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Enribello
25-January-2016, 21:25
Fiumi di inchiostro sono stati scritti nel tempo …parole indimenticabili di grandi artisti, scienziati, scrittori e statisti….ora abbiamo trovato altri modi di comunicare, molto piu’ immediati.
Alzi la mano chi ricorda quando ha scritto l'ultima, a penna, su un foglio di carta, poi l'ha infilata in una busta e spedita.
E allora in questo spazio lettere di personaggi piu’ o meno famosi…e anche piccoli dialoghi.
Come ha scritto un giornalista sul Guardian, «scrivere lettere è faticoso, ma leggerle è sempre
un grandissimo piacere».




Lettera di Napoleone Bonaparte a Giuseppina Beauharnais

primavera 1797

Non ti amo più; al contrario, ti detesto. Sei una disgraziata, realmente perversa, realmente stupida, una vera e propria Cenerentola. Non mi scrivi mai, non ami tuo marito; tu sai il piacere che le tue lettere gli procurano eppure non riesci nemmeno a buttar giù in un attimo una mezza dozzina di righe.
Che cosa fate tutto il giorno, Signora? Che tipo di affari così vitali vi privano del tempo per scrivere al vostro fedele amante? Quale pensiero può essere così invadente da mettere da parte l’amore, l’amore tenero e costante che gli avevate promesso? Chi può essere questo meraviglioso nuovo amante che vi porta via ogni momento, decide della vostra giornata e vi impedisce di dedicare la vostra attenzione a vostro marito? Attenta Giuseppina; una bella notte le porte saranno distrutte e là io saro.
In verità, amor mio, sono preoccupato di non avere tue notizie, scrivimi immediatamente una lettera di quattro pagine con quelle deliziose parole che riempiono il mio cuore di emozione e di gioia.
Spero di tenerti tra la braccia quanto prima, quando spargerò su di te milioni di baci, brucianti come il sole dell’equatore.

Bonaparte

https://i.pinimg.com/236x/c2/f5/68/c2f5682d557c243946a8ad43b134778c--empire-regency.jpghttps://encrypted-tbn0.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcQyAN1hIzfLoXXzS_mwKOeyKb5tihGJK vDbFZDZoRnqQW8unXz1

kaipirissima
25-January-2016, 21:28
Accipicchia che romantico Napoleone!

Enribello
28-January-2016, 19:59
Quella che segue è una lettera che Che Guevara scrisse ai suoi figli nel 1965, dopo essere stato in Congo e prima di spostarsi in Bolivia.

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http://www.e-cheguevara.com/images/cartas/carta_amishijos.gif

Cari Hildita, Aleidita, Camilo, Celia e Ernestino,
se un giorno dovrete leggere questa lettera é perché non sarò più
tra voi. Quasi non vi ricorderete di me e i più piccoli non mi
ricorderanno affatto. Vostro padre é stato un uomo che agisce come
pensa ed é stato certamente fedele alle sue convinzioni.
Crescete come bravi rivoluzionari (che vuol dire buona condotta, serietà,
amore alla rivoluzione, cameratismo). Studiate molto, per poter dominare
la tecnica che permette di dominare la natura.
Ricordatevi che ognuno di noi, da solo, non vale niente.
Soprattutto siate capaci di sentire nel più profondo di vuoi stessi ogni
ingiustizia commessa contro chiunque in qualsiasi parte del mondo.
E' la qualità più bella di un rivoluzionario.
Arrivederci, bambini miei, spero di rivedervi ancora.
Un grande bacio e abbraccio da papà.

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Enribello
01-February-2016, 14:35
Frida Kahlo incontra Diego Rivera negli anni Venti, quando lui era già un artista affermato e lei ancora una studentessa. Si sposarono nel 1929 ma dopo dieci anni divorziarono a causa dei continui tradimenti (tra le sue amanti ci fu anche la sorella di Frida, Cristina Kahlo). L’amore però non era finito: un anno dopo Rivera tornò da lei. Frida e Rivera si risposarono e furono insieme fino alla morte di lei nel 1954.


Frida Kahlo a Diego Rivera

Una certa lettera, vista per caso, in una certa giacca, di un certo signore, scritta da una certa signorina che viene dalla lontana e maledetta Germania, e che immagino dev’essere colei che Willi Valentiner ha mandato qui a spassarsela con scopi «scientifici», «artistici» e «archeologici»… mi ha causato molta rabbia e, a dir la verità, gelosia…
Perché dovrei essere così sciocca e permalosa da non capire che le lettere, le tresche, e insegnanti di… inglese, le modelle gitane, le assistenti di «buona volontà», le allieve interessate all’«arte della pittura» e le inviate plenipotenziarie da luoghi lontani sono solo avventure, e che in fondo io e te ci amiamo moltissimo, e anche se passiamo attraverso innumerevoli avventure, porte sbattute, insulti e lamenti a livello internazionale, continuiamo ad amarci? Credo che dipenda dal fatto che sono un tantino stupida perché tutte queste cose sono successe e si sono ripetute durante i sette anni vissuti insieme; e tutta la rabbia che ho ingoiato mi ha semplicemente fatto capir meglio che ti amo più della mia stessa vita, e che anche se tu non mi ami allo stesso modo, comunque un po’ mi ami – non è così? E pur se ne dubito, mi rimarrà sempre la speranza che sia così, e di questo mi accontento…
Amami un poco io ti adoro.


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Enribello
06-February-2016, 09:08
Il mondo delle lettere d’amore ha anche i suoi grandi misteri. Uno di questi sono le tre scritte da Ludwig van Beethoven tra il 6 e il 7 luglio 1812. Il grande compositore stava seguendo delle cure termali a Teplitz in Boemia quando conobbe questa donna , oggi sconosciuta.
Queste lettere non furono mai inviate: sono state rinvenute solo dopo la morte del musicista, nella sua abitazione.



Buon giorno 7 Luglio
a letto i miei pensieri sono già rivolti a te, mia amata immortale, ora lieti, ora di nuovo tristi, nell’attesa che il destino esaudisca i nostri desideri – posso vivere soltanto unito strettamente a te, non altrimenti, sì, ho deciso di errare lontano finché non potrò volare nelle tue braccia e sentirmi perfettamente a casa accanto a te e lasciando che la mia anima, circondata dal tuo essere, entri nel regno degli spiriti – purtroppo così deve essere – ti rassegnerai, tanto più conoscendo la mia fedeltà verso di te, nessuna altra donna potrà mai possedere il mio cuore, mai – mai – […] Angelo mio, mi dicono ora che la posta funziona tutti i giorni – quindi chiudo affinché tu possa ricevere la lettera al più presto – sii calma, solo contemplando con serenità la nostra esistenza potremo raggiungere il nostro scopo di vivere insieme – sii calma – amami – oggi – ieri – Quanta nostalgia, quanto rimpianto di te – di te – di te – mia vita – mio tutto – addio – ti prego continua ad amarmi – non smentire mai il cuore fedelissimo del tuo amato.
L.
Eternamente tuo
Eternamente mia
Eternamente nostri

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Enribello
01-May-2016, 12:03
Johnny Cash per i 65 anni della sua amata June Carter, 23 giugno 1994. Secondo molti questa è considerata la lettera d’amore più bella di tutti i tempi.


Buon compleanno principessa,
Andiamo incontro alla vecchiaia e lo facciamo insieme.
Noi pensiamo allo stesso modo. Leggiamo le nostre menti. Sappiamo ciò che l’altro vuole senza chiedere. A volte ci irritiamo un po’ l’un l’altro. Altre volte, forse, ci diamo per scontati. Ma di tanto in tanto, come oggi, penso a tutto questo e mi rendo conto di quanto sono fortunato a condividere la mia vita con la più grande donna che abbia mai incontrato. Sei ancora affascinare e mi ispiri. Mi incoraggi al meglio. Sei l’oggetto dei miei desideri, la prima ragione della mia esistenza sulla Terra.
Ti amo molto.

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Enribello
26-July-2016, 14:52
Charles Baudelaire la incontro’ nel 1842 e s’innamoro’ perdutamente di Jeanne Duval, soprannominata “La Venere Nera”, una bellissima danzatrice di origine haitiana. Il poeta visse la storia in maniera tormentata e una notte le scrisse questa lettera:

Lasciami respirare a lungo, a lungo, l’odore dei tuoi capelli. affondarvi tutta la faccia, come un assetato nell’acqua di una sorgente, e agitarli con la mano come un fazzoletto odoroso, per scuotere dei ricordi nell’aria.
Se tu sapessi tutto quello che vedo! tutto quello che sento! tutto quello che intendo nei tuoi capelli! La mia anima viaggia sul profumo come l'anima degli altri viaggia sulla musica.
I tuoi capelli contengono tutto un sogno, pieno di vele e di alberature: contengono grandi mari, i cui monsoni mi portano verso climi incantevoli, dove lo spazio è più bello e più profondo, dove l’atmosfera è profumata dai frutti. dalle foglie e dalla pelle umana.
Nell’oceano della tua capigliatura, intravedo un porto brulicante di canti malinconici, di uomini vigorosi di ogni nazione e di navi di ogni forma, che intagliano le loro architetture fini e complicate su un cielo immenso dove si abbandona il calore eterno.
Nelle carezze della tua capigliatura, io ritrovo i languori delle lunghe ore passate su un divano, nella camera di una bella nave, cullate dal rullio impercettibile del porto, tra i vasi da fiori e gli orcioli che rinfrescano.
Nell’ardente focolare della tua capigliatura, respiro l’odore del tabacco, confuso a quello dell’oppio e dello zucchero: nella notte della tua capigliatura, vedo risplendere l’infinito dell'azzurro tropicale; sulle rive lanuginose della tua capigliatura, mi inebrio degli odori combinati del catrame, del muschio e dell’olio di cocco.
Lasciami mordere a lungo le tue trecce pesanti e nere. Quando mordicchio i tuoi capelli elastici e ribelli, mi sembra di mangiare dei ricordi.

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schizzo raffigurante Jeanne Duval eseguito da Baudelaire. 1859
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​Autoritratto

Enribello
11-December-2016, 10:44
Zelda e Francis Scott Fitzgerald, una coppia che divenne il simbolo dell’era del jazz. Nel 1929 il loro matrimonio comincia a sfaldarsi e Zelda in preda un ad uno dei suoi tanti attacchi nevrotici scriverà:

“Scott, sei proprio spaventosamente sciocco – In primo luogo, non ho dato a nessuno il bacio d’addio, e in secondo luogo, nessuno è partito – tu sai, tesoro, che ti amo troppo per volerlo. Se avessi un onesto – o disonesto – desiderio di baciare solo una o due persone, lo farei – ma non potrei mai volerlo – la mia bocca è tua. Supponi che io lo faccia – sai che non conterebbe assolutamente nulla – perché non puoi capire che niente significa niente eccetto la tua cara persona e il tuo amore? – Desidererei che ci affrettassimo e che io fossi tua cosi sapresti – Qualche volta quasi dispero di farti sentire sicuro – così sicuro che nulla ti potrebbe mai far dubitare come dubito io.”



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Estella
21-January-2017, 13:40
Perché studi così tanto? Quale segreto vai cercando? La vita te lo rivelerà presto. Io so già tutto, senza leggere o scrivere. Poco tempo fa, forse solo qualche giorno fa, ero una ragazza che camminava in un mondo di colori, di forme chiare e tangibili. Tutto era misterioso e qualcosa si nascondeva; immaginare la sua natura era per me un gioco. Se tu sapessi com'è terribile raggiungere tutta la conoscenza all'improvviso – come se un lampo illuminasse la terra! Ora vivo in un pianeta di dolore, trasparente come il ghiaccio. È come se avessi imparato tutto in una volta, in pochi secondi. Le mie amiche, le mie compagne si sono fatte donne lentamente. Io sono diventata vecchia in pochi istanti e ora tutto è insipido e piatto. So che dietro non c'è niente; se ci fosse qualcosa lo vedrei...

Frida Kahlo - Lettera ad Alejandro Gomez Arias - Settembre 1926

Enribello
07-February-2017, 10:38
La vita è vita dappertutto; la vita è dentro noi stessi, e non in ciò che ci circonda all’esterno. Intorno a me ci saranno sempre degli uomini, ed essere un uomo tra gli uomini e rimanerlo per sempre, in qualsiasi sventura, non abbattersi e non perdersi d’animo, ecco in che cosa sta la vita, e in che cosa consiste il suo compito. Io mi sono reso conto di questo, e questa idea mi è entrata nella carne e nel sangue. Si, è vero! Quella testa che creava, che viveva della vita superiore dell’arte, che aveva preso coscienza e si era abituata alle sublimi esigenze dello spirito, ebbene quella testa è già stata tagliata via dalle mie spalle. E’ rimasta la memoria e le immagini da me create, ma non ancora realizzate. Queste immagini mi bruceranno come piaghe aperte, è vero! Ma in me è rimasto il cuore, è rimasta quella stessa carne e sangue che può sempre amare e soffrire, desiderare e ricordare, e questa è ancora vita.

Fedor Dostoevskij - lettera al fratello Michail dalla fortezza di Pietro e Paolo - Pietroburgo 22 dicembre 1849

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Estella
10-February-2017, 20:23
Torino, 14 novembre 1907.

Mio caro Guido,
la vostra telepatia che credete così fine s’inganna e vi inganna. Io non ho forse mai pensato tanto a voi come in questi giorni che per analogia di date mi facevano rivivere le ore del nostro primo incontro. E ve l’ho fatto dire da una donna pensosa, e da tre pensieri prima, e prima ancora ve l’ho detto io stessa in una lunga lunga lettera.
Io piuttosto dubitavo di voi così a lungo taciturno, sognante in solitudine e in oblio. Che buona cosa è la solitudine che godete voi fra la natura e il sogno: l’uno che tortura l’altra che blandisce, dolci entrambi alla vostra anima pensosa. È triste invece la mia, la solitudine fra la gente così vicina e così lontana da me, e fra cui è necessario ch’io sia, sempre e dovunque, «quella che va sola».

Lettera di Amalia Guglielminetti a Guido Gozzano.

Estella
10-February-2017, 22:16
Pasturo, 19 giugno 1935.

Non riesco nemmeno a trarre un senso da tutti questi giorni che abbiamo vissuto insieme: sono qui, in questa pausa di solitudine, come un po’ d’acqua ferma per un attimo sopra un masso sporgente in mezzo alla cascata, che aspetta di precipitare ancora. Vivo come se un torrente mi attraversasse; tutto ha un senso di così immediata fine, e è sogno che sa d’esser sogno, eppure mi strappa con così violente braccia via dalla realtà. […]
Sempre così smisuratamente perduta ai margini della vita reale: difficilmente la vita reale mi avrà e se mi avrà sarà la fine di tutto quello che c’è di meno banale in me.
Forse davvero il mio destino sarà di scrivere dei bei libri per i bambini che non avrò avuti.

Lettera di Antonia Pozzi a Remo Cantoni.

Estella
10-February-2017, 22:36
Pensavo che la tua lettera fosse tutto quanto potessi desiderare; mi hai offerto la tua immagine e io l’ho trasformata in racconti e poesie; ne ho parlato a tutti per un po’, raccontando che si trattava di una statua di bronzo, un fanciullo di bronzo con un delfino, che si teneva in equilibrio d’inverno nei nostri giardini con la neve sulla faccia, che io ripulivo la notte quando andavo a trovarlo.
Bisogna che tu faccia ancora questa cosa per me. Distruggi la tua immagine, e strappamela via di dosso. Bisogna che tu mi dica con parole molto precise e concrete che non sei disponibile, che non mi vuoi da te a Parigi tra qualche settimana e che io non ti devo chiedere di venire in Italia con me o di salvarmi dalla morte. Penso che potrò vivere in questo mondo per il tempo che mi tocca e imparerò lentamente a non piangere la notte, se solo tu farai quest’ultima cosa per me. Per favore, scrivimi una sola, semplice frase definitiva, del genere che una donna possa capire; uccidi la tua immagine e la speranza e l’amore che le offro, che mi tengono congelata nel paese dei morti di bronzo, perché è sempre più faticoso liberarmi di quel tiranno astratto che si chiama Richard che, in quanto astratto, è molto più di quel che è nel mondo reale… Perché devi restituirmi l’anima; senza di lei sto uccidendo la carne.

1°marzo 1956, giovedì, lettera di Sylvia Plath a Richard Sassoon.

Enribello
13-August-2017, 12:35
Dal libro "Mio fratello rincorre i dinosauri" di Giacomo Mazzariol.

Giacomo e suo padre, che fa il segretario in un asilo, incontrano un vecchio compagno di scuola di quest'ultimo, che fa l'avvocato ed ecco il dialogo che ne scaturisce:

Di lavoro faccio il papà. Nel tempo libero sono imprenditore di timbri, ricercatore di errori nei bilanci, dottore per l’umore delle maestre. E calciatore professionista nelle ricreazioni. E scrittore di genere…
– Che genere?
– Dramma aziendale. Hai presente i verbali?
– Maddài! Ma che stai dicendo? E’ un modo per dire che sei disoccupato?
Papà sorrise. – No. Per dire che sono segretario in un asilo.
Ma figurati… – replicò lui con un sorrisetto.
Te lo giuro.
L’altro assunse un’espressione strana, come se ancora non ci credesse. – E come ci sei finito?
– Be’, ammetto che è stata dura. E non nascondo che ho fatto un sacco di altre cose prima di ottenere questo posto. Ho lavorato per delle grandi aziende, ho dovuto accettare benefit di ogni tipo. Ma alla fine ci sono riuscito.
Il vecchio compagno di scuola era sempre più incredulo.
"Erano anni che lo sognavo, anni: segretario, - e fece un movimento ad arco con la mano, come per visualizzare una targhetta affissa alla porta dell'ufficio, poi iniziò a elencare sulle dita - Contatto a tempo indeterminato. Mensa gratuita. Bambini che raccontano barzellette. Mamme, - disse strizzando l'occhio - mamme giovani che ti salutano ogni giorno e vengono a parlare con te per iscrivere il figlio. Fotocopie, - aggiunse, come se se lo fosse ricordato solo in quel momento, - fotocopie a due centesimi l'una. Telefonate gratuite. Vincere sempre, e dico sempre, a calcio durante le ricreazioni. Un computer così lento che nel frattempo puoi fare mille altre cose. Parcheggio solo per te. Giocattoli in disuso che porti a casa per tutti. Bicicletta dimenticata da anni che diventa la tua bicicletta aziendale. Tutte cose che, ahimè, chi fa altri lavori non sa nemmeno cosa sono.
- Tu invece che lavoro fai Tommaso...
- Veramente io sono Luca.
- Oh sì certo, Luca. Che lavoro fai, Luca?

- Avvocato.
- Urca! - disse il papà, con l'aria di uno cui era stato pestato il piede. - Mi spiace. E ne hai ancora per molto?"

;)

Enribello
25-October-2017, 15:49
John Lennon a Yoko Ono - New York, 27 maggio 1979

“Negli ultimi dieci anni ci siamo accorti che ogni cosa che desideravamo si avverava a tempo debito, buona o cattiva, in un modo o nell’altro. Abbiamo continuato a dirci che uno di questi giorni avremmo dovuto organizzarci e desiderare solo cose buone. Poi è arrivato il nostro bambino! Eravamo felicissimi e allo stesso tempo ci sentivamo molto responsabili. Ora i nostri desideri avrebbero influenzato anche lui. Abbiamo sentito che era ora di finirla con le discussioni e metterci a rivedere i nostri meccanismi di desiderio: la Pulizia Primaverile delle nostre menti! E’ stato un lavoro grosso.
Ci capitava di trovare nei vecchi armadi della nostra mente cose che non sapevamo di possedere ancora, cose che avremmo sperato di non trovare più. Facendo le pulizie, abbiamo cominciato anche a notare molte cose che non andavano nella nostra casa: c’era una mensola che non avrebbe mai dovuto neanche stare là dove stava, un quadro che cominciava a non piacerci più, e c’erano due stanze tetre che sono diventate luminose e ariose quando abbiamo buttato giù il muro che le divideva. Abbiamo cominciato ad amare le piante: e pensare che all’inizio eravamo convinti che le piante ci rubassero l’aria! Abbiamo iniziato ad apprezzare il ritmo frenetico della città che di solito ci disturbava. Commettevamo molti errori e ancora ne facciamo. In passato abbiamo speso un mucchio di energia per cercare di ottenere qualcosa che pensavamo di volere, ci chiedevamo perché non riuscivamo a ottenerlo, per poi scoprire che uno dei due o tutt’e due non lo volevano veramente. Un giorno abbiamo ricevuto un’improvvisa pioggia di cioccolato da persone di tutto il mondo. “Ehi, che è ‘sta roba? Noi non mangiamo mica roba dolce! Chi è stato a desiderarla?” Ci siamo messi a ridere. Abbiamo scoperto che quando tutt’e due desideravamo una cosa all’unisono, succedeva più in fretta. Come dice la Bibbia, «là dove ci sono due riuniti nel mio nome». E’ vero. Due sono tanti. Un potentissimo seme di pulizia.
Stiamo iniziando sempre di più a desiderare e pregare. Le cose che abbiamo cercato di conquistare in passato facendo il segno della pace, adesso cerchiamo di ottenerle attraverso il desiderio. Non lo facciamo perché è più semplice. Desiderare è più efficace che sventolare bandiere. Funziona. E come una magia. La magia è semplice. La magia è reale. Il segreto è sapere che è semplice, e non ucciderla con rituali elaborati che sono segno di insicurezza. Quando qualcuno è arrabbiato con noi, gli disegniamo nella nostra mente un’aureola attorno alla testa. E lui smette di essere arrabbiato con noi? Be’, non si sa. Sappiamo però che da quando gli disegniamo attorno l’aureola, improvvisamente per noi inizia ad assomigliare a un angelo. Questo ci aiuta a sentire affetto verso le persone, a ricordarci che ognuno ha una sua bontà dentro, e che tutte le persone che vengono da noi sono angeli travestiti che ci portano doni e messag¬gi dall’Universo. La magia è logica. Provateci qualche volta.
Abbiamo ancora molta strada da fare. Sembra che più facciamo pulizia, più velocemente funzioni il processo di desiderare e ricevere. La casa adesso è diventata molto comoda. Sean è bellissimo. Le piante crescono. I gatti fanno le fusa. La città risplende, che ci sia il sole, la pioggia o la neve. Viviamo in un universo bellissimo. Siamo riconoscenti ogni giorno per la pienezza delle nostre vite. Non è un eufemismo. Sappiamo che la città, il paese, la terra stanno affrontando tempi molto duri e che si respira terrore. Però il sole splende ancora, noi siamo ancora insieme e fra di noi c’è amore, e anche nella nostra città, nel paese, sulla terra. Se due persone come noi stanno facendo delle loro vite quello che ne stiamo facendo noi, ogni miracolo è possibile! E vero, in questo momento ci farebbe comodo qualche grosso miracolo. Il punto è riconoscerli quando ti succedono ed esserne riconoscenti. Prima si manifestano in una forma ridotta, nella quotidianità, poi vengono a fiumi, a oceani.
Andrà tutto bene! Il futuro della terra è nelle mani di tutti noi.”




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Estella
21-November-2017, 02:06
“Tutti i colori che l’impressionismo ha messo di moda sono cangianti: ragione di più per impiegarli arditamente crudi; il tempo penserà anche troppo ad addolcirli. Perciò tutta l’ordinazione che ho fatto, cioè i tre cromi (l’arancione, il giallo, il limone), il blu di Prussia, lo smeraldo, le lacche rosso robbia, il verde Veronese, la grafite arancione, tutto questo non si trova certo sulla tavolozza olandese di Maris, Mauve e Israèls. Si trovava soltanto sulla tavolozza di Delacroix, che aveva la mania dei due colori maggiormente condannati, e per giusti motivi: il limone e il blu di Prussia. Eppure, mi pare che con i blu e i gialli limone abbia fatto cose splendide.”

Arles, aprile 1888, lettera di Vincent Van Gogh al fratello Theo.

Estella
21-November-2017, 02:09
“Non so se capirai che si può fare una poesia solo disponendo sapientemente dei colori, così come si possono dire cose consolanti in musica. Allo stesso modo, alcune linee bizzarre, scelte e moltiplicate, serpeggianti in tutto il quadro, non devono dare un giardino nella sua rassomiglianza volgare, ma disegnarcelo come veduto in sogno, nel tempo stesso reale, eppure più strano che nella realtà.”

Arles, novembre 1888, lettera di Vincent Van Gogh alla sorella Wilhelmina.

Estella
21-November-2017, 02:14
“Devo prevenirti che tutti troveranno che io lavoro troppo in fretta. Non ci credere affatto. Non è forse l’emozione, la sincerità del sentimento della natura che ci guida? E se queste emozioni sono talvolta così forti che si lavora senza accorgersi che si lavora, quando a volte le pennellate vengono con un seguito e dei rapporti fra loro come le parole in un discorso o in una lettera, bisogna allora ricordarsi che non è sempre stato così e che nell’avvenire ci saranno pure, purtroppo, giorni grevi, senza ispirazione. Bisogna perciò battere il ferro mentre è caldo e mettere da parte le sbarre fucinate.”

Arles, luglio 1888, lettera di Vincent Van Gogh al fratello Theo

Estella
22-November-2017, 01:18
“ Il mio lavoro nel corso di dieci anni è consistito nell’eliminare tutto quanto non provenisse dalle pulsioni liriche interne che mi spingevano a dipingere. I miei temi sono stati sempre le mie sensazioni, i miei stati d’animo e le profonde dinamiche che la vita andava producendo in me... rappresentazioni di me stessa che erano quanto di più sincero e vero potessi fare per esprimere quel che sentivo di me e davanti a me .”

Frida Kahlo, 1939, lettera a Chavez

Estella
25-November-2017, 11:20
E’ lecito inventare dei verbi nuovi? Voglio regalartene uno: io ti cielo, così che le mie ali possano distendersi smisuratamente, per amarti senza confini.

Lettera di Frida Kahlo a Carlos Pellicer, poeta messicano modernista.

Estella
13-February-2018, 16:06
La mia notte è come un grande cuore che pulsa..
Sono le tre e trenta del mattino.
La mia notte è senza luna.
La mia notte ha grandi occhi che guardano fissi una luce grigia che filtra dalle finestre.
La mia notte piange e il cuscino diventa umido e freddo.
La mia notte è lunga e sembra tesa verso una fine incerta.
La mia notte mi precipita nella tua assenza.
Ti cerco, cerco il tuo corpo immenso vicino al mio, il tuo respiro, il tuo odore.
La mia notte mi risponde: vuoto; la mia notte mi dà freddo e solitudine.
Cerco un punto di contatto: la tua pelle.
Dove sei?
Dove sei?
Mi giro da tutte le parti, il cuscino umido, la mia guancia vi si appiccica, i capelli bagnati contro le tempie.
Non è possibile che tu non sia qui.
La mie mente vaga, i miei pensieri vanno, vengono e si affollano, il mio corpo non può comprendere. Il mio corpo ti vorrebbe.
Il mio corpo, quest’area mutilata, vorrebbe per un attimo dimenticarsi nel tuo calore, il mio corpo reclama qualche ora di serenità.
La mia notte è un cuore ridotto a uno straccio.
La mia notte sa che mi piacerebbe guardarti, seguire con le mani ogni curva del tuo corpo, riconoscere il tuo viso e accarezzarlo.
La mia notte mi soffoca per la tua mancanza.
La mia notte palpita d’amore, quello che cerco di arginare ma che palpita nella penombra, in ogni mia fibra.
La mia notte vorrebbe chiamarti ma non ha voce.
Eppure vorrebbe chiamarti e trovarti e stringersi a te per un attimo e dimenticare questo tempo che massacra.
Il mio corpo non può comprendere.
Ha bisogno di te quanto me, può darsi che in fondo, io e il mio corpo, formiamo un tutt’uno.
Il mio corpo ha bisogno di te, spesso mi hai quasi guarita.
La mia notte si scava fino a non sentire più la carne e il sentimento diventa più forte, più acuto, privo della sostanza materiale.
La mia notte mi brucia d’amore.
Sono le quattro e trenta del mattino.
La mia notte mi strema.
Sa bene che mi manchi e tutta la sua oscurità non basta a nascondere quest’evidenza che brilla come una lama nel buio, la mia notte vorrebbe avere ali per volare fino a te, avvolgerti nel sonno e ricondurti a me.
Nel sonno mi sentiresti vicina e senza risvegliarti le tue braccia mi stringerebbero.
La mia notte non porta consiglio.
La mia notte pensa a te, come un sogno a occhi aperti.
La mia notte si intristisce e si perde.
La mia notte accentua la mia solitudine, tutte le solitudini.
Il suo silenzio ascolta solo le mie voci interiori.
La mia notte è lunga, lunga, lunga.
La mia notte avrebbe paura che il giorno non appaia più ma allo stesso tempo la mia notte teme la sua apparizione, perché il giorno è un giorno artificiale in cui ogni ora vale il doppio e senza di te non è più veramente vissuta.
La mia notte si chiede se il mio giorno somiglia alla mia notte.
Cosa che spiegherebbe la mia notte, perché tempo anche il giorno.
La mia notte ha voglia di vestirmi e di spingermi fuori per andare a cercare il mio uomo.
Ma la mia notte sa che ciò che chiamano follia, da ogni ordine, semina disordine, è proibito.
La mia notte si chiede cosa non sia proibito.
Non è proibito fare corpo con lei, questo, lo sa, ma si irrita nel vedere una carne fare corpo con lei sul filo della disperazione.
Una carne non è fatta per sposare il nulla.
La mia notte ti ama fin nel suo intimo, e risuona anche del mio.
La mia notte si nutre di echi immaginari.
Essa, può farlo. Io, fallisco.
La mia notte mi osserva. Il suo sguardo è liscio e si insinua in ogni cosa.
La mia notte vorrebbe che tu fossi qui per insinuarsi anche dentro di te con tenerezza.
La mia notte ti aspetta.
Il mio corpo ti attende.
La mia notte vorrebbe che tu riposassi nell’incavo della mia spalla e che io riposassi nell’incavo della tua.
La mia notte vorrebbe essere spettatrice del mio e del tuo godimento, vederti e vedermi fremere di piacere.
La mia notte vorrebbe vedere i nostri sguardi e avere i nostri sguardi pieni di desiderio.
La mia notte vorrebbe tenere fra le mani ogni spasmo.
La mia notte diventerebbe dolce.
La mia notte si lamenta in silenzio della sua solitudine al ricordo di te.
La mia notte è lunga, lunga, lunga.
Perde la testa ma non può allontanare la tua immagine da me, non può dissipare il mio desiderio.
Sta morendo perché non sei qui e mi uccide.
La mia notte ti cerca continuamente.
Il mio corpo non riesce a concepire che qualche strada o una qualsiasi geografia ci separi.
Il mio corpo diventa pazzo di dolore di non poter riconoscere nel cuore della notte la tua figura o la tua ombra.
Il mio corpo vorrebbe abbracciarti nel sonno.
Il mio corpo vorrebbe dormire in piena notte e in quelle tenebre essere risvegliato al tuo abbraccio.
La mia notte urla e si strappa i veli, la mia notte si scontra con il proprio silenzio, ma il tuo corpo resta introvabile.
Mi manchi tanto, tanto.
Le tue parole.
Il tuo colore.
Fra poco si leverà il sole…

Lettera di Frida Kahlo a Diego Rivera, Città del Messico, 12 settembre 1939, mai spedita.

Estella
13-February-2018, 16:07
"Sento di averti amato sempre, prima che tu nascessi, prima che tu fossi concepito. Vorrei darti i colori più belli e, per vederti dal basso, vorrei essere l’ombra delle tue scarpe che si allunga sul terreno sul quale cammini".

Queste parole Frida non le scrisse a Diego. Anima troppo immensa per essere contenuta in qualsivoglia convenzione sociale, figuriamoci in un concetto di amore socialmente riconosciuto, Frida amò dal 1946 al 1949, di un amore intenso, José Bartoli, affascinante illustratore catalano che aveva combattuto nella guerra civile spagnola e che, fuggito da un campo di concentramento nazista, trovò rifugio a New York, dove i due si incontrarono quando lei fu ricoverata per uno dei 32 interventi alla spina dorsale, eredità di quel primo incidente a 17 anni.
Non poteva avere figli, Frida, ma a lui scrisse parole che hanno il sapore di un unicità che esclude Diego che, qui, diventa l’altro:

"Non so come faremo a risolvere le cose. Sarò la tua casa, la tua madre, il tuo amore, il calore del tuo sangue, la consolazione dei tuoi timori, il tuo rifugio dal dolore e dalla tristezza, la madre dei tuoi figli che nasceranno e non nasceranno".

In tre anni lei gli scrisse 25 lettere:

"Ricevile come se una ragazzina per strada ti desse un fiore, senza un perché".

Eccone alcuni estratti:

"Ieri sera mi sono sentita come se tante ali mi accarezzassero tutta, come se le punte delle tue dita avessero bocche che baciavano la mia pelle. Gli atomi del mio corpo sono tuoi e vibrano insieme così che ci amiamo l’un l’altra. Voglio vivere ed essere forte per amarti con tutta la tenerezza che ti meriti, per darti tutto ciò che c’è di buono in me, così che tu non ti sentirai solo. […] Sento di averti amato da sempre, da prima che tu nascessi, da prima che tu fossi concepito. A volte sento di aver partorito me stessa".

Firmava le lettere a José Mara, diminutivo di maravillosa (meravigliosa), come lui la chiamava in alcune sue epistole.

"Dal piccolo letto su cui sono sdraiata guardo la linea elegante del tuo collo, la raffinatezza del tuo viso, le tue spalle e la tua schiena ampia e forte. Provo ad avvicinarmi a te il più possibile così che possa percepirti, per godere della tua incomparabile carezza, il piacere che è toccarti… se non ti tocco, le mie mani, la mia bocca e tutto il mio corpo perdono la sensazione. So che dovrò immaginarti quando sarai andato via. […] Non negarmi gli altri desideri che danno completezza a ciò che provo per te e che può soltanto essere chiamato amore. […] E l’unica cosa che esiste per me in questo momento è che ti amo".

"In un mondo migliore senza ipocrisia, stupidità, miseria e tradimento… non abbandonarmi. Tienimi dentro di te, ti imploro. Voglio essere la tua casa, tua madre, la tua amante e il tuo figlio… Ti amerò dal panorama che vedi, dalle montagne, dagli oceani e dalle nuvole, dal più sottile dei sorrisi e a volte dalla più profonda disperazione, dal tuo sonno creativo, dal tuo piacere profondo o passeggero, dalla tua stessa ombra o dal tuo stesso sangue. Guarderò attraverso la finestra dei tuoi occhi per vedere te".

Quando Bartoli partì per il Messico la disperazione di Frida fu grande:

"Mi sono sentita come se avessi perso tutto, e volevo morire. […] Per te ho ricominciato a vivere, a dipingere, ad essere felice, a mangiare meglio per essere forte così che tu potessi trovarmi bella, un po’ nel modo in cui ero prima, ma adesso sono di nuovo così triste che non voglio fare niente, non voglio vedere nessuno e ancora una volta sono in uno stato di solitudine che non c’è modo di descrivere".

"Mio Bartoli-Jose-Giuseppe-il mio rosso, non so come si scrivono lettere d’amore. Ma voglio dirti che tutta me è aperta per te. Da quando mi sono innamorata di te, tutto si è trasformato ed è pieno di bellezza. Voglio darti i colori più belli, voglio baciarti… voglio che i nostri mondi da sogno siano uno solo. Vorrei vedere dai tuoi occhi, sentire dalle tue orecchie, sentire con la tua pelle, baciare con la tua bocca. Per vederti dal di sotto, vorrei essere la tua ombra nata dalla suola del tuo piede, che si estende lungo il terreno su cui cammini… Voglio essere l’acqua che ti lava, la luce che ti dà forma, vorrei che la mia sostanza fosse la tua sostanza, che la tua voce uscisse dalla mia gola così che tu mi accarezzassi da dentro… nel tuo desiderio e nella tua lotta rivoluzionaria per una vita migliore per tutti, voglio accompagnarti e aiutarti, amarti e nella tua risata trovare la mia gioia. Se a volte soffri, voglio riempirti di tenerezza così che tu ti senta meglio. Quando hai bisogno di me, mi troverai sempre vicino a te. Sempre aspettandoti. E vorrei essere leggera e soffusa quando vuoi restare solo".

Lei gli scriveva:

"Perdonami se tutte queste cose che ti scrivo ti sembrano stupidità, ma credo che in amore non ci sia né intelligenza né stupidità, l’amore è come un aroma, come una corrente, come pioggia. Lo sai, mio cielo, tu piovi su di me e io, come terra, ti ricevo".

Lui non la dimenticò mai. Quando a 85 anni morì i parenti trovarono una cesta in cui lui aveva custodito delicatamente tutto quello che aveva di lei: le sue preziose lettere e tanti piccoli oggetti che si erano scambiati nei loro incontri. Cimeli preziosi di un amore sospeso, tra quello che fu e quello che poteva essere e non è stato.

Estella
21-February-2018, 14:11
Frequentare Chiese orientali mi ha confermato (se ce ne fosse stato bisogno) che la liturgia è l'archetipo supremo del destino e non solo del destino dei destini, quello di Cristo, ma del destino, semplicemente. È, per così dire, la suprema fiaba, quella a cui non si può resistere.

Cristina Campo (Lettera a Rodolfo Quadrelli, Vigilia di Pentecoste, 1967)

Estella
10-March-2018, 22:45
Mettermi ora davanti il dilemma – o marito o nulla? - Ora? - Ma è almeno antistrategico. Nulla io debbo rispondere… Abbiamo una fratellanza di spirito indiscutibile ed io vorrei indistruttibile. Non infrangere questi cristalli, Antonia.

Frammento dell'ultima lettera di Dino Formaggio ad Antonia Pozzi.

Estella
11-March-2018, 00:53
Antonello,
perdona, ti prego, il mio lungo silenzio. Forse ti ho fatto soffrire: ci pensavo tanto, sai, in questi giorni, e questo aumentava il mio tormento. Ciò che ho sofferto e vissuto non ti posso dire: cose che sulla carta si dissolvono e inaridiscono sulle labbra. Cose che si sentono solamente.
Ora sono calma, sicura, buona. Sì, Antonello: forse è orgoglio troppo grande il dirlo, ma mi sembra di essere veramente buona, ora. Sono ciò che devo essere.

Lettera ad Antonio Maria Cervi – Milano, 26 aprile 1930

Estella
11-March-2018, 00:56
Mi convinco sempre di più dell’incompatibilità di poesia e vita, come è in Tonio Kröger. Io sono adesso come Tonio Kröger nella tempesta, sono appena uscita alla riva, vivo ancora di atti che non so tradurre in parole.
Forse – chissà – l’età delle parole è finita per sempre.

Lettera a Vittorio Sereni – Pasturo, 13 agosto 1935

Estella
13-March-2018, 23:21
Fordham, Domenica 1° ottobre 1848
«Ho premuto sulle mie labbra la vostra lettera tante e tante volte, dolcissima Elena, bagnandola con lacrime di gioia o di “celeste disperazione”. Ma io — che così di recente, alla vostra presenza stessa, esaltavo (1) “il potere delle parole” — di qual valore sono ora per me le sole parole? Potessi credere all’efficacia delle preghiere al Dio del Cielo, vorrei inginocchiarmi, inginocchiarmi umilmente, in questa più fervida epoca della mia vita, inginocchiarmi invocando parole che potessero dischiudersi a voi, e potessero mettermi in grado di farvi vedere a nudo tutto il mio cuore. I miei pensieri, le mie passioni sembrano ora sommersi in un desiderio consumatore, il solo desiderio di farvi sapere, di farvi vedere quello per esprimere il quale non vi è voce umana; il fervore indicibile del mio amore per voi, poiché così bene io conosco la vostra natura di poeta, oh Elena Elena! che io sono sicuro, che se voi poteste soltanto guardare nel profondo dell’anima mia coi puri occhi del vostro spirito, non potreste fare a meno di dirmi quello, ahimè! che voi risolutamente lasciate inespresso. Mi dovreste amare anche solo per la grandezza del mio amore. Non è già tanto in questo freddo e triste mondo, l’essere amato? Oh, se io potessi almeno fare ardere nel vostro spirito il significato vero e profondo che io attribuisco a quelle tre parole sottolineate! Ma, ahimè! Lo sforzo è tutto vano e “io vivo e muoio inascoltato” […]».
(1) «Il potere delle parole» è uno dei migliori poemi in prosa di Poe.

Lettera scritta da Edgar Allan Poe all’amatissima Elena Whitman, la prima che le inviò.

Estella
09-May-2018, 02:07
Il 28 marzo del 1941 la scrittrice inglese Virginia Woolf, durante l’ultima delle sue frequenti crisi depressive, si riempì le tasche di sassi e si lasciò annegare nel fiume Ouse, non lontano da casa. Lasciò una toccante lettera al marito Leonard Woolf.

Carissimo,
sono certa di stare impazzendo di nuovo. Sento che non possiamo affrontare un altro di quei terribili momenti. E questa volta non guarirò. Inizio a sentire voci, e non riesco a concentrarmi. Perciò sto facendo quella che sembra la cosa migliore da fare. Tu mi hai dato la maggiore felicità possibile. Sei stato in ogni modo tutto ciò che nessuno avrebbe mai potuto essere. Non penso che due persone abbiano potuto essere più felici fino a quando è arrivata questa terribile malattia. Non posso più combattere. So che ti sto rovinando la vita, che senza di me potresti andare avanti. E lo farai, lo so. Vedi, non riesco neanche a scrivere come si deve. Non riesco a leggere. Quello che voglio dirti è che devo tutta la felicità della mia vita a te. Sei stato completamente paziente con me, e incredibilmente buono. Voglio dirlo – tutti lo sanno. Se qualcuno avesse potuto salvarmi, saresti stato tu. Tutto se n’è andato da me tranne la certezza della tua bontà. Non posso continuare a rovinarti la vita. Non credo che due persone possano essere state più felici di quanto lo siamo stati noi.

V.’

Enribello
29-May-2018, 19:07
Nel 1854 il "Grande Bianco" di Washington (il presidente degli Stati Uniti) si offri' di acquistare una parte del territorio indiano e promise di istituirvi una "riserva" per il popolo indiano
. Ecco la risposta del "capo Seattle", considerata ancora oggi la piu' bella, la piu' profonda dichiarazione mai fatta sull'ambiente.


"Come potete acquistare o vendere il cielo, il calore della terra? L'idea ci sembra strana. Se noi non possediamo la freschezza dell'aria, lo scintillio dell'acqua sotto il sole come e' che voi potete acquistarli? Ogni parco di questa terra e' sacro per il mio popolo. Ogni lucente ago di pino, ogni riva sabbiosa, ogni lembo di bruma dei boschi ombrosi, ogni radura ogni ronzio di insetti e' sacro nel ricordo e nell'esperienza del mio popolo. La linfa che cola negli alberi porta con se' il ricordo
dell'uomo rosso. Noi siamo una parte della terra, e la terra fa parte di noi. I fiori profumati sono i nostri fratelli, il cavallo, la grande aquila sono i nostri fratelli, la cresta rocciosa, il verde dei prati, il calore dei pony e l'uomo appartengono tutti alla stessa famiglia. Quest'acqua scintillante che scorre nei torrenti e nei fiumi non e' solamente acqua, per noi e' qualcosa di immensamente significativo: e' il sangue dei nostri padri.
I fiumi sono nostri fratelli, ci dissetano quando abbiamo sete. I fiumi sostengono le nostre canoe, sfamano i nostri figli. Se vi vendiamo le nostre terre, voi dovrete ricordarvi, e insegnarlo ai vostri figli, che i fiumi sono i nostri e i vostri fratelli e dovrete dimostrare per fiumi lo stesso affetto che dimostrerete ad un fratello. Sappiamo che l'uomo bianco non comprende i nostri costumi. Per lui una parte di terra e' uguale all'altra, perche' e' come uno straniero che arriva di notte e alloggia nel posto che piu' gli conviene. La terra non e' suo fratello, anzi e' suo nemico e quando l'ha conquistata va oltre, piu' lontano.
Tratta sua madre, la terra, e suo fratello, il cielo, come se fossero semplicemente delle cose da acquistare, prendere e vendere come si fa con i montoni o con le pietre preziose. Il suo appetito divorera' tutta la terra e a lui non restera' che il deserto.
Non esiste un posto accessibile nelle citta' dell'uomo bianco. Non esiste un posto per vedere le foglie e i fiori sbocciare in primavera, o ascoltare il fruscio delle ali di un insetto. Ma forse e' perche' io sono un selvaggio e non posso capire. Il baccano sembra insultare le orecchie. E quale interesse puo' avere l'uomo a vivere senza ascoltare il rumore delle capre che succhiano l'erba o il chiacchierio delle rane, la notte, attorno ad uno stagno?
Io sono un uomo rosso e non capisco. L'indiano preferisce il dolce suono del vento che slanciandosi come una freccia accarezza la faccia dello stagno, e preferisce l'odore del vento bagnato dalla pioggia mattutina, o profumato dal pino pieno di pigne. L'aria e' preziosa per l'uomo rosso, giacche' tutte le cose respirano con la stessa aria: le bestie, gli alberi, gli uomini tutti respirano la stesa aria. L'uomo bianco non sembra far caso all'aria che respira. Come un uomo che impiega parecchi giorni a morire resta insensibile alle punture. Ma se noi vendiamo le nostre terre, voi dovrete ricordare che l'aria per noi e' preziosa, che l'aria divide il
suo spirito con tutti quelli che fa vivere.
Il vento che ha dato il primo alito al Nostro Grande Padre e' lo stesso che ha raccolto il suo ultimo respiro. E se noi vi vendiamo le nostre terre voi dovrete guardarle in modo diverso, tenerle per sacre e considerarle un posto in cui anche l'uomo bianco possa andare a gustare il vento reso dolce dai fiori del prato. Considereremo l'offerta di acquistare le nostre terre.
Ma se decidiamo di accettare la proposta io porro' una condizione: l'uomo bianco dovra' rispettare le bestie che vivono su questa terra come se fossero suoi fratelli. Che cos'e' l'uomo senza le bestie?
Se tutte le bestie sparissero, l'uomo morirebbe di una grande solitudine nello spirito. Poiche' cio' che accade alle bestie prima o poi accade anche all' uomo. Tutte le cose sono legate tra loro. Dovrete insegnare ai vostri figli che il suolo che essi calpestano e' fatto dalle ceneri dei nostri padri. Affinche' i vostri figli rispettino questa terra, dite loro che essa e' arricchita dalle vite della nostra gente. Insegnate ai vostri figli quello che noi abbiamo insegnato ai nostri: la terra e' la madre di tutti
noi. Tutto cio' che di buono arriva dalla terra arriva anche ai figli della terra. Se gli uomini sputano sulla terra, sputano su se stessi. Noi almeno sappiamo questo: la terra non appartiene all'uomo, bensi' e' l'uomo che appartiene alla terra. Questo noi lo sappiamo. Tutte le cose sono legate fra loro come il sangue che unisce i membri della stessa famiglia. Tutte le cose sono legate fra loro. Tutto cio' che si fa per la terra lo si fa per i suoi figli. Non e' l'uomo che ha tessuto le trame della vita: egli ne e' soltanto un filo. Tutto cio' che egli fa alla trama lo fa a se stesso. C'e' una cosa che noi sappiamo e che forse l'uomo bianco scoprira' presto: il nostro Dio e' lo stesso vostro Dio. Voi forse pensate che adesso lo possedete come volete possedere le nostre terre ma non lo potete. Egli e' il Dio dell'uomo e la sua pieta' e' uguale per tutti: tanto per l'uomo bianco quanto per l'uomo rosso. Questa terra per lui e' preziosa. Dov'e' finito il bosco? E' scomparso. Dov'e' finita l'aquila? E' scomparsa. E' la fine della vita e l'inizio della sopravvivenza".

http://www.mariocase.it/lafenice/nati%20nella%20favolosa%20decade%20anni%2050/seattle-300x232[1].jpg

Estella
16-August-2018, 15:41
Ci sono usignoli perfetti che tutta la vita del bosco tace per ascoltare.
Ci sono piccoli usignoli apprendisti, che ripetono a lunghi intervalli la stessa frase – e qualche volta il maestro risponde, da un altro albero.
Di tutto questo, infine, il miracolo sono le pause – come il cielo intorno a certe lune abbaglianti.

Lettera di Cristina Campo a Remo Fasani, 3 settembre 1953

Enribello
03-November-2018, 12:06
Tu mi sei affine tutto, da parte a parte, terribilmente e angosciosamente affine, come io a me stessa – senza asilo, come le montagne.
(Non è una dichiarazione d’amore: di destino)


Marina Ivanovna Cvetaeva a Boris Pasternak

https://1.bp.blogspot.com/-R5uVzDJMjxI/WlDPKmKxanI/AAAAAAAAJEI/ZhSv93jtqCYs6f-JxlA25GJMnTd1twsyQCLcBGAs/s1600/marrrr.jpghttp://www.wtv.ba/wp-content/uploads/2017/02/download-1-3.jpg
foto presa dal web

Enribello
06-February-2019, 19:14
http://www.abcvox.info/wp-content/uploads/2017/04/lettera-antica-donna-romana-300x141.jpg

“Claudia Severa alla sua Lepidina, saluti. Questo 11 settembre, sorella, per la celebrazione del mio compleanno, ti ho inviato un caldo invito per essere sicura che tu verrai, così da rendere la mia giornata migliore se tu sarai presente.
Porgi i miei saluti al tuo Cerialis. Il mio Aelius (Elio) e mio figlio ti inviano i loro saluti.
Ti aspetto sorella. Saluti, sorella, anima a me più cara, che spero prosperi e possa salutare.
A Sulpicia Lepidina, moglie di Cerialis, da Severa.”

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Questo e' un passaggio seppur breve , di una lettera conservata al British museum/art resource NY. e rappresenta il primo testo conosciuto scritto da una donna romana in latino.
Un invito della moglie del comandante del forte di Vindolandia,Gran Bretagna,alla sorella. Proviene dalle tavolette lignee rinvenute presso il valo di Adriano databile a cavallo tra il I ed il II secolo d.C.


http://www.abcvox.info/wp-content/uploads/2017/04/vindolandia-300x225.jpg

Il forte di Vindolanda , fatto erigere nel 79 d.C. al confine con l’odierna Scozia dopo la conquista romana della Bretagna.
Spesso chi veniva inviato qui, ai confini dell’impero, poteva aver la sensazione di essere isolato ed esiliato dalla lontana, potente e lussuosa Roma.

Foto prese dal web

Enribello
01-April-2019, 19:07
È strano che io di notte senta così tanto la tua mancanza visto che non ci sono mai stata con te – ma l'amore invoca puntualmente te non appena chiudo gli occhi – e mi sveglio calda del desiderio che il sonno ha quasi appagato – la settimana scorsa ho sognato che eri morto – e qualcuno aveva scolpito una statua di te e mi chiedevano di scoprirla – e io ho detto che quello che non avevo fatto in Vita non l'avrei fatto in morte quando i tuoi amati occhi non avrebbero potuto perdonarmi.


Emily Dickinson in una lettera a Otis Philip Lord, 1873
(da Lettere d'amore Il Saggiatore)

https://booklife.com/image-factory/http/localhost/amazongetcover/9780813552750.jpg/w204.jpg
foto presa dal web

Estella
05-April-2019, 00:26
Gli altri uomini sembrano formiche se paragonati a lui. Non sono attratta fisicamente da nessun altro. La mia anima e la mia mente sono inestricabilmente legate a Ted. Sento di condurre una vita indipendente - lavoro, scrivo, ho la mia arte e la mia reputazione, i miei bambini - eppure questi mi sembrano meri sproloqui se non posso credere in lui ed amarlo.
E poi, come potrei mai essere, se tornasse? Sono troppo piena di odio, di risentimento, di desiderio di uccidere la maledetta ragazza a cui devo la mia miseria.
E come posso smettere di essere infelice? Così non posso fare a meno di odiarmi.

Lettera di Sylvia Plath alla sua psichiatra, la dottoressa Ruth Tiffany Barnhouse Beuscher - 4 febbraio 1963

Enribello
23-January-2020, 10:21
Risposta di Cesare Pavese alla lettera-contratto dell’editore Einaudi (Torino), 2 maggio 1941

Spettabile Editore Einaudi,
accetto le condizioni che mi fate per l’edizione del mio racconto Paesi tuoi. Gradirei che simbolicamente mi fosse versato in anticipo n. 1 pipa, onde fumarmela e preparare in serenità altri e più seducenti racconti.
Dev.mo
Cesare Pavese


http://www.boz-frammenti.it/images/thumbs/53.jpg

foto presa dal web

Enribello
08-May-2020, 17:45
Pier Paolo Pasolini a Maria Callas, 1969

Cara Maria,
stasera, appena finito di lavorare, su quel sentiero di polvere rosa, ho sentito con le mie antenne in te la stessa angoscia che ieri tu con le tue antenne hai sentito in me. Un’angoscia leggera leggera, non più che un’ombra, eppure invincibile. Ieri in me si trattava di un po’ di nevrosi: ma oggi in te c’era una ragione precisa (precisa fino a un certo punto, naturalmente) ad opprimerti, col sole che se ne andava. Era il sentimento di non essere stata del tutto padrona di te, del tuo corpo, della tua realtà: di essere stata “adoperata” (e per di più con la fatale brutalità tecnica che il cinema implica) e quindi di aver perduto in parte la tua totale libertà. Questo stringimento al cuore lo proverai spesso, durante la nostra opera: e lo sentirò anch’io con te. È terribile essere adoperati, ma anche adoperare. Ma il cinema è fatto così: bisogna spezzare e frantumare una realtà “intera” per ricostruirla nella sua verità sintetica e assoluta, che la rende poi più “intera” ancora. Tu sei come una pietra preziosa che viene violentemente frantumata in mille schegge per poter essere ricostruita di un materiale più duraturo di quello della vita, cioè il materiale della poesia.
È appunto terribile sentirsi spezzati, sentire che in un certo momento, in una certa ora, in un certo giorno, non si è più tutti se stessi, ma una piccola scheggia di se stessi: e questo umilia, lo so. Io oggi ho colto un attimo del tuo fulgore, e tu avresti voluto darmelo tutto. Ma non è possibile. Ogni giorno un barbaglio, e alla fine si avrà l’intera, intatta luminosità. C’è poi anche il fatto che io parlo poco, oppure mi esprimo in termini un po’ incomprensibili. Ma a questo ci vuol poco a mettere rimedio: sono un po’ in trance, ho una visione o meglio delle visioni, le “Visioni della Medea”: in queste condizioni di emergenza, devi avere un po’ di pazienza con me, e cavarmi un po’ le parole con la forza.
Ti abbraccio

Pier Paolo


A Pier Paolo Pasolini.
2 febbraio 1971 (in italiano da un aereo)

Caro, ti scrivo dalle nuvole. Sembra proprio un tappeto bello, soffice da poterci camminare sopra. [...] Cerca di stare bene – cerca di avere pazienza con i deboli tipo Alberto.*
Sai, caro amico, di veri amici veri pochi ne ho trovati–per non dire nessuno. Tu penso di sì–sento di sì–ma il tempo ci mostrerà. E ci tengo alla tua verità e sincerità. Siamo assai legati psichicamente–oso dire come raro si fa in vita. È raro sai ed è bello. Però bisogna che duri. E che cosa è che dura? Finora io so che io sono–ma poi… col tempo–piano piano si vedono gli altri. Alberto non mi ha mai molto persuasa sai–perdonami. Ma mi dispiace per te perché soffri–era un tuo amico. Fa’ però come dice Dante: guarda e passa. Tu sei superiore a loro. So che sono parole e le parole sono parole e basta. Ma pensa a te e la tua salute.

Vorrei avere tue notizie. Le mie sono che avevo preso il volo ma lo spirito comanda no a quando il corpo può. E là il mio corpo m’ha bastonata e forte. Però le tragedie non bisogna farle che sulla scena.
La vita la si fa da noi entro le nostre possibilità. Ora so le mie.
Hai ragione anche chi ha vinto, ha vinto per sempre. Grazie di quelle sacrosante parole. Ma non dispero ancora, sai. [...]

Tua Maria

* Alberto Moravia


https://www.instart.info/wp-content/uploads/2019/02/Callas-500x332.jpg
In questa foto tratta dal web PP Pasolini e Maria Callas sul set di "Medea"
"Una passione platonica, lei voleva convertirlo all'eterossessualita'" racconta Dacia Maraini.
Fu comunque un' amicizia speciale.

Enribello
22-May-2020, 18:33
.Lettera di Abraham Lincoln all’insegnante di suo figlio, 1830

“Il mio figlioletto inizia oggi la scuola: per lui, tutto sarà strano e nuovo per un po’ e desidero che sia trattato con delicatezza.
È un’avventura che potrebbe portarlo ad attraversare continenti, un’avventura che, probabilmente, comprenderà guerre, tragedie e dolore. Vivere questa vita richiederà Fede, Amore e Coraggio.
Quindi, maestro caro, la prego di prenderlo per mano e di insegnargli le cose che dovrà conoscere. G
li trasferisca l’insegnamento, ma con dolcezza, se può. Gli insegni che per ogni nemico c’è un amico. Dovrà sapere che non tutti gli uomini sono giusti, che non tutti gli uomini sono sinceri. Gli faccia però anche comprendere che per ogni farabutto c’è un eroe, che per ogni politico disonesto c’è un capo pieno di dedizione.
Gli insegni, se può, che 10 centesimi guadagnati valgono molto di più di un dollaro trovato; a scuola, o maestro, è di gran lunga più onorevole essere bocciato che barare.
Gli faccia imparare a perdere con eleganza e, quando vince, a godersi la vittoria. Gli insegni a esser garbato con le persone garbate e duro con le persone dure.
Gli faccia apprendere anzitutto che i prepotenti sono i più facili da vincere.
Lo conduca lontano, se può, dall’invidia, e gli insegni il segreto della pacifica risata. Gli insegni, se possibile, a ridere quando è triste, a comprendere che non c’è vergogna nel pianto, e che può esserci grandezza nell’insuccesso e disperazione nel successo. Gli insegni a farsi beffe dei cinici.
Gli insegni, se possibile, quanto i libri siano meravigliosi, ma gli conceda anche il tempo di riflettere sull’eterno mistero degli uccelli nel cielo, delle api nel sole e dei fiori su una verde collina.
Gli insegni ad aver fede nelle sue idee, anche se tutti gli dicono che sbaglia. Cerchi di infondere in mio figlio la forza di non seguire la folla quando tutti gli altri lo fanno.
Lo guidi ad ascoltare tutti, ma anche a filtrare quello che ode con lo schermo della verità e a prendere solo il buono che ne fuoriesce.
Gli insegni a vendere talenti e cervello al miglior offerente, ma a non mettersi mai il cartellino del prezzo sul cuore e sull’anima.
Gli faccia avere il coraggio di essere impaziente e la pazienza di essere coraggioso. Gli insegni sempre ad avere suprema fede nel genere umano e in Dio.
Si tratta di un compito impegnativo, maestro, ma veda che cosa può fare.
È un bimbetto così grazioso, ed è mio figlio”.


https://www.rightattitudes.com/blogincludes/images/Abraham_Lincoln_reading_to_his_son_Tadd_at_the_Whi te_House.jpg

Enribello
09-November-2022, 18:14
Questa è tra le prime lettere che Vladimir Nabokov scrisse a Vera Véra Slonim, la donna che fu sua moglie per cinquantadue anni. Vera fu la sua musa e la sua sostenitrice, i suoi occhi erano i primi a posarsi sui manoscritti di Vladimir. È grazie a lei se possiamo ancora oggi leggere Lolita, il celebre romanzo che lo scrittore aveva deciso di dare alle fiamme quando era ancora in fase di bozza

Dal web





.Luglio 1923

Non lo nascondo: sono così disabituato all’idea della gente – ti prego, capiscimi – così disabituato, che i primi minuti del nostro incontro mi sembravano uno scherzo, un travestimento ingannevole […] Ci sono solo alcune cose di cui è difficile parlare: si scuote il loro meraviglioso polline toccandole con le parole… Sì, ho bisogno di te, del mio racconto di fate. Perché tu sei l’unica persona a cui posso parlare del grido di una nuvola, del canto di un pensiero e del fatto che quando oggi sono andato a lavorare e ho visto ogni girasole in faccia, mi hanno sorriso anche loro con i loro semi […]

Vladimir

Enribello
06-February-2023, 16:53
Nel 1886 Rodin scriveva così


“Mia feroce amica,
la mia povera testa è ben malata, e non riesco più ad alzarmi la mattina. Questa sera ho camminato per ore senza trovarti nei nostri luoghi. Come mi sarebbe dolce la morte! E com’è lunga la mia agonia. Perchè non mi hai atteso all’atelier? A quale dolore ero predestinato. Ho momenti di amnesia in cui soffro di meno, ma oggi l’implacabile dolore persiste. Camille, mia bene amata nonostante tutto, nonostante la follia che sento venire e che sarà opera tua se tutto questo continua. Perchè non mi credi? Abbandono il mio Salon, la scultura; se potessi andare in un posto qualsiasi, in un paese in cui poter dimenticare ma non esiste…Ma poi in un solo istante sento la tua terribile potenza. Abbi pietà, crudele. Non ne posso più, non posso più passare un giorno senza vederti. Se no, l’atroce follia. E’ finita, non lavoro più, divinità malefica, e tuttavia ti amo furiosamente…”

(e la lettera prosegue, una delle più lunghe e struggenti anche se di fatto Rodin abbandonò Camille).

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