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Originariamente inviato da
Enribello
Hai perfettamente ragione. È difficilissimo verificare una citazione sul web. Generalmente vengono offerte senza referenza e bisogna fidarsi. Devo dire che in questo caso la fonte sembre seria e attendibile. Però nella lista delle poesie di Heym gli stessi sonetti vengono riportati due volte: Berlin 1 e Berlin 2 e poi Berlin I e Berlin II. Le due numerazioni sono applicate agli stessi sonetti, ma in modo inverso, una volta con cifre numerali e l'altra con quelle ordinali (come nell'originale).
Per questo motivo sono andato a fondo della questione e credo di poter dire che si tratta di una confusione legata a diverse edizioni. Mi pare d'aver capito che nella raccolta "Ignis" del 1911 i due sonetti sono apparsi con numerazione inversa rispetto alla raccolta più ampia del 1912. Infatti la Bibliotheca Augustana (che non finorò mai di lodare per l' immenso lavoro di collazione e divulgazione) mette le due numerazioni in alternativa nell'edizione della raccolta Ignis, appunto.
Ma bando all'eruditismo autoreferenziale. Tutto sarebbe più semplice se Heym fosse stato un po' più orginale nei titoli... :asd:.
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Paris
Paris est tout petit
c’est là sa vraie grandeur
Tout le monde s’y rencontre
Les montagnes aussi
Même un beau jour l’une d’elles
Accoucha d’une souris
Alors en son honneur
Les jardiniers tracèrent
Le parc Montsouris
C’est là sa vraie grandeur
Paris est tout petit |
Parigi
Parigi è piccolina
È questa la sua vera grandezza
Tutti vi si incontrano
Anche le montagne
Persino una d'esse un bel giorno
Partorì un topolino
Quindi in suo onore
I giardinieri tracciarono
Il parco Montsouris1
È questa la sua vera grandezza
Parigi è piccolina |
Jacques Prévert
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trad: Rupert © novembre 2018
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Ndt.:
1 - Letteralmente tradotto
il nome proprio Montsouris
significa monte topo. |
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DALL’OLANDA: AMSTERDAM
A portarmi fu il caso tra le nove
e le dieci d’una domenica mattina
svoltando a un ponte, uno dei tanti, a destra
lungo il semigelo d’un canale. E non
questa è la casa, ma soltanto
– mille volte già vista –
sul cartello dimesso: “Casa di Anna Frank”.
Disse più tardi il mio compagno: quella
di Anna Frank non dev'essere, non è
privilegiata memoria. Ce ne furono tanti
che crollarono per sola fame
senza il tempo di scriverlo.
Lei, è vero, lo scrisse.
Ma a ogni svolta a ogni ponte lungo ogni canale
continuavo a cercarla senza trovarla più
ritrovandola sempre.
Per questo è una e insondabile Amsterdam
nei suoi tre quattro variabili elementi
che fonde in tante unità ricorrenti, nei suoi
tre quattro fradici o acerbi colori
che quando è grande il suo spazio perpetua,
anima che s'irraggia ferma e limpida
su migliaia d'altri volti, germe
dovunque e germoglio di Anna Frank.
Per questo è nei suoi canali vertiginosa Amsterdam.
Vittorio Sereni
(da Gli strumenti umani, Einaudi, 1965)
http://the-wanderers.nl/wp-content/u...se-300x234.jpg
Amsterdam - Casa di Anna Frank
foto presa dal web
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MICENE
Ho visto Micene
che un tempo fu ricca d'oro
e oggi il vento entra ed esce
scavando le cicatrici sulle mura.
Ho salito le scale verso sera
il vento forte avvolgeva le pietre come un rogo
le stesse pietre che la porpora e il sangue rivestirono
e ora sono indissolubilmente unite nella stessa rete
(chi il carnefice? chi la vittima?)
con le grida ancora vive
che percuotono ancora con forza le rupi
e tornano indietro con gli uccelli.
Mi sono appoggiato all'ombra delle pietre erose
e chiudendo gli occhi
mi sono visto passare davanti danzando
l'addetto ai segnali di fuoco e il rogo
Agamennone Egisto Clitennestra
il riso degli dèi e i cicli del tempo
la terra nera il cielo il mare
e la difficile affermazione di ogni cosa
tutto unito
trascinato in alto da un'aquila reale
nella folgore che si avvolgeva come un serpente
frustando dall'alto la vetta del Profeta Elia.
THANASSIS LAMBROU
(da Poesia, n. 327, Giugno 2017 - Traduzione di Nicola Crocetti)
https://misteridelpassato.files.word.../031.jpg?w=290
MICENE - Porta dei leoni
foto presa dal web
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DELFI
Qui è il cipresso di fuoco
il mare e l’altro mare di ulivi,
qui s’incontrarono le due aquile inviate da Giove,
qui è la via che sale alle sorgenti
dove batte il cuore della Grecia.
Qui è il pendio con i pini
una lira reclina con le corde di un silenzio vivo
mirti e lentischi,
qui è la pietra della Sibilla
l’edera l’ha coperta ma la sua luce non si è spenta,
il tripode d’oro e l’ombelico della terra.
Qui è l’Auriga che aggioga i monti
questa lancia dritta di bronzo
senza sentimenti ma con un fuoco negli occhi,
qui è il trono di ferro di Pindaro
e più in alto
il nido che aveva costruito in cima a una fiamma
un angelo-aquila
per officiare
avendo come misteri iniziatici i vènti
e come sacerdoti le rupi erette.
Qui è l’ara
e più dentro l’inaccessibile sacrario
dov’è ancora fresca la radice degli oracoli,
ma soprattutto qui è Apollo
(un fiato puro che a volte diventa arco
e a volte musica)
assieme a Dioniso – un regno –
questo gorgheggio sfavillante
che come una rete sorregge ogni cosa a un’altezza,
un’altra verità, un’altra purezza, un’altra libertà.
E penso
(per quanti hanno mente cuore e sguardo puro
e un amore infuocato):
Delfi non è che la vita stessa
che procede (verso una risurrezione?)
con terremoti e inabissamenti e baratri,
e là dove si spezza in due – come la roccia ferita –
poi si propagano
acque, uccelli, allori e cipressi
e i fiori che coprono le ferite – gli anemoni.
Thanassis Lambru
(da Poesia, n. 327, Giugno 2017 - Traduzione di Nicola Crocetti)
https://upload.wikimedia.org/wikiped...los_cazzul.JPG
La Tholos di Delfi antica struttura del Santuario di Athena
fonte e foto Wikipedia
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GERUSALEMME, 1
Le tue pietre serbano ancora il bagliore di un sole di giugno
finché la notte del deserto non lascia cadere
un mantello blu scuro sulle strade
bruscamente, come sempre a Levante.
La prima volta che ti ho visto
un filo spinato ti trapassava il cuore,
e la limpidezza delle tue stelle mi trafisse
come un antico dio tribale.
Ho venduto tutti i miei ciondoli d'argento
in modo da poter vagare per i vicoli stretti
con la tua polvere bianca
nei miei sandali ancora per qualche giorno,
bere un tè alla menta con il mio amante marocchino
sotto le armi giordane
prima di partire per la piovosa Londra e l'uomo che ho sposato.
Elaine Feinstein
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Il mio clima preferito in tutto il mondo
è il clima di Tel Aviv in una notte d'inverno
Tel Aviv, come una donna spinta vestita
in una vasca da bagno. I teppisti le hanno fatto questo e ora barcolla
vergognosa per le strade, implorando pietà
Mostra un po' di misericordia per questa città, dille qualcosa di gentile
L'aria ha inumidito la sabbia e l’ha rinfrescata. Ora questa dolce umidità
vaga insonne, deliziata, per tutta la notte che l’ha preceduta.
Le accarezza la guancia mentre passa, ma non si ferma.
Trilli di umidità scivolano tra i cubi delle case,
scrostano gli intonaci. Tel Aviv si addormenta
in piedi e geme nel sonno
Dille qualcosa di gentile, si merita un po' di pietà
Meir Wieseltier
(da Il trionfo dell’anarchia, 2003)