PDA

Visualizza la versione completa : Ulisse nella poesia e nella letteratura



Chomsky
04-March-2018, 15:58
Ulisse è certamente uno degli eroi mitologici più affascinanti ed iconici. "Uomo dal multiforme ingegno" per citare Omero, è il simbolo di chi non si arresta alle prime difficoltà e che cerca sempre dentro di sè le risorse per superare tutti gli ostacoli.

Canto XXVI della Divina Commedia


«Quando

mi diparti’ da Circe, che sottrasse
me più d’un anno là presso a Gaeta,
prima che sì Enea la nomasse,

né dolcezza di figlio, né la pieta
del vecchio padre, né ’l debito amore
lo qual dovea Penelopé far lieta,

vincer potero dentro a me l’ardore
ch’i’ ebbi a divenir del mondo esperto,
e de li vizi umani e del valore;

ma misi me per l’alto mare aperto
sol con un legno e con quella compagna
picciola da la qual non fui diserto.

L’un lito e l’altro vidi infin la Spagna,
fin nel Morrocco, e l’isola d’i Sardi,
e l’altre che quel mare intorno bagna.

Io e ’ compagni eravam vecchi e tardi
quando venimmo a quella foce stretta
dov’Ercule segnò li suoi riguardi,

acciò che l’uom più oltre non si metta:
da la man destra mi lasciai Sibilia,
da l’altra già m’avea lasciata Setta.

"O frati", dissi "che per cento milia
perigli siete giunti a l’occidente,
a questa tanto picciola vigilia

d’i nostri sensi ch’è del rimanente,
non vogliate negar l’esperienza,
di retro al sol, del mondo sanza gente.

Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza".

Li miei compagni fec’io sì aguti,
con questa orazion picciola, al cammino,
che a pena poscia li avrei ritenuti;

e volta nostra poppa nel mattino,
de’ remi facemmo ali al folle volo,
sempre acquistando dal lato mancino.

Tutte le stelle già de l’altro polo
vedea la notte e ’l nostro tanto basso,
che non surgea fuor del marin suolo.

Cinque volte racceso e tante casso
lo lume era di sotto da la luna,
poi che ’ntrati eravam ne l’alto passo,

quando n’apparve una montagna, bruna
per la distanza, e parvemi alta tanto
quanto veduta non avea alcuna.

Noi ci allegrammo, e tosto tornò in pianto,
ché de la nova terra un turbo nacque,
e percosse del legno il primo canto.

Tre volte il fé girar con tutte l’acque;
a la quarta levar la poppa in suso
e la prora ire in giù, com’altrui piacque,

infin che ’l mar fu sovra noi richiuso».

Chomsky
04-March-2018, 16:02
Ulisse di Alfred Tennyson nella traduzione di Giovanni Pascoli



Re neghittoso alla vampa del mio focolare tranquillo
star, con antica consorte, tra sterili rocce, non giova
e misurare e pesare le leggi ineguali a selvaggia
gente che ammucchia, che dorme, che mangia e che non mi conosce.

Starmi non posso dall’errar mio: vuò bere la vita
sino alla feccia.Per tutto il mio tempo ho molto gioito,
molto sofferto, e con quelli che in cuor mi amarono, e solo;
tanto sull’arida terra, che quando tra rapidi nembi
l’Iadi piovorne travagliano il mare velato di brume.

Nome acquistai, ché sempre errando con avido cuore
molte città vidi io, molti uomini, e seppi la mente
loro, e la mia non il meno; ond’ero nel cuore di tutti:
e di lontane battaglie coi pari io bevvi la gioia,
là nel pianoro sonoro di Troia battuta dal vento.

Ciò che incontrai nella mia strada,ora ne sono una parte.
Pur,ciò ch’io vidi è l’arcata che s’apre sul nuovo:
sempre ne fuggono i margini via, man mano che inoltro.

Stupida cosa il fermarsi,il conoscersi un fine, il restare
sotto la ruggine opachi nè splendere più nell’attrito.

Come se il vivere sia quest’alito!vita su vita
poco sarebbe,ed a me d’una, ora,un attimo resta.

Pure, è un attimo tolto all’eterno silenzio, ed ancora
porta con sè nuove opere, e indegna sarebbe,per qualche
due o tre anni,riporre me stesso con l’anima esperta
ch’arde e desìa di seguir conoscenza:la stella che cade
oltre il confine del cielo,di là dell’umano pensiero.

Ecco mio figlio, Telemaco mio, cui ed isola e scettro
lascio; che molto io amo; che sa quest’opera, accorto,
compiere; mansuefare una gente selvatica, adagio,
dolce, e così via via sottometterla all’inutile e al bene.

Irreprensibile egli è, ben nel mezzo ai doveri,
pio, che non mai mancherà nelle tenere usanze, e nel dare
il convenevole culto agli dei della nostra famiglia,
quando non sia qui io: il suo compito e’ compie; io, il mio.

Eccolo il porto, laggiù: nel vascello si gonfia la vela:
ampio nell’oscurità si rammarica il mare. Compagni
cuori ch’avete con me tollerato, penato, pensato,
voi che accoglieste, ogni ora, con gaio ed uguale saluto
tanto la folgore, quanto il sereno, che liberi cuori,
liberi fronti opponeste: oh! Noi siam vecchi, conpagni;
pur la vecchiezza anch’ella ha il pregio, ha il compito: tutto
chiude la Morte; ma può qualche opera compiersi prima
D’uomini degna che già combatterono a prova coi Numi!
Già da’ tuguri sui picchi le luci balenano: il lungo
giorno dilegua, al luna insensibile monta; l’abisso
geme e sussurra all’intorno le mille sue luci. Venite:
tardi non è per coloro che cercano un mondo novello.


Uomini, al largo, e sedendovi in ordine, i solchi sonori
via percotete: ho fermo nel cuore passare il tramonto
ed il lavacro degli astri di là: fin ch’abbia la morte.

Forse è destino che i gorghi del mare ci affondino; forse,
nostro destino è toccar quelle isole della Fortuna,
dove vedremo l’a noi già noto, magnanimo Achille.

Molto perdemmo, ma molto ci resta: non siamo la forza
più che nei giorni lontani moveva la terra ed il cielo:
noi, s’è quello che s’è: una tempera d’eroici cuori,
sempre la stessa: affraliti dal tempo e dal fato, ma duri
sempre in lottare e cercare e trovare né cedere mai.

Sir Galahad
04-March-2018, 17:09
Di Kostantino Kavafis

Itaca

Quando ti metterai in viaggio per Itaca
devi augurarti che la strada sia lunga,
fertile in avventure e in esperienze.
I Lestrigoni e i Ciclopi
o la furia di Nettuno non temere,
non sarà questo il genere di incontri
se il pensiero resta alto e un sentimento
fermo guida il tuo spirito e il tuo corpo.
In Ciclopi e Lestrigoni, no certo,
né nell’irato Nettuno incapperai
se non li porti dentro
se l’anima non te li mette contro.
Devi augurarti che la strada sia lunga.
Che i mattini d’estate siano tanti
quando nei porti – finalmente e con che gioia –
toccherai terra tu per la prima volta:
negli empori fenici indugia e acquista
madreperle coralli ebano e ambre
tutta merce fina, anche profumi
penetranti d’ogni sorta;
più profumi inebrianti che puoi,
va in molte città egizie
impara una quantità di cose dai dotti
Sempre devi avere in mente Itaca –
raggiungerla sia il pensiero costante.
Soprattutto, non affrettare il viaggio;
fa che duri a lungo, per anni, e che da vecchio
metta piede sull’isola, tu, ricco
dei tesori accumulati per strada
senza aspettarti ricchezze da Itaca.
Itaca ti ha dato il bel viaggio,
senza di lei mai ti saresti messo
in viaggio: che cos’altro ti aspetti?
E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso.
Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso
già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare.
(1911)

Chomsky
04-March-2018, 17:29
Ulisse coperto di sale di Roberto Roversi cantato da Lucio Dalla.
Anidride Solforosa (1975)

Ulisse coperto di sale

Vedo le stanze imbiancate
tutte le finestre spalancate.
Neve non c’è, il sole c’è,
nebbia non c’è, il cielo c’è!

Tutto scomparso, tutto cambiato
mentre ritorno da un mio passato
tutto è uguale, irreale
sono Ulisse coperto di sale!

È vero
la vita è sempre un lungo, lungo ritorno.
Ascolta,
io non ho paura dei sentimenti.
E allora guarda,
io sono qui,
ho aperto adagio adagio con la chiave;
come un tempo
ho lasciato la valigia sulla porta
‒ ho lasciato la valigia sulla porta.

Ho guardato intorno prima di chiamare, chiamare
non ho paura,
ti dico che sono tornato per trovare, trovare
come una volta
dentro a questa casa
la mia forza
come Ulisse che torna dal mare
come Ulisse che torna dal mare.

Una mano di calce bianca
sulle pareti della mia stanza
cielo giallo di garbino,
occhio caldo di bambino!

Tiro il sole fin dentro la stanza
carro di fuoco che corre sul cuore
perché ogni giorno è sabbia e furore
e sempre uguali non sono le ore!

Voglio dirti:
non rovesciare gli anni come un cassetto vuoto.
Ascolta:
anche i giovani non hanno paura di un amore
e mai, mai, mai
strappano dal cuore i sentimenti;
io ti guardo,
la tua forza è un’ombra di luce
la tua forza è un’ombra di luce.

‒ La mano affondata
nel vento del vento,
aria calda,
urlano quelle nostre ore
strette in un pugno
urlano come gli uccelli,
i sassi si consumano,
non si consuma la vita
la giornata è uguale
a una mano che è ferita
io sono Ulisse al ritorno
Ulisse coperto di sale!
Ulisse al principio del giorno!


https://www.youtube.com/watch?v=twczChtBE1A


Itaca di Gianfranco Baldazzi e Sergio Bardotti cantata da Lucio Dalla
Storie di casa mia (1971)


Capitano che hai negli occhi
il tuo nobile destino
pensi mai al marinaio
a cui manca pane e vino?
Capitano che hai trovato
principesse in ogni porto
pensi mai al rematore
che sua moglie crede morto.

Itaca Itaca Itaca
la mia casa ce l’ho solo là,
Itaca Itaca Itaca
a casa io voglio tornare
dal mare dal mare dal mare…

Capitano le tue colpe
pago anch’io coi giorni miei
mentre il mio più gran peccato
fa sorridere gli dei
e se muori, è un re che muore
la tua casa avrà un erede
quando io non torno a casa
entran dentro fame e sete.

Itaca Itaca Itaca
la mia casa ce l’ho solo là,
Itaca Itaca Itaca
a casa io voglio tornare
dal mare dal mare dal mare…

Capitano che risolvi
con l’astuzia ogni avventura
ti ricordi di un soldato
che ogni volta ha più paura?
Ma anche la paura in fondo
mi dà sempre un gusto strano...
Se ci fosse ancora mondo
sono pronto, dove andiamo?…
(https://www.antiwarsongs.org/canzone.php?lang=it&id=846#note-c846_1)

Itaca Itaca Itaca
la mia casa ce l’ho solo là,
Itaca Itaca Itaca
a casa io voglio tornare
dal mare dal mare dal mare…


https://www.youtube.com/watch?v=Xxk-j8YugkA

Chomsky
04-March-2018, 17:38
Torquato Tasso La Gerusalemme liberata

"Ercole, poi ch’uccisi i mostri ebbe di Libia e del paese ispano,
e tutti scòrsi e vinti i lidi vostri,
non osò di tentar l’alto oceano:
segnò le mète, e ’n troppo brevi chiostri
l’ardir ristrinse de l’ingegno umano;
ma quei segni sprezzò ch’egli prescrisse.
di veder vago e di saper, Ulisse.
Ei passò le Colonne, e per l’aperto
mare spiegò de’ remi il volo audace;
ma non giovogli esser ne l’onde esperto,
perché inghiottillo l’ocean vorace,
e giacque co ’l suo corpo anco coperto
il suo gran caso, ch’or tra voi si tace.
S’altri vi fu da’ venti a forza spinto,
o non tornovvi o vi rimase estinto;
sí ch’ignoto è ’l gran mar che solchi: ignote
isole mille e mille regni asconde;
né già d’abitator le terre han vòte,
ma son come le vostre anco feconde:
son esse atte al produr, né steril pote
esser quella virtú che ’l sol n’infonde."

Come si vede c'è un chiaro riferimento a Dante e "il volo audace" richiama immediatamente il "folle volo" del Sommo Poeta.

Sir Galahad
04-March-2018, 20:53
Scusate se sono autoreferenziale, ma come poteva mancare questa mia poesia scritta sei anni fa proprio per il Forum?

A Ulisse


E prende il largo
d'Itaca il re,
l'ingegno multiforme al nuovo aperto .
E la tua nave, prode Odissèo,
lascia il passato
occhi rivolti al Destino,
seme itacense,
gli occhi della bella Calypso
più non rimembra,
e non rimembra più
le dolci muliebri braccia
bianche e di loto odorose.
Và, Odisseo, Telemaco lascia,
e di Calypso il frutto
del seme tuo
lascia.
Và, và oltre le colonne,
ad incontrar Destino!
Lotofagi non troverai,
è pur vero,
ma il dannato Futuro
frutto di speme e del multiforma ingegno tuo.
Và, e dànnati,
Lestrìgoni lascia,
ma sappi, Uticense:
la dannata tua ricerca
più non sarà vera,
al Ver non corrisponde.
Ubriaco di speme
affonderà, il sai,
lo legno tuo.

E perderai la Speme, ed i tuoi forti lombi
più gustar non potranno
delle femminee curve.
Affonderà lo legno tuo
ma, non ti devi curar:
il tuo straziato corpo
tratto sarà dai flutti e consegnato
alla bella Calypso
ch'ognor attende
il tuo ritorno,
gli occhi scrutanti la lingua d'orizzonte
del tristo mare...

daniela
04-March-2018, 20:56
Ulisse

Nella mia giovinezza ho navigato
lungo le coste dalmate. Isolotti
a fior d'onda emergevano, ove raro
un uccello sostava intento a prede,
coperti d'alghe, scivolosi, al sole
belli come smeraldi. Quando l'alta
marea e la notte li annullava, vele
sottovento sbandavano più al largo,
per fuggirne l'insidia. Oggi il mio regno
è quella terra di nessuno. Il porto
accende ad altri i suoi lumi; me al largo
sospinge ancora il non domato spirito,
e della vita il doloroso amore.

Umberto Saba



Nella lirica, tratta da Mediterranee e pubblicata nel 1948 come conclusione del Canzoniere, l'eroe omerico nel titolo diventa il simbolo della brama di conoscenza dell'uomo e della sua voglia di infrangerne i limiti,

Sir Galahad
04-March-2018, 21:15
Ciao, Chomsky !

Chomsky
04-March-2018, 21:57
I miei saluti Sir!

L'ULTIMO VIAGGIO DI ULISSE di Giovanni Pascoli

E la corrente tacita e soave
più sempre avanti sospingea la nave.
E il vecchio vide che le due Sirene,
le ciglia alzate su le due pupille,
avanti sè miravano, nel sole
fisse, od in lui, nella sua nave nera.
E su la calma immobile del mare,
alta e sicura egli inalzò la voce.
"Son io! Son io, che torno per sapere!
Chè molto io vidi, come voi vedete
me. Sì; ma tutto ch’io guardai nel mondo,
mi riguardò; mi domandò: Chi sono?"
E la corrente rapida e soave
più sempre avanti sospingea la nave.
E il vecchio vide un grande mucchio d’ossa
d’uomini, e pelli raggrinzate intorno,
presso le due Sirene, immobilmente
stese sul lido, simili a due scogli.
"Vedo. Sia pure. Questo duro ossame
cresca quel mucchio. Ma,
cresca quel mucchio. Ma, voi due, parlate!
Ma dite un vero, un solo a me, tra il tutto,
prima ch’io muoia, a ciò ch’io sia vissuto!"
E la corrente rapida e soave
più sempre avanti sospingea la nave.
E s’ergean su la nave alte le fronti,
con gli occhi fissi delle due Sirene.
"Solo mi resta un attimo. Vi prego!
Ditemi almeno chi sono io, chi ero!"
E tra i due scogli si spezzò la nave.

[...]

Da "Poemi Conviviali"

Chomsky
04-March-2018, 21:58
L'isola di Ulisse di Salvatore Quasimodo


Ferma e’ l’antica voce.
Odo risonanze effimere,
oblio di piena notte
nell’acqua stellata.

Dal fuoco celeste
nasce l’isola di Ulisse.
Fiumi lenti portano alberi e cieli
nel rombo di rive lunari.

Le api, amata, ci recano l’oro:
tempo delle mutazioni, segreto.

Chomsky
04-March-2018, 22:05
"Odysseus" di Francesco Guccini dove, anche qui, si ricollega al "folle volo". Da notare che "Odysseus" è contenuto nell'album "Ritratti" che presenta anche la canzone "Cristoforo Colombo" che è quasi l'alter ego di Ulisse, così considerato da tanti commentatori. Se Plutarco fosse vissuto qualche millennio più tardi avrebbe scritto un altro episodio delle "Vite parallele".

Bisogna che lo affermi fortemente che, certo, non appartenevo al mare
anche se i Dei d’Olimpo e umana gente mi sospinsero un giorno a navigare
e se guardavo l’isola petrosa, ulivi e armenti sopra a ogni collina
c’era il mio cuore al sommo d’ogni cosa, c’era l’anima mia che è contadina,
un’isola d’aratro e di frumento senza le vele, senza pescatori,
il sudore e la terra erano argento, il vino e l’olio erano i miei ori….

Ma se tu guardi un monte che hai di faccia senti che ti sospinge a un altro monte,
un’isola col mare che l’abbraccia ti chiama a un’altra isola di fronte
e diedi un volto a quelle mie chimere, le navi costruii di forma ardita,
concavi navi dalle vele nere e nel mare cambiò quella mia vita…
E il mare trascurato mi travolse, seppi che il mio futuro era sul mare
con un dubbio però che non si sciolse, senza futuro era il mio navigare…
Ma nel futuro trame di passato si uniscono a brandelli di presente,
ti esalta l’acqua e al gusto del salato brucia la mente
e ad ogni viaggio reinventarsi un mito a ogni incontro ridisegnare il mondo
e perdersi nel gusto del proibito sempre più in fondo…
E andare in giorni bianchi come arsura, soffio di vento e forza delle braccia,
mano al timone, sguardo nella prua, schiuma che lascia effimera una traccia,
andare nella notte che ti avvolge scrutando delle stelle il tremolare
in alto l’Orsa è un segno che ti volge diritta verso il nord della Polare.
E andare come spinto dal destino verso una guerra, verso l’avventura
e tornare contro ogni vaticino contro gli Dei e contro la paura.
E andare verso isole incantate, verso altri amori, verso forze arcane,
compagni persi e navi naufragate per mesi, anni, o soltanto settimane…
La memoria confonde e dà l’oblio, chi era Nausicaa, e dove le sirene?
Circe e Calypso perse nel brusio di voci che non so legare assieme,
mi sfuggono il timone, vela, remo, la frattura fra inizio ed il finire,
l’urlo dell’accecato Polifemo ed il mio navigare per fuggire…
E fuggendo si muore e la mia morte sento vicina quando tutto tace
sul mare, e maldico la mia sorte, non provo pace,
forse perché sono rimasto solo, ma allora non tremava la mia mano
e i remi mutai in ali al folle volo oltre l’umano…
La via del mare segna false rotte, ingannevole in mare ogni tracciato,
solo leggende perse nella notte perenne di chi un giorno mi ha cantato
donandomi però un’eterna vita racchiusa in versi, in ritmi, in una rima,
dandomi ancora la gioia infinita di entrare in porti sconosciuti prima…


https://www.youtube.com/watch?v=Q62_BwqZKOY

Chomsky
04-March-2018, 22:08
Cristoforo Colombo


È gia stanco di vagabondare sotto un cielo sfibrato
per quel regno affacciato sul mare che dai Mori è insidiato
e di terra ne ha avuta abbastanza, non di vele e di prua,
perché ha trovato una strada di stelle nel cielo dell’anima sua.
Se lo sente, non può più fallire, scoprirà un nuovo mondo;
quell’attesa lo lascia impaurito di toccare già il fondo.
Non gli manca il coraggio o la forza per vivere quella follia
e anche senza equipaggio, anche fosse un miraggio ormai salperà via.

E la Spagna di spada e di croce riconquista Granata,
con chitarre gitane e flamenco fa suonare ogni strada;
Isabella è la grande regina del Guadalquivir
ma come lui è una donna convinta che il mondo non pùo finir lì,.
Ha la mente già tesa all’impresa sull’oceano profondo,
caravelle e una ciurma ha concesso, per quel viaggio tremendo,
per cercare di un mondo lontano ed incerto che non sa se ci sia
ma è già l’alba e sul molo l’abbraccia una raffica di nostalgia.
E naviga, naviga via
verso un mondo impensabile ancora da ogni teoria
e naviga, naviga via,
nel suo cuore la Niña, la Pinta e la Santa Maria.

È da un mese che naviga a vuoto quell’Atlantico amaro,
ma continua a puntare l’ignoto con lo sguardo corsaro;
sarà forse un’assurda battaglia ma ignorare non puoi
che l’Assurdo ci sfida per spingerci ad essere fieri di noi.
Quante volte ha sfidato il destino aggrappato ad un legno,
per fortuna che il vino non manca e trasforma la vigliaccheria
di una ciurma ribelle e già stanca, in un’isola di compagnia.

E naviga, naviga via,
sulla prua che s’impenna violenta lasciando una scia,
naviga, naviga via
nel suo cuore la Niña, la Pinta e la Santa Maria.

Non si era sentito mai solo come in quel momento
ma ha imparato dal vivere in mare a non darsi per vinto;
andrà a sbattere in quell’orizzonte, se una terra non c’è,
grida: “Fuori sul ponte compagni dovete fidarvi di me!”
Anche se non accenna a spezzarsi quel tramonto di vetro,
ma li aspettano fame e rimorso se tornassero indietro,
proprio adesso che manca un respiro per giungere alla verità,
a quel mondo che ha forse per faro una fiaccola di libertà.

E naviga, naviga là
come prima di nascere l’anima naviga già,
naviga, naviga ma
quell’oceano è di sogni e di sabbia
poi si alza un sipario di nebbia
e come un circo illusorio s’illumina l’America.

Dove il sogno dell’oro ha creato
mendicanti di un senso
che galleggiano vacui nel vuoto
affamati d’immenso.
Là babeliche torri di cristallo
già più alte del cielo
fan subire al tuo cuore uno stallo
come a un Icaro in volo
Dove da una prigione a una luna d’amianto
“l’uomo morto cammina”
dove il Giorno del Ringraziamento
il tacchino in cucina
e mentre sciami assordanti d’aerei
circondano di ragnatele
quell’inutile America amara
leva l’ancora e alza le vele.

E naviga, naviga via
più lontano possibile
da quell’assordante bugia
naviga, naviga via
nel suo cuore la Niña, la Pinta e la Santa Maria.


https://www.youtube.com/watch?v=PyCegeTrbEM

Chomsky
10-March-2018, 17:24
Iosif Brodskij premio Nobel per la letteratura 1987

Odisseo a Telemaco

Telemaco mio,
la guerra di Troia è finita.
Chi ha vinto non ricordo.
Probabilmente i greci: tanti morti
fuori di casa sanno spargere
i greci solamente. Ma la strada
di casa è risultata troppo lunga.
Dilatava lo spazio Poseidone
mentre laggiù noi perdevamo il tempo.
Non so dove mi trovo, ho innanzi un’isola
brutta, baracche, arbusti, porci e un parco
trasandato e dei sassi e una regina.
Le isole, se viaggi tanto a lungo,
si somigliano tutte, mio Telemaco:
si svia il cervello, contando le onde,
lacrima l’occhio – l’orizzonte è un bruscolo -,
la carne acquatica tura l’udito.
Com’è finita la guerra di Troia
io non so più e non so più la tua età.
Cresci Telemaco. Solo gli Dei
sanno se mai ci rivedremo ancora.
Ma certo non sei più quel pargoletto
davanti al quale io trattenni i buoi.
Vivremmo insieme, senza Palamede.
Ma forse ha fatto bene: senza me
dai tormenti di Edipo tu sei libero,
e sono puri i tuoi sogni, Telemaco.

da Fermata nel deserto 1972

Chomsky
10-March-2018, 19:02
Da "Omeros" Derek Walcott

"Curvi sui remi, sorridono: "Questa è la nostra Calypso
Capitano che ci tratti come porci, tu non rivedrai la costa
Che questo sole ti bruci fino a farti negro e ti spacchi le labbra

che ti tolga la voglia di dare ordini, in culo te e la tua guerra"
Il piccone fermo in ozio. Nessun remo alza un dito.
Vesciche fioriscono sulle mani. L'attonita trireme vira

dalla parte sbagliata, come il cantante dalla vista rannuvolata
che pizzica le corde del mare, torna indietro verso il sogno
di Elena, indietro verso l'isola dove sulla loro schiena curva

si rizzarono le setole; rovistarono tra i mucchi di letame di Circe
quando il suo lungo braccio bianco versò il vino che incanta
e li fece accoppiare tra fresche lenzuola. "Capitano, ragazzo? Chiedi

pietà che il vento giri, perché qualche volta il tuo cuore
è duro come l'albero di maestra, sogni Itaca, ti rivolgi
ai tuoi dei. Che possano essere distanti dal tuo vagare

come i nostri dei in Africa. Passano
da un isola all'altra. "E ancora non siamo a casa."
Il nostromo alzò il piccone, e il metro

dei lunghi remi lentamente si adeguò al ritmo
mentre la prua s'indirizzava. Vide un palazzo di pietra calcarea
sul piccolo porto. Vide una rondine di mare sfiorare

l'acqua arpeggiata dal sole, e sentì la formica di una brezza
attraversargli la fronte, e ora i colpi di remo del bruco
alzavano la crisalide, aperta nel ventaglio delle vele

spiegate mentre la scia era recisa dalla prora.
Il rapido piccone batteva come il cuore di Odisseo;
e se avete visto una farfalla governare la propria ombra

in una calda cala a maeezogiorno o una canoa carica
fare rotta verso i corni di un'isola, allora saprete
perché la bocca di un porto si apre con gioia, perché la ciurma

di negri, gli schiavi e il capitano, alla fine dell'impresa,
gridavano in coro mentre sentivano i solchi dell'onda
alzarsi e ricadere con i loro cuori, perché i rematori chiudevano

gli occhi pregando di essere diretti a casa. Sapevano
che le cangianti correnti dei Caraibi da Andros a Castries
potevano trascinarli fino a Margarita o Curacao,

che più ci si avvicinava a casa, più crescevano le paure
che nessuna casa ci sarebbe venuta incontro sulla nostra costa
e i pescatori temono questo proprio come Ulisse

finchè non vedono l'occhio solitario del faro lampeggiare.
Poi il battere del cuore si armonizza a quello dei remi
e le mani piagate piangono per le palme o per gli ulivi."

kaipirissima
10-March-2018, 22:00
Ovidio - Heroides
Penelope a Ulisse

Questa lettera te la invia la tua Penelope, o Ulisse che indugi a tornare. Ma non rispondermi, vieni di persona! Troia, odiata dalle donne greche, di certo è abbattuta; Priamo e Troia tutta a malapena valevano tanto! Oh se allora, quando con la nave si dirigeva verso Lacedemone, l'adultero fosse stato sommerso dal furore delle acque! Io non sarei rimasta nel gelo di un letto vuoto e, abbandonata, non mi sarei lamentata dell'interminabile trascorrere dei giorni, né, mentre cercavo di ingannare il grande spazio della notte, la tela ricadente avrebbe stancato le mie mani, prive di te. Quando non ebbi a temere pericoli più spaventosi di quelli reali? L'amore è un sentimento permeato di paure angosciose.

Immaginavo i Troiani che stavano per scagliarsi con violenza contro di te; all'udire il nome di Ettore impallidivo sempre; se qualcuno raccontava che Antiloco era stato vinto da Ettore, era Antiloco la causa della mia paura; se si raccontava che il figlio di Menezio era caduto mentre indossava armi non sue, lamentavo che gli inganni potessero non avere buon esito. Con il suo sangue Tlepolemo aveva intiepidito l'asta licia: la mia angoscia fu rinnovata dalla morte di Tlepolemo. Alla fine, chiunque venisse sgozzato in campo Acheo, il mio cuore di innamorata diventava più freddo del ghiaccio. Ma un dio di giustizia venne in aiuto al mio casto amore: Troia è ridotta in cenere, mio marito è salvo. I capi argolici sono ritornati, gli altari fumano, il bottino dei barbari viene offerto agli dèi dei nostri padri; le giovani spose portano doni di ringraziamento per la salvezza dei mariti, ed essi cantano i destini di Troia, vinti dai loro destini. I vecchi saggi e le fanciulle trepidanti sono in ammirazione, la sposa pende dalle labbra del marito che racconta. E qualcuno, sulla tavola apparecchiata, illustra gli aspri combattimenti e dipinge con una piccola quantità di vino Pergamo tutta: "Di qua scorreva il Simoenta, questa è la zona del Sigeo, qui si ergeva, una volta, la superba reggia del vecchio Priamo; là era attendato il figlio di Eaco, là Ulisse, qui il cadavere straziato di Ettore atterrì i cavalli lanciati nella corsa". Il vecchio Nestore, infatti, aveva riferito ogni cosa a tuo figlio, inviato a cercarti e lui a me. Mi raccontò di Reso e di Dolone, massacrati col ferro, e come uno fosse stato colto nel sonno, l'altro con l'inganno. Hai avuto il coraggio, troppo, troppo dimentico dei tuoi, di entrare nell'accampamento dei Traci con un agguato notturno e, di trucidare con l'aiuto di un solo compagno tanti guerrieri. Eri davvero prudente e ti preoccupavi anzitutto di me! Per la paura il cuore mi palpitava di continuo finché si seppe che, vittorioso, avevi attraversato il campo alleato sui destrieri traci. Ma che giova a me che Ilio sia stata distrutta dalle vostre braccia e che sia nuda terra quello che prima era muro, se resto nella stessa condizione di quando Troia era ancora in piedi e se devo sentire la mancanza dello sposo, che è sempre assente?

Distrutta per gli altri, per me sola resti ancora in piedi, Pergamo che, il colono vincitore ara con i buoi catturati. Dove una volta sorgeva Troia, ora c'è il grano e il terreno da mietere con la falce è in pieno rigoglio, reso fecondo dal sangue troiano; le ossa affioranti dei guerrieri sono colpite dalle lame ricurve degli aratri, l'erba ricopre le rovine delle case. Tu, che pure sei vincitore, te ne stai lontano e non mi è dato sapere quale sia la causa del ritardo o in quale parte del mondo tu, crudele, te ne stia nascosto. Chiunque diriga la sua nave straniera a questi lidi, riparte solo dopo che l'ho interrogato a lungo su di te e gli viene affidata una lettera scritta di mio pugno per consegnartela, se mai ti vedesse in qualche luogo. Ho mandato a Pilo, terra del vecchio Nestore, figlio di Neleo: da Pilo mi sono tornate notizie incerte. Ho mandato anche a Sparta, anche Sparta non sa nulla di vero. In quali terre vivi, o dove indugi lontano? Sarebbe meglio che fossero ancora in piedi le mura di Febo - mi adiro, ahimè, incoerente, contro i miei stessi desideri! -: saprei dove combatti e avrei timore solo della guerra ed il mio lamento si unirebbe a molti altri. Non so di cosa ho paura, ma, da insensata, ho paura di tutto e vasto spazio si offre alle mie angosce. Qualunque pericolo del mare e della terra sospetto che sia la causa di un ritardo così prolungato. Mentre sono in preda a sciocchi timori, tu puoi essere preso dall'amore per una straniera - tale è l'indole vogliosa di voi uomini! Forse le racconti anche quanto è zotica tua moglie, buona soltanto a cardare la lana. Possa io ingannarmi e questo sospetto svanisca nell'aria leggera, e non avvenga che tu, libero di tornare, voglia restare lontano! Il padre Icario mi spinge ad abbandonare il letto vuoto e continua a rimproverare la mia interminabile attesa. Continui pure a rimproverare! Sono tua, devo essere considerata tua: io, Penelope, sarò sempre la sposa di Ulisse. Ma alla fine mio padre si lascia commuovere dalla mia devozione e dalle mie caste preghiere e modera le sue pressioni. I pretendenti di Dulichio, di Samo e quelli nati nella rocciosa Zacinto mi assalgono, moltitudine dissoluta, e fanno da padroni nella tua reggia, senza che nessuno gli si opponga: nostro figlio, i tuoi beni si divorano! Perché raccontarti di Pisandro, di Polibo e del crudele Medonte, delle mani rapaci di Eurimaco e Antinoo e di tutti gli altri che tu stesso, con la tua vergognosa assenza, alimenti con i beni che hai conquistato col sangue? Iro, il mendicante e Melanto che guida il gregge destinato ai banchetti, sono l'onta suprema che si aggiunge alla tua rovina. Siamo tre di numero, indifesi: una donna senza forze, un vecchio, Laerte, un ragazzo, Telemaco. Quest'ultimo, di recente, per poco non mi è stato strappato con un tranello, mentre si preparava a recarsi a Pilo, contro il volere di tutti. Vogliano gli dèi, li imploro, che secondo il corso naturale del destino, sia lui a chiudere i miei occhi, sia lui a chiudere i tuoi! Sono con noi il custode delle mandrie, l'anziana nutrice, e come terzo il fedele guardiano dell'immondo porcile. Ma Laerte, inabile alle armi, non può mantenere il regno in mezzo ai nemici - giungerà per Telemaco, purché sopravviva, un'età più vigorosa: ora la sua giovinezza doveva essere protetta dall'aiuto del padre - e io non posseggo le forze per scacciare i nemici dalla reggia; vieni tu, al più presto, porto e rifugio per i tuoi! Tu hai, e prego che tu possa continuare ad avere, un figlio che doveva essere istruito in tenera età nelle conoscenze paterne. Pensa a Laerte: egli prolunga l'ultimo giorno destinato alla sua vita, perché tu possa finalmente chiudere i suoi occhi. Io, che alla tua partenza ero una giovane donna, per quanto presto tu possa tornare, di certo ti sembrerò diventata una vecchia.

Enribello
11-March-2018, 10:22
La versione video della poesia di Saba gia' postata da Daniela qualche topic indietro.



https://www.youtube.com/watch?v=cbkr6Nas31w

Enribello
27-April-2018, 09:09
Eppure tu te ne sei andato,
Ulisse,
lasciando qui sull’Isola un amore di donna inconsolato
un figlio appena divezzato, che scorderà il tuo sguardo
Hai scelto la tua conoscenza, i sogni incandescenti,
le voci di sirena e i nubifragi…
cercando per il mondo la formula segreta della felicità.
Re, scaltro avventuriero, d’ingegno simile a nessuno
credi forse di colorare la tua esistenza col molto tuo sapere?
e di segreti hai piena l’anima e di mille cose mai dette ad alcuno.
E serbi forse dentro te la melanconica immagine di ciò che hai lasciato ad Itaca
e di ciò che lascerai lasciando questa vita.
Qualcuno aspetta il tuo ritorno,
facendo e disfacendo ogni giorno i sogni intessuti in questo tempo
mentre che tu, correvi controvento incontro alle tue sirene
eppure non ti riconoscerà che un cane quando tornerai..
perché ciò che tu sei val più di ciò che sai
Troppe lacrime spese… troppi mari attraversati..
Eppure tu sei un navigante
sai leggere i misteri nel cuore d’un passante.
La vita scorre Ulisse, come l’acqua del tuo mare
e prima o poi tu ti dovrai fermare…
Il meglio del tuo tempo l’hai regalato al mondo
e il mondo ti ha donato l’immane sua sapienza
presto ora chiudi tutto in un cassetto prima che te lo porti via
folle la morte impavida e guerriera
prima che questa sera Penelope dimentichi chi sei
prima che siano vani gli anni tuoi
e giunga il fato a farti prigioniero, mandato dagli dei.



di Noemi
http://demi4jesus.wordpress.com/

https://c1.staticflickr.com/4/3404/4642833387_00a6c6209a_m.jpg


Ulisse e le Sirene, Anfora attica a figure rosse)
(480-470 a.C.

Enribello
18-December-2018, 15:07
LA NOIA DI EURILOCO


“Oltre l’antro di Cariddi,
oltre gli ululati di Scilla,
c’è un punto in cui la nave piomba giù dall’oceano
e di quelli che sono caduti nessuno ritorna”.
Euriloco pensava seduto in coperta
mentre sentiva la brezza far vibrare le corde
e palpitare le vele come lombi;
guardava qua e là, disattento e stanco,
i capelli di Ulisse, le mani di uno schiavo
e udiva distratto lo scricchiolio del legno
e il brusio delle voci in quella lingua antica,
che oggi è una musica perduta.
C’era il mare tra i remi,
duttile e trasparente,
ma agli occhi di Euriloco era
quasi invisibile per monotonia
e il giorno lungo, così noioso,
e mai pensò che ogni momento
questo mare evanescente e forte
lo allontanava sempre di più
ed era impossibile il ritorno.

Veronica Volkow

https://encrypted-tbn0.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcQgsG3Kf4Yp7LaQgAZBq0pXsRm7XNjXh bKFWq3Cr9RwRkZLjzqH

Enribello
27-June-2019, 16:18
VOGLIO BALLARE CON ULISSE


“Heureux qui comme Ulysse
a fait un beau voyage”.
Joachim du Bellay



Voglio invitare a ballare Ulisse,
voglio bere con lui e che mi racconti
di che colore erano gli occhi del giovane Achille.
Voglio che mi canti il canto delle sirene
e che mi parli delle sue notti insonni
sulle acque del Mediterraneo.
Voglio sapere della sua complicità con Circe
sull’isola di Ea e delle sue strane
cerimonie e degli incantesimi.
Voglio che Ulisse faccia l’amore con me
e che a letto mi dica
come erano i vestiti di Elena
e se Paride era come lo dipinge Rubens.
Voglio sapere che cosa vide nel paese dei Lotofagi,
di che colore erano le montagne in Eolide.
Voglio che mi dica perché ritornò a Itaca.

Marìa Mercedes Carranza

https://i.pinimg.com/236x/c7/a8/c3/c7a8c358cb7bb62cede0c8feff29286a--rossi-famous-people.jpg
Bekim Fehmiu (Ulisse) con Irene Papas (Penelope) nelle ultime scene dello sceneggiato tv del 1968 "L'Odissea"
foto presa dal web

Enribello
05-March-2020, 17:24
LA DISPERAZIONE DI PENELOPE


Non era possibile che non lo riconoscesse alla luce del focolare; non c’erano
i panni logori del mendicante, il travestimento, no; segni certi:
la cicatrice sul ginocchio, la forza, la furbizia nell’occhio. Terrorizzata,
appoggiando la schiena al muro, cercava una giustificazione,
ancora un intervallo di tempo di breve durata, per non rispondere,
per non tradirsi. Per lui, dunque, aveva speso vent’anni,
venti anni di attesa e di sogni, per quest’infelice,
per questo vecchio grondante sangue? Si lasciò cadere su una sedia
guardò lentamente i pretendenti morti sul pavimento, come se guardasse
i suoi propri desideri morti. E: ”Bentornato”, gli disse,
sentendo estranea, lontana la sua voce. Sulle ginocchia il telaio suo
riempiva il soffitto di ombre a forma di grata; e quanti uccelli aveva tessuto
con cuciture rosse lucenti su fogliame verde, all’improvviso,
quella notte del ritorno, finirono in nera cenere
volando basso nel cielo piatto dell’estrema sofferenza.

GHIANNIS RITSOS


https://cdn.studenti.stbm.it/images/2016/08/31/penelope-ulisse_300x200.jpeg
Penelope e Ulisse fonte Ansa

Enribello
29-March-2021, 11:49
ITACA



È più facile arrivare per chi è dentro
che per chi viene da fuori.
Non è necessario che avanzi a piedi lentamente
o di corsa, che sappia la direzione
o che la cerchi.
Né che dia segno di stare per arrivare,
leggero o sfinito, per i campi,
per strade, boschi
o crocevia.
Non importa il mezzo di trasporto,
lento o rapido,
né la velocità con cui percorre
la strada né il trascorrere delle ore.
Conoscendo bene il posto, non dovrà attraversare
la soglia
né aprire la porta per avvertire,
come Ulisse, che è arrivato.
E così, dentro, in casa, sono riuniti
insieme a lui, al caldo del camino, alcune braccia,
alcune labbra, alcuni sguardi.
Basterà che senta che è nella sua casa
per sapere in quello stesso momento
che, senza aver bisogno di uscire,
è già arrivato. è già arrivato.



JUAN CALZADILLA


(da Diario senza soggetto, 1999)

https://www.lavocedellemuse.com/wp-content/uploads/2020/04/Ulisse-e-Penelope.jpg
Immagine presa dal web

Enribello
06-February-2023, 16:43
COSA RESTA?


Cosa resta del tuo passaggio, Ulisse?
Il canto greco che ci abbeverò,
Ulisse! Così avrei potuto dire
Cesare o Annibale. Scivola il tempo
lento sul corso delle loro gesta,
tram non chiamato Desiderio ma
Nebel. Nebel und Nacht. E la fama?
Ho freddo fin nelle ossa. È appassito
il mio bell’arancio. Tutto passa.
Tutto è passato. Siamo ancora là
come vi furono Cesare, Ulisse,
la Regina. Quale? Tutto svanisce
(scorre, diceva un altro con ragione).
E io dico: del tuo passaggio, Ulisse,
(o Dupont), cosa resta? Le stagioni
di una volta, con o senza le nevi.
I tratti di Ulisse (o di Durand). Saffo
ci ha lasciato soltanto un po’ di erba,
la pulzella Giovanna solo cenere.
Chiudila qui, non pensarci, Liliane.
Lo so. Ma vedo i miei giorni fuggire
e presto sarò nel corteo dei Cesari,
degli Ulissi, dei Dupont, preposti
a cercare le nevi di una volta.

Liliana Wouters
(da L’aloe, 1983)

Enribello
11-February-2023, 17:31
La vita non sempre fa male,
può stracciarti le vele, rubarti il timone,
ammazzarti i compagni a uno a uno,
giocare ai quattro venti con la tua zattera,
salarti, seccarti il cuore
come la magra galletta che ti rimane,
per regalarti nell’ora
dell’ultimo naufragio
sulle tue vergogne di vecchio
i grandi occhi, il radioso
innamorato stupore
di Nausicaa.

Gesualdo Bufalino