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Ma dove
"Non è più qui" insinua una voce di sorpresa
"il cuore della tua città" e si perde
nel dedalo già buio
se non fosse una luce
piovosa di primavera in erba
visibile al di sopra dei tetti alti.
Io non so che rispondere e osservo
le api di questo viridario antico,
i doratori d'angeli, di stipi,
i lavoranti di metalli e d'ebani
chiudere ad uno ad uno i vecchi antri
e spandersi un po' lieti e un po' spauriti nei vicoli attorno.
"Non è più qui, ma dove?" mi domando
mentre l'accidentale e il necessario
imbrogliano l'occhio della mente
e penso a me e ai miei compagni, al rotto
conversare con quelle anime in pena
di una vita che quaglia poco, al perdersi
del loro brulicame di pensieri in cerca di un polo.
Qualcuno cede, qualcuno resiste nella sua fede tenuta stretta.
Mario Luzi
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Accade che sia esperienza
accade che sia esperienza,
un’infanzia per qualche mattina
tra le mani, l’itinerario meticoloso
di un piede fuori dal cancello,
esaminare la cassetta delle lettere muta,
avere la meglio sul primo sorriso,
quello della beghina delle 8.40, che a fatica
fa scivolare il portone della chiesa
sui cardini riluttanti, rientrare in casa,
accendere una sigaretta, e scriverne
Pier Maria Galli (Orta San Giulio (Novara), 1962), da Prima che sia autoritratto (Zona, 2008)
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Il regalo
Un biglietto, ricordo, accompagnava
il mio regalo di cresima "A Wendy
con tanto amore", recitava,
"da Nanna. il Salmo 98".
Ora l'ho ritrovato, finalmente.
Era il Cantate Domino.
I primi versi, i primi due sapevo,
gli altri soltanto frammentariamente.
Trentacinque anni dopo, altra stagione
la sera del giorno 19
canta il salmo di Nanna un altro coro.
E ora seguo sì con attenzione
le parole scelte da Nanna. "Canta
una nuova canzone
al tuo Signore".
È proprio quello che voleva il cuore.
Wendy Cope
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è di questo che ti volevo parlare:
di come il tempo serri le fila,
cataloghi i tempi morti,
li metta ad essiccare sul davanzale
materno, mentre tu stendi memorie
ad asciugare e bambini
lievitano come soli estivi,
allargati sul bagnasciuga. e sentire
gli anni, sentirli tutti:
il fruscio, il salto più in basso,
la voce rauca che scèma,
chi trema dietro la porta
e che importa se tutto tace,
quando viene sera
e il sole affoga
e nessuno accorre.
Roberto Ceccarini (Latina, 1967), da Giorni Manomessi (L’Arcolaio, 2008)
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La blusa del bellimbusto
(1914)
Io mi cucirò neri calzoni
del velluto della mia voce.
E una gialla blusa di tre tese di tramonto.
Per il Nevskij del mondo, per le sue strisce levigate
andrò girellando col passo di Don Giovanni e di bellimbusto.
Gridi pure la terra rammollita nella quiete:
"Tu vieni a violentare le verdi primavere!"
Sfiderò il sole con un sogghigno arrogante:
"Sul liscio asfalto mi piace biascicar le parole!".
Sarà forse perché il cielo è azzurro
e la terra mia amante in questa nettezza festiva,
che io vi dono dei versi allegri come ninnoli,
aguzzi e necessari come stuzzicadenti.
Donne che amate la mia carne e tu, ragazza
che mi guardi come un fratello,
coprite me, poeta, di sorrisi:
li cucirò come fiori sulla mia blusa di bellimbusto.
Vladimir Majakovskij
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I nomi delle strade
Le strade sono
tutte di Mazzini, di Garibaldi,
son dei papi,
di quelli che scrivono,
che dan dei comandi, che fan la guerra.
E mai che ti capiti di vedere
via di uno che faceva i berretti
via di uno che stava sotto un ciliegio
via di uno che non ha fatto niente
perché andava a spasso
sopra una cavalla.
E pensare che il mondo
è fatto di gente come me
che mangia il radicchio
alla finestra
contenta di stare, d’estate,
a piedi nudi.
Nino Pedretti
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Incontro in circolare
Alta, bruna, fiancuta,
sotto un soprabito disadorno,
la bella ragazza confusa
nella misera folla
d’una vettura circolare interna,
pareva sorda a ogni affanno.
Ferma sul corridoio, un po’ appartata,
le sue gambe di statua
sostenevano gli urti
come solido ponte un fiume in piena.
Non gloria in lei spirava,
non frenesia di vita o giovinezza,
ma una decisa e forte indifferenza
luceva nei suoi occhi assorti e aguzzi.
Era di quelle
romane bellezze
che son rare anche a Roma,
dove mai non s’incontrano
senza un muto stupore.
Era un grande segreto
della vita di Roma
che m’appariva in luogo men propizio,
nella forma più degna.
Donde veniva, ove andava
la bella romana chiomata
di lucidi e ricci capelli?
Quale mestiere o cura attribuirle?
Spostandosi verso l’uscio
trovò qualcuno con cui discorrere
famigliarmente.
E mi volgeva le spalle
alte com’ali tese.
Al Colosseo discese leggermente,
scomparendo ai miei occhi, oimé, per sempre.
Vincenzo Cardarelli
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Nella sala-colazione la tv
al plasma dell’albergo sputa
fuori le notizie principali, la crisi
del governo, l’ultimo appello
terrorista di Al-Qaida, la borsa
in crescita e l’oroscopo propizio
per i nati dello scorpione, ma le notizie
fondamentali dove sono, chi mi dice
che questa mattina ti sei svegliata stirandoti
nei vortice di seta dei tuoi capelli
e ancora in pigiama hai bevuto il tuo caffè…
Chi lo dice al mondo che non è la fame
di comprenderlo a placare il mio desiderio
di pace ma il tuo
saperti a piedi nudi, ancora un pochino
teneramente assonnata
nell’increspatura del mattino che nasce.
Filippo Amadei (Ravenna, 1980), da Saperti a piedi nudi (LietoColle, 2010)
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Strada
Un bagliore di automobili in fuga
i miei pensieri riordinava in bianco e nero.
Io che attraverso la strada
solo nei punti consentiti dalla legge,
sono stato invitato all’improvviso
fra le rose.
E come si chiarisce un bruno ramo
nel punto in cui si spezza, così io
nel mio amore
sono chiaro.
Yehuda Amichai
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Inno alla stupidità
Potenza celeste che ti nascondi nelle pieghe
dell’encefalo,
dote senza fondo elargita al genere umano
in saecula saeculorum,
tu sei innumere come la via lattea
e molteplice come l’erba.
Potente gemella dell’intelligenza,
mano nella mano
celebri con essa una triste tiritera.
Sì, è forte, come tu ci ispiri in sempre
nuove guise,
come scemenza femminile e come idiozia
maschile,
come sprrizzi dagli occhi iniettati di sangue
del picchiatore
e muovi passetti con aristocratica boria
tossicchiante,
come ci fiati addosso con l’alito cattivo
di una musa sbronza
e come polisillabo delirare nel seminario
filosofico.
Cosa sarebbe l’uomo d’azione senza di te,
stupidità granitica, totale e idiota,
che corri ardente per le sue vene come una
overdose di amfetamina,
e cosa il ricercatore senza l’idea fissa che
insegue
per i bianchi corridoi del suo istituto come
la pantegana nel labirinto?
Senza contare la storia universale: di chi
mai si ricorderebbe,
se non dei vincitori, nella sua ottusità
napoleonica?
Sicché a noi sarà trasmesso lo stolido
orgoglio del vincitore
e il rancore sordo del perdente, solo di
quando in quando addolcito
dallo sproloquio ispirato dei sacerdoti
delle sette,
dei comici e dei bevitori coatti. Stupidità,
tu spesso diffamata, che nella tua
scaltrezza
ti fingi più stupida di quello che sei,
protettrice di tutti i menomati,
solo agli eletti concedi il tuo dono più raro,
la benedetta semplicioneria dei sempliciotti.
Essi sono le pagine bianche nel tuo grande
libro
che a nessuno di noi tu dissigilli.
Hans Magnus Enzesberger
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Sempre più spesso dimentico
dove ho parcheggiato la macchina
si somigliano tutte le strade
nel sentore del mare che avanza
nel confondente richiamo delle pietre
dall’ultima riva un brusio
familiare soffia sulla nuca
sulle vele inarcate a proteggere
la mia traversata
là respira, in attesa
questa mia terra del moto selvatico
si stacca dal continente, in silenzio
come la zattera di Saramago
là devo accompagnare
tutti coloro che mi sono partiti
salvare le voci le mappe
i consigli di viaggio i contagi di luce
ecco perché con pazienza
da qualche parte la mia macchina aspetta.
Annamaria Ferramosca
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Tuesday Wonderland
Settembre, si direbbe. O forse una mattina
di metà maggio: il treno, il paesaggio
assopito dell’Oberland, contro il fumo
pesante delle fabbriche, sullo sfondo -
era il solito percorso
da casa alla stazione, cinque minuti
(poco meno), prima di prendere la rampa
di scale mobili che ascende
al cielo grigioazzurro di Länggasse.
Una musica ripetitiva scardinava
la catena degli eventi: la signora
diretta al suo lavoro, come sempre,
il folle barbuto che aguzzava gli occhietti
sbirciando il contenuto delle tasche:
un giorno come tanti, probabilmente martedì.
Il treno rallentò, le porte si aprirono.
Le scale mobili ripresero a salire
al primo tocco di piede.
Le cose restarono tutte quel che erano
l’attimo precedente: la luce fu luce,
gli autobus autobus,
gli aceri gli stessi, con qualche foglia in più.
Eppure sembrava lo sapessero tutti,
mentre tranquilli aspettavano al semaforo
o carichi di spesa, a piedi o in bicicletta,
svoltavano un angolo, e non c’erano mai stati.
Massimo Gezzi
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Il mio sguardo è nitido come un girasole.
Ho l'abitudine di camminare per le strade
guardando a destra e a sinistra
e talvolta guardando dietro di me...
E ciò che vedo a ogni momento
è ciò che non avevo mai visto prima,
e so accorgermene molto bene.
So avere lo stupore essenziale
che avrebbe un bambino se, nel nascere,
si accorgesse che è nato davvero...
Mi sento nascere a ogni momento
per l'eterna novità del Mondo...
Fernando Pessoa
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La storia
Io cammino per un bosco di larici
ed ogni mio passo è storia.
Io penso, io amo, io agisco
e questo è storia,
forse non farò cose importanti,
ma la storia è fatta
di piccoli gesti
e di tutte le cose
che farò prima di morire
saranno pezzetti di storia
e tutti i pensieri di adesso
faranno la storia di domani.
Italo Calvino
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Sulla spiaggia
Ora il chiarore si fa più diffuso.
Ancora chiusi gli ultimi ombrelloni.
Poi appare qualcuno che trascina
il suo gommone.
La venditrice d'erbe viene e affonda
sulla rena la sua mole, un groviglio
di vene varicose. È un monolito
diroccato dai picchi di Lunigiana.
Quando mi parla resto senza fiato,
le sue parole sono la Verità.
Ma tra poco sarà qui il cafarnao
delle carni, dei gesti e delle barbe.
Tutti i lemuri umani avranno al collo
croci e catene. Quanta religione.
E c'è chi s'era illuso di ripetere
l'exploit di Crusoe!
Eugenio Montale