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Aleciccio
28-November-2011, 09:18
Eugenio Montejo, nato a Caracas nel 1938 e morto in il 6 giugno 2008 dopo una breve ma violenta malattia, è il poeta più rappresentativo del Venezuela ed una delle voci fondanti della poesia ispanoamericana nel secondo Novecento. Diplomatico, studioso e critico letterario, Montejo era stato insignito nel 2004 in Messico con il prestigioso Premio di Poesia e Saggistica “Octavio Paz”.

GLI ALBERI

Parlano poco gli alberi, si sa.
Passano tutta la vita meditando
e muovendo i loro rami.
Basta guardarli in autunno
quando si riuniscono nei parchi:
soltanto i più vecchi conversano,
quelli che donano le nuvole e gli uccelli,
ma la loro voce si perde tra le foglie
e assai poco percepiamo, quasi niente.
È difficile riempire un piccolo libro
coi pensieri degli alberi.
Tutto in essi è vago, frammentario.
Oggi, ad esempio, mentre ascoltavo il grido
di un tordo nero, di ritorno verso casa,
grido ultimo di chi non attende un'altra estate,
ho capito che nella sua voce parlava un albero,
uno dei tanti,
ma non so cosa fare di quel grido,
non so come trascriverlo.

(da “Alcune parole”, 1976)

EUGENIO MONTEJO

Aleciccio
28-November-2011, 09:19
MONTAGNE

S’indorano quando il sole le ricompensa,
distese, calme, senza un gesto,
nonostante custodiscano nel loro grembo
la pazienza del mondo.
Ci vedono invecchiare attendendo che parlino,
ci seguono quando ci trasferiamo
di città in città,
ondulando attraverso remote finestre.
Giacciono sospese con le loro vette nell’aria,
le superiamo guardandole da lontano,
sono antichi abiti matrimoniali però intatti,
nelle fotografie incorniciano quello che fummo
e finanche sorridono
sempre così calme sotto il sole che le indora,
serenissime madri.

Eugenio Montejo

Aleciccio
28-November-2011, 09:20
TERRITUDINE

Stare qui per anni sulla terra,
con le nubi che arrivano, con gli uccelli,
sospesi a fragili ore.
A bordo, quasi alla deriva,
più vicini a Saturno, più lontani,
mentre il sole fa un giro e ci trascina
e il sangue percorre il suo profondo universo
più sacro di tutti gli astri.
Stare qui sulla terra: non più lontani
di un albero, né più incomprensibili,
leggeri d’autunno, gonfi d’estate,
con ciò che siamo o non siamo, con l’ombra,
la memoria, il desiderio, fino alla fine
(se c’è una fine) voce a voce,
casa per casa,
sia chi porta la terra, se la portano,
o chi l’attende, se l’attendono,
dividendo insieme ogni volta il pane
in due, in tre, in quattro,
senza dimenticare gli avanzi per la formica
che sempre viaggia da remote stelle
per essere puntuale all’ora della nostra cena
sebbene le briciole siano amare.

Eugenio Montejo

Aleciccio
28-November-2011, 09:21
Sono questa vita

Sono questa vita e quella che resta,
quella che verrà dopo in altri giorni,
in altri giri della terra.
Quella che ho vissuto così come fu scritta
ora dopo ora
sul grande libro indecifrabile,
quella che mi va cercando per strada,
da un taxi
e senza avermi visto mi ricorda.
Ancora non so quando arriverà, chi la trattiene,
non conosco il suo viso, il suo corpo, il suo sguardo,
non so se arriverà da un altro paese
in un tappeto volante
o da un altro continente.
Sono questa vita che ho vissuto o malvissuto
ma ancor di più quella che deve arrivare
nelle orbite che la terra mi deve.
Quella che sarà domani quando arrivi
in un amore, una parola;
quella che in ogni attimo spero di prendere
senza sapere se è qui, se è lei quella che scrive
guidandomi la mano.

Eugenio Montejo

Aleciccio
19-December-2011, 12:36
CREDO NELLA VITA

Credo nella vita sotto forma terrestre,
tangibile, vagamente rotonda,
meno sferica ai poli,
... in ogni luogo piena di orizzonti.

Credo nelle nuvole, nelle loro pagine
nitidamente scritte
e negli alberi, soprattutto d’autunno.
(Talvolta mi sembra d’essere un albero).

Credo nella vita come territudine,
come grazia o disgrazia.
Il mio più grande desiderio fu quello di nascere,
e ogni istante aumenta ancora.

Credo nel dubbio agonico di Dio,
ovvero, credo di non credere,
anche se di notte, da solo,
interrogo le pietre,
ma non sono ateo di nulla
se non della morte.

Eugenio Montejo

daniela
28-December-2011, 21:31
ALFABETO DEL MONDO

Invano mi attardo a decifrare
l'alfabeto del mondo.
Leggo nelle pietre un oscuro singhiozzo,
echi soffocati tra torri e palazzi,
grazie al tatto indovino la terra
piena di fiumi, paesaggi e colori,
ma quando li copio mi sbaglio sempre.
Per scrivere devo aggrapparmi a una linea
sul libro dell'orizzonte.
Disegnare il miracolo di quei giorni
che galleggiano avvolti nella luce
e si liberano in canti di uccelli.
Quando in strada gli uomini che oscillano
dal rancore alla fatica, cavillosi,
mi si rivelano più che mai innocenti.
Quando il baro, il furfante, l'adultera,
i martiri dell'oro o dell'amore
sono soltanto segnali che non ho saputo leggere,
che ancora non riesco ad annotare nel mio quaderno.
Quanto vorrei che almeno per un istante
questa pagina febbricitante di poesia
incidesse ogni lettera nella sua trasparenza:
la o del ladro, la t del santo
il gotico dittongo del corpo e del suo desiderio,
con la stessa scrittura del mare sulle sabbie,
la stessa cosmica pietà
che la vita distende davanti ai miei occhi.

Eugenio Montejo

daniela
28-December-2011, 21:32
IL CANTO DEL GALLO
a Adriano Gonzàlez Leòn

Il canto è al di fuori del gallo;
goccia a goccia sta cadendo nel suo corpo,
ora che dorme sull'albero.
Sotto la notte cade, non smette di cadere
dall'ombra tra le sue vene e le sue ali.
Il canto sta riempiendo, incontenibile,
il gallo come fosse un'anfora;
riempie le sue piume, la sua cresta, i suoi speroni,
fino a straripare e si ode immenso il grido
che attraverso il mondo si sparge senza tregua.
Poi il battito delle ali torna alla sua quiete
e il silenzio si addensa.
Nuovamente il canto resta fuori
diffuso all'ombra dell'aria.
Dentro al gallo ci sono solo viscere e sonno
e una goccia che cade nella notte profonda,
silenziosamente, al ticchettio degli astri.

Eugenio Montejo

Aleciccio
10-January-2012, 14:45
Lascia che ti ami fino a quando girerà la terra
e gli astri inchinino i loro cranei azzurri
sulla rosa dei venti.
Galleggiando, a bordo di questo giorno
nel quale per caso, per un istante,
ci siamo destati così vicini.
Ho potuto vivere in un altro regno, in un altro mondo,
a molte leghe dalle tue mani, dal tuo sorriso,
su un pianeta remoto, irraggiungibile.
Sono potuto nascere secoli fa
quando non esistevi in nulla
e nelle mie ansie di orizzonte
potevo indovinarti in sogni di futuro,
ma le mie ossa a quest’ora
non sarebbero che alberi o pietre.
Non è stato ieri né domani, in un altro tempo,
in un altro spazio,
né giammai accadrà
quantunque l’eternità lanci i suoi dadi
a favore della mia fortuna.
Lascia che ti ami fino a quando la terra
graviterà al ritmo dei suoi astri
e ad ogni istante ci stupisca
questo fragile miracolo di esser vivi.
Non abbandonarmi fino a quando essa non si fermerà.

Eugenio Montejo Venezuela (Caracas, 1938-Valencia, 2008)

Aleciccio
22-October-2012, 22:53
La poesia attraversa la terra in solitudine,
appoggia la sua voce sul dolore del mondo
e niente chiede
- nemmeno parole.
Arriva da lontano e senza orario, non avverte mai;
ha la chiave della porta.
Entrando si sofferma sempre ad osservarci.
Poi apre la sua mano e ci offre
un fiore o un ciottolo, qualcosa di segreto,
ma tanto intenso che il cuore palpita
troppo veloce. E ci svegliamo.


Eugenio Montejo

Aleciccio
17-December-2012, 10:05
Non raggiungo il tempo del tuo corpo,
sono nato lontano, in un paese che è aria, nuvola, notte,
anche se mi ascolti da vicino.
Sono nato fuori dal tempo del tuo sorriso, dei tuoi occhi,
in un altro meridiano.
Ci amiamo da mare a mare,
da un astro a un altro,
non importa che oggi tu mi senta accanto a te.


Sebbene ti risvegli nuda qui con me,
il tuo tempo va avanti,
il tempo delle tue mani, del tuo volto;
sono accanto alla tua ombra e non ti afferro.


Sono lontane da me le ore del tuo amore,
sotto una luce di neve,
in qualche città che non conosco.
Le nostre vite si raggiungono, si confondono,
si scambiano singhiozzi, baci, sogni,
ma siamo lontani mille miglia l’uno dall’altro,
forse in secoli diversi,
su due pianeti che si cercano
stanchi di non trovarsi.


Eugenio Montejo

Aleciccio
10-January-2013, 14:59
RISVEGLIO


La luce distrugge i castelli
dove galleggiavamo in sogno;
lascia il suo odore di balena
nel nostro specchio opaco...
Vagabondavamo vicino a Saturno,
ora la terra gira più lentamente.
Tremiamo soli al centro del mondo
e apriamo la finestra
perché il giorno passi con la sua barca.
Stanotte abbiamo dormito in un paese lontano.

Eugenio Montejo

Aleciccio
12-July-2013, 08:17
Lascia che ti ami fino a quando girerà la terrae gli astri inchinino i loro crani azzurrisulla rosa dei venti.Galleggiando, a bordo di questo giornonel quale per caso, per un istante,ci siamo destati così vicini.Ho potuto vivere in un altro regno, in un altro mondo,a molte leghe dalle tue mani, dal tuo sorriso,su un pianeta remoto, irraggiungibile.Sono potuto nascere secoli faquando non esistevi in nullae nelle mie ansie di orizzontepotevo indovinarti in sogni di futuro,ma le mie ossa a quest’oranon sarebbero che alberi o pietre.Non è stato ieri né domani, in un altro tempo,in un altro spazio,né giammai accadràquantunque l’eternità lanci i suoi dadia favore della mia fortuna.Lascia che ti ami fino a quando la terragraviterà al ritmo dei suoi astrie ad ogni istante ci stupiscaquesto fragile miracolo di esser vivi.Non abbandonarmi fino a quando essa non si fermerà.Eugenio Montejo