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A Roma c’è una bellezza oggettiva, sta nelle cose,nelle architetture,nella visibile stratificazione dei secoli.
E poi c’è una bellezza nascosta,talora invisibile.
Quest’ultima sosta nelle persone. Ci vuole una certa pazienza per scovarla e a volte non e’ sufficiente.
Allora vengono in soccorso la fantasia,l’immaginazione,l’invenzione.
La grande bellezza e’ la fatica di vivere che a Roma sembra cosi occulta,sdrucciolevole e insidiosa
Proprio perche’alle volte la vita qui appare per nulla faticosa.
Paolo Sorrentino da "La grande bellezza. Diario del film" .
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" Ho teso la mano guantata di bianco a mani grondanti di sangue e conversato amabilmente con uomini che avevano trucidato dei bambini.Mi sono fatta strada fra escrementi e sangue rappreso,e spesso ho pensato che l'equipaggiamento essenziale per una regina è un paio di stivaloni di gomma.Su richiesta dei miei vari governi sono stata costretta ad acconsentire,seppur passivamente,a decisioni a mio parere avventate e spesso ignobili.........io sono la Regina d'Inghilterra ,ma negli ultimi cinquant'anni me ne sono vergognata spesso"
La sovrana lettrice: Alan Bennett
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"Come aneliamo, come potete anche voi anelare un giorno, se quel giorno verrà, il ritorno a quel tempo prima che la storia ci rivendicasse, prima che le cose andassero male. Come si può rimpiangere persino una dorata sera di luglio quando le cose erano già andate male, ma non ancora così male come sarebbero andate"
"Magari fu visitata dal fantasma di Sarah Atkinson, la figlia del birraio di Gildsey, la quale, come dicevano le leggende locali, offriva la sua compagnia a coloro che dovevano continuare a vivere anche se la loro vita si era fermata"
Il paese dell'acqua - Graham Swift
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"A un tratto, una mattina, succede – gli atomi si spostano, con un miracolo la vita torna a quel che doveva essere. Succede all’interno del cuore, dove nessuno può vedere… Se la vita è un fiume, quella è la diga formata da rametti e detriti. Non può durare. Si spacca, ramo dopo ramo, e il movimento ricomincia perché deve. La vita si muove".
Lawrence Osborne da " Cacciatori nel buio"
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"Leggere era molto importante: esercitare e sviluppare in modo adeguato la propria mente era un dovere supremo"
Un incantevole aprile - Elizabeth Von Armin
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«Eravamo insofferenti nei confronti dei nostri simili, ma comunque bramosi d’affetto; la timidezza aveva tenuto sotto chiave qualunque impulso, ma poi il cuore era stato toccato. E quando il cuore fu toccato, per noi sembrò spalancarsi il paradiso e ci parve di possedere – sì, a entrambi – tutta la ricchezza dell’universo. Se fossimo stati diversi, saremmo sopravvissuti».
Mia cugina Rachele, Daphne Du Maurier
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"Così si sentiva umiliata e afflitta e piena di rimorsi, pur non sapendo precisamente neanche lei per cosa. Cominciava a desiderare la stima di lui, ora che non ci poteva più sperare: avrebbe voluto avere sue notizie, ora che non c’era più probabilità di averne. Ebbe la certezza che con lui sarebbe stata felice, ora che non era più probabile che si incontrassero.”
(Jane Austen, Orgoglio e Pregiudizio)
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“L’orgoglio è un difetto assai comune. Da tutto quello che ho letto, sono convinta che è assai frequente; che la natura umana vi è facilmente incline e che sono pochi quelli che tra noi non provano un certo compiacimento a proposito di qualche qualità – reale o immaginaria – che suppongono di possedere. Vanità e orgoglio sono ben diversi tra loro, anche se queste due parole vengono spesso usate nello stesso senso. Una persona può essere orgogliosa senza essere vana. L’orgoglio si riferisce soprattutto a quello che pensiamo di noi stessi; la vanità a ciò che vorremmo che gli altri pensassero di noi.”
(Jane Austen, Orgoglio e Pregiudizio)
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“Vi offro di nuovo il mio cuore che è ancor più vostro di quando lo spezzaste quasi otto anni e mezzo or sono. Non abbiate l’ardire di affermare che l’uomo dimentica più in fretta della donna, che il suo amore finisce prima. Non ho amato che voi. Ingiusto posso essere stato, debole e risentito lo sono certamente stato, ma incostante mai. Per voi soltanto sono tornato a Bath e senza di voi non posso immaginare il mio futuro.”
(Jane Austen, Persuasione)
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“E, per quanto non avesse alcuna ragione di supporre che i suoi occhi si posassero su di lei mentre parlava, Anne sentì che era assolutamente impossibile, conoscendolo come lo conosceva lei, immaginare che anche lui non ricordasse.”
(Jane Austen, Persuasione)
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«In ospedale, ti può sempre andare peggio. Qualsiasi cosa tu abbia. Se hai un tumore al rene, ti diranno che i reni sono due e l’altro sta bene; se ti hanno tolto la milza ti diranno che a un paziente, l’altro giorno, hanno tolto un polmone; se ti senti male, hai la nausea e non ti reggi in piedi, ti diranno che potevi essere in coma; se sei in coma, ti diranno che potevi essere morto; se sei morto, diranno che nel tuo Paese non c’è la guerra; se c’è la guerra nel tuo Paese, diranno che molti dei tuoi amici e famigliari ancora non sono stati bombardati; se hai un tumore al rene, ti senti male, nel tuo Paese c’è la guerra e amici e parenti sono stati uccisi, ti diranno che però oggi c’è il sole.»
La Linea verticale - Mattia Torre
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"Se nel mondo non c'è amore,faremo un altro mondo e lo circonderemo di mura massicce e lo arrederemo con interni rossi e soffici,e gli forniremo un battaglio che suoni come un diamante caduto nel feltro di un gioielliere in modo che non lo sentiamo mai .Amami,perchè l'amore non esiste e io ho provato tutto ciò che esiste."
Ogni cosa è illuminata : Jonathan Safran Foer
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Renzo, salito per un di que’ valichi sul terreno più elevato vide quella gran macchina del Duomo sola sul piano, come se, non di mezzo a una città ma sorgesse in un deserto; e si fermò su due piedi, dimenticando tutti i suoi guai, a contemplare anche da lontano quell’ottava meraviglia di cui aveva tanto sentito parlare fin da bambino.
(Alessandro Manzoni, I promessi sposi)
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Non ti ho mai fatto un complimento, Rachel, in vita mia.
L'amore fortunato può qualche volta adoperare un linguaggio lusinghiero, lo ammetto.
Ma l'amore senza speranza, carissima, dice sempre il vero.
La pietra di Luna - Wilkie Collins.
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"Quando ti incontravo, nelle serate in mezzo agli altri, mi sembrava di essere un compasso.
Mi sentivo inchiodata in un punto, con l’anima che ti seguiva ovunque tu andassi.
Tenendoti a distanza".
Stefania Rossotti da "Il giorno uno di noi due"
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"Macbeth è come una falena attratta inesorabilmente dalla luce del potere. E come una falena finirà per bruciarsi. Come tutte le falene, deve temere soprattutto se stesso"
"E se la morte fosse giunta in quel momento? Sarebbe di certo stata una fine insensata, ma non era così per tutti? Ci interrompono nel bel mezzo di una frase, e il racconto su di noi resta sospeso, senza un senso, senza una conclusione, senza un ultimo atto chiarificatore. Una breve eco dell’ultima parola, pronunciata per metà, e poi siamo dimenticati, dimenticati. Nemmeno la statua più gigantesca può fare la differenza. Il ricordo di chi sei stato, di chi sei stato veramente, sparisce più in fretta dei cerchi che si allargano nell’acqua. E qual era il significato di quella fugace comparsata bruscamente interrotta? Recitare al meglio delle proprie capacità, afferrare i piaceri e le gioie che la vita ha da offrire finché dura? Oppure lasciare un segno, cambiare la direzione delle cose, trasformare il mondo in un posto migliore prima di doverlo lasciare? O invece il senso era quello di riprodursi, di generare delle piccole creature più adatte a quel mondo, nella speranza che gli esseri umani diventino quei semidèi che immaginano di essere? Oppure forse non esiste alcun senso? Forse noi siamo solo delle frasi sconnesse in un eterno, caotico balbettio, con tutti che parlano e nessuno che ascolta, e dove la nostra peggior premonizione trova conferma: siamo soli. Completamente soli"
Macbeth - Jo Nesbo
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"Quando non riesco a dormire, come adesso, leggo leggo leggo, scrivo con la musica in sottofondo, apro la finestra se non fa freddo, spio nelle case degli altri, mando email a uno sconosciuto.
Sono le possibilità che ci fanno andare avanti."
Annarita Briganti - da "Quello che non sappiamo"
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In un’epoca di progresso puramente orizzontale, nella quale il gruppo umano appare sempre più simile a quella fila di cinesi condotti alla ghigliottina di cui si è detto nelle cronache della rivolta dei Boxers, il solo atteggiamento non frivolo appare quello del cinese che, nella fila, leggeva un libro.[…] Il cinese che legge, in ogni modo, mostra sapienza e amore alla vita[…]. Sta rispondendo in modo degno di onore alla ghigliottina in attesa.
Gli imperdonabili, pp.73/74
Con qualche arbitrio si potrebbe dire che chi non abbia mai avuto sopra di sé un sovrano – o sotto di sé un popolo – capace, per un salto d’umore, di fargli saltare la testa dal collo, raramente possederà l’autentico dono della sprezzatura: qualità psicologicamente legata al rischio, all’audaciae all’ironia, qualcosa di affine al gioco d’occhi altero e indifferente tra il domatore e il leopardo pronto a saltare: “saggezza temeraria, prudenza ardimentosa”. Sprezzatura è ritmo morale, è la musica diuna grazia interiore; è il tempo, vorrei dire, nel quale si manifesta la compiuta libertà di un destino, irriflessivamente misurata, tuttavia, su un’ascesi coperta. Due versi la racchiudono, come un astuccio l’anello:“Con lieve cuore, con lievi mani/la vita prendere, la vita lasciare …” […]Prima di ogni altra cosa sprezzatura è infatti una briosa, gentile, impenetrabilità all’altrui violenza e bassezza, un’accettazione impassibile – che a occhi non avvertiti può apparire callosità – di situazioni immodificabili che essa tranquillamente “statuisce come non esistenti” (e in tal modo ineffabilmente modifica), ma attenzione. Non la si conserva né trasmette a lungo se non sia fondata come un’entrata in religione, su un distacco quasi totale dai beni di questa terra, una costante disposizione a rinunziarvi se si posseggono, un’ovvia indifferenza alla morte, profonda riverenza per più alto che sé e per le forme impalpabili, ardimentose, indicibilmente preziose che quaggiù ne siano figura. La bellezza, innanzitutto, interiore prima che visibile, l’animo grande che ne è radice e l’umor lieto. Ciò significa, tra l’altro, capacità di volare incontro alla critica con impeto sorridente, con la graziosa enfasi dell’incuranza di sé[…].
Gli imperdonabili, pp. 99/100
Una vita pura è interamente ritmata da questa musica leggera e veemente, tutta oblio e sollecitudine, tutta sorriso e pietà. Un tempo il luogo geometrico, collettivo di tali ritmi ineffabili erano i riti, le liturgie. Nella più semplice delle antiche cerimonie vi era la grande allure della visione. Quell’eleganza di viva fiamma, quel dialogare serrato, rubato, rapito tra le potenze dell’anima e l’invisibile, quel cadere di pause interstellari – altra e più incalzante scrittura del Dio, che apriva nel blocco cieco del mondo mille punti di fuga verso il regno della bellezza soprannaturale: che è il regno degli specchi raddrizzati e dei ceppi caduti, dove prendere e lasciare sono una sola estasi.
Gli imperdonabili, p. 111
Cristina Campo
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“Spezzati quegli specchi, poteva l’uomo non rimanere privo di volto? Non serve ricordare fino a che punto una folla moderna atterrisca per la totale cancellazione, nel numero, del volto umano e di quelle pure, laceranti figure che i volti umani sanno talvolta comporre. Il volto collettivo è un impossibile e i destini si annullano nelle agghiaccianti tipologie immaginarie che solo ricordare contamina: l’uomo a cui tutte le mura della metropoli gridano quale musica dovrà amare, cosa desiderare, donna sognare, propongono senza tregua la folla babelica dei destini vicari, l’attrice che ha bevuto il veleno, il campione morto in un incidente.”
Il flauto e il tappeto, p.117
Cristina Campo
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Amare significa stare con. Significa emergere da un mondo di fantasia in un modo in cui è possibile un amore sostenibile a faccia a faccia, un amore fatto di devozione. Amore significa restare quando ogni cellula dice: scappa! Poi si ritroveranno entrambi rafforzati, chiamati a una più profonda comprensione dei due mondi in cui vivono, uno terreno, l’altro dello spirito.
Donne che corrono coi lupi – Clarissa Pinkola Estés
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Andate e lasciate che le storie, ovvero la vita, vi accadano, e lavorate queste storie dalla vostra vita, riversateci sopra il vostro sangue e le vostre lacrime e il vostro riso finché non fioriranno, finché non fiorirete.
Donne che corrono coi lupi – Clarissa Pinkola Estés
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Ci siamo lasciate crescere i capelli e li abbiamo usati per nascondere i sentimenti.
Donne che corrono coi lupi – Clarissa Pinkola Estés
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Ringrazio, infine, l’odore dello sporco buono, il suono dell’acqua libera, gli spiriti della natura che accorrono sulla strada per vedere chi passa. Tutte le donne che sono vissute prima di me e hanno reso il sentiero un po’ più aperto e un po’ più facile.
Donne che corrono coi lupi – Clarissa Pinkola Estés
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Ovunque e sempre l’ombra che ci trotterella dietro va a quattro zampe.
Donne che corrono coi lupi – Clarissa Pinkola Estés
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Riparare l’istinto ferito, bandire l’ingenuità, apprendere gli aspetti più profondi della psiche e dell’anima, trattenere quel che abbiamo appreso, non volgerci altrove, proclamare a gran voce che cosa vogliamo… tutto ciò richiede una resistenza sconfinata e mistica.
Donne che corrono coi lupi – Clarissa Pinkola Estés
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In tempi duri dobbiamo avere sogni duri, sogni reali, quelli che, se ci daremo da fare, si avvereranno.
Donne che corrono coi lupi – Clarissa Pinkola Estés
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I territori spirituali della Donna Selvaggia, nel corso della storia, sono stati spogliati e bruciati, i cicli naturali costretti a diventare innaturali per compiacere gli altri.
Donne che corrono coi lupi – Clarissa Pinkola Estés
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Alle sedie e ai tavoli preferivo la terra, gli alberi e le caverne, perché là sentivo di potermi appoggiare alla guancia di Dio.
Donne che corrono coi lupi – Clarissa Pinkola Estés
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Ho avuto la fortuna di crescere nella Natura. Dai fulmini seppi della subitaneità della morte e dell’evanescenza della vita. Le figliate dei topolini mostravano che la morte era raddolcita da una nuova vita. Una lupa uccise un suo cucciolo ferito a morte; insegnò la compassione dura, e la necessità di permettere alla morte di andare al morente. I bruchi pelosi che cadevano da gl’alberi e faticosamente risalivano m’insegnarono la determinazione. Dal loro solletico, quando mi passeggiavano sul braccio, imparai come la pelle può risvegliarsi e sentirsi viva.
Donne che corrono coi lupi – Clarissa Pinkola Estés
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La lingua della narrazione e della poesia è formidabile sorella del linguaggio dei sogni.
Donne che corrono coi lupi – Clarissa Pinkola Estés
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Tutte le creature della terra tornano a casa. Abbiamo creato rifugi naturali per ibis, pellicani, aironi, lupi, gru, cervi, topi, alci e orsi, e stranamente non per noi stessi nei luoghi in cui viviamo giorno dopo giorno.
Donne che corrono coi lupi – Clarissa Pinkola Estés
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Tutte entriamo nel mondo per danzare.
Donne che corrono coi lupi – Clarissa Pinkola Estés
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La donna selvaggia è nel contempo amica e madre di coloro che hanno perso la strada, si sono sperdute, di tutte coloro che hanno bisogno di sapere, di tutte coloro che hanno un enigma da risolvere, di tutte coloro che vagano e cercano nella foresta o nel deserto.
Donne che corrono coi lupi – Clarissa Pinkola Estés
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La Donna Selvaggia, intesa come forza psichica potente, istintuale e creatrice, lupa ferina e al contempo materna, ma soffocata da paure, insicurezze e stereotipi è la straordinaria intuizione che ha fondato una psicanalisi del femminile. E ha cambiato la vita di moltissime persone.
Donne che corrono coi lupi – Clarissa Pinkola Estés
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La donna selvaggia porta tutto ciò di cui una donna ha bisogno per essere e sapere.
Porta il medicamento per tutto. Porta storie e sogni e parole e canzoni e segni e simboli.
Riunirsi alla natura selvaggia significa fissare il territorio, trovare il proprio branco, stare con sicurezza e orgoglio nel proprio corpo, parlare e agire per proprio conto, in prima persona, rifarsi ai poteri femminili innati dell’intuito e della percezione, riprendere i propri cicli.
La donna selvaggia è intuito, veggenza, colei che sa ascoltare. Lei è idee, sentimenti, impulsi, memoria. E’ colei da cui andiamo a casa. E’ quello che ci fa andare avanti quando pensiamo di essere finite. Lascia impronte ovunque ci sia una donna che è terreno fertile. Vive in un mondo lontano che a forza si apre un varco verso il nostro mondo.
Donne che corrono coi lupi – Clarissa Pinkola Estés
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Contribuisco anche io.....
In ogni donna si nasconde un essere "naturale" e selvaggio
una forza potentissima, formata da istinti, creatività passionale
e un sapere ancestrale. Il suo nome è "Donna Selvaggia"
ma, purtroppo identifica una specie gravemente minacciata.
Benchè la sua presenza sia innata, secoli di cultura e civiltà
l' hanno soffocata, domata, talvolta annullata, cercando
pervicacemente di rintuzzare gli slanci più pericolosi e incatenandola
in uno sterotipo piuttosto rigido di sottomissione.
In questo modo si è sciupato un tesoro inestimabile e si sono tarpate
le ali a ciò che invece è quanto di più vitale esista nell' animo
femminile.
Donne che corrono coi lupi – Clarissa Pinkola Estés
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Vassene il tempo e l'uom non se n'avvede
La divina commedia - Dante Alighieri
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Tu non sai cosa voglia dire per una donna non essere bella. Per noi la bellezza è tutto. Non vivendo che per essere amate, e non potendolo essere che alla condizione di essere avvenenti, l’esistenza di una donna brutta diventa la piú terribile, la piú angosciosa di tutte le torture. Nella vita dell’uomo non vi è miseria paragonabile a questa. L’uomo, ancorché deforme, ancorché non amato, ha mille divagazioni, ha mille compensi; la società gli è indulgente; non potendo mirare all’amore, egli mira all’ambizione; ha uno scopo; ma la donna non può mai uscire dalla via che le hanno tracciato il suo cuore e la sua vanità, non può tendere ad altro fine che a quello di piacere e di essere amata. Non vi è che la maternità che possa compensarla qualche volta della privazione dell’amore, ma questa ne è il frutto, ed è spesso negata alla bruttezza.
(Fosca - Tarchetti)
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In greco, «ritorno» si dice nóstos. Álgos significa «sofferenza».
La nostalgia è dunque la sofferenza provocata dal desiderio inappagato di ritornare.
L’ignoranza, Milan Kundera
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"Danzano con tanto languore, le donne di Siria! Ho conosciuto un'ebrea di Gerusalemme che in una bettola, nell'avara luce di una lucerna fumosa, su un logoro tappeto, danzava levando le braccia e agitandole a far suonare i cimbali.
Le reni inarcate, la testa rovesciata e come tirata dal peso della sua folta chioma rossa, gli occhi annegati di voluttà, ardente e languente, flessuosa, avrebbe fatto impallidire d'invidia Cleopatra.
Amavo le sue danze barbare, il suo canto un po' rauco e insieme dolce, il suo odore d'incenso, il suo vivere trasognato.
Mi confondevo alla vile ciurmaglia dei soldati, dei saltimbanchi e dei pubblicani da cui era circondata.
Un giorno disparve, e non la rividi più. La cercai lungamente nei vicoli malfamati e nelle taverne.
Era più difficile fare a meno di lei che del vino greco. Qualche mese dopo che l'avevo perduta, seppi, per caso, che si era unita a un piccolo gruppo di uomini e di donne che seguivano un giovane taumaturgo della Galilea.
Si faceva chiamare Gesù il Nazareno, e fu crocifisso non ricordo più per quale delitto. Ponzio, ti ricordi di quest'uomo?".
Ponzio Pilato aggrottò le sopracciglia, si portò la mano alla fronte come chi vuol trovare un ricordo. Poi, dopo qualche istante di silenzio:
"Gesù?" mormorò "Gesù il Nazareno? No, non ricordo".
Da "Il procuratore della Giudea" - Anatole France