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Visualizza la versione completa : Letteratura greco-antica



Sir Galahad
04-June-2012, 22:07
Il forum brulica di apporti classici, è bello tutto ciò.
Gli apporti sono spontanei, senza alcun riferimento ad una trama storica: e ciò, se da un lato è apprezzabile perchè mette il lettore a diretto contatto con stralci delle migliori opere, dall'altro lato pecca di sistematicità.
Vorrei, allora, iniziare a scrivere qualcosa di sistematico sulla Letteratura greco-antica: l'intelaiatura storica necessaria, i riferimenti sociali, politici e umani, completati da una breve antologia .
Spero di riuscire nel mio duplice intento: far apprezzare la letteratura greco-antica e fornire (a chi non li ha) gli strumenti necessari per sistemare storicamente autori ed opere.

Sir

silvia77
04-June-2012, 23:14
Evvai Sir. E vedi di scrivere cose giuste perché non ho voglia di rimandarti a settembre, eh...:mrgreen:

Sir Galahad
05-June-2012, 18:57
Evvai Sir. E vedi di scrivere cose giuste perché non ho voglia di rimandarti a settembre, eh...:mrgreen:
Ahhhhhh, finalmente ti ho fatto uscire allo scoperto, Silvietta ;).
Va bene, profe, scriverò qualche bischerata, ma lei sia buona con me, però :lol:.
Bacioni, Carlo (il peggiore della classe :roll:)

Sir Galahad
06-June-2012, 19:53
La periodizzazione della Letteratura greco-antica, peraltro tradizionale, vede lo svolgersi di quattro epoche letterarie o età:

L'età arcaica, dalle origini al VI secolo a.C
L'età classica, che è compresa tra il IV e il V secolo a.C.
L'età ellenistica, dal III al I secolo a.C.
L'età imperiale o greco-romana, dal tramonto dell'età ellenistica al VI secolo d.C.

Questa "divisione" ha dell'artificioso, è vero, ma si presta bene ad un primo approccio alla materia.

silvia77
12-June-2012, 23:21
...allora Sir?! Sono qui che aspetto con penna rossa in mano!

Sir Galahad
13-June-2012, 20:08
Che ne dici, Silvietta, di darmi il "la" ? Tu incomincia e poi andiamo avanti insieme ( però, ubi major minor cessat... Tu hai diritto di censura)

silvia77
15-June-2012, 16:21
Sir, a dire la verità io vengo qui per rilassarmi, non per lavorare ancora...dai, tu scrivi e io intervengo!

Sir Galahad
17-June-2012, 22:06
Sir, dai, tu scrivi e io intervengo!

Shankaracharya, un capo induista, dice: “Siediti sul bordo del mare e prendi una goccia d'acqua con un filo d'erba. Se avrai pazienza sufficiente e se troverai, vicino a te, un posto dove mettere l'acqua, col tempo riuscirai a svuotare l'oceano di tutto il suo contenuto”.


'Sto detto ti dice, Silvia, di avere pazienza.:roll:

Sir Galahad
08-November-2012, 12:18
ETA' ARCAICA

L'età arcaica, da molti chiamata "jonica" - per il fatto che molti rappresentanti del mondo culturale provenivano da questa zona geografica-, è strettamente collegata con un originale fattore socio-economico: in questa zona, che ho colorato in blu nella cartina allegata, si sviluppa un dinamico ceto mercantile che si metterà in contatto con tutte le popolazioni non solo del mar Egeo, ma del Mediterraneo (di sicuro quello orientale. coste meridionali dell'Italia, Sicilia): questo contatto, oltre a benefici economici, porta anche - e soprattutto - all'espandersi ed allo svilupparsi nella cultura latu sensu. Tale cultura tocca tutti i campi del sapere ed è facilitata dall'esperienza delle poleis, ossìa quelle che vengono chiamate città-stato. Le città-stato, è opportuno ricordarlo, non erano solo un concetto politico, come si sarebbe (e si è) portati a credere, ma concerne soprattutto la costruzione - sulla base di un'identità sociale - di gruppi autonomi, di aggregazioni di persone che erano accomunate da un vivere sociale comune, da esperienze comuni, da necessità comuni. In esse, come è stato rimarcato, ogni uomo è zoon politikon, ossìa un vivente che fa parte di una comunità più ampia, la poleis, che l'accoglie ed in cui esso opera.La poleis è origine del sapere, della conoscenza (gnosis): in particolare, della Filosofia, della Storiografia, della Poesia epica e della Favola.
"La Filosofia nasce grande" afferma giustamente Emanuele Severino (Storia della Filosofia, I^ vol.): ma anche le altre forme espressive coltivano quella sapienza e le forme espressive che daranno origine al "miracolo greco" che informerà tutto il sapere occidentale ed ancora oggi è fonte di espressività, cultura, conoscenza e Sapienza

Sir Galahad
08-November-2012, 13:15
La poesia epica

1248

La parola "epica" trae da epos, plur.: épe. Con essa si vogliono indicare le "parole", i "racconti" di gesta eroiche, militari, e che disegnano il nascere e il proseguire dell'Ellade. Tali racconti erano tenute in gran conto nella poleis perchè erano la base, il substrato su cui si forgiavano le nuove leve militari e i giovani.
Il contenuto era storico, mitologico, cosmo-teogonico, ed era affidato agli aedi o rapsodi. I rapsodi solevano accompagnare le composizioni poetiche (esametriche) con canti e musiche. Alcuni, però, danno un'origine diversa della parola: per essi, rapsodo deriverebbe dalle parole: pantein e oidas, parole che facevano riferimento all'opera raffazzonatrice di gente qualunque che campava il lunario recitando, accompagnandosi con la musica, le opere di Omero (cfr Luigi Ferreri: La questione omerica dal Cinquecento al Settecento)
Secondo Havelock, la poesia epica è portatrice di un enciclopedismo tribale. Sicuramente è un libro di memorie con vari scopi, non ultimo quello didattico.
La scena visualizzata nell'epos è quella tipica della vita greca: scene di guerra e di duelli, amicizia, forti sentimenti, banchetti.
Il linguaggio è quello della comunità, tradizionale.
La sintassi è basata su formule paratattiche ( cioè frasi coordinate tra di loro, e non subordinate).
Alcune importanti opere epiche sono:
Iliade ed Odissea, di Omero
Poemi sugli dei: Teogonie, Titanomachie, Gigantomachie.
Poemi sulla storia di città e di eroi greci: Danaide, Tebaide, Canti corinzi, Eracleidi, Teseidi.
Questo schema vuole solo avere lo scopo di una prima indicazione di massima. Via via, seguirà l'esposizione e la critica di ogni singolo autore e delle massime opere.

Le opere di carattere epico menzionate sono anche espresse come Cicli: la parola rimanda a espressioni circolari, che partono da una data espressione storica, si sviluppano vicende mitiche correlate insieme ma messe insieme dalla particolarità di essere uniche, riferentesi ad un dato tema.

Sir Galahad
08-November-2012, 18:48
ILIADE di Omero

1249

(Il duello tra Achille ed Ettore)

Sinossi:
Il principe troiano Paride, rapì Elena, moglie del re spartano Menelao. Si mobilitò così tutta la Grecia Achea per vendicare l'offesa compiuta da Paride. Dopo nove anni di assedio Agamennone, capo dell'armata achea e fratello di Menelao, si rifiutò di restituire a Crise, sacerdote di Apollo, la figlia Criseide, che egli ottenne come preda di guerra. Il dio colpisce con una pestilenza il campo dei Greci e Agamennone è costretto a restituire Criseide. Per compensarsi della perdita sottrae ad Achille la sua schiava Briseide. Achille, sdegnato, ritenendo d'avere ricevuto un affronto, decide di non combattere più a fianco degli Achei, che senza di lui subiscono gravi perdite. Patroclo, amico di Achille, decide di scendere in campo con le sue armi ma viene ucciso da Ettore, principe ereditario troiano e comandante in capo dell'esercito, che poi lo spoglia. Achille, riarmato da Efesto (http://it.wikipedia.org/wiki/Efesto), torna a combattere per vendicare la morte dell'amico; trova lo scontro con Ettore che uccide in duello, infierendo sul suo corpo e confiscando il cadavere. Il re (http://it.wikipedia.org/wiki/Re) dei troiani Priamo giunge nel campo dei Greci a chiedere la restituzione di Ettore; Achille fa dunque una pace personale con Priamo, permettendogli di riscattare la salma del figlio. Il destino della città di Troia privo del suo eroe più forte è comunque ormai senza speranza.
(tratto da Wikipedia)

Incipit dell'opera (Invocazione alle Muse):

« Cantami, o diva, del Pelìde Achille
l'ira funesta che infiniti addusse
lutti agli Achei,molte anzi tempo all'Orco
generose travolse alme d'eroi,
e di cani e d'augelli orrido pasto
lor salme abbandonò (così di Giove
l'alto consiglio s'adempia), da quando
primamente disgiunse aspra contesa
il re de' prodi Atride e il divo Achille. »

Explicit (la tumulazione della salma di Ettore)

Ciò fatto, in cava buca
Le posero, e di spesse e grandi pietre
Un lastrico vi féro, e prestamente
Il tumulo elevâr. Le scolte intanto
Vigilavan dintorno, onde un ostile
Non irrompesse repentino assalto
Pria che fosse al suo fin l’opra pietosa.
Innalzato il sepolcro dipartîrsi
Tutti in grande frequenza, e nella vasta
Di Prïamo adunati eccelsa reggia
Funebre celebrâr lauto convito.
Questi furo gli estremi onor renduti
Al domatore di cavalli Ettorre.

(Traduzione di Vincenzo Monti)

Sir Galahad
08-November-2012, 19:22
Un'altra traduzione dell'Iliade (incipit) è questa, più aderente al testo originale di Omero:

Narrami, o Musa, dell’eroe multiforme, che tanto
vagò, dopo che distrusse la rocca sacra di Troia

Ed un'altra traduzione (sempre dell'incipit):

Canta, o dea, l'ira di Achille figlio di Pelèo,rovinosa, che mali infiniti procurò agli Achei
e molte anime forti di eroi sprofondò nell'Ade
e i loro corpi fece preda dei cani
e di tutti gli uccelli, si compiva il volere di Zeus
dal primo istante in cui una lite divise
l'Atride, signore dei popoli, ed Achille divino

(trad. it, Cerri)

Sir Galahad
08-November-2012, 20:52
L'Iliade, una dissertazione accademica sul testo e sulle scoperte archeologiche di Ilio ( Troia):


http://www.youtube.com/watch?v=KgFTW2wjG7Q&feature=related

Sir Galahad
08-November-2012, 20:53
Una rappresentazione teatrale del primo poema omerico:


http://www.youtube.com/watch?v=gN9mcIlbyro

Sir Galahad
09-November-2012, 09:23
L'Iliade è poema corale (i poemi corali erano accompagnati da musiche e danze) e gli avvenimenti descritti avvengono tutti alla fine della guerra di Ilio (Troia), per un periodo di circa cinquanta giorni. I temi omerici sono: gli eroi, la guierra, l'amicizia, gli dei, la società, la natura, l'amore, la giustizia, il valore del soldato.
La società nel tempo di Omero (caratteristica riferibile, quindi, anche all'Odissea) è strettamente di tipo guerriero, deistico, patriarcale, fortemente etico. L'etos si manifesta con l'onore innanzitutto, ma anche con il rispetto per i morti, con l'orgoglio di appartenenza , con l'amicizia, la pubblica stima, ma soprattuttcon il senso di approvazione degli altri e non con una riflessione personale sui propri comportamenti: tale ultima caratteristica è stata chiamata "civiltà della vergogna" (cfr E.R.Dodds, I Greci e l'Irrazionale). Per questo, il soldato (uomo-eroe) è alla ricerca continua della pubblica stima, della fama (kléos) da partye degli altri soldati, della donna che ama, della società in cui vive ed opera. La fama, però, è sottesa ad una caratteristica che il soldato-eroe deve dimostrare di possedere, e cioè il valore (areté)

Gli dei , a loro volta, sempre pregati e consultati, sono immortali, sì, ma antropomorfi; non sono onnipotenti e tutti devono sottostare al volere del Fato.

Sir Galahad
09-November-2012, 11:46
ODISSEA di Omero

1253

(Ulisse e Polifemo; cratera ellenica)

Narra le vicende del ritorno in patria di Ulisse (Odisseo), in un lasso di tempo che dura dieci anni.





Proemio:

Musa, quell’uom di moltiforme ingegno
Dimmi, che molto errò, poich’ebbe a terra
Gittate d’Iliòn le sacre torri;
Che città vide molte, e delle genti
L’indol conobbe; che sovr’esso il mare
Molti dentro del cor sofferse affanni,
Mentre a guardar la cara vita intende,
E i suoi compagni a ricondur: ma indarno
Ricondur desiava i suoi compagni,
Che delle colpe lor tutti periro.
Stolti! che osaro vïolare i sacri
Al Sole Iperïon candidi buoi
Con empio dente, ed irritaro il Nume,
Che del ritorno il dì lor non addusse.
Deh parte almen di sì ammirande cose
Narra anco a noi, di Giove figlia, e Diva.



Explicit:

Ulisse
Con un urlo, che andò sino alle stelle,
Inseguia ratto i fuggitivi, a guisa
D’aquila tra le nubi altovolante.
Se non che Giove il fulmine contorse;
E alla Sguardoazzurrina innanzi ai piedi
Cascò l’eterea fiamma. O generoso,
Così la Diva, di Laerte figlio,
Contienti, e frena il desiderio ardente
Della guerra, che a tutti è sempre grave,
Non contro a te di troppa ira s’accenda
L’ampioveggente di Saturno prole.
Obbedì Ulisse, e s’allegrò nell’alma.
Ma eterno poi tra le due parti accordo La figlia strinse dell’Egïoco Giove,
Che a Mentore nel corpo, e nella voce
Rassomigliava, la gran Dea d’Atene.

Sir Galahad
09-November-2012, 11:53
Odissea, poema policentrico

La vocazione narrativa dell’Odissea è evidente fin dal celerrimo incipit:

Narrami, o Musa, dell’eroe multiforme, che tanto
vagò, dopo che distrusse la rocca sacra di Troia

Odissea, poema di Ulisse. Ma anche di Penelope. E della guerra, di bottìni, di mare aperto, di tempeste, di terre sconosciute, di mostri, di filtri ammalianti, di regge, di sirene.
Tutto immerso nell'ombra, nel fluttuante, nell'incerto che alletta e tradisce.
1250
E poi, l'acquisto della conoscenza. La mente che si apre a nuove scoperte, a nuovi lidi.
Ma quale il fine ultimo di Odisseo? Una piccola isola, Itaca, sperduta nell'Egeo. E qui, una casa, una moglie, un figlio.
Qui, è la stanchezza che si placa, i dolori si ammansiscono.
È questo, in verità, l'approdo di Odisseo.

Sir Galahad
09-November-2012, 13:36
Ma chi era, poi, Odisseo?

Col passar dei secoli, con lo scorrere delle letture, Ulisse è diventato simbolo dell'ardimento, della sete di conoscenza, dell'insaziabilità dell'ignoto. Per ciò, spregia il quieto vivere, gli stretti vincoli, per sondare l'ignoto.
Ma Ulisse è, e rimane, un uomo. Grande, ma un uomo.Eroe, ma uomo. E di questo è ben consapevole: si fa legare all'albero della nave per ascoltare il canto delle sirene: vuole ascoltarle ma, conscio del suo essere uomo con tutte le finitudini, si fa legare. <essendo un uomo, non potrebbe resistere al canto.

1252

Faenza:Palazzo Milzetti, Sala di Numa Pompilio: Ulisse e Penelope si avviano al talamo (tempera al centro del soffitto).



Ma è anche uomo con le migliori qualità degli umani: è devoto ai compagni, è devoto alla patria, è generoso con gli amici, non sa resistere al fascino dell'abbraccio di bianche braccia.
Arrivato - dopo venti anni - dalla fedele Penelope, il dialogo tra i due sposi riprende.
Finchè il mare porta una soave morte.

Sir Galahad
11-November-2012, 14:54
ESIODO (VIII-VII sec.a.C.)

Il mondo greco antico subì (e visse) fortemente l'opera di Omero: le sue opere avevano carattere andragogico, pedagogico, riferimento ideale e pratico per le popolazioni elladiche, per i soldati, per i rapporti interpersonali. Erano, come si diceva, parte della paideia, ossìa un insieme di comportamenti, di leggi non scritte ai quali ogni cittadino si atteneva.
Con Omero, però, va ricordato anche Esiodo: infatti le opere di questo letterato fanno parte del patrimonio ideale tradizionale, la paideia.
Nacque, Esiodo, in Beozia: i suoi genitori erano latifondisti, proprietari terrieri.

Il giovane Esiodo venne ben presto a conoscenza delle gesta eroiche narrate dagli aedi ed anche della poesia epica, forse dagli Omerici giunti in Boezia; egli decise di usare il loro stesso metro poetico , l’esametro, per cantare, però, ergomenti diversi da quelli che era ormai abituato ad ascoltare: ossìa, la dura e tenace attività quotidiana con la quale gli uomini alla terra i mezzi per sopravvivere e l’insieme delle credenze religiose che rispettava e aveva imparato a conoscere da varie fonti. Nacquero così le Opere e i Giorni e la Teogonia
1261

Sir Galahad
11-November-2012, 15:35
Dalla Teogonia: Le Moire

Le cupe Moire
1262

L'Olimpo contempla, tra gli altri dei minori, le tre Moire bianco-vestite. Esse sono Cloto, Lachesi ed Atropo.
Cloto è la più piccola, ma è anche la più terribile.
Il filo della vita di ogni uomo è filato dal fuso di Cloto, misurato da Lachesi e reciso - con le forbici - da Atropo. Atropo, quindi, uccide gli uomini; anche se Zeus può cambiare tutto ciò.
Dicevano gli antichi che l'uomo può influire il proprio destino con una corretta prudenza nel condurre la propria vita. Si racconta che alcuni dei ridano delle Moire, dicendo che Apollo riuscisse, un giorno, ad ubriacare le tremende della vita personale, per salvare la vita del proprio amico Admeto.
Così si espresse Esiodo nella sua Teogonia:

« Notte poi partorì l'odioso Moros e Ker nera
e Thanatos generò il Sonno, generò la stirpe dei Sogni;
non giacendo con alcuno li generò la dea Notte oscura;
e le Esperidi che, al di là dell'inclito Oceano, dei pomi
aurei e belli hanno cura e degli alberi che il frutto ne portano;
e le Moire e le Kere generò spietate nel dar le pene:
Cloto e Lachesi e Atropo, che ai mortali
quando son nati danno da avere il bene e il male,
che di uomini e dei i delitti perseguono;
nè mai le dee cessano dalla terribile ira
prima d'aver inflitto terribile pena, a chiunque abbia peccato. »
(Teogonia di Esiodo, vv. 211-222)

[Dirà Dante, moltissimo tempo dopo Esiodo:

«Ma perchè lei che di notte fila,
non gli aveva tratta ancora la canocchia,
che Cloto impone a ciascuno e compila..'»

(Divina Commedia, Purgatorio, Canto XXI, 25-27)]

A Delfi, tuttavia, si onorano solo due Moire, non considerando Lachesi,ma pensando a Cloto ed Atropo come uniche reggitrici della vita umana. Ad esse si aggiungeva Afrosite Urania (la maggiore delle Moire) ; Urania significa "regina delle montagne".

Lachesi , quindi non menzionata, a Delfi. Che, forse, fin da allora l'uomo pretendesse di esser padrone della lunghezza della propria esistenza ? Ipotesi maliziosa, come malizioso è sempre stato l'umano agire.

Sir Galahad
11-November-2012, 16:48
È, la Teogonia (Θεογονία), un poema in 1022 versi che pare però sospeso, incompiuto Esiodo, canta all'inizio l'origine dell'Universo, poi descrive le generazioni degli dèi corrispondenti ai tre periodi della storia del mondo: ossìa, Urano, Crono e Zeus . Esiodo si servì, per la sua composizione, della poesia epica di Omero, di inni, di racconti sacri, e forse di cosmogonie e teogonie più antiche.
Per l'invenzione e la descrizione della materia trattata, Esiodo propone quindi una dettagliata genealogia divina,così come gli eroi avranno una loro genealogia.


La Teogonia di Esiodo - cui Erodoto (II, 53) attribuisce, associandogli Omero, il merito di avere dato agli dei greci un nome, una sfera d'azione, una genealogia - vuole essere una sistemazione delle confuse e caotiche tradizioni anteriori, fatta allo scopo di dare agli dei, al disopra dei particolarismi locali, una coordinazione in armonia con lo sviluppo storico della Grecia. In essa infatti tutte le generazioni divine sboccano in quella di Zeus che detronizza Crono, vince la guerra contro i Titani, diviene definitivamente signore dell'Olimpo di cui sistema il pantheon, e inizia anche, accoppiandosi a donne mortali, la schiatta degli eroi.
(da Enciclopedia Treccani)




E ancora: Così il grande Esiodo descrive la nascita di Afrodite nella Teogonia:



"la notte venne il grande Cielo e desideroso d’amore s’attaccò a Terra, stendendosi dappertutto… il figlio allungò la mano sinistra, con la destra afferrò l’enorme lunga falce dai denti aguzzi e pronto segò via i genitali del padre suo e dietro li gettò, alla ventura… nel mare molto agitato e così andavano a lungo sul mare. Bianca schiuma uscì dalla carne immortale, e in essa crebbe una fanciulla; ella stette dapprima nella sacra Citera, e quindi andando via di là giunse a Cipro circondata da flutti; così venne fuori una Dea piena di grazia e di fascino ed attorno a lei cresceva l'erba sotto ai piedi ben fatti"

Sir Galahad
11-November-2012, 19:26
Proemio della Teogonia

Cominci il canto mio dalle Muse Elicònie, che sopra
l'eccelse d'Elicóna santissime vette han soggiorno,
e con i molli pie' d'intorno alla cerula fonte
danzano, intorno all'ara del figlio possente di Crono.
Esse, poiché nel Permesso lavate han le tenere membra,
o d'Ippocrène nell'acque, oppur del santissimo Olmèo,
intreccian d'Elicona sui vertici sommi, carole
agili, grazïose: ch'è grande virtú nei lor piedi.
Di qui balzando poi, nascoste entro veli di nebbie,
muovon di notte, attorno spargendo la morbida voce,
per esaltar nell'inno l'Egíoco Giove, e Giunone
la venerabile Dea, che muove con sandali d'oro,
e la figliuola di Giove signore dell'ègida, e Atèna
occhiazzurrina, e Apollo, e Artèmide vaga di frecce,
e Posidóne, il Dio che cinge, che scuote la terra,
e Teti veneranda, Ciprigna dagli occhi fulgenti,
Dióna bella, ed Ebe dall'aurea ghirlanda, Latona,
Giapèto, Crono acuto pensiero, ed Aurora e Selène
lucida, ed Elio grande, e Ocèano immenso, con Gea,
con Notte negra, e tutta la stirpe dei Numi immortali.
Quelle che il canto bello d'Esiodo ispirarono un giorno,
mentr'egli pasturava le greggi sul santo Elicona,
quelle medesime Dive narrarono a me ciò ch'io narro,
le Muse Olimpie, figlie di Giove, dell'ègida sire.

(Fonte: mitologia e dintorni)

Sir Galahad
11-November-2012, 19:41
Esiodo: Le opere e i giorni

Le opere e i giorni (in greco Erga kài Hemérai) è un poema didascalico della lunghezza di 828 esametri. Con essi, Esiodo sottolinea l'importanza, per l'uomo, del lavoro ; inoltre, nel poema si trovano consigli pratici per l'agricoltura e giorni del mese nel quale compiere determinate attività.
1264

Proemio

Muse di Pieria, che date la gloria coi canti,
Zeus qui ora cantate, al padre vostro inneggiando:
per opera sua gli uomini sono illustri e oscuri,
noti e ignoti, a piacimento di Zeus grande.
Facilmente egli dona la forza, facilmente abbatte chi è forte,
facilmente umilia chi è grande e l'umile esalta,
facilmente raddrizza chi è storto e dissecca chi è florido,
Zeus che tuona profondo ed abita le eccelse dimore.
Ascoltami, a me guardando e porgendo l'orecchio: con giustizia le sentenze raddrizza,
tu; io a Perse voglio alcune verità raccontare.

annaV
12-November-2012, 21:32
Grazie Sir per questi splendidi e colti post che arricchiscono e danno lustro al nostro forum

Sir Galahad
15-November-2012, 11:35
Grazie Sir per questi splendidi e colti post che arricchiscono e danno lustro al nostro forum
Ti ringrazio, Annamaria, ma quel che faccio è veramente poco. Ci sono altre persone, nel Forum, che hanno più voce in capitolo di me, sulla Letteratura Classica. Aspettiamoli, che ne dici?

Sir Galahad
15-November-2012, 11:45
La poesia lirica

1269

La lirica (lyrikè, poiesis) è la poesia cantata con l'accompagnamento della lira o dell'aulos (strumento simile al clarinetto). Con questo termine si designano autori, e sono molti, che si esprimono in questa forma artistica, anche se assume vari modi espressivi. Infatti avremo:

lirici giambici, che adoperano un "metro" poetico chiamato giambo, e che si accompagnano con l'arpa o lira
lirici elegiaci, che si esprimono col metro elegiaco, e si accompagnano con il già menzionato aulos.
lirici melici , in cui troviamo melici monodici: melos significa solo, senza accompagnamento, odè significa "io canto". Ma la poesia melica può anche essere corale (melica corale)
I critici alessandrini stabilirono, così, dei canoni (modalità espressive) per ogni autore, che prenderemo quindi in esame: poesia giambica, poesia elegiaca, poesia melica.

Resta da dire che alcuni di questi autori si espressero in più canoni.

Sir Galahad
15-November-2012, 12:02
La lirica giambica: Archiloco, Semonide, Ipponatte

La lingua che troviamo nella poesia giambica è quella epica. La poesia giambica è chiamata anche poesia che esprime l'invettiva, la maldicenza, la satira, i tratti osceni del vivere umano.
Questa poesia viene espressa nell'ambito delle eterie (gruppi chiusi, aristocratici, formati da soli uomini) e in particolare nei simposi, raduni di persone con le stesse affinità di pensiero, politico ed economico. Da esso trae il cosiddetto "spirito giambico" (iambikè idea).

Archiloco


Animo mio, pieno d’acerbe cure,
Or su risorgi ed allontana il duolo,


Spingendo innanzi il petto, alla dimora
De’ nemici appressandoti tranquillo.
Vincendo, gioia non mostrarne aperta,
Nè, vinto, in casa tua farne lamento,
Abbattuto: gioisci nelle liete
Vicende, e per le rie non aver doglia
Oltre misura: volgi in tuo pensiero
Qual vece abbia tra gli uomini fortuna.

(dai Frammenti)


Molto bevi e di vin puro:
Nessun scotto hai tu pagato.
Come amico, di sicuro
Niun qua dentro t’ha chiamato,
A impudenza ghiottornia
Guida, e il senno porta via.

(Dai Frammenti)

Rupert
15-November-2012, 12:47
Grazie Sir per questi splendidi e colti post che arricchiscono e danno lustro al nostro forum


Ti ringrazio, Annamaria, ma quel che faccio è veramente poco. Ci sono altre persone, nel Forum, che hanno più voce in capitolo di me, sulla Letteratura Classica. Aspettiamoli, che ne dici?
Sir

Colgo l'occasione per ringraziarti anch'io per questo tuo stupendo lavoro di divulgazione. Forse non sei del tutto consapevole di quanto sia apprezzabile e di quanto sia importante il lento ed instancabile lavoro di trascrizione e spiegazione che avviene nei post dei forum come il nostro. La tua mediazione permette l'accesso al mondo classico di giovani che non andrebbero mai a consultare spontaneamente.

Senza voler essere immodesto e con tutti i limiti immaginabili dell'analogia, credo veramente che il nostro impegno sia paragonabile a quello degli amanuensi che hanno tramandato la cultura greca e latina all'Occidente, superando la invasioni barbariche e l'oblio utilitaristico. Noi in qualche modo tramandiamo la nostra cultura all'era digitale... ognuno modestamente agendo nel suo piccolo.

Quindi ancora grazie!
E (credo) non solo a nome mio.

Sir Galahad
15-November-2012, 13:16
Colgo l'occasione per ringraziarti anch'io per questo tuo stupendo lavoro di divulgazione. Forse non sei del tutto consapevole di quanto sia apprezzabile e di quanto sia importante il lento ed instancabile lavoro di trascrizione e spiegazione che avviene nei post dei forum come il nostro. La tua mediazione permette l'accesso al mondo classico di giovani che non andrebbero mai a consultare spontaneamente.

Senza voler essere immodesto e con tutti i limiti immaginabili dell'analogia, credo veramente che il nostro impegno sia paragonabile a quello degli amanuensi che hanno tramandato la cultura greca e latina all'Occidente, superando la invasioni barbariche e l'oblio utilitaristico. Noi in qualche modo tramandiamo la nostra cultura all'era digitale... ognuno modestamente agendo nel suo piccolo.

Quindi ancora grazie!
E (credo) non solo a nome mio.

Carissimi Annamaria e Rupert, grazie e grazie ancora. Le vostre parole sono un balsamo che mi permettono ancora di andare avanti. Ringrazio tanto anche Silvia, che mi è di aiuto e mi dà preziosi consigli.
Sapete una cosa? Ero sul punto di mollare tutto. Volevo mollare perchè non trovavo corrispondenza in questo mio proporre le antiquae litterae. Voi mi date motivi più che sufficienti per continuare.
Grazie, amico Rupert. Tu sei insegnante, e come pochi potrai capire lo sforzo di dover trasmettere un pensiero, un'informazione. Sapevo di poter contare sulla nostra vecchia e ormai consolidata amicizia.

Carlo

Elvira Coot
15-November-2012, 16:31
Ciao Sir, io ti leggo! Non rispondo perchè non è la mia materia, ma ti leggo e ti apprezzo.

annaV
15-November-2012, 17:16
.
Grazie, amico Rupert. Tu sei insegnante,
Lo vedi che mi provochi? Anch'io sono insegnante!!!:evil: De français et donc de littérature française! Ma ora ahimé, insegno L'HACCP en français:shock::( Voglio morire!

Sir Galahad
15-November-2012, 17:50
Lo vedi che mi provochi? Anch'io sono insegnante!!!Voglio morire!
Ahahahahahah, Annamaria, è vero, ti ho provocato .... Il fatto è che volevo leggere ancora qualcosa di te
Bonne nuit, ma chère amie
Charles

Sir Galahad
15-November-2012, 17:52
Ciao Sir, io ti leggo! Non rispondo perchè non è la mia materia, ma ti leggo e ti apprezzo.

Grazie, Elvira! :)

Sir Galahad
15-November-2012, 18:00
Archiloco fu soldato mercenario. Si pensa che la sua vita debba essere stata piuttosto breve ; morì in servizio di guerra. Inventore del metro giambico, si guadagnò notorietà presso i contemporanei, e si pensa modello ispiratore per vari dell'epoca artisti: Orazio, Alceo, Saffo, Anacreonte. Le sue opere furono lette e studiate moltissimo e fu considerato da Quintiliano comesommo maestro di stile. Fu, però, criticato da Crizia e da Pindaro per il contenuto delle sue opere ( parlò malissimo di sé stesso) e per il modo di esprimersi ( utilizzando un linguaggio troppo aggressivo)

Cuore, mio cuore….

Cuore mio cuore, miscuglio d’insolubili guai,
torna a galla e a chi ti tratta male tieni testa,
sistemati nei covi dei nemici e non mollare.
Se vinci, in pubblico non gloriarti,
se perdi, in casa a piangere non ti isolare
Se va bene godi, se va male soffri, ma non troppo
Impara infine questa musica della vita

1270

(Archiloco)


Il lutto funesto Pericle nessuno dei cittadini nè la città biasimando godrà di banchetti. Tali uomini i flutti del mare risonante hanno ingoiato, e noi per il dolore abbiamo i polmoni gonfi. Tuttavia, gli dei contro le sciagure irreparabili hanno posto come rimedio la forza della sopportazione. Ora all'uno ora all'altro capita questo, mentre ora su di noi il male si volge, e lamentiamo una ferita che emette sangue, e di nuovo si scaglierà su altri. Ma forza, sopportate e tenete lontano il pianto proprio delle donne.

(Archiloco)

Su Archiloco suggerisco, tra l'altro (essendo in rete), questo studio:
https://docs.google.com/viewer?a=v&q=cache:2vAfBtJw2hMJ:www.loescher.it/mediaclassica/Greco/storia/Archiloco_stamp.pdf+&hl=it&gl=it&pid=bl&srcid=ADGEEShtyVecMWqE_Ji-9tfmgEc5-b_ER3sYCAU9FUYcQHvKdKui75dmlcJiQwqAKyFKQHQeJVsRju_ 5SvX7tltfI90cdPITYwYgtoNzRO4Tsj-4o3-uZsQCPXmJI7mvUKBfSqkP2yiM&sig=AHIEtbThz9JpUcAYIrQRFoON-X2OCdVmmQ

Sir Galahad
15-November-2012, 18:13
Semonide : Poeta giambico della seconda metà del sec. VII
Di lui ci sono giunti frammenti che contengono considerazioni pessimistiche sulla natura umana
Conosciutissima è la sua "Satira sopra le donne", ove dimostra una evidente misoginia . In esso, paragona, in maniera quasi sempre spregiativa, alcuni tipi di donne a animali o a elementi naturali (la donna ambiziosa alla cavalla, la donna operosa all'ape, la volubile al mare, ecc.).
Con quest'opera Semonide si inserisce a pieno titolo nell'aristocrazia del tempo e prende le distanze da esseri viventi che non ne facciano parte: ossìa donne, schiavi e uomini di basso ceto sociale.
Semonide - adoperando una lingua di chiara dizione omerica - prosegue nel solco metrico tracciato da Archiloco,ma se ne discosta per la minore tensione e violenza espressiva.


1271
(Statua marmorea raffigurante Semonide)


Per la sua indole pessimistica, Semonide fu apprezzato e, quindi, tradotto da Giacomo Leopardi:



VOLGARIZZAMENTO

DELLA SATIRA DI SIMONIDE SOPRA LE DONNE
Traduzione di Giacomo Leopardi



Giove la mente de le donne e l’indole
In principio formò di vario genere.
Fe’ tra l’altre una donna in su la tempera
Del ciacco; e le sue robe tra le polvere
Per casa, ruzzolando, si calpestano.
Mai non si lava nè ’l corpo nè l’abito,
Ma nel sozzume impingua e si rivoltola.
Formò da l’empia volpe un’altra femmina,
Che d’ogni cosa, o buona o mala o siasi,
Qual che tu vogli, è dotta; un modo un animo
Non serba; e parte ha buona e parte pessima.
Dal can ritrasse una donna maledica
Che vuol tutto vedere e tutto intendere.
Per ogni canto si raggira e specola,
Bajando s’anco non le occorre un’anima;
Nè per minacce che ’l marito adoperi,
Nè se d’un sasso la ritrova e cacciale
Di bocca i denti, nè per vezzi e placide
Parole e guise, nè d’alieni e d’ospiti

Sedendo in compagnia, non posa un attimo
Che sempre a vóto non digrigni e strepiti.
Fatta di terra un’altra donna diedero
Gli Eterni a l’uomo in costui pena e carico.
Null’altro intende fuorchè mangia e corcasi,
E ’l verno, o quando piove e ’l tempo è rigido,
Accosto al focolar tira la seggiola.
Dal mare un’altra donna ricavarono,
Talor gioconda, graziosa e facile
Tal che gli strani, a praticarla, esaltanla
Per la donna miglior che mai vedessero;
Talor come la cagna intorno a i cuccioli,
Infuria e schizza, a gli ospiti a i domestici,
A gli amici a i nemici aspra, salvatica,
E, non ch’altro, a mirarla, spaventevole.
Qual per appunto il mar, che piano e limpido
Spesso giace la state, e in cor ne godono
I naviganti; spesso ferve ed ulula
Fremendo. È l’ocean cosa mutabile
E di costei la naturale immagine.
Una donna dal ciuco e da la cenere
Suscitaro i Celesti, e la costringono
Forza, sproni e minacce a far suo debito.
Ben s’affatica e suda, ma per gli angoli
E sopra il focolar la mane e ’l vespero

Va rosecchiando, e la segreta venere
Con qualsivoglia accomunar non dubita.
Un gener disameno e rincrescevole,
Di bellezza, d’amor, di grazia povero,
Da la faina uscì. Giace nel talamo
Svogliatamente, e del marito ha stomaco:
Ma rubare i vicini e de le vittime
Spesso gode ingojar pria che s’immolino.
D’una cavalla zazzeruta e morbida
Nacque tenera donna, che de l’opere
Servili è schiva e l’affannare abomina.
Morir torrebbe innanzi ch’a la macina
Por mano, abburattar, trovare i bruscoli,
Sbrattar la casa. Non s’ardisce assistere
Al forno, per timor de la fuliggine.
Pur, com’è forza, del marito impacciasi.
Quattro e sei fiate il giorno si chiarifica
Da le brutture, si profuma e pettina
Sempre vezzosamente, e lungo e nitido
S’infiora il crine. Altrui vago spettacolo
Sarà certo costei, ma gran discapito
A chi la tien, se re non fosse o principe,
Di quei ch’hanno il talento a queste ciuffole.
Quella che da la scimmia i numi espressero
È la peste maggior de l’uman vivere.

Bruttissima, scriata, senza natiche
Né cóllo, ma confitto il capo a gli omeri:
Andando per la Terra, è gioco e favola
De’ cittadini. Oh quattro volte misero
Quel che si reca in braccio questo fulmine.
Quanti mai fur costumi e quante trappole,
Come la monna suol, di tutto è pratica;
E non le cal che rida chi vuol ridere.
Giovar non sa, ma questo solo ingegnasi
E tutte l’ore intentamente medita,
Qualche infinito danno ordire e tessere.
Ma la donna ch’a l’ape è somiglievole
Beato è chi l’ottien, che d’ogni biasimo
Sola è disciolta, e seco ride e prospera
La mortal vita. In carità reciproca,
Poi che bella e gentil prole crearono,
Ambo i consorti dolcemente invecchiano.
Splende fra tutte; e la circonda e seguita
Non so qual garbo; nè con l’altre è solita
Goder di novellari osceni e fetidi.
Questa, che de le donne è prima ed ottima,
I numi alcuna volta ci largiscono.
Ma tra noi l’altre tutte anco s’albergano,
Per divin fato, chè la donna è ’l massimo
Di tutti i mali che da Giove uscirono:

E quei n’ha peggio ch’altramente giudica.
Perchè, s’hai donna in casa, non ti credere
Nè sereno giammai nè lieto ed ilare
Tutto un giorno condur. Buon patto io reputo
Se puoi la fame da’ tuoi lari escludere,
Ospite rea, che gl’Immortali abborrono.
Se mai t’è data occasion di giubilo,
O che dal Ciel ti venga o pur da gli uomini,
Tanto adopra colei, che da contendere
Trova materia. Nè gli strani accogliere
Puoi volentier se alberghi questa vipera.
Più ch’ha titol di casta, e più t’insucida;
Chè men la guardi: ma si beffa e gongola
Del tuo caso il vicin; chè spesso incontraci
L’altrui dannar, la propria donna estollere.
Nè ci avveggiam che tutti una medesima
Sorte n’aggreva, e che la donna è ’l massimo
Di tutti i mali che da Giove uscirono.
Da Giove, il qual come infrangibil vincolo
Nel cinse al piè; tal che per donne a l’erebo
Molti ferendo e battagliando scesero.


(La traduzione della Satira è tratta da Wikisource)

annaV
15-November-2012, 19:34
Lo so che non ci crederai mai, ma ho letto le cinque pagine dello studio di Archiloco che suggerivi, visto che (confesso la mia ignoranza:oops:) non conoscevo questo autore. Mi è risultato simpatico, perchè la sua immagine di guerriero è molto più concreta e reale degli eroi , fantastici per carità, ma un po' stereotipati di Omero(che adoro però:mrgreen:)

Sir Galahad
21-November-2012, 13:23
La lirica elegiaca

Accanto alla lirica giambica troviamo, espressa in lingua jonica, la lirica elegiaca: si presenta con l'espressività e i temi delle dizione epica: così, troveremo trattati temi militari ma anche civili, filofosici ma anche etici, sentenziosi (gnomici) ma anche amorosi ed esistenziali.
Gli uditori formavano un consesso ampio, per esempio tutti i cittadini della polis.
Nelle letterature greca e latina l'elegia è componimento poetico in distici (ossìa esametro + pentametro) detti appunto elegiaci. In genera sono componimenti ispirati da un tono meditativo e malinconico, di compianto per uno stato d’infelicità.
Il termine 'eleghèion' é usato per la prima volta da Crizia (Atene, 460 – 403 a.C.Era uno dei 30 Tiranni) ed é connesso con il termine 'èleghos', ossìa lamento.
Molto probabile é anche la derivazione, invece, da ' èleghos' [doppio significato di questo termine] nel senso di flauto, ossìa lo strumento musicale con cui si soleva accompagnare la declamazione in pubblico di questi versi.
Qualcuno pensa derivi, onomatopeicamente, da "e e legein", ossìa: "dire ahi ahi". È, questa, un'interpretazione che troviamo in vari filologi.Poeta elegiaco fu Tirteo.
1288

( Tirteo; immagine tratta dal web)

I frammenti a noi giunti e i libri scritti da Tirteo comprendevano varie caratteristiche: "Eunomia" (Buon governo), una lunga elegia che esalta la costituzione spartana, esorta i cittadini mantenerla integra esortando il popolo alla concordia; "Embatèria", canti di marcia,i; "Hypotekai", esortazioni alla lotta e al valore in campo; "Politeia" (Costituzione), una lode dei valori civili e religiosi della costituzione di Licurgo.
La sua poesia è divenuta, quindi, emblema dell'areté (virtù, valore) e del kósmos (sistema ordinato della società ).

> Frammento dedicato alle virtù militari dei soldati ellenici:

Per un uomo valoroso è bello cadere morto
combattendo in prima fila per la patria;
abbandonare la propria città e i fertili campi
e vagare mendico, è di tutte la sorte più misera,
con la madre errando e con il vecchio padre,
con i figli piccoli e la moglie.
Sarà odioso alla gente presso cui giunge,
cedendo al bisogno e alla detestata povertà:
disonora la stirpe, smentisce il florido aspetto;
disprezzo e sventura lo seguono.
Se, così, dell'uomo randagio non vi è cura,
né rispetto, neppure in futuro per la sua stirpe,
con coraggio per questa terra combattiamo, e per i figli
andiamo a morire, senza più risparmiare la vita.

Sir Galahad
21-November-2012, 18:15
Mimnermo (http://ricciotoscano.blogspot.it/2009/05/mimnermo.html), poeta elegiaco


Mimnermo Colofonio (Μίμνερμος, Mímnermos; nacque a Colofone o Smirne, nel VII secolo a.C. – Morì nella prima metà del VI sec. a.C.) . Mimnermo Colofonio è stato un poeta elegiaco e cantore greco.

1292

CADUCHI FIORI


La vita, il piacer, cosa sono
senza Afrodite d'oro?
Meglio morir, quando non più cari avrò
il secreto amore, i graditi doni, il letto:
caduchi fiori di giovinezza
per gli uomini e le donne.
Quando giugnge la dolorosa
vecchiaia, che brutto
rende anche l'uomo bello,
sempre nel cuor l'opprimon
cattivi pensieri, né guardando
la luce del sol l'allieta,
ma è odioso ai fanciulli,
è disprezzato dalle donne:
un dio così penosa volle la vecchiaia

1307
.

Sir Galahad
21-November-2012, 18:23
1306

Mimnermo Colofonio, conosciuto ed apprezzato nella civiltà greca ed in quella romana, compose varie opere, giunte a noi come frammenti.
Il dialetto è quello jonico, omerico.

1291

(Le rovine Priene a Izmir, Smirne, città natale di Mimnermo; resti di colonie con capitelli jonici)

In questo Poeta è forte la tensione verso la partecipazione personale con la Natura: in esso, la natura partecipa alla fatuità della vita, con primavere fugaci, allegre e leggere, che però quanto prima presto sveleranno il disincanto della stagione più cruda, l'inverno e della morte che ben la rappresenta.
Durante la vecchiaia non è possibile se non qualche piccolo e inconsistente sollievo da essa ; si intravede, nella natura e nelle persone, solo disprezzo, bruttezza e odio, per una persona non più giovane e prossima alla morte…
Mimnermo invita, con molte sue opere, a vivere l'esperienza attuale in modo pieno, non confidando assolutamente sul tesoro che la vecchiaia può (essa sola) donare all'animo umano.


Questa elegia ha un antecedente poetico nel VI libro dell'Iliade, dove al termine di belliche imprese sotto le mura di Troia, Diomede si imbatte in Glauco, nipote di Bellerofonte e alleato dei Troiani, cui chiede di rivelare l'identità (vv. 145-149):

"Tidide possente, perchè mi chiedi la discendenza?
Quale delle foglie la stirpe,
tale anche quella degli uomini.
Le foglie, alcune il vento le getta per terra, altre la selva
fiorente genera, e sopraggiunge il tempo della primavera:
così una stirpe di uomini viene al mondo ed un'altra scompare."

(trad. it. di R. Calzecchi Onesti)

Sir Galahad
21-November-2012, 18:41
Mimnermo tradotto da Quasimodo:

1305

Al modo delle foglie che nel tempo
fiorito della primavera nascono
e ai raggi del sole rapide crescono,
noi simili a quelle per un attimo
abbiamo diletto del fiore dell'età
ignorando il bene e il male per dono dei Celesti.
Ma le nere dee ci stanno sempre al fianco,
l'una con il segno della grave vecchiaia
e l'altra della morte. Fulmineo
precipita il frutto di giovinezza,
come la luce d'un giorno sulla terra.
E quando il suo tempo è dileguato
è meglio la morte che la vita.

Traduzione di Salvatore Quasimodo

Sir Galahad
21-November-2012, 18:42
E questa è una traduzione di Achille Giulio Danesi, di Come le foglie (fine '800) [tratta da Wikipedia]. Si nota subito la pesantezza della descrizione e la retorica artificiosa, propria dell'eloquire ottocentesco.
Confrontiamolo con la traduzione del Quasimodo più libera da canoni retorici.

Siccome foglie nascono
Nella stagion fiorita,
Quando dal sole han vita,
Crescendo al suo splendor,
Tal godiam rapidissimo
Di giovinezza il fiore,
Nè il bene, nè il dolore,
Che dàn gli Dei, sappiam,
Ma nere ne circondano
Le Parche, e dànno a gara
Chi la vecchiezza amara
Chi della vita il fin.


Ahi! breve il frutto allietaci
Del fiore giovanile
Allo splendor simìle
Del fuggitivo sol.
Ma tosto dileguatasi
La dolce età, conviene
Meglio il morir! le pene
Piombano allora in cor.
E chi l’aver consumasi
D’inopia tra gli artigli,
Chi brama aver dei figli.
E senza figli muor.
Altri da morbo assiduo
Sen giace afflitto in core.
Gran copia di dolore
Giove sull’uom versò.


In questa (ed altre elegie) Mimnermo opera nei confronti della morale tradizionale arcaica, ( per esempio quella contenuta nell'epica omerica; e in Tirteo, con l'invito a morire da giovani per la patria ) una parenesi (ossìa una esortazione, un ammonimento) rovesciata, nel senso che per Mimnermo è sì bello morire in età giovanile, ma non per un nobile scopo , come potrebbe essere la difesa ad oltranza della patria, ma solo per un motivo personale e direi egoistico (o edonistico,meglio): cioè, perché dopo la giovinezza non c'è nulla di bello che possa rendere felice lo scorrere lento dei giorni nell'età senile.

Comunque, la posizione di Mimnermo sulla morte ( che sia, cioè preferibile ad una vita penosa presente) è tema costantemente nella letteratura greca, e che ritroviamo, per esempio, anche in Sofocle o Erodoto1298

Sir Galahad
21-November-2012, 19:45
Il contesto geografico e geo-politico nella Grecia del VII sec.a.C.

1294

Sir Galahad
22-November-2012, 12:09
Chiedo ai miei due (o tre) lettori: piace, a voi, la traduzione di Achille Giulio Danesi ? E, in caso positivo, perchè?
1308

kaipirissima
22-November-2012, 14:59
ok.
Achille Giulio Danesi a me piace perchè, anche nella stentorea - datata - limpidezza della parola, i concetti sono esposti con chiarezza.
quella del Monti invece non mi piaceva (la trovavo inutilmente decorativa e neppure tanto immediata)
quella di Quasimodo mi piace per la morbidezza malinconica delle parole.

Sir Galahad
22-November-2012, 17:17
Grazie, Kaipi.:)

1313

Sir Galahad
23-November-2012, 20:09
Callino di Efeso

Poeta elegiaco vissuto nella prima metà del sec.VII.Delle sue composizioni rimangono quattro frammenti, per complessivi venticinque versi.
La lingua è quella omerica, il dialetto jonico efesiaco.
I contenuti sono rivolti alla vita militare ed hanno un timbro parenetico, esortativo. I,fatti, egli esorta i concittadini della polis a combattere, difendere la Patria senza aver paura della morte. Callino ripropone, quindi, con forza, i valori etici dell'epica omerica.

In particolare, in Callino possiamo evidenziare la continuaità con l'epos omerico per:


Condivisione della visione etica
Uso del dialetto ionico omerico;
La continuità dell’argomento della guerra , in particolarela guerra di difesa di Efeso dai Cimmeri
La mancanza dell’io come nei poemi omerici; troviamo l'uso dela prima persona in Archiloco
La parenesi (esortazione) rivolta da Callino ai giovani efesini , come si ritrova nelle esortazioni di Ettore e dei capi greci alle loro milizie

1331



E fino a quando voi sì molli, o giovani
Giacenti inerti, un forte core avrete?
E quando del vicin, che intorno v’abita,
Arrossirete?
Dormir sperate in seno a pace placida
Or che la guerra tutto il mondo guasta?
Siavi chi pugni e infino a morte impavido
Avventi l’asta.
Bello e fonte d’onor per la sua patria,
Pe’ figli della sua giovin consorte
Pugnar: quando le Parche il filo tronchino,
Verrà la morte.
Orsù, diritto alla battaglia corrasi
Levando con la man l’asta guerriera:
Lo scudo copra il forte cor, si mescoli
La pugna fiera.
Inver la morte, se mai fato impongala,
Ad impedire nessun uomo vale,
Nè pur s’egli discenda di purissimo
Sangue immortale.
Chi fugge pugna ovver di dardi sonito
Lui spesso in casa la sua Parca insegue,
Nè di popolo poscia il desiderio
Giammai lo segue.
Ma dal valente, se mai morte colgalo,
Vive la brama desta in ogni core.

Ai semidei, mentre ancor vive, è simile
Egli in onore.
Innanzi agli occhi lor, qual torre, il veggono:
Inver di molti i generosi gesti
Egli protrebbe oprar, pugnando intrepido,
Pur se sol resti.

(trad.di Achille Giulio Danesi. Tratta da Wikisource)
.

1330

(Sir )

Sir Galahad
23-November-2012, 21:24
Torniamo per un attimo a descrivere la società della polis vista secondo gli occhi questa volta di Semonide: come si è visto, Semonide (o Simonide) partecipa del proprio mondo esclusivo, quello dell'aristocrazia (parola tratta dal greco άριστος, aristos "Migliore" e κράτος, kratos, "Potere": Il potere ai migliori) e le sue elegie sono intonate a questa sfera politica particolare ed elevata della polis: cantandone la gloria, Semonide prende con ciò le distanze da donne e uomini di bassa estrazione sociale.
Ecco un giambo che illustra bene tutto ciò:

Fin da principio, il dio fece diversi i caratteri delle donne:
una creò dalla scrofa setolosa
nella cui casa tutto è sudicio di fango,
ogni oggetto è in disordine, o rotola per terra;
lei stessa è sporca, non lava le sue vesti,
e ingrassa voltolandosi nel letame.

(Traduzione di Pellizer)

1333

1332

(Sir)

Sir Galahad
24-November-2012, 10:59
La poesia melica

Un'ulteriore poesia fu quella melica. Va ricordato, però, che non esiste distinzione netta tra i vari tipi di poeti dell'epoca, in quanto alcuni poeti si espressero in più tipi poetici.
La poesia melica è ricordata anzitutto per la presenza di un'ampia gamma di metri poetici (sulla cui descrizione dettagliata, però, sorvoliamo quasi completamente).
La poesia melica monodica in Saffo e Alceo utilizza il dialetto eolico; Anacreonte utilizza il dialetto jonico. I suoi temi sono numerosi: sentimenti come amicizia e amore, la percezione del mondo naturale, l'espressività esistenziale, la politica. La poesia melica monodica è solitamente espressa all'interno di simposi o, comunque, di ambiti ristretti.
La poesia melica corale adopera il dialetto dorico. Si esprime per l'intrera polis, in occasione di eventi sportivi. Presentano,in genere, riflessioni umane ed etiche.

.....................................

La poesia mèlica e corale

È detta così da mèlos, canto, perchè era cantata da un singolo poeta o da un coro con l’accompagnamento di strumenti musicali.
Ricordiamo Alceo dell’isola di Mitilene, che nel VII secolo a.C. canta il suo amore per la libertà, il suo valore in guerra ma anche il suo amore per la vita e per le donne.
Contemporanea ad Alceo e della stessa isola di Mitilene è Saffo, che formò una scuola di poesia, un tiaso, per sole donne e canta il suo mondo interiore fatto di palpiti, di emozioni, di amori inespressi.
Anacreonte visse nella Ionia nel VI-V secolo a.C. e celebra i piaceri della vita, l’amore, il vino, i fiori, le danze e i banchetti.
Simonide dell’isola di Ceo, nel VI secolo a.C. fu uno dei lirici più fecondi e popolari della Grecia. Nella sua lunga vita visse anche le guerre contro i Persiani e tutti i Greci si commossero alla lettura delle poesie in cui veniva esaltata la vittoria a Salamina o pianta la sconfitta delle Termopili.
Bacchilide, sempre di Ceo, fu il nipote di Simonide e visse nel V secolo a.Cr e nella sua opera domina il tema dell’amore e del convito.
Il più grande poeta lirico in assoluto che sia mai apparso in Grecia è però Pindaro di Tebe, vissuto nel VI secolo a.C. Scrisse liriche corali e la sua produzione è vastissima. Le sue odi e i suoi epinici (carmi in onore di vincitori dei giochi) venivano cantate durante le grandi feste religiose e ascoltate da migliaia di persone. Divenne famosissimo per la fantasia e la ricchezza dei temi trattati: l’elogio di un vincitore o di una città non erano che il pretesto per sollevarsi al mondo dei miti e delle leggende, ora visti come favole meravigliose e non più come verità.

(fonte: Lezioni di storia antica e medievale © 2010 DeAgostini Scuola S.p.A. – Novara)

1335

Sir Galahad
24-November-2012, 11:06
Stesicoro di Matauro ( o Imera) ( 630 - 555 circa a.C.)
1336

Stesicoro (che in greco significa “ordinatore di cori”) è poeta itinerante. Delle composizioni stesicoree possediamo, oggi, un numero limitato di frammenti.
La lingua è quella dorico-letteraria, ma lo stile è quello omerico.
La poesia stesicorea è un'elaborazione epico-lirica delle leggende greche tramandate, con riferimento però a quelle eroiche, umane, più che a quelle divine.
Ricca è la produzione artistica stesicorea ed i suoi temi, variando da narrazioni, discorsi diretti, ed introspezione che oggi diremmo psicologica.
Secondo una leggenda detta da Aristotele, Stesicoro si trovava a Imera ( o Matauro) quando gli Imeresi credettero opportuno di affidare la difesa della propria città a Falaride, tiranno di Agrigento; Stesicoro, conscio del pericolo che si andava profilando, raccontò di un cavallo che, per mettersi al riparo da un cervo, leggendario suo nemico, invocò l'aiuto dell'uomo; questi lo protesse dal cervo, suo nemico, ma alla fine lo addomesticò e ne divenne quindi padrone (con ovvio riferimento alla fine che avrebbero fatto gli Imeresi qualora si fossero piegati alla volontà del tiranno)



...
«Non aggiungere ai dolori angosce penose
e, per il futuro,
attese gravi tu non predirmi.

Non sempre allo stesso modo,
sulla terra sacra, gli dèi eterni
posero continua la discordia agli umani,
e neppure la concordia: ogni giorno
una mente diversa ispirano gli dèi.
Le tue profezie, o signore, non tutte le avveri Apollo
che lungi saetta.

Ma se è destino - e così han filato le Parche -
ch'io veda i miei figli uccisi l'uno dall'altro,
giunga allora a me sùbito il compimento della morte odiosa,
prima ch'io veda
questi eventi dolorosi, causa di molti gemiti e di pianto:
i figli morti
nel palazzo o la città espugnata.

Suvvia, o figli, date ascolto alle mie parole, amati figli.
Un esito tale a voi io propongo:
che abbia uno la reggia e abiti nella patria Tebe;
e se ne vada l'altro,
tenendo per sé le greggi tutte e l'oro del padre;
e sia la sorte a decidere,
chi per primo sarà estratto per volere delle Parche.

Questo può essere - credo -
lo scioglimento del vostro triste destino,
secondo i moniti del divino vate;
se davvero il Cronide vorrà salvare la progenie e la città
di Cadmo signore,
per molto tempo rinviando la sventura che alla stirpe
regale il destino ha fissato».

Così disse la chiara donna, parlando con dolci parole,
e volendo porre fine alla contesa dei figli nel palazzo,
e insieme a lei l'indovino Tiresia: ed essi diedero ascolto
...


Frammenti


Pomi cidonii

Pomi cidonii a iosa
sul reale carro gettavano,
e foglie di mirto
e ghirlande di rose
e corone di viole.


Oblio

Colla morte
svanisce ogni favore umano.


Apollo e Ade

Danze, giochi e soavi canti
ama Apollo.
Lutto e pianto
rimandano all'Ade.


1338

Sir Galahad
24-November-2012, 11:17
Stesicoro scrisse, tra l'altro, anche Palinodia, o "rincantamento", nei cui versi declama non essere Elena che si sia recata a Troia, bensì un suo simulacro:

Non è veritiero questo racconto,
non andasti [tu, Elena] sulle navi dai bei banchi,
non giungesti alla rocca di Troia.

(Palinodia, frammento)

1337

Sir Galahad
24-November-2012, 12:18
Senofane di Colofone (565-470 a.C.)
1339


Poeta, rapsodo, saggio, filosofo, Senofane produsse varie opere di cui a noi sono pervenuti solo alcuni frammenti.
La lingua è quella epica ma sono frequenti parodìe e satire. Le composizioni a volte sono parenetiche, esortative. Senofane è animo fortemente dissacrante, razionalista e anticonformista: sue mire sono le manifestazioni religiose con i valori di cui sono portatori, ma anche la tradizione. Per Senofane il poeta deve avere una forte tinta etica perchè è latore di nuove condotte etico-sociali
Alcuni tratti di Senofane:

“E’ da lodare quell’uomo che, dopo aver bevuto, rivela cosa belle, così come la memoria e l’aspirazione alla virtù glielo suggeriscono. Non narrare le lotte dei Titani o dei Giganti o, ancora, dei Centauri, parti della fantasia dei primitivi, oppure le violente lotte di partito, che sono cose che non hanno pregio di sorta, ma bensì rispettare sempre gli dèi, questo è bene”.

“Omero ed Esiodo hanno attribuito agli dei tutto quanto presso gli uomini è oggetto di onta e di biasimo: rubare, fare adulterio e ingannarsi reciprocamente”.

"E nessun uomo ha mai scorto l'esatta verità, né ci sarà mai
chi sappia veramente intorno agli dei ed a tutte le cose ch'io dico
che se anche qualcuno arrivasse ad esprimere una cosa compiuta al più alto grado,
neppur lui ne avrebbe tuttavia vera conoscenza, poiché di tutto vi è solo un sapere apparente."

1340

annaV
24-November-2012, 18:45
Torniamo per un attimo a descrivere la società della polis vista secondo gli occhi questa volta di Semonide: come si è visto, Semonide (o Simonide) partecipa del proprio mondo esclusivo, quello dell'aristocrazia (parola tratta dal greco άριστος, aristos "Migliore" e κράτος, kratos, "Potere": Il potere ai migliori) e le sue elegie sono intonate a questa sfera politica particolare ed elevata della polis: cantandone la gloria, Semonide prende con ciò le distanze da donne e uomini di bassa estrazione sociale.
Ecco un giambo che illustra bene tutto ciò:

Fin da principio, il dio fece diversi i caratteri delle donne:
una creò dalla scrofa setolosa
nella cui casa tutto è sudicio di fango,
ogni oggetto è in disordine, o rotola per terra;
lei stessa è sporca, non lava le sue vesti,
e ingrassa voltolandosi nel letame.

(Traduzione di Pellizer)

1333

1332

(Sir)
L'hai messa per provocare e vedere quante donne leggevano questi post? Ebbene, io li leggo!!! Maschilista travestito da grecista:evil::mrgreen:

Sir Galahad
25-November-2012, 17:43
L'hai messa per provocare e vedere quante donne leggevano questi post? Ebbene, io li leggo!!! Maschilista travestito da grecista:evil::mrgreen:
Ebbene sì, maschilista sono, ah! E poi, posterò ancora cose peggiori, te ne accorgerai, fimmina! :mrgreen:

1346

annaV
25-November-2012, 22:12
Ebbene sì, maschilista sono, ah! E poi, posterò ancora cose peggiori, te ne accorgerai, fimmina! :mrgreen:

1346
In attesa sono!!!

Sir Galahad
26-November-2012, 18:46
Secondo Platone e Aristotele, l'indirizzo della scuola Eleatica, in Filosofia, prese proprio l'avvìo da Senofane.
Il primum movens di Senofane è una critica serrata all'antropomorfismo religioso, come si ritrova nel pensiero comune degli Ellenici, ed anche in Omero ed Esiodo; dice, infatti:
Gli uomini credono che gli dei abbiano avuto nascita ed abbiano voce e corpo simile al loro...
I poeti hanno incoraggiato tale tendenza, mentre Omero ed Esiodo hanno attribuito agli dei anche ciò che, in sè, parrebbe oggetto di vergogna e biasimo: furti, adulteri e freciproci inganni.
-----------------------------------------------------

In reltà c'è , per Senofane, una sola divinità "che non somiglia agli uomini nè per il corpo né per il pensiero". Questa divinità è da far coincidere con l'universo; questa divinità è un dio-tutto ed è eterna: non nasce, non muore, è sempre la stessa. Se nascesse significherebbe che prima non era; ma ciò che non è, neppure può nascere né può far nascere nulla.
Senofane afferma sul piano teologico un indirizzo unitario ed immutabile.
(tratto, con variazioni, da Storia della Filosofia, di Nicola Abbagnano)

Senofane è quanto mai importante, non solo per la Grecia ma anche per la storia del pensiero umano. L'affermazione dell'Unità dell'Essere darà, in seguito, l'avvìo alla filosofia Parmenidea.

1381

Sir Galahad
26-November-2012, 18:59
Terpandro
Poeta e citaredo greco (sec. 7º a. C.), da Antissa, nell'isola di Lesbo . Secondo la tradizione,
vinse a Sparta la gara musicale nel 676 a. C. alle feste Carnee. Fu più musico che poeta: a lui
sono attribuite un'innovazione musicale, l'introduzione dell'eptacordo .
Terpandro, secondo Pindaro fr. 125 Sn.-M., avrebbe iniziato la sua carriera musicale e poetica
a simposio, presso i Lidi.
Di lui restano pochissimi frammenti
Pindaro attribuisce a Terpandro l'invenzione del bárbitos, apparendo così
il creatore della musica da simposio :


http://www.youtube.com/watch?v=EGAnNTAzJn8

(Il barbitos)

Sir Galahad
26-November-2012, 19:37
L'antico nomos (composizione musicale) entrò nella storia per merito di questo poeta-musicista, che alcuni hanno chiamato "padre della musica greca".
Terpandro fu il primo autore ad aver composto alcuni nomoi (componimenti musicali da lui creati);
I nomoi di Terpandro si eseguivano con l'accompagnamento della cetra ed erano divisi in sette sezioni:


arena (canto iniziale),
metarcha (in responsione ritmica con l'arena),
katatropa (transizione),
metakatatropa (in responsione ritmica con la katatropa)
omphalos (ombelico, la parte centrale),
sfraghis (sigillo),
epilogos (la conclusione).

( da Ancient Greek Music di M. L. West)


1382

Sir Galahad
27-November-2012, 10:45
Saffo di Ereso (ultimo decennio sec.VII)
1386

(Busto di Saffo: SAPPHO ERÈSIA, di Ereso)
Nacque, Saffo, nell'isola di Lesbo. Di famiglia agiata, fu sacerdotessa di Afrodite e delle Muse. Conosciutissima nella fiorente civiltà Ellenica, Saffo produsse composizioni che si ascrivono alla poesia melica monodica e corale. A noi sono giunti papiri e frammenti.
1387
Il dialetto è quello eolico di Lesbo, lingua "nobile", per così dire, perchè adoperata anche da altri poeti (come Alkaios, Alceo), filosofi, storici, medici, come vedremo.Dialetto dorico, dunque, anche se venato di omerismi (Epitalamio per Ettore e Andromaca).
Lo stile è molto comunicativo, lineare, acutamente psicologico: Saffo di Ereso comunica come pochi le vibrazioni che accompagnano i sentimenti più intimi.
I temi trattati sono spesso sentimentali, omoerotici.
I tratti psicologici descritti sono la passione, la nostalgia, il dolore del distacco emozionale, il senso di preghiera, l'amore per la Natura.
Come sacerdotessa visse intensamente il mondo trans-materiale e il vissuto religioso informa la poesia saffica.
Saffo descrive come pochi l'amore omosessuale, che - d'altra parte - era parte vissuta della categoria aristocratica alla quale apparteneva.
Saffo di Ereso ha la proprietà di trasformare i fenomeni reali in visioni poetiche e musicali, risultato cui giunge con una scelta minuziosa di immagini, parole e suoni. La natura, in Saffo, acquista un ruolo predominante e crea un senso di armonia e bellezza.
La teoria estetica di Saffo è singolare: secondo questa poetessa, “il bello è ciò che si ama” negando, con ciò, una scala di valori prestabilita e assoluta, rivalutando invece l’importanza della scelta del singolo individuo (relativismo estetico); sempre in campo estetico, Saffo rivendica su tutto la superiorità dei sentimenti.

Alceo,suo conterraneo, in un celebre frammento la definì :

O Saffo dai capelli di viola, pura, dal dolce riso!


mentre Platone la definì "decima musa".

Sir Galahad
27-November-2012, 10:54
Saffo (http://it.wikisource.org/wiki/Autore:Saffo) - Frammenti (http://it.wikisource.org/wiki/Frammenti_%28Saffo_-_Bustelli%29) (Antichità)
Traduzione di Giuseppe Bustelli (http://it.wikisource.org/wiki/Autore:Giuseppe_Bustelli) (1863)



All’Amata.

Donna, beato, uguale,
Parmi a un Dio quel mortale
Che ti siede di fronte, e, a te ristretto,
Soavemente favellar ti sente,
Sorridere ti mira amabilmente.
Com’io ti vidi, in petto
Attonito, distretto
Sentimi il cor; com’io ti vidi, spenta
Mancò la voce nella gola; ratto
La lingua a me fiaccavasi, e di tratto
Serpeggiando una fiamma
Sottile, i membri infiamma;
Fugge dagli occhi la veduta; ingombra
Le orecchie un zufolio; ghiaccio un sudore
Discorre, e tutta m’occupa un tremore:
Per ch’io com’erba imbianco,
E per poco io non manco,
E fuor di vita appajo. Or ogni ardita
Opra tentar vogl’io, poi che mendica...

Sir Galahad
27-November-2012, 10:56
Inno ad Afrodite (trad. Ippolito Pindemonte)

« Afrodite eterna, in variopinto soglio,
Di Zeus fìglia, artefice d'inganni,
O Augusta, il cor deh tu mi serba spoglio,
Di noie e affanni.

E traggi or quà, se mai pietosa un giorno,
Tutto a' miei prieghi il favor tuo donato,
Dal paterno venisti almo soggiorno,
Al cocchio aurato

Giugnendo il giogo. I passer lievi, belli
Te guidavano intorno al fosco suolo
Battendo i vanni spesseggianti, snelli
Tra l'aria e il polo,

Ma giunser ratti: tu di riso ornata
Poi la faccia immortal, qual soffra assalto
Di guai mi chiedi, e perché te, beata,
Chiami io dall'alto.

Qual cosa io voglio più che fatta sia
Al forsennato mio core, qual caggìa
Novello amor ne' miei lacci: chi, o mia
Saffo, ti oltraggia?

S'ei fugge, ben ti seguirà tra poco,
Doni farà, s'egli or ricusa i tuoi,
E s'ei non t'ama, il vedrai tosto in foco,
Se ancor nol vuoi.

Vienne pur ora, e sciogli a me la vita
D'ogni aspra cura, e quanto io ti domando
Che a me compiuto sia compi, e m'aita
meco pugnando. »

Sir Galahad
27-November-2012, 11:09
Saffo, i sentimenti e il soffio della Natura: frammenti.

Gli astri d'intorno alla leggiadra luna
Nascondono l'immagine lucente,
quando piena più risplende, bianca
sopra la terra.

( fr.4 )


Ho una bella fanciulla
Simile nell'apetto ai fiori d'oro,
la mia Cleide diletta.
Io non la darei né per tutta la Lidia
Né per l'amata…

( fr.152 )


Tramontata è la luna
e le Pleiadi a mezzo della notte ;
anche giovinezza già dilegua ,
e ora nel mio letto resto sola.
Scuote l'anima mia Eros,
come vento sul monte
che irrompe entro le querce;
e scioglie le membra e le agita,
dolce amara indomabile belva.
Ma a me non ape, non miele;
e soffro e desidero.

(fr. 94)


Le stelle intorno alla stupenda luna nascondono i loro volti splendenti
quand'essa s'inargenta in tutto il suo splendore illuminando la terra...


(La dolce mela)

Come la dolce mela rosseggia sull'alto ramo, alta su quello più alto,
la dimenticarono i raccoglitori di mele ...
no, non la dimenticarono, ma non riuscirono a raggiungerla.


1391

Sir Galahad
27-November-2012, 11:19
Saffo e la psicologia dell'Eros vissuto.



Avrei davvero voluto morire
quando lei mi lasciò in affannoso pianto
tra molte cose dicendomi ancora:
"Come soffriamo atrocemente, Saffo, io ti lascio contro il mio volere.
" Ed io a lei rispondevo: "Va' serena e di me serba il ricordo.
Sai quanto ti ho amata.
Se mai tu lo dimenticassi, sempre io ricorderò i bei momenti che vivemmo.
Quando di corone di viole e di rose e di croco,
accanto a me ti cingevi il capo gentile,
e mettevi intorno al collo ghirlande intrecciate di fiori.
E cosparsa di essenze profumate sul morbido letto ti saziavi,
né mai vi furono danze nei sacri boschi a cui fossimo assenti..."










Che cosa brama ancora il tuo folle cuore?
Chi devo, Saffo, ancora persuadere a darti ricompensa nell'amore?
Chi ti fa soffire? Se adesso fugge, poi ti cercherà;
se sdegna i tuoi doni, presto ne farà;
se non ti ama, presto ti amerà, anche se non vuole...








Quando morta giacerai, mai più si ricorderanno di te, per sempre:
più non vedrai le rose della Pieria,
ma oscura ti aggirerai nelle case di Ade aleggiando tra i morti neri...


Amore
Scuote amore il mio cuore
come vento nei monti si abbatte su querce.


Eros purpureo
Scende dal cielo Eros
avvolto in una clàmide di porpora.
1392

Sir Galahad
27-November-2012, 11:28
Boccaccio commenta Saffo:


"...In mezzo a uomini rudi e ignoranti Saffo, spinta dalla sua intelligenza vivace e dal suo ardore, frequentò le cime del Parnaso, cioè dello studio perfetto. Il suo coraggio e la sua audacia la resero compagna gradita alle Muse, cioè alle arti e alle scienze. E penetrò nella foresta piena di allori e di piante di maggio, di verzura e di fiori multicolori dai soavi profumi, e di diverse erbe, là dove dimorano tranquille Grammatica, Logica, la nobile Retorica, Geometria, Aritmetica. Avanzò talmente su questo cammino che entrò nella caverna profonda di Apollo, dio del sapere, e scoprì le acque della fontana Castalia; imparò a suonare l'arpa pizzicando le corde con il plettro e danzava con le ninfe, cioè secondo le leggi dell'armonia e dell'accordo musicale..."
(Boccaccio)

1393

Sir Galahad
27-November-2012, 11:52
L'Epitalamio (canto nuziale) tra Ettore e Andromaca


Le nozze di Ettore e Andromaca



Venne l’araldo correndo, il messaggero veloce
Idèo. E si fermò nel mezzo e disse:
« Udite. Fino alle terre di Ilio e di tutta
l’Asia si è sparsa questa gloria immortale.
Ettore e quanti gli sono compagni, da Tebe
sacra e dalle fonti del Placo perenni,
su navi e navi, per il salso mare,
scortano la molle Andromaca dagli occhi splendenti.
E molte recano armille d’oro, e molte
vesti di porpora, e stoffe a fiorami stupendi,
e molti recano colorati gioielli, e vasi
d’argento innumerevoli e candidi avori ».
Così disse l’araldo. Prontamente in piedi
si levò il padre. La novella corse
per le ampie vie della città, giunse agli amici.
Ed ecco le genti di Ilio a carri di agili ruote
aggiogano i muli. Vi salgono in folla
e madri e vergini di snelle caviglie.
Avanzano anche a lor volta su carri distinti
le figlie del re. Su cocchi ricurvi di guerra
attaccano i loro cavalli i giovani in arme.
Ettore e Andromaca sono simili a dèi.

e ora con grande corteggio muovono insieme
verso la sacra Ilio. Si odono cetre
e flauti di dolce suono e strepito
di eròtali; con acute voci le vergini
cantano un puro canto; eco di giubilo
ineffabile sale fino al cielo.
ovunque per le vie sono cratèri
fiale; e bruciano e si mescono profumi
e mirra di casia di olibano; e tutti,
uomini e donne, levano grida e canti.
E alto su tutti squilla il peana ad Apollo,
ad Apollo arciere, ad Apollo dalla bella lira;
e tutti cantano in coro Ettore ed Andromaca,
Ettore ed Andromaca simili agli dèi.

1394

Sir Galahad
27-November-2012, 12:26
Saffo, sacerdotessa di Afrodite

Afrodite, simbolo della bellezza e dell'Amore (http://ricciotoscano.blogspot.com/2009/04/afrodite-simbolo-della-bellezza-e.html)

http://2.bp.blogspot.com/_6INqKvhbJZ0/SfnumwRn8CI/AAAAAAAAAFY/aSbciDo75sE/s320/afrodite5bt.jpg (http://2.bp.blogspot.com/_6INqKvhbJZ0/SfnumwRn8CI/AAAAAAAAAFY/aSbciDo75sE/s1600-h/afrodite5bt.jpg)
Nell'antica Grecia la bellezza sensuale era rappresentata da Afrodite, emersa nuda dalla spuma del mare: cavalcando una conchiglia, giunse prima all'isola di Citèra ( Creta o Candia ) e poi nel Peloponneso a Paso, isola di Cipro. Sotto i suoi piedi sbocciano i primi fiori primaverili e le Stagioni, figlie di Temi, la vestono come una regina e la adornano per far risaltare la sua già stupenda bellezza.
Afrodite era simbolo dello sbocciare della Bellezza: il suo santuario, a Cnosso, era pavimentato con gusci di conchiglie. E ad Afrodite erano sacri il riccio e la seppia.
L'antica Grecia, dunque, in questa meravigliosa stagione ci parla - tramite la dea Afrodite - della Bellezza che è anima della Natura. Lo fa ancora, se abbiamo orecchie per ascoltar lo stormir delle fronde e il risciacquìo delle onde. Lo fa ancora se abbiamo occhi per vedere e amare il sorgere del sole o il suo tramonto.
Questo ci tramanda l'antica Grecia tramite la dea Afrodite.
1395

Sir Galahad
27-November-2012, 12:42
Alceo di Mitilene

1388
(Pittura vascolare: Alceo e Saffo; Alceo suona, arpeggiando, il Barbitos, con la mano sinistra; con la destra, tiene il plettro, ricavato in genere dalla punta di un coltello)

Alceo nacque a Mitilene, nell'isola di Lesbo, e fu contemporaneo di Saffo.
Come Saffo, si esprime in dialetto eolico.
I toni sono di ispirazione spesso politica (ossìa rivolti alla vita della polis), vivaci, giambici.
Alceo spesso ricorre alla persona lonquens, ossìa un discorso (invettiva, elogio, esortazione) scritto in prima persona da un personaggio che è, però, diverso dall'autore. Un carme politico contiene l'invettiva contro Pittaco e Mirsilio,contro i quali Alceo si scaglia , anche se morti (Mirsilio), accusandoli di rovinare la vita civile e politica della polis con la disonestà.
Alceo, quindi, considera il comportamento di Pittaco come tradimento . Tuttavia Pittaco, che la tradizione annoverò poi fra i sette sapienti, dopo aver ristabilito l’ordine, abbandonò il potere e concesse la amnistia completa a tutti i suoi antichi avversari politici; Alceo poté quindi ritornare a Mitilene, dove trascorse gli ultimi anni della sua tormentata esistenza. La data della morte è intorno al 570 a.C. , a poca distanza da quella di Pittaco.

I temi sono politici, sociali, erotici, e a volte mitologici. Forti sono in Alceo la passione per la politica, l'amore. Questi temi sono trattati -spesso ma non sempre - con tono decisamente aristocratico commisto ad una vivacità di espressione.
L'ambito in cui intona la produzione letteraria è spesso il simposio.

1396

Sir Galahad
27-November-2012, 12:53
Frammenti di Alceo:


Bevi e inébriati con me, Melanippo. Che pensi?...
Una volta varcato l'Acheronte vorticoso
non tornerai più a vedere la luce pura
del sole. Suvvia, non nutrire speranze grandi.
Anche Sisifo, il re figlio di Eolo,
di tutti il più scaltro, pensava di vincere la morte.
Pur molto accorto, ma soggetto al destino,
due volte varcò il vorticoso Acheronte
e una pena grande diede a lui da soffrire sotto la terra nera
il re Cronide. Ma a queste cose non pensare.
Finché siamo giovani, ora più che mai dobbiamo
sopportare le pene che il dio ci dà.

................
Ora, bisogna ubriacarsi. Ora, bisogna che ognuno
a forza beva: Mirsilo è morto.

........................

(La conchiglia)

Della pietra e del mare biancheggiante figlia,
dei ragazzi tu incanti i cuori, marina conchiglia
.................

Non dobbiamo abbandonare l'animo alle sventure:
nessun vantaggio trarremo a tormentarci.
La migliore medicina, o Bicchi,
è procurarci il vino e ubriacarci.

(Interlocutore di questo carme è un certo Bicchi; Non sappiamo se fosse un fanciullo amato o un compagno).
1389

annaV
27-November-2012, 15:03
Meravigliosa Saffo! Condivido il giudizio di Boccaccio:"...In mezzo a uomini rudi e ignoranti Saffo, spinta dalla sua intelligenza vivace e dal suo ardore, frequentò le cime del Parnaso"
Ritornando agli uomini rudi, capisco che Alceo ti piace molto, innanzitutto per i versi:
La migliore medicina, o Bicchi,
è procurarci il vino e ubriacarci.
:mrgreen:;)

Sir Galahad
27-November-2012, 17:31
Ritornando agli uomini rudi, capisco che Alceo ti piace molto, innanzitutto per i versi:
La migliore medicina, o Bicchi,
è procurarci il vino e ubriacarci.
:mrgreen:;)

E pensa che l'Alceo ancora non conosceva il Chianti! :mrgreen:

annaV
27-November-2012, 20:02
Bellissima immagine! Ma quello è un bacio per il Chianti o il piccolo già sta facendo prove di degustazione?:lol:
A proposito, ma ce l'abbiamo una discussione sui vini?

Sir Galahad
27-November-2012, 20:09
Bellissima immagine! Ma quello è un bacio per il Chianti o il piccolo già sta facendo prove di degustazione?:lol:
A proposito, ma ce l'abbiamo una discussione sui vini?
È il bimbo che ha già provato mezzo caratello di Chianti DOC :lol: Non vedi i suoi occhietti furbi?

No, non credo che ci sia un filone in onore del dio Bacco. Urca, è l'ora di rimediare, allora. Vedo se lo posso accogliere in Mitologia ...

annaV
27-November-2012, 20:23
Sì dai! Mi piace;)

Sir Galahad
28-November-2012, 19:57
Ipponatte di Efeso


1401

(Ipponatte di Efeso)

Di origini aristocratiche, è considerato l'inventore della parodìa. Parodìa significa imitazione: imitazione antitutto di gusti, generi e produzioni letterarie ma anche imitazione di persone degne di nota.
La lingua è il dialetto jonico, però arricchito di molte espressioni barbare (non greche), di neologismi.
Il tono è quello parodico, che ha come espressività il genio satirico, irriverente, a volte osceno.
L'espressività è invettiva, giambica, scurrile.
I testi sono tuttavia colti e raffinati. La scurrilità e l'oscenità, se letti su un registro diverso, possono apparire e venir letti come burleschi, satirici, anche per l'uso di metafore popolari.
I temi sono quelli già trovati nella poesia giambica e trocaica, con insulti, aggressioni verbali, con l'uso di coloriture sessuali .
La parodia si unisce quindi alla satira e, quando queste toccano la sfera del sacro, sono evidentemente dissacranti.
La tradizione vuole che nutrisse un odio irrefrenabile contro lo scultore Bupalo, il quale lo avrebbe effigiato brutto e deforme; nonostante ciò, si pensa - tale tradizione - essere leggendaria, nonostante che un Bupalo sia spesso colpito nei suoi versi.
Della raccolta dei giambi di Ipponatte restano solo alcuniframmenti; in uno di questi (tratto dai frammenti di Ossirinco) egli descrive una scena di lupanare, confermando con ciò la propensione dell'autore per i siti più triviali e popolari. La produzione di Ipponatte è , tuttavia, notevole per la sua spontaneità rude e violenta.

1402

Sir Galahad
28-November-2012, 20:03
Da Ipponatte:
...
sbattuto dalle onde. E in Salmidesso, nudo, lo accolgano
benevolmente i Traci
dall'alto ciuffo - di molti mali, qui, colmerà la misura,
mangiando il pane della schiavitù -
lui, irrigidito dal gelo. E fuor della schiuma
sia tutto coperto di alghe,
e batta i denti, come un cane
giacendo bocconi per lo sfinimento
lungo la battigia.
Questi mali vorrei incontrasse
chi m'offese, chi calpestò i giuramenti,
l'amico d'un tempo.

Frammento 126 :

Cantami o Musa della prole di Eurimedonte
quella oceanica voragine, quel ventre trituratore,
che divora senza misura,
perché perisca di mala morte con voto funesto,
per volontà popolare,
presso la riva del mare infecondo.




INVOCAZIONE A ERMES

Ermes, o mio Ermes. figlio di Maia, Cillenio,
ti supplico, ché ho un terribile freddo. ...
dona a Ipponatte un mantello e una tunichetta e sandalucci e pantofole e sessanta stateri d'oro, da un'altra casa. ...
dona a Ipponatte un mantello: ho molto freddo e batto i denti. ...
Non mi hai donato né il mantello peloso - rimedio al freddo invernale -,
né mi hai avvolto i piedi con spesse babbucce, perché i geloni non mi scoppiassero.


L'occhio di Bupalo
(http://www.antiqvitas.it/greco/frag_ipponatte.pdf)
Tenetemi il mantello, voglio pestare l'occhio di Bupalo:
sono infatti ambidestro e quando colpisco non sbaglio.



1403

Sir Galahad
28-November-2012, 21:05
Propongo questo interessante e qualificato link:

http://aitia.revues.org/64

dove potrete trovare la "querelle" tra Ipponatte e lo scultore Bupalo (di cui si diceva...)

1404

Sir Galahad
29-November-2012, 09:03
Focilide di Mileto (VI sec. a.C.)

1406

(Scena di un simposio)

Di questo autore si arrivano pochi frammenti, tutti firmati (sphraghis o sigillo) con " kai tòde Phokylideo" (questo è di Focilide)
In uno di tali frammenti, l'Autore un frammento descrive vari tipi di donna:la donna bella è paragonata al al cavallo, l'indifferente al maiale, l'operosa alla pecchia (ape).

Di Focilide anch’esso è questo detto.
Da quattro cose sorse delle donne
La razza, altra dal cane, altra dall’ape,
Altra da torva troja ed altra in fine
Dal chiomato destriero. È questa infatti
Buona, svelta, massaia e nell’aspetto
Ottima inver; ma quella, che da troja
Venne, buona non è, neppur cattiva:
Quella poi, che dal cane, è triste e fiera:
Economa, gentil, laborïosa
È ben colei, che inizio ebbe dall’ape.
Amico, questa a dolce sposa invoca.

.......................

Convien nel banchetto vin bere e ribere
Prendendo in colloqui soave piacere.
...............................

Ogni opra poni a pingue campo intorno:
Dicon che d’Amaltea fu questo il corno.

...........................

Dio prima, e poscia i genitori onora.
A ognun dà il giusto, e mai favor non entri
Nel tuo giudizio. Povertà deporre
Per l’ingiusto non dèi, nè giudicare
Dal volto, chè se mal giudicherai
Giudicherà te poscia Dio. Fallace
Testimonianza fuggi, e parla il giusto.
Casto ti serba, e sii fedele in tutto.
Fa con misura il giusto: in tutto è buono
Tener modo. Da parte la bilancia
Tu non tirar, ma la conserva pari.
Non spergiurare inconscio, nè volente.
L'eterno Dio qual che spergiuri abborre.
Non rapir semi; ha biasmo chi li toglie.
Dà mercede a quei ch’opra, il poverello
Non calpestar: mente alla lingua poni,
Occulta la parola entro al pensiero,
L’ingiusto fuggi, e l’impedisci altrui.
Dà tosto al mendicante, e non protrarre.

(da Wikisource)

1407

(Un frammento)


Le poesie sono a carattere parenetico (esortativo) e gnomico (sentenzioso) : spesso, in esse, Focilide tesse le lodi della vita agricola, esalta la giustizia; come però si è visto nel frammento precedente, in esso non mancano tratti di misoginia.
La presenza costante del tono moralistico lo avvicinerebbe a Esiodo; tuttavia, si notano delle rassomiglianze con le opere di Teognide , pare suo contemporaneo, non solo per i contenuti ma anche per il pubblico a cui si rivolgeva, ossìa quello del simposio.

1405

Sir Galahad
29-November-2012, 11:25
Anacreonte di Teo

1409

Anacreonte di Teo (570-485 a.C.n.) fu poeta itinerante, ed è inserito tra i poeti della cosiddetta Età classica della lewtteratura greca. Autore prolificodi versi melici, giambici ed elegiaci,delle sue opere ci sono giunti, però, circa duecento frammenti, giambici.
A.scrisse in lingua jonica, ed il suo stile è (passatemi il termine) segnato da profonda leggerezza, nel senso che dipinse i tratti più nascosti dell'animo umano con tratto e parole facilmente intuibili ed usate dal parlato comune. Lo stile è quindi semplice, limpido, vivace. Il tono a volte è anche satirico.
In A. son frequenti i poliptoti (stesse parole, ma con diverse terminazioni), le anafore,;e, come Alceo, le personae loquentes (personaggi volutamente inseriti da Anacreonte ed esprimentesi in prima persona).
I temi sono: il simposio, l'amore etero- ed omosessuale, il vino, la politica, le vicende della vita della persona (ed è qui che lo preferisco, pittore come pochi dell'animo umano).
Va detto anche che Anacreonte - il quale trovava (come era d'uso nella Grecia antica) piacere sia con l'attività eterosessuale che omosessuale (purché fanciullesco) - divenne fin dal Seicento la personificazione del piacere gaudente e del libertinismo ; Batillo - il giovinetto di Samo intensamente amato dal poeta - divenne simbolo di depravazione.


In alcune sue liriche, Anacreonte dipinge con crudo realismo accompagnata da amarezza il timore per l'avvicinarsi dell'età senile. La vecchiaia priva l’uomo della bellezza e concede poco tempo alla dolce vita (...mi resta breve tempo) . La vecchiaia, qui, è descritta con timore, è vero (Biancheggiano... le tempie... calvo è il capo),però dona sempre alla persona che si inoltra nel tempo la facoltà di pensare sul valore della vita; così, Anacreonte teme soprattutto la morte ed esprime sgomento per la paura della discesa nell'Acheronte, da cui è stabilito che chi scende non risalga. La consapevolezza della finitudine umana è, allora, un bene per l'uomo stesso perchè con essa prende ragione, pur manifestando sentimenti estremi, della vacuità del tempo e della necessità di sostanziare gli ultimi anni della propria vita. Ricordiamo che secondo la concezione della Grecia classica Ade e la sua sposa Persefone- Proserpina [divinità psicopompe] erano i sovrani delle anime dei morti: dall' Acheronte, ultimo baratro, non c’era possibilità di ritorno alla vita; le anime, ombre senza vita , conducevano nell’Oltretomba un’esistenza imprecisa, come un riflesso della vita terrena, però priva della materialità e della consistenza.

1412

Sir Galahad
29-November-2012, 11:27
Da Anacreonte:

Biancheggiano già le mie tempie
e calvo è il capo;
la cara giovinezza non è più,
e devastati sono i denti.
Della dolce vita ormai
mi resta breve tempo.
E spesso mi lamento
per timore dell’Ade.
Tremendo è l’abisso di Acheronte
e inesorabile la sua discesa:
perché chi vi precipita
è legge che più non risalga.



Sovra i mirti e fra le rose (trad.di Ugo Foscolo, 1821)

Sovra i mirti e fra le rose,
Sovra molli erbe odorose
Adagiato io voglio ber.
Deh, t'annoda al collo il manto,
Bell'Amore! e mentr'io canto,
Corri a farmi da coppier.
Ahi! l'umana vita fugge
Come ruota che si strugge
Più che gira, e sempre va.
Sonno eterno in poca fossa
Sulla polvere e fra l'ossa
Il mio corpo dormirà.
A che i balsami e i conforti
Sulle tombe? A che su' morti
Tanto vino e tanti fior?
A me il nappo e la corona
Or ch'io spiro, or che risuona
La mia lira e m'arde il cor.
Vieni e meco ti trastulla;
Qui m'invita la fanciulla
Che sa ridere e trescar.
Ah, Cupido! è meglio, innanzi
Che fra' morti ignudo io danzi,
Dar gli affanni ai venti e al mar.
..........................................

Porta l'acqua, porta il vino, ragazzo,
e portami corone di fiori
che voglio fare a pugni con Eros

..........................................

Puledra tracia, perchè dunque tu, lanciandomi occhiate di traverso , senza pietà mi sfuggi?
Credi forse che io sia un buono a nulla ?
Sappilo bene, io potrei facilmente metterti il morso,
e tenendo le briglie potrei farti girare attorno alle mète del tracciato;
adesso invece tu pascoli nei prati e ti diverti saltellando leggera.
...Perché tu non hai un cavaliere esperto che ti monti.

............................................

Con una palla purpurea, di nuovo,
Eros chioma d'oro mi colpisce,
e mi invita a giocare
con una fanciulla dal sandalo variegato.
Ma lei - è di Lesbo
ben costruita - disprezza
la mia chioma che è bianca,
e di fronte a un'altra sta a bocca aperta.

.................................................. .


Un'ape che dormiva tra le rose,
non la vide Eros, che ne fu trafitto in un dito:
lanciò un grido percuotendosi le mani
e di corsa e a volo venne dalla bella Citerea:
"Madre, son finito, son finito e sto morendo,
mi hacolpito un serpentello con le ali,
che è chiamato qui dai villici la pecchia ".
E lei disse:
"Se si soffre per un pungiglion d'ape,
quanto pensi che si soffra
per i colpi che tu infliggi?"





1410

Sir Galahad
29-November-2012, 17:27
1423

Un'altra traduzione di Eros e vecchiaia:

Colpendomi con una palla purpurea di nuovo Eros dai capelli d'oro
mi invita a giocare con una ragazza dai sandali variopinti:
ma lei, infatti è di Lesbo raffinata, disprezza i miei capelli
- sono bianchi - e sta a bocca aperta per altri capelli.

1417

annaV
29-November-2012, 21:38
"Biancheggiano già le mie tempie
e calvo è il capo;
la cara giovinezza non è più,
e devastati sono i denti."
Ma l'hai scritta tu? E' autobiografica?:lol:

Sir Galahad
30-November-2012, 11:14
Ibico di Reggio Calabria (metà del VI sec. a.C.)

1425

(Reggio Calabria, stele ad Ibico)

Ibico nacque a Rhegion (l'antica Reggio della Calabria) nel VI° sec. a. C. da una nobile famiglia . Molto giovane girovagò per le varie città della Magna Graecia dove fu a contatto con molte altre realtà culturali della civiltà magnogreca.
Poeta, musico, fu inserito dagli intellettuali alessandrini tra i nove poeti eccelsi per la lira; le sue opere furono vennero raccolte in sette libri presso la biblioteca di Alessandria d’Egitto

Cicerone lo lodò considerandolo poeta d'amore più ardente degli altri poeti della Magna Grecia:“ Il Reggino Ibico tra tutti il più infiammato d'amore. E vediamo che gli amori di tutti costoro sono sensuali “(Cicerone, Tuscolane, IV, 71). Plutarco invece ci ha tramandato la curiosa e strana leggenda della sua morte: “Ferito a morte dai ladri nei pressi di Corinto, il poeta in punto di morte vide uno stormo di gru e le pregò di vendicare la sua morte. I ladri nel frattempo giunsero a Corinto e, poco dopo seduti nel teatro, videro le gru sopra le loro teste. Uno di loro, sorpreso, esclamò: ..., così la gente capì cosa era successo accusando gli autori del delitto.”( Plutarco, De Garrulitate, XIV).

Poeta con produzione melica e corale, questo poeta itinerante si esprime in dorico letterario, con un dialetto però contenente eolismi e jonismi, nonchè alcune forme dialettali della Magna Grecia.
Lo stile è imaginifico, alla ricerca di parole e frasi ad effetto immediato sul lettore. Intenso è l'uso di aggettivazioni.
Il tema è spesso erotico.

Sir Galahad
30-November-2012, 11:25
VIOLENZA DI EROS
A primavera i cidonii (*)
meli irrigati e le correnti
dei fiumi, delle Vergini
nel giardino intatto, e le viti in germoglio
sotto gli ombrosi tralci
pampinei (**)crescono fiorenti. Ma per me Eros
non riposa in alcuna stagione:
e, come per folgore infuria
il tracio Borea, balzando
da parte di Cipride con ardente follia,
tenebroso spietato
possente nel profondo domina
l'anima mia.

Ecco, ho evidenziato ghi aggettivi che Ibico usa in questa lirica. Sottolineato, un termine che avrebbe anche potuto essere tradotto con un aggettivo.
Tutto questo per far risaltare la magistrale arte di Ibico nel descrivere l'oggetto, e l'uso di aggettivazioni per rendere più forte, attraente ed immediata l'immagine




(*) Di Cidònio, antica città di Creta.
(**) Da pàmpino, Tralcio di vite rivestito di foglie

Sir Galahad
30-November-2012, 13:42
Ibico di Reggio Calabria:

COME IL VENTO DEL NORD

A primavera, quando
l'acqua dei fiumi deriva nei canali
e lungo l'orto sacro delle vergini
ai meli cidonii apre il fiore,
ed altro fiore assale i tralci della vite
nell'ombra delle foglie;

in me Eros,
che mai alcuna età mi rasserena,
come il vento del nord rosso di fulmini,
rapido muove: cosí, torbido
spietato arso di demenza,
custodisce tenace nella mente
tutte le voglie che avevo da ragazzo.


NUOVAMENTE EROS

Nuovamente Eros,
di sotto alle palpebre languido
mi guarda coi suoi occhi di mare:
con oscure dolcezze
mi spinge nelle reti di Cipride
inestricabili.

Ora io trepido quando si avvicina,
come cavallo che uso alle vittorie,
a tarda giovinezza, contro voglia
fra carri veloci torna a gara.

.................................................. ..................

E tra le foglie sue più alte
posano screziate colombe
e porfiridi dal collo variegato
e alcioni dalle larghe ali.
.................................................. ..................

Onore e colpa

Temo che colpa verso dèi
valga onor presso mortali.


Stelle notturne

Ardono, nella lunga notte,
stelle fulgidissime.

Sir Galahad
01-December-2012, 20:12
"Biancheggiano già le mie tempie
e calvo è il capo;
la cara giovinezza non è più,
e devastati sono i denti."
Ma l'hai scritta tu? E' autobiografica?:lol:
No, io ho scritto questi (che la critica attribuisce ad Anacreonte :mrgreen: :

Sappilo bene, io potrei facilmente metterti il morso,
e tenendo le briglie potrei farti girare attorno alle mète del tracciato;
adesso invece tu pascoli nei prati e ti diverti saltellando leggera.
...Perché tu non hai un cavaliere esperto che ti monti.

Sir Galahad
02-December-2012, 18:02
Teognide di Megara Nisea.

1443

Teognide visse nel V° sec.a.C. Autore molto seguito per il carattere gnomico (sentenzioso) e paideutico ( educativo) delle sue opere, è autore di opere a
carattere politico, etico ed erotico.
Teognide critica aspramente la degenerazione morale che si stava attuando, ai suoi tempi, nella polis. Alle attitudini imperanti, Teognide contrappone il senso morale del "buon tempo antico".
Lo stile è gnomico (sentenzioso)
La lingua trae ispirazioni dall'epos.



Alcune citazioni di Teognide:

Neanche il leone banchetta sempre a carne: forte com'è, talvolta si trova a dover digiunare.
Non cercare onori, favori o ricchezze attraverso azioni ingiuste e vergognose.
Non confidare sempre a tutti ciò che ti accingi a fare: pochi sono gli amici veramente fidati.
Non denigrare nessun nemico se è valoroso, e non lodare nessun amico se è malvagio.

Sir Galahad
02-December-2012, 18:12
Da Teognide:
IMPOSSIBILE EDUCAZIONE

Generare e allevare un uomo è più facile che educarne la mente.
Nessuno è mai riuscito in questo, a far saggio lo stolto e buono
il cattivo. Se agli Asclepiadi il dio concedesse di guarire dalla
malvagità, e rischiarare le cieche menti degli uomini, molti e
grandi profitti essi ne trarrebbero. Se fosse possibile fabbrica-
re il senno e infonderlo nell'uomo, nessun padre buono avrebbe
figli cattivi, ché l'educherebbe coi suoi saggi consigli. Ma gli
insegnamenti non renderanno mai buono il cattivo.



FORZA D'ANIMO
Sopporta, anche se mali patissi insoffribili, o cuore:
s'addice impazienza solo dei vili al cuore.
Non crescere il tuo cruccio pei mali che scampo non hanno,
non farne gran cura, non dar cruccio agli amici,
agli inimici gioia: schivar ciò che inviano i Numi
non è facile impresa per l'uomo a morte nato,

neppur se fra gli abissi del mare purpurei s'immerge,
né quando il nubiloso Tartaro l'ha ghermito.


RICCHEZZE E VERI GUADAGNI
La ricchezza che vien da Zeus, pulita e giusta,
per gli uomini è una cosa che resiste.
Ma se,rapace, l'uomo intempestivamente
l'acquista, o spergiurando la carpisce,
il guadagno l'illude un attimo: ché tutto
torna in pianto, alla fine; il dio prevale.
Chi ritiene il suo prossimo privo di comprendonio
e si crede furbissimo lui solo,
è uno sciocco che ha perso il ben dell'intelletto.
Oh, le furbizie le conosciamo tutti!
Ma, mentre c'è chi gode degl'intrighi fraudolenti,
c'è chi non cerca sordidi profitti.
Per l'uomo non c'è limite preciso alla ricchezza:
quelli di noi ch'hanno sostanze immense
smaniano il doppio. E chi li sazia tutti? Una follia
divengono per gli uomini, i quattrini.
Spunta rovina: Zeus la manda a loro che si struggono:
ora l'uno ora l'altro se la tiene.
(I lirici greci, trad. F.M.Pontani, Einaudi, Torino, 1969)

Sir Galahad
02-December-2012, 18:15
Dal Corpus Theognideum:

Ragazzo e cavallo si associano nella mente:
nè il cavallo compiange il cavaliere caduto nella polvere,
ma saziato di biada porta in groppa il nuovo padrone.
Allo stesso modo anche il ragazzo ama l'uomo del momento

Sir Galahad
03-December-2012, 10:47
Simonide di Ceo (556-468 ca a.C.)

1448

(Simonide di Ceo, miniatura medievale)

Simonide fu poeta itinerante. Fu scrittore versatile, molto seguito per il carattere gnomico dei suoi versi. Comunque, la sua produzione letteraria abbraccia vari generi letterari:

epigrammi
encomi
preghiere o maledizioni (kateukhài)
tragedie
ditirambi, ecc. A noi sono pervenuti frammenti elegiaci e melici.

La lingua è quella dorica, ma con tratti di derivazione omerica.
L'ispirazione è spesso epica
I temi trattati sono numerosi, soprattutto etici. Ricordiamo un tratto importante della sua produzione, che volse a trattare l'immortalità della poesia.
L'animo con cui affronta i temi è pessimistico, relativistico e anticonformista. Il risultato delle sue opere, però, a volte assume toni freddi e distaccati, quasi che si scorga una mancanza di partecipazione alle vicende della vita.
Anche se il suo genere poetico è legato in qualche modo al passato, Simonide di Ceo fu sempre incline ad accogliere i nuovi fermenti culturali.
Caratteri ricorrenti della poesia di Simonide sono la scelta minuzosa e abile delle parole, l'esprimersi attraverso il discorso chiaro ; la presenza di armonia.
Va anche ricordato che fu considerato il primo grande cultore dell'epigramma;
Di attitudine quindi versatile il suo è uno spirito scettico, libero da influenze mistiche, È giusto pensare che il suo pensiero precorra l'indirizzo spirituale che sfociera, poi, nel relativismo della scuola Sofistica.
La sua fama fu vasta e duratura, anche presso i poeti romani (Orazio e Catullo)

Sir Galahad
03-December-2012, 11:15
Alcuni frammenti di Simonide di Ceo:

Salvete, o fortissimi,
Che in guerra pugnaste,
D’Atene voi giovani,
Che gloria mercaste
Spingendo i destrier.

....................................
Se il bel morire è massima virtute,
Questo fra tutti a noi concesse morte,
Che a Grecia dare libertà volendo
Sacri a gloria immortal qui procombemmo.
...................................

Epigramma

Uomo, non dire mai cosa avverrà domani,
né, se vedi altro felice, quanto tempo lo sarà,
ché neppure il volo ad ali distese della mosca
sarà così veloce come il mutare delle vicende umane.

Sir Galahad
05-December-2012, 11:02
Simonide è interessante, dal punto di vista letterario, per i numerosi generi e le forme letterarie. Ne diamo qui un breve accenno:


Threnos, ovvero il lamento: canto funebre che celebra la dipartita di un rappresentante della polis
ditirambo, lirica corale in onore di Dioniso
prosodio, o canto processonale; Era cantato da un corteo di ragazzi e ragazze che portavano doni durante la processione diretta al tempio del dio celebrato, Dionoso o Artemide
encomio, componimento in versi a lode di una persona
epinicio, canto monodico celebrato dal vincitore degli agoni, o giochi agonistici (panellenici o regionali).

Sir Galahad
05-December-2012, 11:20
Laso di Ermione

Citaredo e compositore di inni agonistici. A Laso si deve l’introduzione del termine harmonia (gamma e logica successione di suoni), nonchè della cetra che permetteva l’introduzione del quarto di tono. A Laso di Ermione vanno ascritte anche numerose "sentenze" (o gnome, espressione brevemente concettosa di una norma morale), dette Lasìsmata.
Laso fu maestro di Pindaro e diffuse ad Atene il ditirambo in occasione delle feste a Dioniso.Si trattava di una composizione poetica corale, dove danza, poesia e musica erano fusi insieme e tutti e tre indispensabili in ugual misura. Il ditirambo era una danza , anche, collettiva.
I pochi frammenti pervenuti sono detti "asigmatici", ossìa privi della lettera "sigma" (corrispondente alla nostra lettera esse), perchè considerata da Laso "cacofonica", ossìa produttrice di suoni non armonici, brutti a sentire.

Laso di Ermione eseguiva misure sulle vibrazioni acustiche . Con tali sperimentazioni scoprì che, variando la quantità di liquido contenuta in un vaso, si potevano ottenere suoni di timbro diverso.

Propongo questo interessante link sulle teorie musicali ed estetiche di Laso di Ermione:

http://areeweb.polito.it/didattica/polymath/htmlS/argoment/Matematicae/Maggio_02/Laso.htm

Assieme a Laso di Ermione rammentiamo:
Teleste di Selinunte

Poeta ditirambico di Selinunte vissuto tra il V e il IV secolo a.C. Quasi niente sappiamo della sua vita. Apprendiamo da Diogene Laerzio che era siciliano e dal Marmor Parium che vinse una gara poetica ad Atene nel 402-401. Dei suoi ditirambi sono sopravvissuti solo pochissimi frammenti.

Sir Galahad
05-December-2012, 11:35
Teleste di Selinunte

1455

(faccia, bellissimo reperto archeologico di Selinunte)

A proposito di Selinunte, città greca della Magna Grecia, propongo questo intyeressantissimo link:

http://www.selinunte.net/video_tour_it.htm

Sir Galahad
05-December-2012, 18:40
Bacchilide di Ceo (VI-V sec. a.C.)

1457
Poeta itinerante, non insensibile al fruscìo del denaro :D, compose carmi di vario genere.
La lingua è il dorico, con alcuni jonismi
Lo stile è elegante, ricco di aggettivi ed epiteti
I ditirambi hanno struttura dialogica. I carmi hanno spesso carattere erotico ed encomiastico.

A Siracusa cantò le vittorie di Ierone ,in gara con Pindaro; in polemica con questo, Bacchilide chiamava sé stesso "l'usignolo di Ceo dalla lingua di miele". Morto Ierone, Bacchilide tornò in patria.

Sir Galahad
05-December-2012, 18:42
Bacchilide a Siracusa:

1458
(Musicista - forse Bacchilide - con ascoltatrici. Da Wikipedia)

“Cantami, Clio che doni
dolcezze, la regina di Sicilia
fruttuosa, Démetra e Kore con le viole,
e le cavalle di Ierone, a Olimpia rapide.

Ché, con l’eccelsa Nice
d’Aglaia, lungo l’Alfeo vorticoso
si scagliarono, e là corone meritarono
di gloria al figlio fortunato di Dinomenide.

Alla città di Siracusa vuole bene ancora
Apollo chiomadoro,
e Ierone, statista giusto, onora”.

---------------------------------------------
Antichità:

La Pace ai mortali ricchezze suol dare
E fiori di carmi di lingue mellite;
Si bruciano a’ Numi sovresso dell’are
Di pecore e buoi le cosce gradite,
Che il biondo divora del fuoco fervor.
E flauti e palestre sudate e banchetti
De’ giovani sono in pace i diletti,
Che loro sol scendono soavi nel cor.


Sui scudi di ferro recinti la tela
Il ragno distende: la ruggine nera
Le lance appuntate, le spade già vela
Aventi a due tagli la lama guerriera,
Le trombe di rame non s’odon squillar.
Non più del mio core conforto beato
Il sonno soave mi viene troncato,
Banchettasi, e s’odon fanciulli lodar

(trad.di Achille Giulio Danesi; tratto da Wikisource)

Sir Galahad
06-December-2012, 10:03
Pindaro di Cinoscefale (520 ca - 438 a.C.)

1460


Secondo una tradizione, Pindaro fu avviato alla poesia da due poetesse , Mirtide di Antedone e Corinna di Tanagra (di cui la seconda, soprannominata "mosca" per il probabile cicalèccio nell'esprimersi, fu autrice di almeno cinque libri, comprendenti in prevalenza nomoi monodici, "canti da vecchierelle", epigrammi).
Il periodo più formativo della suavita coincise con un profondo mutamento morale, politico e religioso della Grecia classica, che si avviava a demolire molti dei principi su cui si fondava l’educazione dell’età arcaica. Erano gli anni delle guerre persiane e il mondo greco si avviava a far coincidere Atene comepunto di riferimento per l’interaGrecia classica .
Poeta itinerante, possiamo leggere oggi le sue opere grazie ai critici alessandrini e all'attività medievale (dato incerto).
La lingua è il dorico, ma presenta spesso localismi.
Nel suo stile sono presenti associazioni mentali ardite (i cosiddetti "voli pindarici", che rappresentano ancora oggi il passaggio da un argomento a un altro tramite analogie improvvisate)
I temi trattati sono l'esistenza umana e il possibile contatto con il mondo degli dei.
Le odi Pindariche sono cantate secondo varie occasioni:il momento della vittoria e la celebrazione del vincitore; il racconto di un mito; e poi la riflessione etica (gnóme), che considera l'evento immediato, poeticamente espresso, in una meditazione più generale circa il destino dell'uomo.
La poesia, per Pindaro, raggiungela perfezione assoluta , l'areté , quando l'individuo eroico si connette al divino, al cosmo (cosmòs). La Poesia definisce la gloria del vincitore nei giochi regionali e Panellenici, esaltando il momento del successo atletico, momento in cui l'eroe consegue la pienezza della sua qualità umana, configurandolo come un mito.

Sir Galahad
06-December-2012, 10:22
PER TEEO DI ARGO LOTTATORE

...
Mutando a vicenda la sorte,
essi un giorno dimorano presso Zeus,
il padre diletto; un altro, nelle cavità della terra,
nei recessi di Terapne,
compiendo un uguale destino. Questa vita
scelse Polluce, più che essere in tutto un dio
e abitare nel cielo, poi che era morto
Castore in guerra.
L'aveva trafitto Ida
irato per i buoi, con la punta della lancia di bronzo.

Dal Taigeto, spiando, Linceo
lo scorse acquattato nel cavo
di un tronco di quercia: ché di tutti i mortali

egli aveva più acuto
lo sguardo. Con corsa veloce subito
lo raggiunsero, e ordirono in breve il grande misfatto.
Ma dalle mani di Zeus una pena terribile patirono
gli Afaretidi. Inseguendo,
giunse presto il figlio di Leda; ed essi si opposero
a lui presso la tomba del padre.

Divelta di qui una pietra levigata, ornamento di Ade,
la scagliarono contro il petto a Polluce; ma non lo schiacciarono
né lo respinsero. Balzò egli con la lancia veloce,
e immerse il bronzo nel fianco a Linceo.
Contro Ida scagliò Zeus il suo fulmine, portatore di fuoco, fumoso:
insieme essi arsero, in solitudine. Difficile è per i mortali
lottare coi più forti.

Sùbito il figlio di Tindaro
tornò indietro presso il forte fratello:
non morto ancora, ma per l'affanno
scosso da rantoli convulsi lo trovò.
Versando lacrime calde, tra i gemiti,
gridò: «Padre Cronide, quale rimedio sarà
ai miei dolori? Ordina anche a me,
insieme a lui, la morte, o Signore.
Per l'uomo privato dei suoi cari
perduta è la gloria: nell'affanno, sono pochi i mortali

che, fedeli, partecipano alle pene». Così
disse. Zeus davanti gli venne
e pronunciò queste parole: «Tu sei mio figlio;
poi, congiuntosi alla madre tua,
l'eroe suo sposo stillò
il seme mortale. Ma orsù, questa scelta
io ti concedo: se evitata la morte
e la vecchiezza aborrita,
tu vuoi abitare con me nell'Olimpo,
con Atena e con Ares dalla lancia nera,

è possibile a te questa sorte. Ma se per il fratello combatti,
e ogni cosa pensi dividere con lui in parte uguale,
metà del tempo vivrai sotto la terra,
e metà nelle dimore d'oro del cielo».
Così parlò. E Polluce non pose alla mente un duplice pensiero:
sciolse l'occhio e poi la voce
di Castore dalla cintura di bronzo.

Sir Galahad
06-December-2012, 11:15
Corinna di Tebe

1461

PAUSANIA – Descrizione della Grecia 9, 22, 3

… di Corinna, la quale fu la sola a Tanagra a comporre carmi, c’è, nella parte più visibile della città, un monumento; c’è nel ginnasio una pittura: con una benda Corinna si cinge la testa per la vittoria che riportò a Tebe su Pindaro con il suo canto. Mi sembra che lei abbia vinto in virtù del suo dialetto, poiché cantava non in lingua dorica come Pindaro, ma come potevano comprendere gli eolici, e perché costei era fra le donne di allora la più bella nell’aspetto, se dobbiamo credere al suo ritratto.

Così si parla di questa poetessa. Di cui, però, conosciamo pochissimi frammenti poetici

Sir Galahad
01-April-2013, 19:31
La lirica anonima
Di questi periodi fanno parte i cosiddetti canti aninimi, facenti riferimento alla lirica. Si tratta di pochi frammenti e si possono raggruppare in:

Carmi conviviali (Carmina convivalia): che i Greci appellavano anche "scoli", da skòlia, tortuoso, storto. probabilmente si chiamavano così perchè i simposiasti inanellavano i versi in modo anarchico, irregolare.
Carmi popolari (Carmina popularia): canti che attingevano dalle attività meccaniche, popolari, giornaliere, come la mietitura, la vendemmia; inoltre, filastrocche per bambini, erotici, nuziali.


Questa fu letteratura "di consumo", per così dire, o "paraletteratura": diffusa tra il popolo, fu interpretata in vario modo dai "letterati" del tempo: queste opere, allora, hannon uno "statuto aperto": ossìa, non mantengono un testo stabile, rigido, ma mutevole col tempo, le occasioni e l'interprete.

Sir Galahad
05-April-2013, 20:10
I Secoli V e IV a.C. vedranno, in Grecia, il fiorire del Teatro, tragico e comico.
In questi due secoli fiorisce e cresce la meravigliosa pianta del Teatro greco, sostanzialmente ateniese. Fu necessaria, allora, la trasmissione a viva voce nella comunicazione della Poesia, come in genere in ogni altra comunicazione nella Polis. E i luoghi fisici in cui si svolse lo spettacolo teatrale furono le feste religiose, le feste Dionisiache (in Marzo e Aprile). Lo spettacolo teatrale era legato al culto di Dioniso ed era molto apprezzato nella polis: tale spettacolo, organizzato e gestito dallo Stato stesso aveva quindi carattere religioso e politico; la funzione non era quindi di intrattenimento, ma soprattutto didattica (Didakè) nei confronti del cittadino.


Il Teatro tragico: i temi ivi trattati erano desunti dall'esperienza storica degli Elleni e dal tradursi del Mito; la Tragedia, si può dire, nasce e si sviluppa quando il cittadino della polis si confronta con i grandi temi mitici, quando cioè l'intelaiatura democratica (soprattutto ateniese) rivive i miti eroici, li elabora, li confronta con la vita della polis. L'Eroe del Mito viene messo in discussione, rivestito della problematica che assorbiva il cittadino ateniese, con la sua problematica e il suo mondo reale. Possiamo dire che ne fu eccezione Pindaro, i cui temi si rivolgevano alla conservazione del Mito antico ed all'elevazione della classe aristocratica (Aristòs) moderna: la sua fu poesia di elogio, ma non di discussione, conservando l'alone misterico che avvolgeva ancora gli Eroi del Mito, idealizzandoli. Vedremo lo svolgersi della tematica tragica in seno alla polis.

Sir Galahad
06-April-2013, 11:47
I Temi della Tragedia greca e la funzione del Coro:
La Tragedia, in Ellade, tratta problemi inerenti alla realtà umana nel suo scorrere quotidiano: così, essa parlerà alla polis di tutto ciò che materialmente e spiritualmente era sentito come urgente dal cittadino: i rapporti umani, le miserie, gli errori, l'amicizia e il tradimento, in un'esposizione oratoria che coinvolge emotivamente lo spettatore e ne lo fa sentire partecipe. La partecipazione alla Tragedia della Polis è rappresentata dal Coro, che colloca l'azione scenica in un sentito contesto storico-sociale. Il Teatro fu, allora, essenzialmente politico perchè in esso si rispercchiavano i sentimenti e la progettualità della Polis attraverso il Logos, o dibattito comune.

Sir Galahad
20-May-2013, 11:11
Eschilo (circa 525 - circa 456 a.C.)

1734
Ci giungono sette tragedie integre: Prometeo incatenato, Sette contro Tebe, Coefore e Eumenidi, Agamennone, Persiani, Supplici.
Il dramma eschìleo è solenne, in genere di tipo corale, con personaggi grandiosi, eroici.
I temi sono legati ai conflitti culturali della Grecia (da cui il termine Barbari), al significato profondo del Male, del Dolore umano, della colpa e delle responsabilità dell'uomo in esse. In Prometeo incatenato Eschilo ci dice che la catena di colpe che avvolge l'umanità non è mai priva di senso: infatti, solo con la sofferenza si può giungere alla Verità, alla conoscenza di sè e delle vicende umane, al vero senso di Giustizia (pathei mathos, la conoscenza si ottiene attraverso il dolore)
Di seguito, alcuni brani delle opere eschìlee

Incipit del Prometeo incatenato:

Potere: Agli estremi confini eccoci giunti
già della terra, in un deserto impervio
tramite de la Scizia. Ed ora, Efesto,
compier tu devi gli ordini che il padre
a te commise: a queste rupi eccelse
entro catene adamantine stringere
quest'empio, in ceppi che non mai si frangano:
ch'esso il tuo fiore, il folgorio del fuoco
padre d'ogni arte, t'involò, lo diede
ai mortali. Ai Celesti ora la pena
paghi di questa frodolenza, e apprenda
a rispettar la signoria di Giove,
a desister dal troppo amor degli uomini.


[Eschilo, Prometeo incatenato, traduzione di Ettore Romagnoli]

Agamennone , PROLOGO


SCOLTA


Numi, il riscatto concedete a me
dei miei travagli, della guardia lunga
un anno già, ch’io vigilo sui tetti
degli Atridi, prostrato su le gomita
5a mo’ d’un cane. E de le stelle veggo
il notturno concilio, ed i signori
riscintillanti che nell’ètra fulgono,
ed il verno e la state all’uomo recano.
Ed ora il segno aspetto della lampada,
10del fuoco il raggio, che da Troia rechi
della presa città la fama e il grido.
Cosí comanda il cuor che aspetta e brama
di maschia donna. E intanto, ecco il mio letto,
irrequïeto, molle di rugiada,
15né sogno alcuno lo frequenta mai:
ché non sovrasta a me sonno, ma tema
ch’io le pupille a sopor greve chiuda.


E quando intòno — a cogliere un antidoto
che il sonno vinca — un canto od una nenia,
io gemo allora, e piango la ventura
di questa casa, che non è più retta,
5come già fu, pel meglio. Ed ora giunga,
giunga felice dei travagli il termine,
col fausto annunzio del notturno fuoco.

Sir Galahad
24-May-2013, 10:17
Sofocle (497-405 a.C.)

1746

Di Sofocle, autore di numerosi drammi (ma anche di scritti satireschi), oltre a numerosi frammenti e papiri, ci giungono sette opere intere: Aiace, Antigone, Edipo re, Edipo a Colono, Elettra, Filottete, Trachinie (Le donne di Trachis).
Quando si leggono le opere di Sofocle, il pensiero va all'eroe tragico, che ci appare come eroe solitario, pensieroso, immerso nell'infelicità della vita, che arreca conflittualità nella lotta per l'esistenza terrena. La costruzione dei drammi è ricca di strutture oppositive (ossimori e antitesi) che sono, in esse, lo specchio dell'essenza conflittuale dell'esistenza stessa. I toni e gli aggettivi sono forti, spesso aspri: in Sofocle si trova quella che sarà chiamata l'ironia tragica, ossia l'artificio per cui, in un momento di apparente calma esistenziale , si declamano atti e parole che preannunciano \una catastriofe imminente.
I temi delle opere sofoclee sono, quindi, la fragilità esistenziale: per essa, la vita dell'individuo è in balìa alle forze imperscrutabili del Destino e della volontà degli dei; inoltre, troviamo in Sofocle la relazione tra colpa, responsabilità e destino, contrapponendo così le leggi umane (mosse da sentimenti più vari) alle leggi divine (mosse dalla giustizia).

Incipit di Edìpo re:

Scena, piazza in Tebe avanti alla Reggia. Edipo re


EDIPO e un SACERDOTE.
Altri Sacerdoti, Vecchi, Garzoni, tutti seduti in atto di supplicanti.


EDIPO.
O figli, prole del vetusto Cadmo,
Perchè qui ne venite ad assedervi,
Recando in man supplici rami? E tutta
È la città di vaporanti incensi
E d'inni insieme, e di lamenti piena.
Ciò d'altri udir non convenevol cosa
Stimando, o figlii, a voi qui venni io stesso,
Quel fra voi tutti rinomato Edipo.
Dillo, o vecchio, tu dunque, a cui s'addice
Pria di questi parlar: qui che vi trasse?
Tema o brama di che? Tutto a giovarvi
Oprar vogl'io. Ben duro cuore avrei,
Non sentendo pietà di tal consesso.


Traduzione di Felice Bellotti (1813)(tratto da Wikipedia)

Sir Galahad
24-May-2013, 10:43
da Edìpo a Colono (vv 1224-1238)

Non essere nati è condizione
che tutte supera; ma poi, una volta apparsi,
tornare al più presto colà donde si venne,
è certo il secondo bene.
Quando giovinezza non sia più accanto
con le sue lievi follìe,
quale mai affanno sta lontano,
quale mai pena non è presente?
Invidia, rivolte, contese, battaglie
e stragi: poi, spregiata sopraggiunge
estrema impotente intrattabile
vecchiezza senza amici, dove
tutti i mali più crudeli coabitano.


(traduzione di R.Cantarella)

Trama di Edipo a Colono (da Wikipedia)

Edipo, ormai mendico e cieco, nel suo vagabondare insieme alla figlia Antigone, arriva a Colono, un sobborgo nei pressi di Atene, in obbedienza ad un'antica profezia che diceva che lì sarebbero terminati i suoi giorni. Gli abitanti del luogo, conosciuta la sua identità, vorrebbero allontanarlo, ma il re di Atene, Teseo, gli accorda ospitalità e protezione (http://it.wikipedia.org/wiki/Xenia_%28antica_Grecia%29). A questo punto Edipo rivela a Teseo che quando i Tebani diverranno nemici degli Ateniesi, la sua tomba preserverà i confini dell'Attica. L’altra figlia Ismene li raggiunge, portando la notizia dello scontro fra i fratelli Eteocle (http://it.wikipedia.org/wiki/Eteocle) e Polinice (http://it.wikipedia.org/wiki/Polinice_%28mitologia%29), anch'essi figli di Edipo. Secondo un oracolo, la vittoria sarebbe arrisa a quello dei fratelli che fosse riuscito ad assicurarsi l’appoggio paterno. Arriva anche Creonte, re di Tebe (http://it.wikipedia.org/wiki/Tebe_%28Grecia%29), per convincere Edipo a tornare in patria, ma, visto il rifiuto di quest’ultimo, Creonte prende in ostaggio le figlie, che vengono però messe in salvo da Teseo. Giunge poi Polinice, nel tentativo di ingraziarsi le simpatie del padre, ma viene scacciato da Edipo. Infine si manifestano una serie di prodigi divini, che fanno capire ad Edipo che la sua fine è vicina. Egli viene accompagnato da Teseo in un boschetto sacro alle Eumenidi (http://it.wikipedia.org/wiki/Eumenidi), e lì sparisce per volontà degli dei, dopo aver predetto al re di Atene lunga prosperità per la sua città. Antigone e Ismene vorrebbero correre a vedere il luogo in cui il loro padre ora riposa, ma Teseo le ferma: a nessuno è lecito accostarsi a quel luogo. Le due sorelle si preparano allora a fare rientro a Tebe.

Sir Galahad
30-May-2013, 10:25
Euripide (484-406 a.C.)
1760

Di Euripide giungono a noi numerose tragedie, diciassette. Inoltre un dramma satiresco, Il Ciclope.
Euripide, probabilmente influenzato dalla scuola Sofistica, si presenta come un autore razionale e demistificante, anche nei confronti della religione e del credo irrazionale.
Le sue tragedie presentano un Prologo in cui un personaggio, Deus ex machina, è l'espositore e il risolutore dei complessi meccanismi che inglobano le vicende umane. Il Coro, con i corifei, è il commentatore unico . Le tragedie, spesso sperimentali e anticonvenzionali, fanno risaltare i problemi intimi connessi con la problematicità dell'esistenza. I personaggi subiscono un processo di umanizzazione, con grande attenzione alla sofferenza umana, al problema degli ultimi, degli esclusi, degli emarginati, delle donne, dei servi, insomma di tutti coloro che più umanamente rappresentano il dolore dell'esistenza umana .
Euripide ricorre spesso a concetti astratti , come la Sorte, il Destino, per descrivere l'arbitrio cui devono sottostare i viventi.
Temi euripidei sono: l'amicizia, la guerra e la pace, il diverso e l'escluso dal consorzio umano, la religione.
Dal punto di vista politico, Euripide aderisce fortemente alle idee pacifiste, per assumere un aspetto di evasione e di disimpegno nella fase più senile.

Sir Galahad
30-May-2013, 10:29
Oreste INCIPIT

ELETTRA: Niuna parola v'è tanto terribile,
nessuna traversía, nessuna doglia
suscitata dai Numi, onde non debba
reggere il peso la natura umana.
Tantalo infatti, il fortunato – oltraggio
non faccio al suo tristo destino – il figlio,
come dicon, di Giove, in aria sta
sempre sospeso, e temer deve il sasso
che gli pende sul capo, e questa pena
sconta, dicon, perché della celeste
mensa, ei mortale, ebbe l'onore, e freno
alla lingua non pose: vizio turpe
quanto altro mai. Costui generò Pèlope,
e da Pèlope Atreo nacque, per cui
la Parca, quando gli tessea lo stame,
la discordia filò, ché con Tieste
venisse a lotta, col fratello suo.

Sir Galahad
30-May-2013, 10:37
Lascio ai Commentari di Letteratura Greca l'arduo compito della critica dei testi. Vorrei solo farvi notare la bellezza, la delicatezza, l'armonia dei seguenti versi .
Sono di Euripide, tratti dall'Ippolito (vv 121 e segg.) .
Credo che il miglior atteggiamento, in questo caso, sia l'ascolto e il ritener per sè la poesia sprigionata:

CORO: C'è una roccia che stilla acqua, si dice, dall'Oceano, e con la corrente viva che sgorga da lei riempie le anfore; qui da una mia amica, che bagnava nell'acqua vesti di porpora e le stendeva sul dorso caldo della pietra marina, ho avuto notizie della nostra signora.

Sta in casa, coricata su un letto di dolore, e un velo leggero le ombreggia la testa bionda; è ormai il terzo giorno che non avvicina alla bocca il frutto di Demetra e digiuna, e nel suo dolore nascosto desidera solo arrivare al termine infelice della morte.