Meravigliosa! Ciao
Rosy
Visualizzazione stampabile
Meravigliosa! Ciao
Rosy
Lo sforzo
C’è nessuno che voglia unirsi a me
nel lanciare alcuni sassi verso
quegli insegnanti che amano porre la domanda:
“Che cosa sta cercando di dire il poeta?”
come se Thomas Hardy e Emily Dickinson
si fossero sforzati ma alla fine avessero fallito:
disgraziati incapaci di parlare, che altro non erano,
con la penna in bocca a guardare fuori dalla finestra in attesa di un’idea.
Sì, sembra che Whitman, Amy Lowell
e tutti gli altri potessero solo tentare e fallire,
ma noi nella classe di Inglese della terza ora della prof Parker
qui al Liceo di Springfield ce la faremo
con l’aiuto di questi questionari di comprensione
a dire quel che il povero poeta non riusciva a dire,
e faremo tutto questo prima
dell’orgia dell’insalata di uova e tonno nota come pranzo.
Stasera, tuttavia, io sono quello che cerca
di dire che cosa significa questa assenza,
noi due che dormiamo e ci svegliamo sotto due diversi tetti.
L’immagine di questo vaso di fiori recisi,
non del nostro giardino, non aiuta.
E lo stesso vale per quel piatto singolo,
la lampada solitaria, e il tempo là fuori che preme il volto
contro queste finestre nuove, la pioggia leggera e il gelo del mattino.
E allora lascerò che sia la prof Parker,
che sta picchiettando con un gesso la lavagna,
e i suoi studenti – alcuni con la mano alzata,
altri trasandati con i loro cappellini portati a rovescio –
a capire quel che sto cercando di dire
su questo posto in cui mi trovo
e di farlo prima che suoni la campanella di mezzogiorno
e sia sguinzagliato il tornado di polpette di carne.
Billy Collins
Chiedo loro di prendere una poesia
e di tenerla in alto controluce
come una diapositiva a colori
o di premere un orecchio sul suo alveare.
Dico loro di gettare un topo in una poesia
e osservarlo mentre cerca di uscire,
o di entrare nella stanza della poesia
e cercare a tentoni l’interruttore sul muro.
Voglio che facciano sci d’acqua
sulla superficie di una poesia e salutino
con la mano il nome dell’autore sulla spiaggia.
Ma la sola cosa che loro vogliono fare
è legarla con una corda a una sedia
e torturarla finché non confessi.
La picchiano con un tubo di gomma
per scoprire che cosa davvero vuol dire.
Billy Collins
Siamo di troppo
È così pieno il mondo. Terribilmente pieno.
Di montagne, di piante, di caserme e officine.
Di case con vicini e di bianchi ospedali.
(Ogni tanto vi è un fiore. Non reciderlo, amico.
Qualche volta dei fiumi come vene smarrite).
Quanti treni, aerei, carceri, torpediniere,
motori e banche e cinema e osterie.
Sale operatorie.
Tante graziose stelle e insegne luminose.
(Cognac Barbier, Calzature Eureka e altre ancora).
(E poi anche automobili veloci e più belle
di arcangeli d'acciaio con le ali piegate).
Donne esultanti. (Rouge aux lèvres. Sigarette).
E bimbi che singhiozzano dietro le pareti,
la madre accanto dorme con una pietra al collo.
E bebè custoditi in lettini cromati,
ben pasciuti fra trine e latte condensato.
Dolciastre zitellone col loro cagnolino.
Ragazze dallo sguardo divinamente ottuso.
E biondi adolescenti cui strani desideri
fanno rizzare il pelo.
Il mondo, soprattutto, di uomini è pieno.
Quante mani superflue, camicie rappezzate,
scarpe sdrucite che lambiscono gli asfalti.
Quanti occhi e quante bocche appostate voraci.
Quanti cervelli bianchi e pensieri come pesci
rotanti fra benefici cachet di aspirina.
Per non parlar dei dotti. Quegli strazianti dotti
che vegliano giocando con oscure parole:
Ciclotrone, supersonico, cibernetica e altre.
È così pieno il mondo, ch’io, vi assicuro, amici,
non saprei dove mettermi.
Non so se avrò mai posto.
Son di troppo i poeti.
Ángela Figueira Aymerich
L'opera
Ecco, è finito: non si tocca più.
Quanto mi pesa la penna in mano!
Era così leggera poco prima,
viva come l'argento vivo:
non avevo che da seguirla,
lei mi guidava la mano
come un veggente che guidi un cieco,
come una dama che ti guidi a danza.
Ora basta, il lavoro è finito,
rifinito, sferico.
Se gli togliessi ancora una parola
sarebbe un buco che trasuda siero.
Se una ne aggiungessi
sporgerebbe come una brutta verruca.
Se una ne cambiassi stonerebbe
come un cane che latri in un concerto.
Che fare, adesso? Come staccarsene?
Ad ogni opera nata muori un poco.
15 gennaio 1983
Primo Levi
Un mestiere
Non hai che da aspettare, con la biro
pronta: i versi ti ronzano intorno, come
falene ubriache; una viene alla fiamma e
tu l'acchiappi.
Certo non è finito, una non basta,
ma è già molto, è l'inizio del lavoro.
Le altre atterrano lì vicino a gara, in fila o
in cerchio, in ordine o in disordine,
semplici e quete e serve al tuo comando:
il padrone sei tu, non si discute.
Se il giorno è buono, tu le disponi a
schiera.
E' un bel lavoro, vero? Onorato dal tempo,
vecchio sessanta secoli e sempre nuovo,
con regole precise oppure lasche,
o senza regole, come più ti piace.
Ti fa sentire in buona compagnia,
non ozioso, non perso, non sempre
inutile, caligato e togato,
ammantato di bisso, laureato.
Abbi soltanto cura di non presumere.
2 gennaio 1984
Primo Levi
Dire: Fare
I.
Tra ciò che vedo e dico,
tra ciò che dico e taccio,
tra ciò che taccio e sogno,
tra ciò che sogno e scordo,
la poesia.
Scivola
tra il sì e il no:
dice
ciò che taccio,
tace
ciò che dico,
sogna
ciò che scordo.
Non è un dire:
è un fare.
È un fare
che è un dire.
La poesia
si dice e si ode:
è reale.
E appena dico
è reale,
si dissipa.
È più reale, così?
II.
Idea palpabile,
parola
impalpabile:
la poesia
va e viene
tra ciò che è
e ciò che non è.
Tesse riflessi
e li stesse.
La poesia
semina occhi nella pagina,
semina parole negli occhi.
Gli occhi parlano,
le parole guardano,
gli sguardi pensano.
Udire
i pensieri,
vedere
ciò che diciamo,
toccare
il corpo dell'idea.
Gli occhi
si chiudono,
le parole si aprono.
Octavio Paz (da Árbol adentro, 1987)
REGOLE DEL GIOCO
(Poetica)
Bisogna trovare parole cariche di elettricità.
Bisogna metterle in fila
e trasformarle in batterie.
Bisogna convogliare i fiumi
e costruire turbine.
Bisogna erigere linee di alta tensione.
Bisogna commissionare la pioggia.
Tutto dev’essere pronto.
All’arrivo della grande acqua
una poesia vera funziona come una centrale elettrica.
Kajetan Kovič
Le mie poesie stanno
davanti alla tua porta,
bussano e si inchinano:
mi apri?
Le mie poesie hanno
Un suono di seta
Come il fruscio del tuo vestito
Sulle scalinate.
Le mie poesie
Portano un dolce profumo
Come nell'aiuola tua preferita
Il giacinto.
Le mie poesie son vestite
Di un rosso cupo,
che come il tuo vestito di seta
fruscia ed arde.
Le mie più belle poesie
Assomigliano del tutto a te.
Stanno davanti alla porta e s'inchinano:
mi apri?
Hermann Hesse
POESIE FIGLIE
Ricomincio figlie mie con voi,
idee concepite e incarnate
eccovi con me dopo il travaglio
elettre fragili e antigoni gentili.
Vi aspetto con gran diletto figlie,
ragazze all’opera serie e sincere
con i fiori in testa e la vita sottile
con le agili caviglie delle dee.
(Dal grembo caldo della madre terra
dalla sotterranea caverna sonante
del mistero una fulguratura balza
al cielo azzurro che l’accoglie,
un’alba che rapida sveglia il giorno
un tramonto che porta il riposo).
È sprone e soffio di fiammella
è il pensiero della mente madre
dopo nove mesi o anche nove anni
è la creazione è il mondo-doglia
mie uniche figlie femmine, poesie
madri di ben altre poesie umane.
Gabriella Sica
LA POESIALa Poesia non è pazienza
E non è impazienza.
La Poesia non è scrivania
E tanto meno carta.
La Poesia è Speranza.
Amata o disamata
Produce gelo fuoco
E un certo vuoto
Nel quale uno si riconosce
E un altro fugge.
La Poesia non è lana
Per la testa fredda
E solo riscalda
La mano aperta.
La Poesia è un ponte
Che sta per cadere
E mai non cade.
La Poesia è in alto
E anche in basso
Dove crescono semi
Fiumi e vermi.
R. Carrieri
RESURREZIONE
La poesia entra nel sogno
come un palombaro in un lago.
La poesia, coraggiosa come nessun altro,
entra e cade
a piombo
in un lago immenso come Loch Ness
o torbido e nefasto come il lago Balaton.
Contemplatela dal fondo:
un palombaro
innocente
avvolto nelle piume
del volere.
La poesia entra nel sogno
come un palombaro morto
nell’occhio di dio.
Roberto Bolano
Poesia
Da questa matita si diparte una strada di grafite
e sulla strada passeggia una lettera, come un cane,
ed ecco una parola come una città abitata
dove forse arriverò domani.
Nina Cassian
Le poesie che ho vissuto tacendo sul tuo corpo
mi chiederanno la loro voce un giorno, quando andrai.
Ma io non avrò più voce per ridirle allora. Perché tu eri abituata
a camminare scalza per le stanze, e poi ti rannicchiavi sul letto,
gomitolo di piume, seta e fiamma selvaggia. Incrociavi le mani
sui ginocchi, mettendo in mostra provocante
i piedi rosa impolverati. Devi ricordarmi così - dicevi;
ricordarmi così coi piedi sporchi; coi capelli
che mi coprono gli occhi - perché ti vedo più profondamente così. Dunque, come potrò più avere voce.
La Poesia non ha mai camminato così
sotto i bianchissimi meli in fiore in nessun paradiso.
Ghiannis Ritsos
La Poesia
Neanche a me piace: vi sono cose più importanti di tutte
queste inezie.
A leggerla, però, con totale disprezzo, vi si scopre,
dopo tutto, uno spazio per l’autentico.
Mani capaci di afferrare, occhi
che sanno dilatarsi, capelli che possono drizzarsi
all’occorrenza, queste cose sono importanti
non già perché si possa sovrapporvi un’interpretazione
altisonante, ma perché
sono utili. Quando diventano così elaborate da divenire
inintellegibili,
di tutti noi si può dire la stessa cosa,
che noi non ammiriamo
quello che non potremo mai comprendere: la nottola
appesa a testa in giù o in cerca di qualche cosa da
mangiare, elefanti al lavoro, un cavallo selvaggio che si rotola, un lupo
instancabile in agguato
sotto un albero, il critico impassibile che arriccia la pelle
come un cavallo che sente una pulce, il tifoso di base-
ball, l’esperto di statistica -
e non è giusto
fare preclusioni contro “documenti d’affari
e libri di scuola”; sono tutti fenomeni importanti. Ma c’è da
fare
una distinzione: se vengono gonfiati da mezzi poeti,
il risultato non è poesia;
né mai potremo avere poesia
e i poeti tra noi non diventano
“letteralisti dell’immaginazione” – superiori
all’insolenza e alla volgarità, disposti a sottoporre
a ispezione “giardini immaginari con rospi veri dentro”.
Frattanto, se pretendi da una parte
la materia grezza della poesia
allo stato più grezzo che ci sia,
dall’altra parte ciò che è genuino,
allora ti interessi alla poesia.
Marianne Moore