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Procida
Baia sperduta; non più di venti barche a vela.
Reti, parenti dei lenzuoli, stese ad asciugare.
Tramonto. I vecchi guardano la partita al bar.
La cala azzurra prova a farsi turchina.
Un gabbiano artiglia l'orizzonte prima
che si rapprenda. Dopo le otto è deserto
il lungomare. Il blu irrompe nel confine
oltre il quale prende fuoco una stella.
Joseph Brodsky
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ÒBOE SOMMERSO
Avara pena, tarda il tuo dono
in questa mia ora
di sospirati abbandoni.
Un oboe gelido risillaba
gioia di foglie perenni,
non mie, e smemora;
In me si fa sera:
l'acqua tramonta
sulle mie mani erbose.
Ali oscillano in fioco cielo,
labili: il cuore trasmigra
ed io son gerbido,
e i giorni una maceria.
Salvatore Quasimodo
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1 allegato(i)
Jaroslav Seifert (Cecoslovacchia 1901-1986)
Premio Nobel 1984 "per la sua poesia che, dotata di freschezza, sensualità ed inventiva, fornisce un'immagine di liberazione dello spirito e della versatilità indomita dell'uomo"
Allegato 2967
Sa morire così solo un uccello
e cade a piombo dentro la rugiada.
Nessuno racconta come gli accada,
e non sanno di questo né di quello.
Forse cadde ad alte nubi, un anello
di fiamma da una làvica contrada.
Sa morire così solo un uccello,
e cade a piombo dentro la rugiada.
Di cenere era il terreno mantello,
fra i mendicanti una carcassa brada,
ma varcò il buio ed ebbe il suggello,
la gloria e la luce che mai dirada.
Sa morire così solo un uccello.
Jaroslav Seifert
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Se dite che i versi sono anche canto
-e si dice-,
tutta la vita ho cantato.
E ho camminato con quelli che nulla avevano,
né luogo né fuoco.
Ero uno di loro.
Ne ho cantato il dolore,
la fede, la speranza,
con loro ho vissuto
ciò che vissero. Angoscia,
debolezza, paura e coraggio,
e la tristezza della miseria.
E il loro sangue, quando scorreva,
spruzzava me.
Ne è scorso sempre abbastanza
in questo paese di dolci fiumi, erbe, farfalle,
e donne appassionate.
Anche le donne ho cantato.
Accecato dall’amore,
nella vita ho brancolato,
inciampando in un fiore perduto
o gradino d’antica cattedrale.
Jaroslav Seifert
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Ho veduto solo una volta
un sole così insanguinato.
E poi mai più.
Scendeva funesto sull’orizzonte
e sembrava
che qualcuno avesse sfondato la porta
dell’inferno.
Ho domandato alla spécola
e ora so il perché.
L’inferno lo conosciamo, è dappertutto
e cammina su due gambe.
Ma il paradiso?
Può darsi che il paradiso non sia
null’altro
che un sorriso
atteso per lungo tempo,
e labbra
che bisbigliano il nostro nome.
E poi quel breve vertiginoso momento
quando ci è concesso di dimenticare
velocemente
quell’inferno.
Jaroslav Seifert
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1 allegato(i)
Octavio Paz (Città del Messico, 31 marzo 1910 – 20 aprile 1998)
Premio Nober 1990 "per una scrittura appassionata, dai larghi orizzonti, caratterizzata da intelligenza sensuale e da integrità umanistica"
Allegato 2968
Prima del principio
Rumori confusi, incerto chiarore.
Inizia un nuovo giorno,
è una stanza in penombra
e due corpi distesi.
Nella fronte mi perdo
in un pianoro vuoto.
Già le ore affilano rasoi.
Ma al mio fianco tu respiri;
intimamente mia eppur remota
fluisci e non ti muovi.
Inaccessibile se ti penso,
con gli occhi ti tocco,
ti guardo con le mani.
I sogni ci separano
ed il sangue ci unisce:
siamo un fiume di palpiti.
Sotto le tue palpebre matura
il seme del sole.
Il mondo
non è ancora reale,
il tempo è dubbio:
solo il calore della tua pelle è vero.
Nel tuo respiro ascolto
la marea dell’essere,
la sillaba scordata del Principio.
Octavio Paz
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Sulla riva
Tutto ciò che brilla nella notte,
Collana,occhi,astri,
Serpentina di fuochi colorati,
Brilla sulle tue braccia di fiume che si curva,
Sul tuo collo di giorno che si sveglia.
Il falò che accendono sulla selva,
Il faro dal collo della giraffa,
L'occhio,girasole dell'insonnia,
Si son stancati di attendere,di scrutare.
Spegniti,
per brillare nulla vale più degli occhi che ci vedono
contemplati in me che ti contemplo.
Dormi,
Velluto di bosco,
Muschio dove reclino la testa.
la notte con onde azzurre va cancellando queste parole,
scritte con mano leggera sulla palma del sogno.
Octavio Paz
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Silenzio
Come musica di sottofondo
scaturisce una nota
che, mentre vibrante cresce e si assottiglia
fino a quando altra musica muta,
emerge dal fondo del silenzio
un altro silenzio, torre acuta, spada,
va e cresce e ci sospende
e cadere durante la salita
i ricordi, le speranze,
le piccole e le grandi bugie,
e vogliamo gridare e nella gola
il grido svanisce:
finiamo il silenzio
in cui il silenzio muto.
Octavio Paz
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Là, dove sempre tende ogni partire
Si ritorna: all'essere più soli.
Una brancata di terra, in un cavo
Di mani vuoto.
Giorgio Seferis
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Scirocco
A occidente si mescola il mare a una catena di montagne.
Ci soffia da mancina lo scirocco e c’impazza,
questo vento che spoglia della carne le ossa.
Nostra casa fra i pini e le carrube.
Grandi finestre, grandi tavoli per scrivere
le lettere che già da tanti mesi
ti scriviamo e gettiamo
nella separazione per colmarla.
Astro dell’alba, tu chinavi gli occhi
ed erano le nostre ore più dolci
dell’olio alla ferita, più gioconde dell’acqua
fresca al palato, placide più che l’ala del cigno.
Era la nostra vita nel tuo palmo.
Di là dal pane amaro dell’esilio
se ristiamo la notte dinanzi al muro bianco
la tua voce s’accosta, è una speranza
di fuoco. E ancora questo vento affila
sui nostri nervi un rasoio.
Ti scriviamo ciascuno le stesse
cose, ciascuno innanzi all’altro tace
rimirando per sé lo stesso mondo,
la luce e l’ombra sopra le montagne e te.
Chi mai ci leverà dal cuore tanta pena?
Ieri sera, tempesta; oggi di nuovo
pesa il cielo infoscato. Ora i pensieri
come gli aghi di pino ieri nella tempesta
sulla porta di casa accolti e vani
innalzano un castello che dirupa.
Qui tra questi paesi decimati, su questo
promontorio sguernito allo scirocco
con la catena di montagne innanzi, che ti cela,
chi ci calcolerà l’impegno dell’oblio?
Chi accoglierà la nostra offerta, in questa fine d’autunno.
Ghiorgos Seferis
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In ogni cosa ho voglia di arrivare
sino alla sostanza.
Nel lavoro, cercando la mia strada,
nel tumulto del cuore.
Sino all’essenza dei giorni passati,
sino alla loro ragione,
sino ai motivi, sino alle radici,
sino al midollo.
Eternamente aggrappandomi al filo
dei destini, degli avvenimenti,
sentire, amare, vivere, pensare,
effettuare scoperte.
Boris Pasternak
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2 allegato(i)
Odysseas Elytis, poeta greco (1911-1996), fu uno dei maggiori rappresentanti del surrealismo in Grecia.
Premio Nobel 1979
“per la sua poesia, che, contro lo sfondo di tradizione greca, dipinge con forza e chiarezza intellettuale la lotta dell'uomo moderno per la libertà e la creatività”
Allegato 3180
La mia infanzia è piena di canneti.
Ho speso molto vento per diventare adulto.
Ma solo così ho imparato
a distinguere i fruscii più impercettibili,
a parlare con precisione nei misteri.
Odysseas Elytis
Allegato 3181
LACONICA
L’angoscia della morte tanto m’incendiò, che il mio bagliore si riverberò nel sole.
Quello adesso m’invia nel pieno accordo della pietra e dell’aria
E dunque, quello che cercavo, sono.
Estate di limo, riflessivo autunno
Inverno minimo
La vita reca l’obolo della foglia d’ulivo
Entro la notte degli stolti con un piccolo grillo riconvalida la norma del-
l’Inaspettato.
Odisseas Elytis
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Qui nel mezzo del cammino
è arrivato il momento di dirlo
altre sono le cose che amo
ma altrove altrove mi son diretto.
Nel vero e nel falso
lo dico e lo confesso.
Come fossi un altro e non già io
ho proceduto nella vita.
Per quanto uno stia in guardia
per quanto vada in caccia
sempre sempre sarà tardi
e non c’è un’altra vita.
Odisseas Elytis
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Sono in lutto per gli anni venturi
Senza di noi e canto quelli ormai trascorsi
Se è vera
L’intesa dei corpi il dolce tintinnio delle barche
Il baluginare delle chitarre sotto le acque
I ‘credimi’ e i ‘no’
Ora nel vento ora nella musica
Due bestiole le nostre mani
Che cercavano di sovrapporsi furtive l’una sull’altra
Il vaso del basilico sulle soglie aperte dei cortili
E le scaglie di mare che arrivavano insieme
Sui muretti a secco, dietro le siepi
L’anemone che si posò sulla tua mano
E tremolò tre volte il lillà per tre giorni sopra le cascate
Se tutto ciò è vero canto
La trave di legno e il tappeto colorato
Sulla parete, la Sirena coi capelli scarmigliati
Il gatto che ci fissò nel buio
Un bambino con l’incenso e una croce vermiglia
Quando annotta sugli scogli inaccessibili
Sono in lutto per la veste che toccai e mi venne incontro il mondo.
Odisseas Elytis
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Vivo sull’acqua,
solo. Senza moglie né figli.
Ho circumnavigato ogni possibilità
per arrivare a questo:
una piccola casa su acqua grigia,
con le finestre sempre spalancate
al mare stantio. Certe cose non le scegliamo noi,
ma siamo quello che abbiamo fatto.
Soffriamo, gli anni passano, lasciamo
tante cose per via, fuorché il bisogno
di fardelli. L’amore è una pietra
che si è posata sul fondo del mare
sotto acqua grigia. Ora, non chiedo nulla
alla poesia, se non vero sentire:
non pietà, non fama, non sollievo. Tacita sposa,
noi possiamo sederci a guardare acqua grigia,
e in una vita che trabocca
di mediocrità e rifiuti
vivere come rocce.
Scorderò di sentire,
scorderò il mio dono. È più grande e duro,
questo, di ciò che là passa per vita.
Derek Walcott