretta in camera da letto. E spero solo di trovarci Maya, per guardarla un attimo, per accertarmi, ancora una volta, della realtà del suo corpo, dell'esistenza inconfutabile dei suoi piccolissimi piedi. Li fisso e mi calmo, ma subito un pensiero mi atterrisce: così piccoli, come fanno a sostenere due adulti e un bambino?"

    David Grossman - Che tu sia per me il coltello pag.119

  7. #7
    Moderator L'avatar di kaipirissima
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    Ecco un bambino a piedi scalzi rimasto come un uccellino.

    Valentino


    Oh! Valentino vestito di nuovo,
    come le brocche dei biancospini!
    Solo, ai piedini provati dal rovo
    porti la pelle de' tuoi piedini;
    porti le scarpe che mamma ti fece,
    che non mutasti mai da quel dì,
    che non costarono un picciolo: in vece
    costa il vestito che ti cucì.
    Costa; ché mamma già tutto ci spese
    quel tintinnante salvadanaio:
    ora esso è vuoto; e cantò più d' un mese,
    per riempirlo, tutto il pollaio.
    Pensa, a Gennaio, che il fuoco del ciocco
    non ti bastava, tremavi, ahimè!,
    e le galline cantavano, Un cocco!
    ecco ecco un cocco un cocco per te!
    Poi, le galline chiocciarono, e venne
    Marzo, e tu, magro contadinello
    restasti a mezzo, così, con le penne,
    ma nudi i piedi, come un uccello:
    come l'uccello venuto dal mare,
    che tra il ciliegio salta, e non sa
    ch' oltre il beccare, il cantare, l'amare,
    ci sia qualch'altra felicità.

    Pascoli

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