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Discussione: La poesia della quotidianità

          
  1. #241
    Logopedista nei sogni L'avatar di Estella
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    Ho trascurato di dire qualcosa che mi riguarda

    Ho trascurato di dire qualcosa che mi riguarda
    ma che riguarda anche voi se mi siete vicini.
    Amo la luce che indietreggia quando gli alberi
    flettono le foglie nel vento simili ad aironi verdi,
    mi commuove l’orizzonte di mare
    che emerge dal buio come un ricordo
    e il sole che arriva a toccare l’acqua senza scalzarla,
    vorrei parlarvi dei miei percorsi sotto i portici di
    piazza Vittorio dove ristagna il fiato di tante voci
    e del raccoglimento della luce quando scende sulla
    tavola apparecchiata ma anche della prima vastità del giorno
    o della prima oscurità del giorno quando un antifurto
    mette in scena la scintilla dell’idea
    io sono una che raccoglie sassi
    ma non sono una collezionista
    li stringo in pugno per ricordare il
    corpo, scrivo dialoghi di lunghe
    frasi con la vita per non sprofondare
    scrivo per ingraziarmi la morte –
    sono una sospesa nella paura
    che prima di spalancare la finestra
    e sparire nei cunicoli della notte
    allagherà di luce le pagine dell’infanzia.

    Daniela Attanasio
    Non avere mai paura di essere un papavero in un campo di giunchiglie.


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  3. #242
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    Consigli per stare bene in salute

    La prima cosa è ringiovanire.
    Non è detto che a sessant'anni
    sei più vecchio che a trenta.
    L'usura del corpo è poca cosa
    rispetto all'usura dell'anima.
    Non ti salvi con le tisane,
    non ti salvi evitando la carne,
    non ti salvi facendo ginnastica:
    quello che ti serve è fiorire
    come fa una rosa,
    come fa un geranio.
    *
    Non credere più di tanto
    alle cure.
    Pensa a chi è già morto,
    stringigli la mano.
    Riposati solo quando non hai niente di meglio
    da fare,
    altrimenti stancati più che puoi:
    nessuno ha mai conservato
    le cose che non ha donato.

    Franco Arminio
    L’amore è la voce dietro tutti i silenzi, la speranza che non ha il contrario in un timore.

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  5. #243
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    Le strade sono
    tutte di Mazzini, di Garibaldi,
    son dei papi,
    di quelli che scrivono,
    che dan dei comandi, che fan la guerra.
    E mai che ti capiti di vedere
    via di uno che faceva i berretti
    via di uno che stava sotto un ciliegio
    via di uno che non ha fatto niente
    perché andava a spasso
    sopra una cavalla.
    E pensare che il mondo
    è fatto di gente come me
    che mangia il radicchio
    alla finestra
    contenta di stare, d’estate,
    a piedi nudi.


    Nino Pedretti


    foto presa dal web
    Io li odio i nazisti dell'Illinois...

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  7. #244
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    Oggi sono rimasto
    a fare compagnia al frigorifero.
    Ad ascoltare
    la fatica che gli costa
    funzionare, compiere
    essere aggiornato
    con i suoi freddi lavori, con i suoi compiti congelati.
    Quello che ci si aspetta quindi
    da un frigorifero da cucina.
    E letteralmente
    ho preso una sedia e mi sono sono seduto
    al suo fianco. E siamo stai lí.
    Lamentandoci. Ad ascoltarci mutuamente funzionare,
    respirare.
    A pensare nelle cose che si devono congelare
    perché il mondo continui. Nelle nostre cose,
    suppongo. Nella vita
    meccanica o no, elettrica o no. Programmata.
    Lineare, indipendentemente della curva o del zigzag,
    che segna, nel monitor del polso, il polso.
    E siamo stati lì
    prestandoci due ore del nostro tempo.
    Senza nessuna conclusione
    rispetto alla nostra ultima permanenza
    da seguire;
    quello che è congelare ciò che si porta dentro.

    Alfredo E. Quintero




    foto presa dal web
    Io li odio i nazisti dell'Illinois...

  8. #245
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    Vado tutti i giorni in riva al mare: ho imparato a
    decifrare i messaggi degli uomini.
    So di fogli, grigi o gialli, con grafie disperate
    dentro bottiglie che non possono essere aperte dalle onde. Grida,
    gemiti alla deriva che giungeranno intatti fino al Baltico o
    al Mar del Giappone.
    A forza di trovarli tra la sabbia, provenienti da tutti
    i punti della terra, so riconoscere i quattro versi
    del languido, la sua richiesta d’aiuto rimata in strofe impeccabili.
    So distinguere le lacrime dozzinali con cui il grossolano sigilla il suo
    appello, le imprecazioni del violento e il tono freddo dell’orgoglioso.
    So riconoscere il messaggio del nostalgico: appone
    sempre ben chiari nome e data.
    L’abitudine a ricevere messaggi mi permette di affermare che
    dietro ogni cuore disegnato si nasconde un’anima di
    vergine, così come gli anziani disegnano orologi e gli
    adolescenti ghigliottine.
    Ci sono lunghi lamenti: appartengono al vanitoso, che descrive
    prolissamente le sue aspirazioni e tutto quanto tradisce il
    tempo, tutto quanto si è trasformato in nulla e in menzogna.
    Una donna di carattere aggiunge il ritratto in cui la si vede di profilo,
    seria e orgogliosa, con un vestito da sera e una collana di zaffiri.
    Il credente esige; l’incredulo supplica; l’indifferente
    si dimentica di firmare.
    La lettera del saggio è un foglio in bianco.

    Abilio Estèvez


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    Io li odio i nazisti dell'Illinois...

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  10. #246
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    Effetto covid
    (alla scrivania dell'ufficio)



    alla scrivania dell'ufficio
    si lavora;
    alla scrivania dell'ufficio
    si scrive
    alla scrivania dell'ufficio
    si telefona
    alla scrivania dell'uffico
    s'incontrano persone
    online
    che stanno
    alla scrivania dell'ufficio
    s'assiste a lezioni conferenze comunicazioni lagnanze mozioni promozioni bubbole e palloni

    si mangia
    alla scrivania dell'ufficio
    si dormicchia
    si scribacchia
    si mangiucchia
    si vivacchia
    alla scrivania dell'ufficio
    rivive la vivandiera
    alternata al precotto industriale
    alla scrivania dell'uffico
    s'acquista
    si cazzeggia
    s'aspetta
    il consueto
    l'inatteso invece vien da sé
    alla scrivania dell'ufficio.

    alla scrivania dell'uffico...
    la scrivania dell'ufficio!
    "non vitae sed scholae discimus" (Seneca, Epistulae morales ad Lucilium, 106, 12)

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