Io non mollo.
Sono al momento in cui riceve la lettera di Rita Cohen e adesso vediamo quanto ci mette a dare seguito alle parole contenute in essa. :roll:
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Io non mollo.
Sono al momento in cui riceve la lettera di Rita Cohen e adesso vediamo quanto ci mette a dare seguito alle parole contenute in essa. :roll:
Basta. Rinuncio. Vado a giocare a bocce. :mrgreen:
Ma sono certo che Sir Edmund Hillary era più soddisfatto di me quando è arrivato in cima, con la differenza che lui certi passaggi ostici non se li è potuti evitare mentre io, ad un certo punto, ho cominciato a defalcare diversi capoversi o intere pagine, pur di venire su questo thread a dire che ho finito.
Ironia a parte, forse sono io che non reggo un certo tipo di prosa, forse sono io che non riesco a cogliere i messaggi profondi sepolti sotto un profluvio di parole ben impilate, ma resta il fatto che considero quest'opera un grossissimo sforzo di rappresentare un'America che era e che non è più.E questo sforzo è certamente riuscito ma con la pecca (a mio modestissimo parere) di una amplissima ridondanza narrativa che scoraggia non poco chi legge.
A me di solito le epopee piacciono, ma questo libro è troppo prolisso, troppo! Si disperde talmente tanto che non ci si ricorda più da dove è partito, decine e decine di pagine che confondono il lettore e lo lasciano frastornato di parole
Per non parlar dei guanti :banghead:
In effetti l'aspetto dei guanti è ai limiti del mortifero, però posso capire che la minuziosa descrizione di un'ossessione serva a far comprendere al lettore come un uomo così preso dal suo ruolo professionale, possa trovarsi a dover affrontare il mondo che gli sta intorno senza essere in grado di comprenderlo (e subendo le amare conseguenze di questa mancanza) proprio perché così diverso e complesso rispetto a quella certezza lavorativa che deriva da pochi, ancorché importanti, riti dettagliati ripetuti all'infinito.