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"Prova anche tu,
una volta che ti senti solo
o infelice o triste,
a guardare fuori dalla soffitta
quando il tempo è così bello.
Non le case o i tetti, ma il cielo.
Finché potrai guardare
il cielo senza timori,
sarai sicuro
di essere puro dentro
e tornerai
ad essere Felice."
Anna Frank
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FUGA DI MORTE
Nero latte dell’alba lo beviamo la sera
lo beviamo a mezzogiorno e al mattino lo beviamo la notte beviamo e beviamo
scaviamo una tomba nell’aria là non si giace stretti
Nella casa abita un uomo che gioca con i serpenti che scrive
che scrive all’imbrunire in Germania i tuoi capelli d’oro Margarete
lo scrive ed esce dinanzi a casa e brillano le stelle e fischia ai suoi mastini
fischia ai suoi ebrei fa scavare una tomba nella terra
ci comanda ora suonate alla danza.
Nero latte dell’alba ti beviamo la notte
ti beviamo al mattino e a mezzogiorno ti beviamo la sera
beviamo e beviamo
Nella casa abita un uomo che gioca con i serpenti che scrive
che scrive all’imbrunire in Germania i tuoi capelli d’oro Margarete
I tuoi capelli di cenere Sulamith scaviamo una tomba nell’aria là non si giace stretti
Lui grida vangate più a fondo il terreno voi e voi cantate e suonate
impugna il ferro alla cintura lo brandisce i suoi occhi sono azzurri
spingete più a fondo le vanghe voi e voi continuate a suonare alla danza
Nero latte dell’alba ti beviamo la notte
ti beviamo a mezzogiorno e al mattino ti beviamo la sera
beviamo e beviamo
nella casa abita un uomo i tuoi capelli d’oro Margarete
i tuoi capelli di cenere Sulamith lui gioca con i serpenti
Lui grida suonate più dolce la morte la morte è un maestro tedesco
lui grida suonate più cupo i violini e salirete come fumo nell’aria
e avrete una tomba nelle nubi là non si giace stretti
Nero latte dell’alba ti beviamo la notte
ti beviamo a mezzogiorno la morte è un maestro tedesco
ti beviamo la sera e la mattina beviamo e beviamo
la morte è un maestro tedesco il suo occhio è azzurro
ti colpisce con palla di piombo ti colpisce preciso
nella casa abita un uomo i tuoi capelli d’oro Margarete
aizza i suoi mastini contro di noi ci regala una tomba nell’aria
gioca con i serpenti e sogna la morte è un maestro tedesco
i tuoi capelli d’oro Margarete
i tuoi capelli di cenere Sulamith
Paul Celan
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Testimonianza
"No no: loro, senz’altro
erano esseri umani: uniformi, stivali.
Come spiegarlo? Creati furono a immagine
di Dio.
Io ero un’ombra.
Io avevo avuto un altro Creatore.
E Lui, nella Sua grazia, non ha lasciato in me
qualcosa di mortale.
E sono fuggito verso Lui, sono salito lieve,
azzurro,
pacificato, direi quasi: scusandomi;
un fumo verso un fumo onnipotente
che non ha corpo né immagine. ."
Dan Pagis
(traduzione di Gaio Sciloni)
Tratto da http://www.stpauls.it/letture00/0199let/0199le08.htm
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1 allegato(i)
L’incompiutezza di questi versi è di un’eloquenza straordinaria.
La poesia di Dan Pagis al Memoriale delle vittime del Konzentrationslager Belzec.
Allegato 2241
"Scritta a matita in un carrobestiame sigillato
[sono] qui in questo trasporto
io eva
con mio figlio abele
se vedete il mio ragazzo più grande
caino figlio di adamo
ditegli che io"
Dan Pagis
tratto da http://www.stpauls.it/letture00/0199let/0199le08.htm
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A mia figlia Giulia (10 anni ad Aprile) hanno fatto vedere, a scuola, "La vita è bella". Ne è rimasta impressionata e ha voluto saperne molto di più su quel periodo, per cui è cominciato il lungo percorso con cui la portermo fuori dall'infanzia per farla entrare in un'adolescenza consapevole dei valori della pace e della tolleranza.
Qualche sua amichetta sta leggendo il "Diario di Anne Frank", libro che io non ho mai letto, per cui chiedo a chi lo conosce un parere: può essere un buon momento per farglielo leggere o è meglio aspettare qualche anno in modo che capisca davvero fino in fondo il significato di ciò che leggerà?
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Anche io non l'ho letto, è nella lista "da leggere assolutamente".
Però mi è capitato di leggere solo le prime 50 pagine quando dovevo aiutare una ragazza alle superiori.
Forse per una bambina di 9 anni è un po' presto.
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Quote:
Originariamente inviato da
Mauro
A mia figlia Giulia (10 anni ad Aprile) hanno fatto vedere, a scuola, "La vita è bella". Ne è rimasta impressionata e ha voluto saperne molto di più su quel periodo, per cui è cominciato il lungo percorso con cui la portermo fuori dall'infanzia per farla entrare in un'adolescenza consapevole dei valori della pace e della tolleranza.
Qualche sua amichetta sta leggendo il "Diario di Anne Frank", libro che io non ho mai letto, per cui chiedo a chi lo conosce un parere: può essere un buon momento per farglielo leggere o è meglio aspettare qualche anno in modo che capisca davvero fino in fondo il significato di ciò che leggerà?
Io aspetterei ancora qualche anno. Lasciale vivere ancora la sua infanzia con il calore delle sue certezze. C'è tempo per certe crudezze. Comunque si sa che a quell'età (e anche oltre) tendono a imitare i compagni e quindi corri il rischio che sia lei a chiedertelo ora.:reading01
Ciao
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D'accordo con Claire!!!!!!!!!!!!! Rosy
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Quote:
Originariamente inviato da
Claire
Io aspetterei ancora qualche anno. Lasciale vivere ancora la sua infanzia con il calore delle sue certezze. C'è tempo per certe crudezze. Comunque si sa che a quell'età (e anche oltre) tendono a imitare i compagni e quindi corri il rischio che sia lei a chiedertelo ora.:reading01
Ciao
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Originariamente inviato da
Rosy
D'accordo con Claire!!!!!!!!!!!!! Rosy
Non concordo. Meglio sfruttare la curiosità. Meglio conoscere i fatti e ricordare. Bisogna spiegare, chiaramente. Ma capire? Io la ferocia non la capisco. La Soah non la capisco. La insegno. So spiegare tutti i meccanismi politici, sociologici, amministrativi, militari... Ma non capisco. E sono uno storico. E ho mezzo secolo di vita e d'esperienza del mondo.
A un bambino proporrei "Ani d'infanzia" di Jona Obierski. Ma non lascerei il ragazzino o la ragazzina in balia del libro. Bisogna leggerlo assieme. Discuterne. Rispondere alle domande che scaturiscono. La lettura richiede tempo, energia e fiducia.
È un testo asciutto e crudo, descritto dall'ottica del protagonista bambino. A tratti terribile. Ma è meglio che i ragazzi sappiano che cosa può fare l'uomo e, ancora più importante, che percepiscano che cosa ognuno di noi può permettere che succeda senza che ce ne accorgiamo o addirittura con il nostro tacito consenso. Tenendo sempre presente che la ferocia non è quella degli "altri", ma quella che permettiamo che sia.
http://img4.libreriauniversitaria.it...8885943490.jpg
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Grazie a tutti e tre per i pareri che mi lasciano nel mio dubbio iniziale ... leggere o non leggere?
Sono d'accordo con Rupert quando dice che non capisce la ferocia, perché nemmeno io riesco a comprendere cosa renda l'uomo tanto simile a una bestia senza averne l'esigenza dato che la ferocia delle bestie è, spesso, istinto di sopravvivenza portato al suo estremo: mors tua, vita mea.
Però forse è proprio questo il mio freno più grande: far leggere a mia figlia qualcosa che non sono in grado di spiegargli, o meglio, che non sono in grado di spiegare a una persona che non dispone di tutti gli strumenti necessari per afferrare il senso di ciò che sta leggendo.
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Quote:
Originariamente inviato da
Mauro
Grazie a tutti e tre per i pareri che mi lasciano nel mio dubbio iniziale ... leggere o non leggere?
Ho letto Il diario di Anna Frank a 12/13 anni ed è stato per me sconvolgente. E' una ragazzina che parla, ci si identifica molto in lei.
Personalmente lo considero una lettura più adatta alla scuola media, però se tua figlia ha la curiosità di leggerlo potrebbe significare che, con le dovute cautele e con la vicinanza genitoriale, è pronta.
Potresti lasciarla libera di leggere Il diario di Anna Frank, se vuole, restandole vicino, chiedendole le sue impressioni, parlandone insieme. Magari potresti prima raccontarle o farle leggere in Internet qualche notizia su Anna Frank, sulla sua vita, per prepararla.
E' un libro, nonostante tutto, pieno di speranza sull'intima bontà dell'essere umano.
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Io glielo farei leggere standole vicino
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Quote:
Originariamente inviato da
daniela
Ho letto Il diario di Anna Frank a 12/13 anni ed è stato per me sconvolgente. E' una ragazzina che parla, ci si identifica molto in lei.
Personalmente lo considero una lettura più adatta alla scuola media, però se tua figlia ha la curiosità di leggerlo potrebbe significare che, con le dovute cautele e con la vicinanza genitoriale, è pronta.
Potresti lasciarla libera di leggere Il diario di Anna Frank, se vuole, restandole vicino, chiedendole le sue impressioni, parlandone insieme. Magari potresti prima raccontarle o farle leggere in Internet qualche notizia su Anna Frank, sulla sua vita, per prepararla.
E' un libro, nonostante tutto, pieno di speranza sull'intima bontà dell'essere umano.
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Originariamente inviato da
Elvira Coot
Io glielo farei leggere standole vicino
E' molto giusto quello che dite e la vicinanza dei genitori sarà per lei fondamentale, ma alla fine, parlandone anche con mia moglie, abbiamo deciso di posporre la lettura possibilmente al tempo delle scuole medie perché entrambi abbiamo considerato che il venire a contatto con certe aberrazioni umane è sempre una cosa difficile (io ho letto "Se questo è un uomo" a 16 anni e certi aspetti sono stati duri da digerire), ma è una difficoltà che diminuisce con l'avanzare dell'età e della cultura.
Grazie a tutti dei consigli davvero preziosi. :)
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Quote:
Originariamente inviato da
Mauro
abbiamo deciso di posporre la lettura possibilmente al tempo delle scuole medie perché entrambi abbiamo considerato che il venire a contatto con certe aberrazioni umane è sempre una cosa difficile (io ho letto "Se questo è un uomo" a 16 anni e certi aspetti sono stati duri da digerire), ma è una difficoltà che diminuisce con l'avanzare dell'età e della cultura.
Nel frattempo, giusto per non essere colto di sorpresa, Il diario di Anna Frank potresti leggerlo tu.;)
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Quote:
Originariamente inviato da
Claire
Nel frattempo, giusto per non essere colto di sorpresa, Il diario di Anna Frank potresti leggerlo tu.;)
Speravo che non lo dicesse nessuno mannaggia :mrgreen:
In realtà è una mia lacuna che dovrei colmare al di là della questione di mia figlia, ma è un periodo che non sento per nulla il bisogno di accostarmi a opere frutto di dolori personali.
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Se soltanto sapessi
Se soltanto sapessi
cosa hai guardato sul punto di morte
un sasso, che aveva già bevuto
molti sguardi estremi, un cieco sasso
meta di altri sguardi ciechi?
Oppure terra, sufficiente
a riempire una scarpa
e già annerita
da tanto addio
e tanta volontà omicida?
O era forse il tuo ultimo cammino
che ti portava il saluto di tutti i cammini
da te percorsi?
Una pozza d'acqua,
un pezzo di metallo luccicante,
forse la fibbia addosso al tuo nemico,
o un altro presagio impercettibile dal cielo?
O forse questa terra
che non congeda nessuno senza amore
ti ha parlato col volo di un uccello
ricordando alla tua anima di quando palpitava
nel corpo riarso dai tormenti?
Nelly Sachs
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UOMO DEL MIO TEMPO.
"Sei ancora quello della pietra e della fionda,
uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,
con le ali maligne, le meridiane di morte,
t’ho visto – dentro il carro di fuoco, alle forche,
alle ruote di tortura. T’ho visto: eri tu,
con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio,
senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora,
come sempre, come uccisero i padri, come uccisero
gli animali che ti videro per la prima volta.
E questo sangue odora come nel giorno
Quando il fratello disse all’altro fratello:
«Andiamo ai campi». E quell’eco fredda, tenace,
è giunta fino a te, dentro la tua giornata.
Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue
Salite dalla terra, dimenticate i padri:
le loro tombe affondano nella cenere,
gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore."
Salvatore Quasimodo.
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IL TRAMONTO DI FòSSOLI
Io so cosa vuol dire non tornare.
A traverso il filo spinato
Ho visto il sole scendere e morire;
Ho sentito lacerarmi la carne
Le parole del vecchio poeta:
« Possono i soli cadere e tornare:
A noi, quando la breve luce è spenta,
Una notte infinita è da dormire ».
Primo Levi
7 febbraio 1946.
Fòssoli, presso Carpi, era il campo di sosta e smistamento dei prigionieri destinati alla deportazione.
da “Ad ora incerta”
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Alle vittime di Mauthausen
Troverò in paradiso le parole non dette,
capitelli di colonne rimaste a metà.
Scaglie di stelle esplose, private di ogni luce,
antiche fontane secche che ritrovano il canto.
Troverò in paradiso quel macilento tralcio rosa
che a Mauthausen fiorì dietro la baracca quattordici.
Avrà i suoi occhi ogni cosa capace di durare,
miracolata, innocente, ostinata e radiosa.
Troverò in paradiso la tua e la mia pazienza.
Ne faremo un collage con rendez-vous mancanti ,
e velieri arenati, e brandelli di scienza,
bandiere intrise di pianto, ostinate a sventolare.
Primo Levi
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Come la morte
Silenzio e oscurità cadono con il peso di un sudario;
leggermente schiocca la brina; duole il fiume mentre schiuma,
tintinna e si smorza; dove il sentiero corre attraverso i boschi
uno specchio perfora i suoi bordi.
Quanto lungo, inverno, quanto lungo? Ossa di amanti, antiche,
belle, sepolte nella fredda terra, nel brivido e nella crepa.
Nel ventre della sua grotta si lamenta lo scompigliato orso;
e la cerbiatta alza il proprio grido,
grida inconsolabilmente; sopra un plumbeo cielo
ombre di nuvole sono spazzate via da un cupo gelo;
un lucore traluce la luna, e un mostro color neve vola,
scuotendoli, fa stormire gli alberi.
Il gioco della brina è lento, serio come la morte:
un fragile fiore di ghiaccio tintinna là fuori, sugli infissi;
penseresti che è solo una ragnatela di pizzo lasciata cadere,
un’umida ragnatela di freddo.
Così la poesia stessa si ferma davanti a voi,
batte leggermente i suoi piedi, s’impenna e poi ricade
come la morte, come la morte; l’immobilità frusciante dell’inverno
prosegue in silenzio.
27 febbraio 1940
Miklòs Radnòti (1909-1944)
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Epigrafe
O tu che segni, passeggero del colle,
Uno fra i molti, questa non più solitaria neve,
Porgimi ascolto: ferma per pochi istanti il tuo corso
Qui dove m’hanno sepolto, senza lacrime, i miei compagni:
Dove, per ogni estate, di me nutrita cresce
Più folta e verde che altrove l’erba mite del campo.
Da non molti anni qui giaccio io, Micca partigiano,
Spento dai miei compagni per mia non lieve colpa,
Né molti più ne avevo quando l’ombra mi colse.
Passeggero, non chiedo a te né ad altri perdono,
Non preghiera né pianto, non singolare ricordo.
Solo una cosa chiedo: che questa mia pace duri,
Che perenni su me s’avvicendino il caldo e il gelo,
Senza che nuovo sangue, filtrato attraverso le zolle,
Penetri fino a me col suo calore funesto
Destando a nuova doglia quest’ossa oramai fatte pietra.
6 ottobre 1952.
Primo Levi
da Ad ora incerta
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Per Adolf Eichmann
Corre libero il vento per le nostre pianure,
Eterno pulsa il mare vivo alle nostre spiagge.
L’uomo feconda la terra, la terra gli dà fiori e frutti:
Vive in travaglio e in gioia, spera e teme, procrea dolci figli.
… E tu sei giunto, nostro prezioso nemico,
Tu creatura deserta, uomo cerchiato di morte.
Che saprai dire ora, davanti al nostro consesso?
Giurerai per un dio? Quale dio?
Salterai nel sepolcro allegramente?
O ti dorrai, come in ultimo l’uomo operoso si duole,
Cui fu la vita breve per l’arte sua troppo lunga,
Dell’opera tua trista non compiuta,
Dei tredici milioni ancora vivi?
O figlio della morte, non ti auguriamo la morte.
Possa tu vivere a lungo quanto nessuno mai visse:
Possa tu vivere insonne cinque milioni di notti,
E visitarti ogni notte la doglia di ognuno che vide
Rinserrarsi la porta che tolse la via del ritorno,
Intorno a sé farsi buio, l’aria gremirsi di morte.
20 luglio 1960
Primo Levi
da “Ad ora incerta”
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“Se Dio esiste, dovrà chiedermi scusa” (Scritta apparsa su un muro di Auschwitz)
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MEMORANDUM
Un uomo, che alcuni ritenevano
saggio, dichiarò che dopo Auschwitz
non fosse più possibile alcuna poesia.
Sembra che delle poesie
l’uomo saggio non abbia avuto
alta considerazione –
quasi che queste servissero a consolare
l’anima di sensibili contabili
o fossero vetri intarsiati
attraverso i quali si guarda il mondo.
Noi crediamo che le poesie
siano ridiventate possibili
ora più che mai, per la semplice ragione che
solo in poesia si può esprimere
ciò che altrimenti
sarebbe superiore a ogni descrizione.
HANS SAHL
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Nel giorno della memoria
ricordiamoci di guerre assurde
senza senso, di forni accesi
pronti a uccidere anime innocenti.
Nel giorno della memoria
ricordiamoci di urla non ascoltate
di quell'indifferenza al dolore
di chi è morto ingiustamente.
Nel giorno della memoria
ricordiamo di quanto l'uomo
sia una vera bestia
di quella morale persa a combattere.
Nel giorno della memoria
ricordiamoci dell'atrocità
di ogni assurdo gesto compiuto
di quelle vite che non ci sono più.
Nel giorno della memoria
ricordiamoci dei fatti
di quei "orrori " compiuti
di chi non c'è più.
Di vite colpite senza "colpe".
Silvana Stremiz
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http://www.luzappy.eu/shoah/aus_entrata.JPG
Scriveva Simon Wiesenthal:
“(…)Noi però, i sopravvissuti, abbiamo dei doveri non solo verso i morti, ma anche verso le generazioni future: dobbiamo trasmettere loro le nostre esperienze, sì che ne possano trarre degli insegnamenti. Informarsi significa difendersi.(…) Come far capire a chi conosce la morte soltanto dalla lettura dei giornali che cosa prova un uomo che vede il fumo al di sopra dei crematori e sa che quel greve odore dolciastro è quanto resta di persone che ancora ieri marciavano in una lunga colonna per le strade del lager?(…)Il dilemma fondamentale mi sembra proprio questo: noi abbiamo il dovere di mostrare ai giovani quanto unico e inaudito, quanto inconcepibile, quanto eccezionale sia stato il tempo dell’Olocausto.”
Brano tratto dal libro GIUSTIZIA, NON VENDETTA
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Questa è la strada per Theresienstadt
Questa è la strada per Theresienstadt
che a migliaia percorrevano a stento
e lo stesso torto ha subito
ognuno di loro, a migliaia.
La attraversavano col capo chino
– la stella di Davide sul cuore –
stanchi, coperti di polvere, i piedi feriti,
gli animi straziati di dolore.
La mano lacerata da carichi pesanti
da rudi ordini sospinta.
Oh strada infinita nel sole rovente
con le gole piagate dalla sete.
Questa è la strada per Theresienstadt
che il sangue ci ha bevuto del cuore,
ove più d’un anziano, stanco, è crollato
sul sentiero pietroso spirando.
È una strada ricolma d’orrenda miseria,
di fiumi di lacrime versate
di bimbi piangenti e donne ansimanti,
cosparsa di cupo dolore.
Qui con lo sguardo smarrito, anziani dal passo malfermo
docili trottavano in gregge.
Quanti di loro mai più percorreranno indietro la strada,
ché la terra li abbraccia pietosa.
E questa è anche la strada che rombando in giù
percorrevano in furia i motori,
a trasportare i destinati alla morte,
in incessante carico gemente.
Questa è la strada per Theresienstadt,
smisurata di dolore,
e mai più la dimenticherà
chi una sola volta l’ha vista.
Ilse Weber
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LA SPELLATRICE DI PATATE
Spello patate per l’intero giorno
con cento altre donne.
Siedo nella baracca ammuffita
sin dal primo grigiore dell’alba.
Siedo e non sento nulla
di ciò che raccontano le altre.
I miei pensieri s’allontanano da me
mentre le mie mani spellano.
I miei pensieri sono colmi di pena
per la figlia, scomparsa in Polonia.
Le altre possono ancora esser liete
e furtive ridere e scherzare.
Rotolano e s’ammucchiano
nei cesti i tuberi marroni.
A Dachau hanno portato mio figlio,
perché Dio lo ha fatto morire?
E passano lentamente ore e ore,
ferite sono e dure le mie mani.
Di tifo è morto in ospedale mio nipote,
quando finirà la mia vita pure?
Patate, patate, giorno dopo giorno
solo spellare, spellare all’infinito.
E patate s’insinuano nei miei sogni
per tormentarmi la notte ancora
.Si animano le bucce e si contorcono
in serpenti sibilanti,
che mi inseguono e in cerchio mi stringono,
finché spietati mi catturano.
E di nuovo viene un nuovo giorno
e siedo al grigiore dell’alba
spellando patate nella baracca ammuffita
con cento altre donne.
Ilse Weber
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Lettera a mio figlio
Figlio mio caro, oggi di tre anni fa
sei partito per il mondo tutto solo.
Ti rivedo ancora là alla stazione di Praga,
dallo scompartimento, gonfio di lacrime e impaurito
inclinare verso me i riccioli castani
e implorare: fammi stare con te.
Duro t’è parso che t’abbiam fatto partire,
otto anni avevi soltanto ed eri piccolo e tenero.
E quando tornammo a casa senza te
mi sembrò che il cuore m’andasse in pezzi.
Ho pianto molto spesso, credimi,
eppure son felice che tu non sia qui.
Andrà un giorno in cielo di sicuro
la signora straniera che ti ha accolto.
Ad ogni respiro la benedico
e il tuo amore per lei non sarà mai troppo.
È così cupo attorno a noi,
tutto ci hanno portato via, nulla più ci è rimasto.
La casa, la terra natale, neanche più un cantuccio si è salvato
e neppure un qualcosa di caro.
Il tuo trenino persino
e il cavallino a dondolo di tuo fratello.
Neanche il nome ci hanno lasciato.
Con numeri intorno al collo
andiamo per vicoli marchiati come bestie
– ma ciò non sarebbe niente, se almeno fossi
con tuo padre nella stessa casa.
E neppure il piccolo può stare assieme a me,
mai in vita mia sono stata così sola.
Sei ancora piccolo e perciò non puoi capire
in quanti ci accalchiamo in una stanza.
Corpo sta a corpo e ti porti addosso la pena altrui
e senti la tua solitudine in un dolore estremo.
Figlio mio, sei in salute e studi da bravo?
Nessuno ti canta più ora per farti addormentare?
Talvolta di notte mi pare
di risentirti affianco a me.
Ma pensa, un giorno quando ci rivedremo,
non ci capiremo l’un l’altra.
In Svezia tu da lungo tempo hai già scordato il tuo tedesco
ed io, io non so parlare lo svedese.
Non sarà strano? Ah, fosse già arrivato il tempo
d’aver così d’un tratto un figlio grande.
Ti piace ancora tanto giocare con i soldatini di piombo?
Io abito in una caserma vera con mura scure e stanze cupe.
Non si ha idea di ciò che il sole sia, né di fogliame o d’alberi.
Sono infermiera di bambini qui
ed è bello aiutare e lenire.
Di notte talvolta veglio su di loro,
una luce molto fioca illumina la sala.
Siedo là e vigilo sulla loro pace,
e ogni bimbo mi par che sia un pezzetto di te.
Allora mi vola via verso te più d’un pensiero –
eppure son felice che tu non sia qui.
La vita mi ha preso molto di bello
e quanta felicità ho appena toccato, con te, e subito perso.
Tuttavia lo sopporto di cuore, anche se talvolta è duro,
molto male ti è stato risparmiato.
E volentieri soffrirei mille tormenti,
se con essi potessi ricompensare la tua felicità di bimbo. –
Ora è tardi e voglio andare a dormire.
Ti potessi vedere anche solo un istante!
Non posso far altro invece che scrivere lettere
piene di nostalgia – e rimanere ferma con loro.
Ilse Weber
Poetessa cecoslovacca internata prima a Theresienstadt (ghetto di Terezin) e poi uccisa a Auschwitz.
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Salmo
Nessuno ci impasta più con terra e argilla,
nessuno evoca la nostra polvere.
Nessuno.
Sia lode a te, Nessuno.
Per amor tuo
fioriremo.
Incontro a te.Noi siamo
fummo,
e resteremo sempre
un Nulla che fiorisce:
la rosa di Nessuno.Con
lo stelo lucente come l’anima
con lo stame ebbro di cielo,
la corona imporporata
dalla parola, che cantammo
sopra, oh al di sopra
della spina.
Paul Celan
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1 allegato(i)
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Enigma di William Heyen
Enigma
Da Bergen una cassa di denti d’oro,
Da Dachau una montagna di scarpe
Da Auschwitz una lampada in pelle.
Chi ha ucciso gli ebrei?
Non io, esclama la dattilografa,
Non io, esclama l’ingegnere,
Non io, esclama Adolf Eichmann,
Non io, esclama Albert Speer.
Il mio amico Fritz Nova ha perduto il padre,
un sottufficiale dovette scegliere.
Il mio amico Lou Abrahms ha perduto il fratello.
Chi ha ucciso gli ebrei?
David Nova ingoiò il gas,
Hyman Abrahms fu picchiato e ucciso dalla fame.
Certi firmavano le carte,
e certuni stavano di guardia,
e certi li spingevano dentro,
e certuni versavano i cristalli
e certi spargevano le ceneri,
e certuni lavavano le pareti,
e certi seminavano il grano,
e certuni colavano l’acciaio,
e certi sgomberavano i binari,
e certuni allevavano il bestiame.
Certi sentirono l’odore del fumo,
certuni ne udirono solo parlare.
Erano tedeschi? Erano nazisti?
Erano uomini?Chi ha ucciso gli ebrei?
Le stelle ricorderanno l’oro,
il sole ricorderà le scarpe,
la luna ricorderà la pelle.
Ma chi ha ucciso gli ebrei?
William Heyen
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1 allegato(i)
"Come nascono i lager?
Facendo finta di niente."
Primo Levi
Allegato 3990
Veduta aerea di una scena industriale
C’è un treno sulla rampa, scarica gente
che cade dai vagoni ed incespica verso il portone.
Le ombre dell’edificio si inclinano sul campo,
dietro ogni ombra una più lunga
e da quell’ombra sguscia un’ombra di fumo
nero come terra appena arata. Oltre il portone,
un piccolo giardino e qualcuno inginocchiato.
Sta forse tastando le gialle fioriture
per vedere quali hanno attecchito e quali avvizziranno,
avvinghiate a un pomodoro verde che cresce.
La gente fa resistenza ma è spinta a forza verso il portone aperto,
e quando entrerà vedrà il giardino
e qualcuno, egli stesso giardiniere, anelerà a
buttarsi in ginocchio, per districare rampicanti,
strappare erbacce, rinfrescarsi le mani nella terra umida.
Moriranno presto, questione di minuti.
Anche dalla nostra altezza, vediamo sulla fotografia
l’ombra dell’aereo che, scura e immensa, si stampa
su Birkenau, con un’ala nera che ombreggia il giardino.
Non possiamo dire quali sono le guardie e quali i prigionieri.
Siamo osservatori. Ma se avessimo delle bombe, le lanceremmo.
Andrew Hudgins
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1 allegato(i)
"Auschwitz è fuori di noi, ma è intorno a noi, è nell'aria. La peste si è spenta, ma l'infezione serpeggia: sarebbe sciocco negarlo.
I segni: il disconoscimento della solidarietà umana, l'indifferenza ottusa o cinica per il dolore altrui, l'abdicazione dell'intelletto o del senso morale davanti al principio d'autorità, e principalmente, alla radice di tutto, una marea di viltà, una viltà abissale, in maschera di virtù guerriera, di amor patrio e di fedeltà a un'idea."
Primo Levi
Allegato 3991
Dovrei, forse, provare rabbia.
Provo, invece, vergogna.
La vergogna di essere uomo.
Primo Levi
La Bbc ha realizzato con un drone delle riprese aeree del campo di concentramento di Auschwitz -Birkenau, in Polonia.
http://www.internazionale.it/video/2...opra-auschwitz
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Non omnis moriar, i miei possedimenti
Prati di tovaglie, roccaforti di armadi,
Distese di lenzuola, preziosa biancheria
E vesti, vesti chiare mi sopravviveranno.
Non lascio alcun erede, che la tua mano frughi
Tra le mie cose ebree, signora Chominowa,
Donna di Leopoli, prode moglie di una spia,
Lesta delatrice, madre di un Volksdeutcher.
Adesso sono tue, perché lasciarle a estranei.
Zuzanna Ginczanka, tra le più grandi poetesse polacche,
fucilata nel 1944 a Cracovia
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Cosa c’è nel museo di Auschwitz
ci sono scarpe abbastanza da calzarne i piedi
di una intera generazione
occhiali per vedere tutti i panorami d’Europa
valigie per milioni
di possibili ritorni a casa
tutti questi oggetti sono rimasti uguali a prima
il nome sulle etichette il fango secco sulle suole
solo una cosa è andata avanti
- non posso proprio chiamarlo vivere –
c’è una stanza intera piena di capelli
sono ingrigiti sul pavimento aspettando i giovani di allora
che nella vecchiaia
non li hanno mai raggiunti
Francesco Tomada