Visualizzazione stampabile
-
Ti recai lo stupore d’un ritorno
tardivo, nel quale non credevi:
troppo lunga l’attesa. Da un paese
straniero recavo, straniero
io stesso, temesti,
nuove menzogne e lacrime.
Ma no, cara, sognavo
la quieta forma delle braccia
tue, la bianca tua mano… Se tessevo
anch’io tele d’inganni, se provavo
gli altri e me stesso al gioco multiforme
della vita non era per capriccio.
Qui, amore, il rondone,
volando addormentato sopra cumuli gonfi
di nuova pioggia, qui tornava, al nido
di primavera.
Poi la tua, la nostra
stagione ci vinse. Spendemmo
senza risparmio tutti i nostri giorni,
lieti di farlo e fu dolce la notte
scivolare nel sonno come ladri
dopo il furto d’amore. Quanto tempo
ci fu negato (e forse ci negammo)?
Di quanto ci restò non fummo avari.
Così l’amore, il nuovo, il ritrovato
nostro amore quietò le vecchie smanie
mie d’avventura. L’ordine,
la preziosa abitudine fu il vanto
della nostra vecchiaia, fu la gloria
che ancora posso offrirti, oggi, domani.
Camillo Fonte
-
Il bambino chiese alla bambina di dire nel barattolo:
“Ti amo”, senza fornirle altre spiegazioni.
E lei non gliene chiese,
gli rispose: “Ti amo”.
Il bambino coprì il suo barattolo con un coperchio
e collocò l’amore della bambina per lui su un ripiano nel proprio armadio.
Ovviamente, non poté mai aprire il barattolo,
perché altrimenti avrebbe perso il contenuto.
Gli bastava sapere che era lì.
Jonathan Safran Foer
-
Mi piace vedere la gente che si corre incontro,
mi piacciono i baci e i pianti,
amo l’impazienza,
le storie che la bocca non riesce a raccontare abbastanza in fretta,
le orecchie che non sono abbastanza grandi,
gli occhi che non abbracciano tutto il cambiamento,
mi piacciono gli abbracci,
la ricomposizione,
la fine della mancanza di qualcuno.
Jonathan Safran Foer
-
Non so cosa sia l'amore
ma forse
è qualcosa come:
Se lei ritorna a casa da un paese straniero
e mi dice con orgoglio:
"Ho visto un topo d'acqua"
e io mi ricordo di queste parole
quando la notte mi sveglio
e il giorno dopo al lavoro
e ho nostalgia
di ascoltarla
ripetere queste parole
e poi che pronunciandole
mi appaia esattamente come quando le
pronunciò-
E' forse questo, penso, l'amore
o qualcosa di non molto diverso.
Erich Fried
-
La strada
Che nottata! I sogni o non vengono affatto
oppure si tratta di un sogno che forse forse
annuncia una perdita. La scorsa notte mi hanno abbandonato
senza una parola su una strada di campagna.
In una casa laggiù sulle colline c'era una luce
non più grande di una stella.
Ma avevo paura di andarci e ho continuato a camminare.
Poi mi sono risvegliato al rumore della pioggia sui vetri.
Vicino alla finestra un vaso di fiori.
L'odore del caffè e tu che ti tocchi i capelli
con il gesto di chi non c'è più da anni.
Ma c'è un pezzo di pane sotto al tavolo
accanto ai tuoi piedi. E una fila di formiche
va avanti e indietro da una fessura nel pavimento.
Non sorridi più.
Fammi un favore stamattina. Chiudi le tende e torna a letto.
Lascia perdere il caffè. Faremo finta
di essere in un paese straniero, innamorati.
Raymond Carver
-
Io sempre al limitare del mio niente
ti ho esasperato, ti ho fatto ammalare.
Ti ho sperperato i battiti del cuore
per far battere il mio senza tremare.
E il tuo amore per me forse è finito,
mentre il mio è ancora tutto da fare.
Amore caro, amato malamente,
sono guarita. Vuoi ricominciare?
Patrizia Valduga
-
Alibi
Solo chi ama conosce. Povero chi non ama!
Come a sguardi inconsacrati le ostie sante,
comuni e spoglie sono per lui le mille vite.
Solo a chi ama il Diverso accende i suoi splendori
e gli si apre la casa dei due misteri:
il mistero doloroso e il mistero gaudioso.
Io t’amo. Beato l’istante
che mi sono innamorata di te.
Qual è il tuo nome? Simile al firmamento
esso muta con l’ora. Sei tu Giulietta? o sei Teodora?
ti chiami Artù? o Niso ti chiami? Il nome
a te serve solo per giocare, come una bautta.
Vorrei chiamarti: Fedele; ma non ti somiglia.
La tua grazia tramuta
in un vanto lo scandalo che ti cinge.
Tu sei l’ape e sei la rosa.
Tu sei la sorte che fa i colori alle ali
e i riccioli ai capelli.
La tua riverenza è graziosa come l’arcobaleno.
Sono i tuoi giorni un prato lucente
dove t’incontri con gli angeli fraterni:
il santo, adulto Chirone,
l’innocente Sileno, e i fanciulli dai piedi di capra,
e le fanciulle-delfino dalle fredde armature.
La sera, alla tua povera cameretta ritorni
e miri il tuo destino tramato di figure,
l’oscuro compagno dormiente
dal corpo tatuato.
Tu eri il paggio favorito alla corte d’Oriente,
tu eri l’astro gemello figlio di Leda,
eri il più bel marinaio sulla nave fenicia,
eri Alessandro il glorioso nella sua tenda regale.
Tu eri l’incarcerato a cui si fan servi gli sbirri.
Eri il compagno prode, la grazia del campo,
su cui piange come una madre
il nemico che gli chiude gli occhi.
Tu eri la dogaressa che scioglie al sole i capelli
purpurei, sull’alto terrazzo, fra duomi e stendardi.
Eri la prima ballerina del lago dei cigni,
eri Briseide, la schiava dal volto di rose.
Tu eri la santa che cantava, nascosta nel coro,
con una dolce voce di contralto.
Eri la principessa cinese dal piede infantile:
il Figlio del Cielo la vide, e s’innamorò.
Come un diamante è il tuo palazzo
che in ogni stanza ha un tesoro
e tutte le finestre accese.
La tua dimora è un’arnia fatata:
narcisi lontani ti mandano i loro mieli.
Per le tue feste, da lontani evi
giungono luci, come al firmamento.
Ma tu in esilio vai, solo e scontento.
Il mio ragazzo non ha casa
né paese.
La bella trama, adorata dal mio cuore,
a te è una gabbia amara.
E in tua salvezza non verrà mai la sposa
regina del labirinto.
Per il sapore strano del bene e del male
la tua bocca è troppo scontrosa.
Tu sei la fiaba estrema. O fiore di giacinto
cento corimbi d’un unico solitario fiore!
La folla aureovestita del tuo bel gioco di specchi
a te è deserto e impostura.
Ma dove vai? che mai cerchi? invano, gatta-fanciulla,
il passaggio d’Edipo sul tuo cammino aspetti.
O favolosa domanda, al tuo delirio
non v’è risposta umana.
Riposa un poco vicino a chi t’ama
angelo mio.
Quando mi sei vicino, non più che un fanciullo m’appari.
Le mie braccia rinchiuse bastano a farti nido
e per dormire un lettuccio ti basta.
Ma quando sei lontano, immane per me diventi.
Il tuo corpo è grande come l’Asia, il tuo respiro
è grande come le maree.
Sperdi i miei neri futili giorni
come l’uragano la sabbia nera.
Corro gridando i tuoi diversi nomi
lungo il sordo golfo della morte.
Riposa un poco vicino a chi t’ama.
Lascia ch’io ti riguardi. La mia stanza percorri spavaldo
come un galante che passa
in una strage di cuori.
Allo specchio ti miri i lunghi cigli
ridi come un fantino volato al traguardo.
O figlio mio diletto, rosa notturna!
Povero come il gatto dei vicoli napoletani
come il mendico e il povero borsaiolo,
e in eleganza sorpassi duchi e sovrani
risplendi come gemma di miniera
cambi diadema ogni sera
ti vesti d’oro come gli autunni.
Passa la cacciatrice lunare coi suoi bianchi alani…
Dormi.
La notte che all’infanzia ci riporta
e come belva difende i suoi diletti
dalle offese del giorno, distende su noi
la sua tenda istoriata.
I tuoi colori, o fanciullesco mattino,
tu ripiegasti.
Nella funerea dimora, anche di te mi scordo.
Il tuo cuore che batte è tutto il tempo.
Tu sei la notte nera.
Il tuo corpo materno è il mio riposo.
Elsa Morante
-
La vita non dovrebbe essere così seria
Gli ho dato appena un'occhiata
e l'ho sposato
siamo stati caotici
non abbiamo avuto figli
quando mi andava preparavo una minestra
abbiamo vissuto un po' a caso
abbiamo avuto degli amici casuali
il tempo è trascorso così
e così siamo invecchiati
con un piede nella fossa
per caso siamo diventati un modello
"erano fatti l'uno per l'altra"
...una vita armoniosa
con semplicità abbiamo esalato l'ultimo respiro
il sole ha dato appena un'occhiata
al balcone deserto.
Yin Lichuan
-
Posso anche dire che l’amore è eterno,
che dura sempre se sta acceso dentro;
e vale anche l’amore di domani
e quello che chiamammo ieri amore.
Ed è amore andarsene in un treno
incontro al cielo che si veste d’ombre,
il vento che respira nelle foglie,
archi di luce a una festa lontana.
Ed è amore la voce nel telefono,
il ricordo improvviso che dispare,
il gesto, il giuramento che non vale
se tutto corre, muta, si tramuta.
Così ripeto che l’amore è eterno
perché ognuno ha bisogno d’amore,
mai smette di cercarlo il desiderio,
lo chiama nell’attesa che non cede:
amore che ogni giorno ci accompagna.
Elio Pecora
-
Mia nonna una volta ha fatto la rana
perché ero molto malata
e piccola
e volevo saltare come le rane
ma dovevo stare immobile nel letto
e siccome non potevo saltare io
si è messa a saltare lei.
Mia nonna quella volta che ha fatto la rana
era già come una nonna
con le rughe e tutto il resto
e anche la pompetta dell’asma
che teneva nella borsetta
insieme al rossetto fucsia e l’ombretto blu
quelli che avevano solo le Barbie finte
che ti comperavano le nonne.
Se pensate a questa scena
di una sessantenne asmatica che salta
accanto al letto di una bambina malata
se pensate a cos’è
forse verrà in mente anche a voi
la prossima volta che vi chiedono
“l’amore cos’è?”
forse verrà in mente anche a voi
di parlare di rane
e di asma
e di Barbie finte con l’ombretto blu.
Alessandra Racca
-
Il cuore non è mai al sicuro e dunque,
fosse pure in silenzio, non vantarti
della vittoria o dell’indifferenza.
Rendi comunque onore a ciò che hai amato
anche quando ti sembra di non amarlo più.
Te ne stai lì tranquilla? Ti senti soddisfatta?
Potresti finalmente dopo anni
d’ingloriosa incertezza, di smanie e umiliazioni,
rovesciare le parti, essere tu
che umili e che comandi? No, non farlo,
fingi piuttosto, fingi l’amore che sentivi
vero, fingi perfettamente e vinci
la natura. L’amore stanco
forse è l’unico perfetto.
Patrizia Cavalli
-
Il tuo corpo tagliato
da una lama di luce –
per metà carne,
per metà ricordo.
Illuminazione obliqua,
il grande letto
intero,
il tepore lontano,
e la coperta rossa.
Chiudo la porta,
chiudo le finestre.
Vento con vento.
Unione inespugnabile.
Con la bocca piena
di un boccone di notte.
Ahi, l’amore.
Ghiannis Ritsos
-
Svegliami, ti prego
Svegliami, ti prego, succede ancora
d’implorare in un sogno a questa tenera
età, aiutami, fa’ che non sia vera
l’oscena materia del buio. Sfiora
allora davvero una mano il mio
corpo assiderato e di colpo so
d’averti chiamata e che non saprò
più niente.
Giovanni Raboni
-
Violini. Le mie gambe si alzano.
Allegro ma non troppo.
Sottovoce.
Dolcemente inizia l'ouverture.
Tamburo. Il mio ventre risuona come forgia
Tante volte ti ho conservato la musica.
E, ciò nonostante,
il tuo arco insistente
genera nuovi adagi, fughe.
Trombettiere di fuoco.
Annunciati!
Ti ricevano i miei lamenti di soprano
e la tua voce di baritono risponda esaltata.
Indugia inizialmente il violoncello,
gli archi prima del clavicembalo,
o del piano.
Dopo fa ciò che desideri
spèttinati dirigendo l'orchestra.
Riecheggino i venti,
e applauda,
febbricitante,
il pubblico.
Gioconda Belli
-
Amo ogni tuo ciglio, ogni tuo capello, ti combatto in candidi corridoi
dove si giocano le fonti della luce,
ti discuto in ogni nome, ti strappo con delicatezza di cicatrice,
a poco a poco ti metto nei capelli cenere di lampo e nastri
assopiti nella pioggia.
Non voglio che tu abbia una forma, che tu sia esattamente
quello che viene dietro la tua mano,
perché l’acqua, pensa all’acqua, e ai leoni quando si
sciolgono nello zucchero della fiaba,
e ai gesti, architettura del nulla,
le loro lampade accese a metà dell’incontro.
Ogni domani è l’ardesia su cui ti invento e ti disegno,
pronto a cancellarti, non sei così, neppure con quei capelli lisci,
quel sorriso.
Cerco la tua somma, il bordo del bicchiere in cui il vino si fa
luna e specchio,
cerco quella linea che fa tremare un uomo
nella sala di un museo.
E poi ti voglio bene, nel tempo e nel freddo.
Julio Cortazar