Lo vedi che mi provochi? Anch'io sono insegnante!!!:evil: De français et donc de littérature française! Ma ora ahimé, insegno L'HACCP en français:shock::( Voglio morire!
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Archiloco fu soldato mercenario. Si pensa che la sua vita debba essere stata piuttosto breve ; morì in servizio di guerra. Inventore del metro giambico, si guadagnò notorietà presso i contemporanei, e si pensa modello ispiratore per vari dell'epoca artisti: Orazio, Alceo, Saffo, Anacreonte. Le sue opere furono lette e studiate moltissimo e fu considerato da Quintiliano comesommo maestro di stile. Fu, però, criticato da Crizia e da Pindaro per il contenuto delle sue opere ( parlò malissimo di sé stesso) e per il modo di esprimersi ( utilizzando un linguaggio troppo aggressivo)
Cuore, mio cuore….
Cuore mio cuore, miscuglio d’insolubili guai,
torna a galla e a chi ti tratta male tieni testa,
sistemati nei covi dei nemici e non mollare.
Se vinci, in pubblico non gloriarti,
se perdi, in casa a piangere non ti isolare
Se va bene godi, se va male soffri, ma non troppo
Impara infine questa musica della vita
Allegato 1270
(Archiloco)
Il lutto funesto Pericle nessuno dei cittadini nè la città biasimando godrà di banchetti. Tali uomini i flutti del mare risonante hanno ingoiato, e noi per il dolore abbiamo i polmoni gonfi. Tuttavia, gli dei contro le sciagure irreparabili hanno posto come rimedio la forza della sopportazione. Ora all'uno ora all'altro capita questo, mentre ora su di noi il male si volge, e lamentiamo una ferita che emette sangue, e di nuovo si scaglierà su altri. Ma forza, sopportate e tenete lontano il pianto proprio delle donne.
(Archiloco)
Su Archiloco suggerisco, tra l'altro (essendo in rete), questo studio:
https://docs.google.com/viewer?a=v&q...FoON-X2OCdVmmQ
Semonide : Poeta giambico della seconda metà del sec. VII
Di lui ci sono giunti frammenti che contengono considerazioni pessimistiche sulla natura umana
Conosciutissima è la sua "Satira sopra le donne", ove dimostra una evidente misoginia . In esso, paragona, in maniera quasi sempre spregiativa, alcuni tipi di donne a animali o a elementi naturali (la donna ambiziosa alla cavalla, la donna operosa all'ape, la volubile al mare, ecc.).
Con quest'opera Semonide si inserisce a pieno titolo nell'aristocrazia del tempo e prende le distanze da esseri viventi che non ne facciano parte: ossìa donne, schiavi e uomini di basso ceto sociale.
Semonide - adoperando una lingua di chiara dizione omerica - prosegue nel solco metrico tracciato da Archiloco,ma se ne discosta per la minore tensione e violenza espressiva.
Allegato 1271
(Statua marmorea raffigurante Semonide)
Per la sua indole pessimistica, Semonide fu apprezzato e, quindi, tradotto da Giacomo Leopardi:
VOLGARIZZAMENTO
DELLA SATIRA DI SIMONIDE SOPRA LE DONNE
Traduzione di Giacomo Leopardi
Giove la mente de le donne e l’indole
In principio formò di vario genere.
Fe’ tra l’altre una donna in su la tempera
Del ciacco; e le sue robe tra le polvere
Per casa, ruzzolando, si calpestano.
Mai non si lava nè ’l corpo nè l’abito,
Ma nel sozzume impingua e si rivoltola.
Formò da l’empia volpe un’altra femmina,
Che d’ogni cosa, o buona o mala o siasi,
Qual che tu vogli, è dotta; un modo un animo
Non serba; e parte ha buona e parte pessima.
Dal can ritrasse una donna maledica
Che vuol tutto vedere e tutto intendere.
Per ogni canto si raggira e specola,
Bajando s’anco non le occorre un’anima;
Nè per minacce che ’l marito adoperi,
Nè se d’un sasso la ritrova e cacciale
Di bocca i denti, nè per vezzi e placide
Parole e guise, nè d’alieni e d’ospiti
Sedendo in compagnia, non posa un attimo
Che sempre a vóto non digrigni e strepiti.
Fatta di terra un’altra donna diedero
Gli Eterni a l’uomo in costui pena e carico.
Null’altro intende fuorchè mangia e corcasi,
E ’l verno, o quando piove e ’l tempo è rigido,
Accosto al focolar tira la seggiola.
Dal mare un’altra donna ricavarono,
Talor gioconda, graziosa e facile
Tal che gli strani, a praticarla, esaltanla
Per la donna miglior che mai vedessero;
Talor come la cagna intorno a i cuccioli,
Infuria e schizza, a gli ospiti a i domestici,
A gli amici a i nemici aspra, salvatica,
E, non ch’altro, a mirarla, spaventevole.
Qual per appunto il mar, che piano e limpido
Spesso giace la state, e in cor ne godono
I naviganti; spesso ferve ed ulula
Fremendo. È l’ocean cosa mutabile
E di costei la naturale immagine.
Una donna dal ciuco e da la cenere
Suscitaro i Celesti, e la costringono
Forza, sproni e minacce a far suo debito.
Ben s’affatica e suda, ma per gli angoli
E sopra il focolar la mane e ’l vespero
Va rosecchiando, e la segreta venere
Con qualsivoglia accomunar non dubita.
Un gener disameno e rincrescevole,
Di bellezza, d’amor, di grazia povero,
Da la faina uscì. Giace nel talamo
Svogliatamente, e del marito ha stomaco:
Ma rubare i vicini e de le vittime
Spesso gode ingojar pria che s’immolino.
D’una cavalla zazzeruta e morbida
Nacque tenera donna, che de l’opere
Servili è schiva e l’affannare abomina.
Morir torrebbe innanzi ch’a la macina
Por mano, abburattar, trovare i bruscoli,
Sbrattar la casa. Non s’ardisce assistere
Al forno, per timor de la fuliggine.
Pur, com’è forza, del marito impacciasi.
Quattro e sei fiate il giorno si chiarifica
Da le brutture, si profuma e pettina
Sempre vezzosamente, e lungo e nitido
S’infiora il crine. Altrui vago spettacolo
Sarà certo costei, ma gran discapito
A chi la tien, se re non fosse o principe,
Di quei ch’hanno il talento a queste ciuffole.
Quella che da la scimmia i numi espressero
È la peste maggior de l’uman vivere.
Bruttissima, scriata, senza natiche
Né cóllo, ma confitto il capo a gli omeri:
Andando per la Terra, è gioco e favola
De’ cittadini. Oh quattro volte misero
Quel che si reca in braccio questo fulmine.
Quanti mai fur costumi e quante trappole,
Come la monna suol, di tutto è pratica;
E non le cal che rida chi vuol ridere.
Giovar non sa, ma questo solo ingegnasi
E tutte l’ore intentamente medita,
Qualche infinito danno ordire e tessere.
Ma la donna ch’a l’ape è somiglievole
Beato è chi l’ottien, che d’ogni biasimo
Sola è disciolta, e seco ride e prospera
La mortal vita. In carità reciproca,
Poi che bella e gentil prole crearono,
Ambo i consorti dolcemente invecchiano.
Splende fra tutte; e la circonda e seguita
Non so qual garbo; nè con l’altre è solita
Goder di novellari osceni e fetidi.
Questa, che de le donne è prima ed ottima,
I numi alcuna volta ci largiscono.
Ma tra noi l’altre tutte anco s’albergano,
Per divin fato, chè la donna è ’l massimo
Di tutti i mali che da Giove uscirono:
E quei n’ha peggio ch’altramente giudica.
Perchè, s’hai donna in casa, non ti credere
Nè sereno giammai nè lieto ed ilare
Tutto un giorno condur. Buon patto io reputo
Se puoi la fame da’ tuoi lari escludere,
Ospite rea, che gl’Immortali abborrono.
Se mai t’è data occasion di giubilo,
O che dal Ciel ti venga o pur da gli uomini,
Tanto adopra colei, che da contendere
Trova materia. Nè gli strani accogliere
Puoi volentier se alberghi questa vipera.
Più ch’ha titol di casta, e più t’insucida;
Chè men la guardi: ma si beffa e gongola
Del tuo caso il vicin; chè spesso incontraci
L’altrui dannar, la propria donna estollere.
Nè ci avveggiam che tutti una medesima
Sorte n’aggreva, e che la donna è ’l massimo
Di tutti i mali che da Giove uscirono.
Da Giove, il qual come infrangibil vincolo
Nel cinse al piè; tal che per donne a l’erebo
Molti ferendo e battagliando scesero.
(La traduzione della Satira è tratta da Wikisource)
Lo so che non ci crederai mai, ma ho letto le cinque pagine dello studio di Archiloco che suggerivi, visto che (confesso la mia ignoranza:oops:) non conoscevo questo autore. Mi è risultato simpatico, perchè la sua immagine di guerriero è molto più concreta e reale degli eroi , fantastici per carità, ma un po' stereotipati di Omero(che adoro però:mrgreen:)
La lirica elegiaca
Accanto alla lirica giambica troviamo, espressa in lingua jonica, la lirica elegiaca: si presenta con l'espressività e i temi delle dizione epica: così, troveremo trattati temi militari ma anche civili, filofosici ma anche etici, sentenziosi (gnomici) ma anche amorosi ed esistenziali.
Gli uditori formavano un consesso ampio, per esempio tutti i cittadini della polis.
Nelle letterature greca e latina l'elegia è componimento poetico in distici (ossìa esametro + pentametro) detti appunto elegiaci. In genera sono componimenti ispirati da un tono meditativo e malinconico, di compianto per uno stato d’infelicità.
Il termine 'eleghèion' é usato per la prima volta da Crizia (Atene, 460 – 403 a.C.Era uno dei 30 Tiranni) ed é connesso con il termine 'èleghos', ossìa lamento.
Molto probabile é anche la derivazione, invece, da ' èleghos' [doppio significato di questo termine] nel senso di flauto, ossìa lo strumento musicale con cui si soleva accompagnare la declamazione in pubblico di questi versi.
Qualcuno pensa derivi, onomatopeicamente, da "e e legein", ossìa: "dire ahi ahi". È, questa, un'interpretazione che troviamo in vari filologi.Poeta elegiaco fu Tirteo.
Allegato 1288
( Tirteo; immagine tratta dal web)
I frammenti a noi giunti e i libri scritti da Tirteo comprendevano varie caratteristiche: "Eunomia" (Buon governo), una lunga elegia che esalta la costituzione spartana, esorta i cittadini mantenerla integra esortando il popolo alla concordia; "Embatèria", canti di marcia,i; "Hypotekai", esortazioni alla lotta e al valore in campo; "Politeia" (Costituzione), una lode dei valori civili e religiosi della costituzione di Licurgo.
La sua poesia è divenuta, quindi, emblema dell'areté (virtù, valore) e del kósmos (sistema ordinato della società ).
> Frammento dedicato alle virtù militari dei soldati ellenici:
Per un uomo valoroso è bello cadere morto
combattendo in prima fila per la patria;
abbandonare la propria città e i fertili campi
e vagare mendico, è di tutte la sorte più misera,
con la madre errando e con il vecchio padre,
con i figli piccoli e la moglie.
Sarà odioso alla gente presso cui giunge,
cedendo al bisogno e alla detestata povertà:
disonora la stirpe, smentisce il florido aspetto;
disprezzo e sventura lo seguono.
Se, così, dell'uomo randagio non vi è cura,
né rispetto, neppure in futuro per la sua stirpe,
con coraggio per questa terra combattiamo, e per i figli
andiamo a morire, senza più risparmiare la vita.
Mimnermo, poeta elegiaco
Mimnermo Colofonio (Μίμνερμος, Mímnermos; nacque a Colofone o Smirne, nel VII secolo a.C. – Morì nella prima metà del VI sec. a.C.) . Mimnermo Colofonio è stato un poeta elegiaco e cantore greco.
Allegato 1292
CADUCHI FIORI
La vita, il piacer, cosa sono
senza Afrodite d'oro?
Meglio morir, quando non più cari avrò
il secreto amore, i graditi doni, il letto:
caduchi fiori di giovinezza
per gli uomini e le donne.
Quando giugnge la dolorosa
vecchiaia, che brutto
rende anche l'uomo bello,
sempre nel cuor l'opprimon
cattivi pensieri, né guardando
la luce del sol l'allieta,
ma è odioso ai fanciulli,
è disprezzato dalle donne:
un dio così penosa volle la vecchiaia
Allegato 1307
.
Allegato 1306
Mimnermo Colofonio, conosciuto ed apprezzato nella civiltà greca ed in quella romana, compose varie opere, giunte a noi come frammenti.
Il dialetto è quello jonico, omerico.
Allegato 1291
(Le rovine Priene a Izmir, Smirne, città natale di Mimnermo; resti di colonie con capitelli jonici)
In questo Poeta è forte la tensione verso la partecipazione personale con la Natura: in esso, la natura partecipa alla fatuità della vita, con primavere fugaci, allegre e leggere, che però quanto prima presto sveleranno il disincanto della stagione più cruda, l'inverno e della morte che ben la rappresenta.
Durante la vecchiaia non è possibile se non qualche piccolo e inconsistente sollievo da essa ; si intravede, nella natura e nelle persone, solo disprezzo, bruttezza e odio, per una persona non più giovane e prossima alla morte…
Mimnermo invita, con molte sue opere, a vivere l'esperienza attuale in modo pieno, non confidando assolutamente sul tesoro che la vecchiaia può (essa sola) donare all'animo umano.
Questa elegia ha un antecedente poetico nel VI libro dell'Iliade, dove al termine di belliche imprese sotto le mura di Troia, Diomede si imbatte in Glauco, nipote di Bellerofonte e alleato dei Troiani, cui chiede di rivelare l'identità (vv. 145-149):
"Tidide possente, perchè mi chiedi la discendenza?
Quale delle foglie la stirpe,
tale anche quella degli uomini.
Le foglie, alcune il vento le getta per terra, altre la selva
fiorente genera, e sopraggiunge il tempo della primavera:
così una stirpe di uomini viene al mondo ed un'altra scompare."
(trad. it. di R. Calzecchi Onesti)
Mimnermo tradotto da Quasimodo:
Allegato 1305
Al modo delle foglie che nel tempo
fiorito della primavera nascono
e ai raggi del sole rapide crescono,
noi simili a quelle per un attimo
abbiamo diletto del fiore dell'età
ignorando il bene e il male per dono dei Celesti.
Ma le nere dee ci stanno sempre al fianco,
l'una con il segno della grave vecchiaia
e l'altra della morte. Fulmineo
precipita il frutto di giovinezza,
come la luce d'un giorno sulla terra.
E quando il suo tempo è dileguato
è meglio la morte che la vita.
Traduzione di Salvatore Quasimodo
E questa è una traduzione di Achille Giulio Danesi, di Come le foglie (fine '800) [tratta da Wikipedia]. Si nota subito la pesantezza della descrizione e la retorica artificiosa, propria dell'eloquire ottocentesco.
Confrontiamolo con la traduzione del Quasimodo più libera da canoni retorici.
Siccome foglie nascono
Nella stagion fiorita,
Quando dal sole han vita,
Crescendo al suo splendor,
Tal godiam rapidissimo
Di giovinezza il fiore,
Nè il bene, nè il dolore,
Che dàn gli Dei, sappiam,
Ma nere ne circondano
Le Parche, e dànno a gara
Chi la vecchiezza amara
Chi della vita il fin.
Ahi! breve il frutto allietaci
Del fiore giovanile
Allo splendor simìle
Del fuggitivo sol.
Ma tosto dileguatasi
La dolce età, conviene
Meglio il morir! le pene
Piombano allora in cor.
E chi l’aver consumasi
D’inopia tra gli artigli,
Chi brama aver dei figli.
E senza figli muor.
Altri da morbo assiduo
Sen giace afflitto in core.
Gran copia di dolore
Giove sull’uom versò.
In questa (ed altre elegie) Mimnermo opera nei confronti della morale tradizionale arcaica, ( per esempio quella contenuta nell'epica omerica; e in Tirteo, con l'invito a morire da giovani per la patria ) una parenesi (ossìa una esortazione, un ammonimento) rovesciata, nel senso che per Mimnermo è sì bello morire in età giovanile, ma non per un nobile scopo , come potrebbe essere la difesa ad oltranza della patria, ma solo per un motivo personale e direi egoistico (o edonistico,meglio): cioè, perché dopo la giovinezza non c'è nulla di bello che possa rendere felice lo scorrere lento dei giorni nell'età senile.
Comunque, la posizione di Mimnermo sulla morte ( che sia, cioè preferibile ad una vita penosa presente) è tema costantemente nella letteratura greca, e che ritroviamo, per esempio, anche in Sofocle o ErodotoAllegato 1298
Il contesto geografico e geo-politico nella Grecia del VII sec.a.C.
Allegato 1294
Chiedo ai miei due (o tre) lettori: piace, a voi, la traduzione di Achille Giulio Danesi ? E, in caso positivo, perchè?
Allegato 1308
ok.
Achille Giulio Danesi a me piace perchè, anche nella stentorea - datata - limpidezza della parola, i concetti sono esposti con chiarezza.
quella del Monti invece non mi piaceva (la trovavo inutilmente decorativa e neppure tanto immediata)
quella di Quasimodo mi piace per la morbidezza malinconica delle parole.
Grazie, Kaipi.:)
Allegato 1313