Infuria la guerra tra Israele e Palestina.
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Quante vite perse! E quando impareremo?



Tibullo Elegie, I

Quis fuit, horrendos primus qui protulit enses?



Chi fu l’uomo che inventò le spade orrende?
Quant’era feroce, e veramente di ferro!
Allora nacquero per il genere umano le stragi e le guerre,
e fu aperta alla morte una via più breve.

O forse, pover’uomo, non ebbe colpa, e siamo noi
a volgere al nostro male l’arma che lui ci diede contro le belve?
È tutta colpa dell’oro: non c’erano guerre
quando sulla mensa stavano coppe di faggio.
Non c’erano fortezze né trincee, e il comandante del gregge
prendeva sonno tranquillamente tra le sue pecore sparse.

Fossi vissuto allora! Non avrei conosciuto
le tristi armi del volgo, né sentito la tromba con animo trepido;
ora mi trascinano alla guerra, e forse già qualche nemico
porta le armi destinate a piantarsi nel mio fianco.

Ma voi salvatemi, Lari dei miei padri che mi allevaste
quando bambino correvo ai vostri piedi.
Non vergognatevi di essere fatti di vecchio legno;
in questo modo abitavate la vecchia casa degli avi.
Mantenevano meglio la loro parola quando un dio di legno

stava in una piccola sede, con povero culto.

Ed era placato, sia che gli facessero offerte d’uva,
sia che ornassero la sacra chioma con corone di spighe;
e qualcuno che aveva ottenuto il voto portava lui stesso
focacce, e dietro di lui la figlia bambina un puro favo.
Allontanate da me le armi di bronzo, Lari,
[…]
e avrete per vittima un porco dalla stalla piena.
Gli terrò dietro con la veste pulita e coi canestri
legati col mirto, inghirlandato anch’io di mirto.

Così voglio piacervi: un altro sia forte nelle armi,
e abbatta i capi nemici col favore di Marte;
così, mentre bevo, l’eroe mi potrà raccontare
le sue imprese e disegnare l’accampamento col vino
sulla mensa. Che pazzia è questa di affrettare la nera morte
con le guerre? Già incombe e viene da sé in silenzio.