Simenon semina indizi che cambiano nel corso della storia per cui l'immagine che all'inizio mi ero fatta di Kees Popinga piano piano acquista una nuova forma, spiazzante si ma non respingente perché i suoi pensieri, il suo desiderio di una vita più libera, si sono rispecchiati nei miei pensieri, nel mio desiderio, e non c'è un giudizio nei suoi confronti così come l'autore non giudica il suo personaggio, forse per lo stesso motivo di identificazione e poco importa capire se Kees Popinga è paranoico oppure no, come viene definito dalla stampa.
L’elemento interessante di questo romanzo per quanto mi riguarda è la messa a nudo dell’uomo che si ritrova, a causa di un evento inatteso, faccia a faccia con il suo destino, con le parti rimosse di sé, per cui cadono le maschere sociali e quella vita, che fino a quel momento viveva di un equilibrio apparente, subisce un punto di rottura.
La prosa di Simenon è fatta di frasi brevi e pochi aggettivi e questo rende la scrittura più incisiva, questo tipo di scrittura cattura la mia attenzione, semplice e curata (mi piace anche l'inizio di ogni capitolo con la formula ricorrente "Come Kees Popinga….." quasi come fosse un racconto di cronaca). Mi è piaciuto il modo in cui descrive le varie città in cui il protagonista si muove, mi è sembrato di camminarci dentro e sono descrizioni quasi sempre notturne.
Il tema della notte è ricorrente, infatti la prima pubblicazione del romanzo era intitolata “Treni nella notte” perché Popinga fin dalle prime pagine del romanzo ha un rapporto attrattivo nei confronti della notte, prova un’emozione furtiva vedendo passare un treno, soprattutto un treno nella notte appunto.
Ora comprendo la mia passione per le città portuali, è lo stesso fascino che le stazioni hanno su Popinga.
Simenon non crede nell'uomo, nel senso che non crede nell'uomo coerente, crede nelle contraddizioni e nelle non etichette, e questo secondo me è la sua forza.