Parentesi: storia di un nome
Ovvero: come fu che Secondino Tranquilli divenne Ignazio Silone.
Ancora una volta ce lo raccontano le parole della moglie Darina:
“Il 2 maggio 1900 suo padre, Paolo Tranquilli, andò al Comune del suo paese nativo per denunziare la nascita, avvenuta il giorno prima, del terzogenito. (C’erano già un fratello, che morì più tardi, all’età di quattordici anni, in seguito ad un incidente, ed una sorella che visse solo pochi mesi.)
Il padre, di sentimenti spiccatamente repubblicani, voleva dare a questo figlio il nome di Mameli o Cairoli, ma il sindaco gli obiettò che ciò non era possibile, Mameli e Cairoli non essendo nomi di santi. Paolo Tranquilli fu preso dalla collera e disse al sindaco (un suo amico): <<Se non posso chiamare mio figlio come voglio io, allora mettigli il nome tuo>>. Il nome del sindaco era Severino Musilli. Ma il segretario comunale, un tipo estroso che alcuni abitanti del paese ancora ricordano, si intromise esclamando: <<No, no, mettetegli il nome mio, mettetegli il nome mio!>>. E subito lo trascrisse nel registro delle nascite.
Il segretario si chiamava Secondino e questo fu il nome imposto al futuro Ignazio Silone.
(Più tardi, nel periodo della politica clandestina, dovette cambiare continuamente nome, e l’ultimo di questi pseudonimi gli rimase, legalizzato, come scrittore.)
Sarebbe stato poco importante il fatto un po’ ridicolo che non era il secondo figlio bensì il terzo; ma quando cominciò a crescere, andare a scuola, fare i primi passi nella politica, quale cruccio dev’essere stato per lui portare un nome (con il quale tutti lo chiamavano) che significava ‘guardia carceraria’, mentre se non fosse stato per il capriccio del segretario comunale il suo nome sarebbe invece stato quello molto più dignitoso di Severino.”
La scelta dello pseudonimo 'Silone' aveva dunque preceduto la sua attività letteraria. Se n’era servito la prima volta nel 1923, mentre si trovava nel carcere di Barcellona: con quel nome firmava gli articoli che gli riusciva di far pervenire al settimanale La batalla, ispirato da Andrés Nin (che nel 1936 doveva essere assassinato dagli staliniani).
Il nome Silone gli era stato suggerito da due motivi: esso ricordava il capo della resistenza dei Marsi, Poppedius Silo, nella guerra contro Roma, ed era quindi simbolo di autonomia; inoltre, per una illazione forse un po’ forzata, poteva significare simpatia per l’opposizione catalana contro Madrid, in armonia quindi con gli articoli che apparivano su La batalla.
Quando, nel 1933, quello pseudonimo venne riesumato per uso letterario, fu accompagnato col nome Ignazio, come lo stesso Silone ha spiegato, “al fine di battezzare il cognome pagano”.