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MAGARI
A voi, ragazze isolate del secolo
condottiere silenziose, sconosciute alla gente
voi, sulle cui labbra è morto il sorriso,
voi che siete senza voce in un angolo sperduto, piegate in due,
cariche dei ricordi, nascosti nel mucchio dei rimpianti
se tra i ricordi vedete il sorriso
ditelo:
Non avete più voglia di aprire le labbra,
ma magari tra le nostre lacrime e urla
ogni tanto facevate apparire
la parola meno limpida.
(poesia tratta da Nadia Anjuman, “Poesie scelte”, Torino, Edizioni Carta e Penna, 2008.)
Nadya Anjuman è una giovane donna, madre e poetessa afghana che il 4 novembre 2005 muore, uccisa dal marito, per aver letto in pubblico alcuni suoi versi d’amore scritti prima di sposarsi. Eppure Nadya era già famosa nel suo paese, ma questo non ha impedito il massacro.
Il marito, ricercatore universitario della facoltà di lettere, è stato assolto.
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Tempi normali
Sfortunato l’ eroe nato
in questa plaga dove il disco si è incantato
dove i più bravi cuochi sono senza lavoro
e il girarrosto del sindaco va
per conto suo, per inerzia.
Non si fa carriera a avventurasi
lancia in resta contro il drago,
lui stesso rinsecchito in questi ultimi tempi
per mancanza d’ azione a uno spessore di foglia:
la storia ha battuto l’ azzardo.
L’ ultima strega l’ hanno bruciata viva
più di ottant’ anni fa
con l’ erba amoreardente, col gatto parlante,
ma i bambini ci hanno guadagnato,
il latte di mucca ha la panna alta un dito.
Sylvia Plath
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Se tu mi avessi persa per la strada
come capita alle cose più importanti
quando cadono per sbaglio dalle tasche
o ancora peggio vengono rubate,
sarebbe stato meglio che restarti
in salvo su un ripiano che si riempie,
che cresce con il mucchio delle ore.
Mi muovo attorno a te come la polvere
e non mi hai mai sentito camminare.
Isabella Leardini - Una stagione d'aria
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Una sola volta
Una sola volta compresi lo scopo della vita.
Accadde a Boston, inaspettatamente.
Camminavo lungo il Charles
e vidi le luci duplicarsi, tutte
con il cuore al neon e vibrante,
spalancando la bocca come cantanti d’opera;
e contai le stelle, le mie piccole veterane,
cicatrici fiorite, e capii che stavo portando
il mio amore sulla sponda verde notturna, e in lacrime
aprii il cuore alle auto dirette a est e a ovest
e feci passare un ponticello alla mia verità
e la condussi a casa in fretta col suo fascino
e fino all’alba accumulai queste costanti
per scoprire poi che se n’erano andate.
Anne Sexton
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Domenica sera
Quando si siedono faccia a faccia
amori impossibili, chincaglieria affettuosa,
tipi che osarono e quella donna intensa
che porta auguri a felicità che non capirà mai,
la brava gente smette le parole cattive,
la brava gente dice tutti hanno possibilità nella vita,
sentono crescere il loro amore per quella donna intensa,
così sola, che vivrà sempre dietro a una finestra
e tutto ciò che le offrono è troppo zuccherato.
Juana Bignozzi
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Un uomo
Combattendo per la sua patria, perse un braccio e si spaventò;
Da ora in poi sarò soltanto capace di fare le cose a metà.
Mieterò metà del grano.
Al pianoforte sarò capace di suonare o l’accompagnamento o la melodia,
ma mai le due parti insieme.
Sarò capace di picchiare una porta con un pugno solo, e peggio di tutto,
sarò capace di tenere la mia amata solo a metà.
Ci saranno delle cose che non sarò capace di fare per niente, applaudire per esempio,
quando in uno spettacolo tutti applaudono:
Da questo momento in poi, si costringeva di fare le cose con entusiasmo raddoppiato.
E dove il braccio era stato strappato via, crebbe un ala.
Nina Cassian
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Quote:
Originariamente inviato da
daniela
Un uomo
Combattendo per la sua patria, perse un braccio e si spaventò;
Da ora in poi sarò soltanto capace di fare le cose a metà.
Mieterò metà del grano.
Al pianoforte sarò capace di suonare o l’accompagnamento o la melodia,
ma mai le due parti insieme.
Sarò capace di picchiare una porta con un pugno solo, e peggio di tutto,
sarò capace di tenere la mia amata solo a metà.
Ci saranno delle cose che non sarò capace di fare per niente, applaudire per esempio,
quando in uno spettacolo tutti applaudono:
Da questo momento in poi, si costringeva di fare le cose con entusiasmo raddoppiato.
E dove il braccio era stato strappato via, crebbe un ala.
Nina Cassian
Bellissima!
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io quelle di Nina Cassian le ho rubate e mese su FB.
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Ora che già galleggio alla metà del sentiero della mia vita,
io che sempre mi rattristai della gente anziana,
io, che sono eterna dato che sono morta cento volte, di noia, di agonia,
e che nelle mattine allargo le mie braccia al sole e tubo
nelle notti e mi canto canzoni per spaventare la paura,
che farò con questa ombra che inizia a vestirmi
e a spogliarmi senza rimorsi?
Che farò con l'indistinto e torbido fiume che non incontra il suo mare,
con tanto giorno e tanto anniversario, con tanta gioventù alle spalle,
se ancora non è nato, se ancora oggi mi entra
un mondo intero nel costato sinistro?
Che fare ora che ormai non sono più giovane
se ancora non ti ho conosciuto?
Piedad Bonnett
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Quote:
Originariamente inviato da
Andrea
Ora che già galleggio alla metà del sentiero della mia vita,
io che sempre mi rattristai della gente anziana,
io, che sono eterna dato che sono morta cento volte, di noia, di agonia,
e che nelle mattine allargo le mie braccia al sole e tubo
nelle notti e mi canto canzoni per spaventare la paura,
che farò con questa ombra che inizia a vestirmi
e a spogliarmi senza rimorsi?
Che farò con l'indistinto e torbido fiume che non incontra il suo mare,
con tanto giorno e tanto anniversario, con tanta gioventù alle spalle,
se ancora non è nato, se ancora oggi mi entra
un mondo intero nel costato sinistro?
Che fare ora che ormai non sono più giovane
se ancora non ti ho conosciuto?
Piedad Bonnett
X Andrea.
A parte l'ultima riga, questa è MIA. ciao
Rosy
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Appoggiami la testa sulla spalla:
che io ti carezzi con un gesto lento,
come se la mia mano accompagnasse
una lunga, invisibile gugliata.
Non sul tuo capo solo:
su ogni fronte che dolga
di tormento e di stanchezza
scendono queste mie carezze cieche,
come foglie ingiallite d’autunno
in un pozza che riflette il cielo.
-Antonia Pozzi-
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“Non parla più di lui.
Però lo pensa spesso e,
anche se con un penoso rancore,
ogni giorno ci sono mille occasioni in cui le manca.
Le si insinua dentro a tradimento,
quel momento di perdita irrevocabile,quel vuoto,
una mano crudele che le stritola il cuore
con dita di ghiaccio”.
Anita Nair
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Raccontare una favola
È il paese di Andrai e Non Ritornerai
dove gli orologi segnano l’inverno in punto
e solo nella tua memoria sarà primavera
se avrai tempo di ricordare
Ma hai soltanto il tempo di cercare la regina bianca
Qui si congela il cuore e non può rompersi
Qui si congelano le fonti del pianto
Qui si congelano le parole che designano i colori
e solo sopravvive la parola del suo nome
Ma tu non sai come si chiama la regina bianca
Si sa poco della regina bianca:
che abita un silenzio senza finestre
che abita il castello di Escisepuoi
che abita la casa del freddo
Si sa poco della regina:
che è completamente bianca
che neppure pensando tutte le rose insieme
si potrebbe far nascere un rossore sulle sue guance
e che neppure con tutte le ali di tutti gli uccelli
si potrebbe migrare dal suo inverno in punto
Si sa poco di lei
Ma non c’è più bisogno di cercarla
né serve altro per incontrarla
e allontanarti da lei per sempre
se scopri che non lasci impronte sulla neve
se scopri come perdi ogni prova della vita.
Ulalume González De León
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INTIMITÀ
Posso stare da sola.
So stare da sola.
C’è un tacito accordo
tra le mie matite
e gli alberi là fuori,
tra la pioggia
e i miei capelli diafani.
Bolle il tè,
spazio mio dorato,
mia ambra pura e ardente...
Posso stare da sola.
So stare da sola.
Scrivo a lume di tè.
Nina Cassian
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Ma davvero per uscire di prigione
(Patrizia Cavalli n. a Todi, PG nel 1947)
Ma davvero per uscire di prigione
bisogna conoscere il legno della porta,
la lega delle sbarre, stabilire l'esatta
gradazione del colore? A diventare
così grandi esperti, si corre il rischio
che poi ci si affezioni. Se vuoi uscire
davvero di prigione, esci subito,
magari con la voce, diventa una canzone.
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Quante tu
sono in te,
come
chiodi sotto
strati di colore,
cicatrici
notate solo al
tatto, chiavi
rimaste
in fondo
ad un cassetto?
Elisa Biagini
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Fanno delle cose, le donne, alle volte,
che c’è da rimanerci secchi.
Potresti passare una vita a provarci:
ma non saresti capace di avere quella leggerezza
che hanno loro, alle volte.
Sono leggere dentro. Dentro.
Alessandro Baricco
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Se dormi – e tu dormi –
io recito la professione di fede:
sarò cortigiana ridente,
danzerò, come fanciulla,
per ottenere il capo del prigioniero.
Non sfiorare il mio labbro,
non me lo dire che sei un corsaro,
un bendato mercenario.
Non spostare le scrivanie,
i telefoni, l'archivio.
Non traslocare, sarebbe un'ostentata omertà.
Non ti distrarre,
potresti smarrire il tuo finto contegno,
il tuo conto sospeso, ogni ritegno.
Adele Desideri
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Le donne dei poeti
Le donne dei poeti sono sante
chilometri e serate per sentirli
e dire sempre bene, è andata
bene, come al solito.
Sorridono davanti
pensando che col premio il poeta
pagherà l’assicurazione.
Sorseggiano in disparte
sperando che non faccia troppo tardi.
Talvolta, dopo essersi annusate
quanto basta, si siedono vicino
ad altre donne di poeti
parlando di vacanze, vestiti,
che il poeta non fa la lavatrice,
e biasimano gli altri menestrelli,
pesanti e incomprensibili.
I poeti sono molto fortunati
perché le donne stanno insieme a loro
non certo per i soldi,
ma perché poeta è la ciliegina
su qualcosa che all’inizio era perfetto.
Roberto Cescon
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Ti domandi se mi sento sola:
Ok allora, sì, mi sento sola
come un aereo vola solo e orizzontale
sulla sua onda radio, puntando
oltre le Montagne Rocciose
verso le piste recinte di blu
di un aeroporto sull’oceano
Mi vuoi chiedere, mi sento sola?
Bene, certo, sola
come una donna che attraversa il paese guidando
giorno dopo giorno, lasciandosi dietro
miglio dopo miglio
piccole citta’ dove avrebbe potuto fermarsi
a vivere e morire, da sola
Se mi sento sola
dev’essere la solitudine
di svegliarsi per prima, di respirare
il primo respiro freddo dell’alba sulla città
di essere l’unica che è sveglia
in una casa avvolta nel sonno
Se mi sento sola
è come la barca chiusa nel ghiaccio della riva
nell’ultima luce rossa dell’anno
che sa che cos’è, che sa che non è
ghiaccio nè fango nè luce d’inverno
ma legno, con quel dono di poter bruciare.
Adrienne Rich
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Una sola volta
Una sola volta compresi lo scopo della vita.
Accadde a Boston, inaspettatamente.
Camminavo lungo il Charles
e vidi le luci duplicarsi, tutte
con il cuore al neon e vibrante,
spalancando la bocca come cantanti d’opera;
e contai le stelle, le mie piccole veterane,
cicatrici fiorite, e capii che stavo portando
il mio amore sulla sponda verde notturna, e in lacrime
aprii il cuore alle auto dirette a est e a ovest
e feci passare un ponticello alla mia verità
e la condussi a casa in fretta col suo fascino
e fino all’alba accumulai queste costanti
per scoprire poi che se n’erano andate.
Anne Sexton
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Ho smesso di contare le volte in cui,
arrivata alla seconda riga,
ho cancellato e riscritto tutto nuovamente.
Cercavo un inizio ad effetto,
qualcosa di poetico e vero allo stesso tempo,
qualcosa di grandioso, ma agli occhi.
Non ci sono riuscita.
Poi ho capito,
ricordando ciò che non avevo mai saputo:
che per i grandi cuori
che muoiono nel corpo
ma che continuano a battere nel respiro della notte,
non ci sono canoni o bellezze regolari,
armonie esteriori,
ma tuoni e temporali devastanti
che portano ad illuminare un fiore,
nascosto,
di struggente bellezza.
Frida Kahlo
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Ero solita pensare di essere la persona più strana del mondo
ma poi ho pensato, ci sono così tante persone nel mondo,
ci dev’essere qualcuna proprio come me,
che si sente bizzarra e difettosa
nello stesso modo in cui mi sento io.
Vorrei immaginarla,
e immaginare che lei debba essere là fuori
e che anche lei stia pensando a me.
Beh, spero che, se tu sei lì fuori
e dovessi leggere ciò,
tu sappia che sì, è vero,
sono qui
e sono strana proprio come te.
Frida Kahlo
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1 allegato(i)
Ti faccio omaggio, Daniela, in cambio di questi versi, del ritratto di Frida Kahlo dipinto da Diego Ribera( uno dei tanti), che abbiamo fotografato nei murales di Città del Messico, spettacolari! Lì Ribera ha veramente superato sè stesso.
Allegato 3135
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Quote:
Originariamente inviato da
Rosy
Ti faccio omaggio, Daniela, in cambio di questi versi, del ritratto di Frida Kahlo dipinto da Diego Ribera( uno dei tanti), che abbiamo fotografato nei murales di Città del Messico, spettacolari! Lì Ribera ha veramente superato sè stesso.
E' molto più bella e molto più sensuale in questo ritratto che non negli autoritratti suoi!
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Essere donna
Essere donna, l'ho sempre
considerato un fatto positivo,
un vantaggio,
una sfida gioiosa e aggressiva.
Qualcuno dice che le donne
sono inferiori agli uomini,
che non possono fare
questo e quello.
Ah si? Vi faccio vedere io!
Che cosa c'è da invidiare agli uomini?
Tutto quello che fanno, lo posso fare anch'io.
E in più,
so fare anche un figlio.
Joyce Lussu
(da: Padre padrone padreterno, 1976)
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Il piano infinito
Adesso che ho superato già
tanti dolori e posso
leggere il mio destino come
una mappa piena di errori,
quando non sento nessuna compassione
di me stesso e posso
passare in rassegna
la mia esistenza senza sentimentalismi,
perché ho trovato una relativa pace,
lamento solo la
perdita dell'innocenza.
Mi manca l'idealismo della gioventù,
del tempo in cui esisteva ancora per me
una chiara linea divisoria
tra il bene e il male
e credevo che fosse possibile agire
sempre in accordo con
principi amovibili.
Isabel Allende
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Paesaggi di carta
Alle mie sorelle Susy e Margara
Quell’infanzia fu piuttosto triste.
Essere bambini nel quarantadue sembrava impossibile.
La nostra infanzia era un misto di comprensione e noia.
Eravamo seri e annoiati.
Ricordo quelle sere; erano come il mondo era allora:
senza spiragli e tristi.
Vedo i miei pochi anni osservare con impegno,
dietro il cristallo opaco, la strada lunga e grigia;
il sole era lontano ed era l’unica cosa a buon mercato,
l’unica cosa che portava allegria senza chiederci nulla.
Mi vedo bambina, adulta e coerente
con un programma ben tracciato:
crescere, crescere molto presto, darsi fretta
– essere bimbo era un compito troppo pesante
per noialtri e per i grandi –.
Solo in estate il mondo sembrava accessibile,
per tre o quattro mesi saltare, correre, era la vita.
Il grigio tornava sempre troppo presto.
Un giorno ci risvegliammo lente, cresciute,
piene di paura, di presente.
Cercavamo parole nel dizionario
con l’ansia di capire tutto:
ci serviva costruire un linguaggio.
Qualcuno ci guardava con stupore,
dicevano che eravamo intelligenti.
Noi, nelle dolenti domeniche
disegnavamo paesaggi incerti.
Per molto tempo queste furono tutte le mie escursioni.
Andar fuori in un campo che non fosse dipinto
significava consumare le scarpe.
Uscire, uscire, quello era il sogno,
abolire le trecce, inaugurare la linea delle labbra:
il mio regno per un lavoro!
Come rendere omaggio ora a quei giorni?
Come rimpiangerli senza sfiducia?
Si sgualcirono, come i paesaggi di carta,
mentre crescevamo a questo sconforto che oggi ci popola.
Francisca Aguirre
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E DIO MI FECE DONNA
E Dio mi fece donna,
con capelli lunghi,
occhi,
naso e bocca di donna.
Con curve
e pieghe
e dolci avvallamenti
e mi ha scavato dentro,
mi ha reso fabbrica di esseri umani.
Ha intessuto delicatamente i miei nervi
e bilanciato con cura
il numero dei miei ormoni.
Ha composto il mio sangue
e lo ha iniettato in me
perché irrigasse tutto il mio corpo;
nacquero così le idee,
i sogni,
l’istinto
Tutto quel che ha creato soavemente
a colpi di mantice
e di trapano d’amore,
le mille e una cosa che mi fanno donna
ogni giorno
per cui mi alzo orgogliosa
tutte le mattine
e benedico il mio sesso.
Gioconda Belli
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La Bambina
La bambina con treccine e frangetta, col bavaglino e la borsa sulla schiena,
nella quale le foto dei miei mi insegnarono a riconoscermi,
oggi, davanti a me, compare in questo quaderno.
Felice coincidenza: da questa creatura venni
per giungere a lei dopo un lungo cammino.
Ti prego: continua a essere te stessa, o torna a godere i tuoi genitori ancora giovani,
l’agnello e l’acqua nel suo letto di pietra. Non preoccuparti:
sono una di quelle signore che a volte trovi in visita a casa
e il cui nome non riesci più a ricordare.
María Victoria Atencia
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Qualsiasi vento
è vento di mare,
e qualsiasi città,
anche la più continentale,
nelle ore di vento
è marittima.
C'è odor di mare,
no, ma: c'è aria
di mare, l'odore lo
aggiungiamo noi.
Anche il vento del
deserto è di mare,
anche quello della
steppa è di mare.
Giacché al di là di ogni
steppa e di ogni deserto
c'è il mare. Ogni viuzza
in cui tira vento è la
viuzza di un porto.
"Marina Cvetaeva"
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UNA DONNA FENOMENALE
Le belle donne si domandano dove si celi il mio segreto.
Non sono appariscente, né disegnata per vestire
taglie da modella,
ma quando comincio a raccontarmi
credono stia raccontando storie.
Dico loro
Che è nello spazio del mio abbraccio,
è nell’ampiezza dei miei fianchi
è nell’andatura del mio passo,
è nella linea delle mie labbra.
Sono una donna,
intensamente.
Sono una donna fenomenale
Ecco io chi sono.
Quando entro in una stanza,
disinvolta, come piace a te
E cammino verso un uomo
tutti gli altri si alzano in piedi
O cadono sulle ginocchia,
poi si raccolgono intorno a me
Come le api intorno al miele.
Dico loro
Che è il fuoco del mio sguardo,
è lo splendore del mio sorriso
è l’ondeggiare della mia vita,
ed è la gioia nei miei piedi.
Sono una donna,
intensamente.
Una donna fenomenale
Ecco io chi sono.
Anche gli uomini si domandano
cosa vedano in me,
ci provano davvero,
ma non riescono a toccare
l’essenza del mio mistero.
Quando tento di mostrarlo
essi dicono che ancora non vedono.
Dico loro
Che è nell’arco della mia schiena,
è nella luce del mio sorriso,
è nel sentiero dei miei seni,
è nella grazia del mio stile.
Sono una donna,
intensamente.
Sono una donna fenomenale.
Ecco chi sono io.
Ora puoi comprendere
perché il mio capo non è chino.
Io non urlo o salto in giro
io non parlo con un grido.
E quando mi vedi passare provi un orgoglio glorioso.
Io dico
è nello scatto delle mie ginocchia,
è nell’onda dei miei capelli,
è nel palmo delle mie mani,
è nel bisogno delle mie attenzioni.
Perché io sono una donna,
intensamente.
Una donna fenomenale.
Ecco io chi sono.
MAYA ANGELOU
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"Io non devo scordare
che il cielo
fu in me.
E quando per le strade - avanti
che sia sera -
m'aggiro
ancora voglio
essere una finestra che cammina,
aperta, col suo lembo
di azzurro che la colma.
Ancora voglio
che s'oda a stormo battere il mio cuore
in alto
come un nido di campane.
E che le cose oscure della terra
non abbiano potere
altro - su me,
che quello di martelli lievi
a scandire
sulla nudità cerula dell'anima
solo
il tuo nome.
-Antonia Pozzi-
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MILIONI DI DONNE
Milioni di donne
dipanano la vita nel chiuso
di pareti stinte.
Il pianto del bambino di notte
le unisce all'uomo di fianco
e divide
per la sacralità del suo sonno.
Poi viene il tempo
di fare la riga ai capelli
e riannodare le trecce sciolte,
viene il tempo
di soffiare nasi
e lavare ginocchia sbucciate.
Milioni di donne - così -
ad aspettare partenze e distacchi:
ed è sempre l'alba - ai risvegli
il volto è sempre bianco di stanchezza.
Ancora
milioni di donne non sanno
i respiri di betulla
- soltanto la fatica dei giorni -
non sanno i desideri e le braccia
ma solo gli affanni
e i ventri svuotati
che crescono silenzi
nei corpi sconfitti.
Adriana Scarpa
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IDILLIO
Una sera d’estate in giardino saremo
io e te - con pasta e vino bianco ceneremo.
Poche parole. La testa reclinata,
guarderò l’ombra sul rosso sentiero,
che tutto sia passato quasi non parrà vero.
Quella begonia gialla. La casa, la facciata.
Senza male alla gamba, Kingsgate Park traverseremo,
per la via lunga a casa torneremo.
Il Paradiso che vorrei, che amo?
Noi due come siam stati - e ancora, a volte, siamo.
WENDY COPE
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Ninfee
Ninfee pallide lievi
coricate sul lago -
guanciale che una fata
risvegliata
lasciò
sull’acqua verdeazzurra -
ninfee -
con le radici lunghe
perdute
nella profondità che trascolora -
anch’io non ho radici
che leghino la mia
vita - alla terra -
anch’io cresco dal fondo
di un lago - colmo
di pianto.
Antonia Pozzi
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Con semplice cortesia
mi si fece incontro e sorrise.
Tra pigro e carezzevole
mi sfiorò la mano con le labbra.
Mi fissò con occhi misteriosi
come quelli delle immagini sacre.
Dieci anni di grida soffocate,
tutte le mie notti insonni
chiuse nella parola sussurrata,
parola detta invano.
Te ne andasti.
E di nuovo l’anima è deserta e chiara.
* Anna Achmatova *
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Desolazione
La bruma spessa, eterna, affinchè dimentichi dove
mi ha gettato il mare nella sua onda di salamoia.
La terra nella quale venni non ha primavera:
ha la sua notte lunga che quale madre mi nasconde.
Il vento fa alla mia casa la sua ronda di singhiozzi
e di urlo, e spezza, come un cristallo, il mio grido.
E nella pianura bianca, di orizzonte infinito,
guardo morire immensi occasi dolorosi.
Chi potrà chiamare colei che sin qui è venuta
se più lontano di lei solo andarono i morti?
Tanto solo loro contemplano un mare tacito e rigido
crescere tra le sue braccia e le braccia amate!
Le navi le cui vele biancheggiano nel porto
vengono da terre in cui non ci sono quelli che sono miei;
i loro uomini dagli occhi chiari non conoscono i miei fiumi
e recano frutti pallidi, senza la luce dei miei orti.
E l´interrogazione che sale alla mia gola
al vederli passare, mi riscende, vinta:
parlano strane lingue e non la commossa
lingua che in terre d´oro la mia povera madre canta.
Guardo scendere la neve come la polvere nella fossa;
guardo crescere la nebbia come l´agonizzante,
e per non impazzire non conto gli istanti,
perchè la notte lunga ora solo comincia.
Guardo il piano estasiato e raccolgo il suo lutto,
perchè venni per vedere i paesaggi mortali.
La neve è il sembiante che svela i miei cristalli;
sempre sarà il suo biancore che scende dal cielo!
Sempre essa, silenziosa, come il grande sguardo
di Dio su di me; sempre la sua zagara sopra la mia casa;
sempre, come il destino che non diminuisce ne passa,
scenderà a coprirmi, terribile e estasiata.
Gabriela Mistral
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La grande paura
La storia della mia persona
è la storia di una grande paura
di essere me stessa,
contrapposta alla paura di perdere me stessa,
contrapposta alla paura della paura.
Non poteva essere diversamente:
nell’apprensione si perde la memoria,
nella sottomissione tutto.
Non poteva
la mia infanzia,
saccheggiata dalla famiglia,
consentirmi una maturità stabile, concreta.
Né la mia vita isolata
consentirmi qualcosa di meno fragile
di questo dibattermi tra ansie e incertezze.
All’infanzia sono sopravvissuta,
all’età adulta sono sopravvissuta.
Quasi niente rispetto alla vita.
Sono sopravvissuta, però.
E adesso, tra le rovine del mio essere,
qualcosa, una ferma utopia, sta per fiorire.
Piera Oppezzo