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Visualizza la versione completa : Noir, nero, anzi nerissimo: Derek Raymond



dolores
04-February-2012, 18:58
Considerato l’antenato diretto di James Ellroy e David Peace, Derek Raymond (Londra 12 giugno 1931 - 30 luglio 1994) è lo pseudonimo di Robert William Arthur Cook.
Sottrattosi ben presto all’educazione borghese impartitagli dalla famiglia, ha iniziato a viaggiare vivendo - tra gli altri posti - in Marocco, in Turchia, in Italia, improvvisandosi nei lavori più improbabili: dal riciclaggio di auto all’insegnamento dell’inglese, dall’impiego come tassista alla carriera di trafficante di materiale pornografico.
Il suo grande talento di scrittore noir viene rivelato dal romanzo “E morì a occhi aperti” (in Italia pubblicato da Meridiano Zero nel 1998 e ristampato nel 2003).
Le storie di Raymond sono durissime: ambientate nell’Inghilterra dei nostri giorni, descrivono le indagini della “Sezione Delitti Irrisolti” della Polizia Metropolitana. L’uomo che indaga è come l’uomo che uccide, potrebbero essere la stessa persona. Nascosto dalla quotidianità, dietro forme e apparenze ordinarie e maledettamente banali, il male colpisce e il bene (nei panni del poliziotto) deve immedesimarsi in lui per arrivare a catturarlo.

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I romanzi di Derek Raymond pubblicati da Meridiano Zero:

E morì a occhi aperti;
Aprile è il più crudele dei mesi;
Come vivono i morti;
Il mio nome era Dora Suarez;
Il museo dell’inferno;
Atti privati in luoghi pubblici;
Gli inquilini di Dirt Street;
Quando cala la nebbia rossa;
Incubo di strada;
Stanze nascoste (autobiografia).

dolores
04-February-2012, 19:03
"E morì a occhi aperti" - Factory - 1

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Primo romanzo della serie della Factory, “E morì a occhi aperti” si apre con il massacro spietato e metodico di un uomo di mezza età, gettato in un cespuglio come spazzatura. Mentre gli rompevano le ossa a una a una, sembra che la vittima (Charles Staniland) abbia assistito con passiva rassegnazione alla propria morte.
A Londra i casi del genere, sordidi e insignificanti, sono pane per la A14: Sezione Delitti Irrisolti.
Il Sergente senza nome, senza nessuna velleità di carriera, ma con un profondo interesse per coloro che dalla vita sono stati calpestati e sconfitti, inizia così un’indagine su una tragedia individuale, che affonda le radici nelle degradate periferie londinesi. Un’indagine anomala, condotta attraverso l’ascolto dei nastri su cui Staniland ha registrato la propria deriva.
Confondendosi con un’umanità meschina e malevola per capire la ragione di quel delitto, il sergente dovrà compiere una immedesimazione quasi totale con la vittima, arrivando alla scoperta di una storia d’amore che aveva accompagnato Staniland verso la morte, fino a ricongiungersi in un crudele abbraccio con i suoi carnefici.
Il mio primo incontro con Derek Raymond è stato – come poi anche i successivi – un’esperienza indimenticabile, perché con lui il noir diventa un’analisi lucida e quasi insopportabile dell’esistenza.

Cecilia (Teresa)
04-February-2012, 19:53
Ecco il noir come lo intendo io. Derek Raymond ha uno stile inconfondibile..ma sono ancora indecisa se leggere tutto quello che ha scritto. Nel senso che ho letto "E morì a occhi aperti" e "Stanze nascoste". Il primo mi ha lasciata indifferente, il secondo l'ho adorato, bevuto. E' molto crudo e diretto, Raymond. Non lascia spazio a tenerezza o pietà. Ma nel momento in cui leggete la sua autobiografia, che è proprio "Stanze nascoste", capirete il motivo del suo stile.

Mi sono immersa nella sua vita ed è uno tra i libri più belli che io abbia letto.
Amo la casa editrice Meridiano Zero, per aver proposto autori importanti come questo.


(http://contornidinoir.blogspot.com/2011/03/derek-raymond-stanze-nascoste.html)
Grazie dolores di aver creato questo thread.

dolores
08-February-2012, 12:49
Grazie a te, Cecilia. :D
"Stanze nascoste" è nella mia wl. L'autobiografia di Derek Raymond mi incuriosisce assai perché se le sue storie, è vero, possono sembrare raccapriccianti e ciniche, in realtà fanno trasparire un autore di grande sensibilità interiore, che mi piacerebbe approfondire.

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"Aprile è il più crudele dei mesi" - Factory 2


Trama
Londra. Un cadavere viene scoperto in un magazzino abbandonato, tagliato accuratamente a pezzi, bollito al di là di ogni possibilità di identificazione, e sigillato in cinque sacchetti di plastica. Il caso viene assegnato al sergente della Factory, un solitario che si trova spesso a indagare su delitti esecrandi e ripugnanti. Il sergente trova rapidamente la pista giusta, ma scopre che l'omicidio è solo l'inizio di una catena di eventi in cui il governo non vuole che nessuno vada a mettere il naso.

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Seconda indagine del Sergente senza nome della Factory (la stazione di polizia di Chelsea) presso la sezione “Delitti irrisolti”, che si occupa di “quei casi in cui le vittime sono state dichiarate in alto loco come trascurabili”.

Con il consueto stile scarno Raymond scava nell’animo dei suoi personaggi e ci mostra un’immagine di una Londra cinica, corrotta, putrida, marcia.
Per dirla con una frase che egli stesso amava ripetere: "La funzione del romanzo nero è di impedire alle persone di dimenticare l’orrore che regna".
Se è davvero così, allora i libri di Raymond realizzano perfettamente tale compito.

dolores
13-February-2012, 11:51
"Come vivono i morti" - Factory - 3

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Trama:

A Thornhill, poco fuori Londra, c’è una grande villa in decadenza. Un tempo le sue stanze risuonavano di un canto melodioso, ma ora non si ode che silenzio. L’affascinante Madame Mardy, giunta anni prima dalla Francia a seguito del marito, con la sua voce delicata e i suoi modi garbati, è scomparsa. Ma c’è qualcosa di inquietante nel modo in cui la donna, negli ultimi tempi, si era fatta impalpabile e quasi evanescente, prima di sparire del tutto. C’è qualcosa di angosciante nel vuoto che ha lasciato nel paese.
A14, sezione Delitti Irrisolti. Al Sergente senza nome piace lavorare da solo, e di andare a Thornhill viene incaricato lui. Qui trova un’accoglienza gelida, un clima di opprimente omertà. Alla piccola stazione di polizia locale gli uomini in divisa volgono lo sguardo altrove, sperando in segreto che quel detective sgangherato mandato dalla capitale non colga nei loro occhi il luccichio sinistro dei corrotti.
Il caso sembra fatto apposta per lui e per i suoi metodi di indagine: atteggiamento provocatorio, maniere rudi, nessun rispetto per i superiori ("La mia non è mancanza di rispetto, ma di pazienza. Il mio guaio è che non riesco a sopportare gli idioti. Mi preoccupo della giustizia, non dei gradi"), ma un grande rispetto per la dignità e la sofferenza umana ("Sarebbe troppo semplice accontentarsi di giustizia e logica. Che cosa ce ne faremmo senza la pietà?").
Grazie a questi modi schietti, il sergente saprà farsi strada in quella provincia impietosamente descritta (dalle fabbriche chiuse alle campagne desolate, dai vecchi alcolizzati del pub ai giovani senza futuro) per scoprire - al fondo dell'indagine - un segreto crudele come lo stesso male di vivere, spietato come la follia dell’amore.

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dolores
23-February-2012, 12:50
"Il mio nome era Dora Suarez" - Factory - 4


http://image.anobii.com/anobi/image_book.php?type=3&item_id=0143fc06eb55459529&time=0

Dora Suarez è ancora viva, giace immobile in una pozza di sangue sul pavimento di una vecchia stanza gelata. Il suo assassino non ha ancora finito, contempla il suo corpo martoriato. La spia, le bacia le ferite, gode il frutto marcio della sua ossessione.
Il tragico quarto capitolo della saga della Factory è un sipario strappato: un viaggio diabolico nella mente folle di un serial killer che espia il massacro delle proprie vittime infliggendosi punizioni bestiali e cruente.
Il Sergente – silenzioso antieroe del formidabile ciclo di romanzi forgiato da Derek Raymond nell’oro rosso del proprio talento narrativo – non ha indizi sul perché l’assassino si sia accanito proprio su Dora Suarez, annullando letteralmente trent’anni di vita. Solo un diario. Le pagine che contengono il gorgo tortuoso di un’esistenza spesa sulle putride strade di Londra, la storia di una bellezza corrosa e lacerata che non ha trovato protezione.
Ma quelle pagine sono la mappa più preziosa nelle sue mani, lo specchio impietoso di una vita recisa che grida una sola parola: vendetta. Perché Dora ormai gli è entrata nelle ossa, come il più impossibile degli amori.
Il capolavoro di Derek Raymond: un labirinto febbricitante che precipita i protagonisti nel pozzo nero del dolore mentre la passione per una donna è l’unica fioca luce che guida verso schegge di giustizia.
Leggere Il mio nome era Dora Suarez è come entrare dentro un buco nero di disperazione e di abiezione, è un’esperienza che fa molto male.

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dolores
02-March-2012, 18:01
"Il museo dell'inferno" - Factory 5


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"La mia esperienza delle donne, della bellezza, è troppo intensa per essere fatta direttamente; devo dissezionare e assorbire. Per fare quello che devo, la bellezza deve essere inerte."

Ronald Jidney dà forma alle sue teorie estetiche martoriando e uccidendo con dedizione totale le sue vittime, scomponendo e ricomponendo i loro corpi come un artista fa con la materia, per affermarsi contro quella vita che l’ha maltrattato, nella certezza che "l’unico modo di scampare all’inferno, è diventarlo".
Il Sergente senza nome della A14, sezione Omicidi Irrisolti, questa volta si trova proiettato in un’indagine quasi per caso: un ex collega insospettito dal comportamento di un vicino di poche parole, una serie di donne apparentemente scomparse, un’identità celata sotto nomi differenti. Uno stuolo di esistenze, avvolte da una patina di normalità quotidiana così densa da poter diventare il miglior nascondiglio per l’orrore. Emergono a poco a poco i particolari di un quadro terribile e angosciante, del quale fino all’ultimo nessuno sembra rendersi conto.

Raymond, nel quinto romanzo della serie della Factory, ci conduce come una guida solerte per i corridoi di questo Museo dell’inferno, e la visita prende la forma di una discesa negli abissi dell’uomo, di un’esplorazione delle oscurità della mente omicida: ma, attraverso lo sguardo lucido, impietoso dell’autore, ogni follia sembra sgretolarsi e dissolversi, per lasciare in piedi soltanto l’abbagliante evidenza del male.

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