PDA

Visualizza la versione completa : Pagine sul gioco del pallone



Rupert
15-June-2014, 16:32
Il clima euforico dei campionati mondiali di calcio pervade ogni anfratto. Pur non essendo un appassionato sfegatato, ogni quattro anni mi lascio travolgere anch'io dalla retorica nazional-patriottica (nel mio caso rossocrociata) che ammanta la manifestazione. Sull'onda di tanta euforia lancio un thread etterario-calcistico in cui vi invito a postare pagine notevoli, testi poetici, detti memorabili di un certo spessore umano e/o letterario a proposito del gioco del calcio.

Comincio con Umberto Saba e le sue poesie sul gioco del calcio.




Squadra paesana

Anch'io tra i molti vi saluto, rosso
alabardati,

sputati
dalla terra natia, da tutto un popolo
amati.

Trepido seguo il vostro gioco.
Ignari
esprimete con quello antiche cose
meravigliose
sopra il verde tappeto, all'aria, ai chiari
soli d'inverno.

Le angosce
che imbiancano i capelli all'improvviso,
sono da voi così lontane! La gloria
vi dà un sorriso
fugace: il meglio onde disponga. Abbracci
corrono tra di voi, gesti giulivi.

Giovani siete, per la madre vivi;
vi porta il vento a sua difesa. V'ama
anche per questo il poeta, dagli altri
diversamente – ugualmente commosso.


Tre momenti

Di corsa usciti a mezzo il campo, date
prima il saluto alle tribune.
Poi,quello che nasce poi,
che all’altra parte rivolgete, a quella
che più nera si accalca, non è cosa
da dirsi, non è cosa ch’abbia un nome.

Il portiere su e giù cammina come sentinella.
Il pericolo lontano è ancora.
Ma se in un nembo s’avvicina, oh allora
una giovane fiera si accovaccia
e all’erta spia.

Festa è nell’aria, festa in ogni via.
Se per poco, che importa?
Nessuna offesa varcava la porta,
s’incrociavano grida ch’eran razzi.
La vostra gloria, undici ragazzi,
come un fiume d’amore orna Trieste.


Tredicesima partita

Sui gradini un manipolo sparuto
si riscaldava di se stesso.
E quando
– smisurata raggiera – il sole spense
dietro una casa il suo barbaglio, il campo
schiarì il presentimento della notte.
Correvano sue e giù le maglie rosse,
le maglie bianche, in una luce d’una
strana iridata trasparenza. Il vento
deviava il pallone, la Fortuna
si rimetteva agli occhi la benda.

Piaceva
essere così pochi intirizziti
uniti,
come ultimi uomini su un monte,
a guardare di là l’ultima gara.


Fanciulli allo stadio

Galletto
è alla voce il fanciullo; estrosi amori
con quella, e crucci, acutamente incide.

Ai confini del campo una bandiera
sventola solitaria su un muretto.
Su quello alzati, nei riposi, a gara
cari nomi lanciavano i fanciulli,
ad uno ad uno, come frecce. Vive
in me l’immagine lieta; a un ricordo
si sposa – a sera – dei miei giorni imberbi.

Odiosi di tanto eran superbi
passavano là sotto i calciatori.
Tutto vedevano, e non quegli acerbi.


Goal

Il portiere caduto alla difesa
ultima vana, contro terra cela
la faccia, a non vedere l’amara luce.
Il compagno in ginocchio che l’induce,
con parole e con la mano, a sollevarsi,
scopre pieni di lacrime i suoi occhi.

La folla – unita ebbrezza – par trabocchi
nel campo: intorno al vincitore stanno,
al suo collo si gettano i fratelli.
Pochi momenti come questi belli,
a quanti l’odio consuma e l’amore,
è dato, sotto il cielo, di vedere.

Presso la rete inviolata il portiere
– l’altro – è rimasto. Ma non la sua anima,
con la persona vi è rimasta sola.

La sua gioia si fa una capriola,
si fa baci che manda di lontano.
Della festa – egli dice – anch’io son parte.

(da Il Canzoniere, 1933-1934)

Rupert
15-June-2014, 17:13
2524Il calcio "è" un linguaggio con i suoi poeti e prosatori

(Prima parte)

Nel dibattito in corso sui problemi linguistici che artificialmente dividono letterati da giornalisti e giornalisti da calciatori sono stato interrogato da una gentile giornalista per l'Europeo: ma le mie risposte sul rotocalco sono risultate un po' menomate e fioche (per via delle esigenze giornalistiche!). Siccome l'argomento mi piace, vorrei ritornarci sopra con un po' di calma e con la piena responsabilità di ciò che dico. Che cos'è una lingua? "Un sistema di segni", risponde nel modo oggi più esatto, un semiologo. Ma questo "sistema di segni" non è solo necessariamente una lingua scritto-parlata (questa qui che usiamo adesso, io scrivendo, e tu, lettore, leggendo).
I "sistemi di segni" possono essere molti. Prendiamo un caso: io e tu, lettore, ci troviamo in una stanza dove sono presenti anche Ghirelli e Brera, e tu vuoi dirmi di Ghirelli qualcosa che Brera non deve sentire. Allora non puoi parlarmi per mezzo del sistema di segni verbali: devi per forza adottare un altro sistema di segni: per esempio, quello della mimica: allora cominci a torcere gli occhi, a fare delle boccacce, ad agitare le mani, ad accennare dei gesti coi piedi ecc. ecc. Sei il "cifratore" di un discorso "mimico" che io decifro: ciò significa che possediamo in comune un codice "italiano" di un sistema di segni mimico.
Ci sono ventidue "podemi". Un altro sistema di segni non verbale è quello della pittura; o quello del cinema; o quello della moda (oggetto di studi di un gran maestro in questo campo, Roland Barthes) ecc. ecc. Il gioco del football è un "sistema di segni"; è, cioè, una lingua, sia pure non verbale. Perché faccio questo discorso (che voglio poi schematicamente proseguire)? Perché la querelle che pone uno contro l'altro il linguaggio dei letterati e quello dei giornalisti è falsa. E il problema è un altro.
Vediamo. Ogni lingua (sistema di segni scritti-parlati) possiede un codice generale. Prendiamo l'italiano: io e tu, lettore, usando questo sistema di segni, ci comprendiamo, perché l'italiano è un nostro patrimonio comune, "una moneta di scambio". Ogni lingua, però, è articolata in varie sottolingue, di cui ognuno possiede un codice: e allora gli italiani medici si comprendono fra loro - quando parlano il loro gergo specializzato - perché ognuno di essi conosce il sottocodice della lingua medica; gli italiani teologi si comprendono fra loro perché possiedono il sottocodice del gergo teologico, ecc. ecc. Anche la lingua letteraria è una lingua gergale che possiede un sottocodice (in poesia, per es., invece di dire "speranza" si può dire "speme", ma ognuno di noi non si meraviglia di questa cosa buffa, perché è a conoscenza che il sottocodice della lingua letteraria italiana richiede e ammette che in poesia si usino latinismi, arcaismi, parole tronche ecc. ecc.).
Il giornalismo non è un ramo minore della lingua letteraria: per comprenderlo noi ci valiamo di una specie di sottocodice. In parole povere, i giornalisti altro non sono che degli scrittori, che, per volgarizzare e semplificare concetti e rappresentazioni, si valgono di un codice letterario diciamo - per restare in campo sportivo - di serie B. Anche il linguaggio di Brera è di serie B rispetto al linguaggio di Carlo Emilio Gadda e di Gianfranco Contini.
E quello di Brera è forse il caso più dignitosamente qualificato del giornalismo sportivo italiano.
Non esiste dunque conflitto "reale" tra scrittura letteraria e scrittura giornalistica; è questa seconda, che, ancillare com'è sempre stata, esaltata ora dal suo impiego nella cultura di massa (che non è popolare!!), accampa pretese un po' superbe, da parvenue. Ma veniamo al football.
Il football è un sistema di segni, cioè un linguaggio. Esso ha tutte le caratteristiche fondamentali del linguaggio per eccellenza, quello che noi ci poniamo subito come termine di confronto, ossia il linguaggio scritto-parlato.
Infatti le "parole" del linguaggio del calcio si formano esattamente come le parole del linguaggio scritto-parlato. Ora, come si formano queste ultime? Esse si formano attraverso la cosiddetta "doppia articolazione" ossia attraverso le infinite combinazioni dei "fonemi": che sono, in italiano, le 21 lettere dell'alfabeto.
I "fonemi" sono dunque le "unità minime" della lingua scritto-parlata. Vogliamo divertirci a definire l'unità minima della lingua del calcio? Ecco: "Un uomo che usa i piedi per calciare un pallone" è tale unità minima: tale "podema" (se vogliamo continuare a divertirci). Le infinite possibilità di combinazione dei "podemi" formano le "parole calcistiche"; e l'insieme delle "parole calcistiche" forma un discorso, regolato da vere e proprie norme sintattiche.
I "podemi" sono ventidue (circa, dunque, come i fonemi); le "parole calcistiche" sono potenzialmente infinite, perché infinite sono le possibilità di combinazione dei "podemi" (ossia, in pratica, dei passaggi del pallone tra giocatore e giocatore); la sintassi si esprime nella "partita", che è un vero e proprio discorso drammatico.
I migliori dribblatori del mondo. I cifratori di questo linguaggio sono i giocatori, noi, sugli spalti, siamo i decifratori: in comune dunque possediamo un codice.
Chi non conosce il codice del calcio non capisce il "significato" delle sue parole (i passaggi) né il senso del suo discorso (un insieme di passaggi).
Non sono né Roalnd Barthes né Greimas, ma da dilettante, se volessi, potrei scrivere un saggio ben più convincente di questo accenno, sulla "lingua del calcio". Penso, inoltre, che si potrebbe anche scrivere un bel saggio intitolato Propp applicato al calcio: perché naturalmente, come ogni lingua, il calcio ha il suo momento puramente "strumentale" rigidamente e astrattamente regolato dal codice e il suo momento "espressivo".
Ho detto infatti qui sopra come ogni lingua si articoli in varie sotto lingue, in possesso ciascuna di un sottocodice.
Ebbene, anche per la lingua del calcio si possono fare distinzioni del genere; anche il calcio possiede dei sottocodici, dal momento in cui, da puramente strumentale, diventa espressivo.
Ci può essere un calcio come linguaggio fondamentalmente prosastico e un calcio come linguaggio fondamentalmente poetico.
Per spiegarmi, darò - anticipando le conclusioni - alcuni esempi: Bulgarelli gioca un calcio in prosa: egli è un "prosatore realista"; Riva gioca un calcio in poesia: egli è un "poeta realista".
(continua nel prossimo post)

Rupert
15-June-2014, 17:13
(Continuazione, seconda parte)

Corso gioca un calcio in poesia: ma non è un "poeta realista": è un poeta un po' maudit, extravagante.
Rivera gioca un calcio in prosa: ma la sua è una prosa poetica, da "elzeviro".
Anche Mazzola è un elzevirista, che potrebbe scrivere sul "Corriere della Sera": ma è più poeta di Rivera; ogni tanto egli interrompe la prosa, e inventa lì per lì due versi folgoranti.
Si noti bene che tra la prosa e la poesia non faccio distinzione di valore: la mia è una distinzione puramente tecnica.
Tuttavia intendiamoci; la letteratura italiana, specie recente, è la letteratura degli "elzeviri": essi sono eleganti e al limite estetizzanti; il loro fondo è quasi sempre conservatore e un po' provinciale... insomma, democristiano. Fra tutti i linguaggi che si parlano in un Paese, anche i più gergali e ostici, c'è un terreno comune: che è la "cultura di quel Paese: la sua attualità storica.
Così, proprio per ragioni di cultura e di storia, il calcio di alcuni popoli è fondamentalmente in prosa: prosa realistica o prosa estetizzante (quest'ultimo è il caso dell'Italia): mentre il calcio di altri popoli è fondamentalmente in poesia.
Ci sono nel calcio dei momenti esclusivamente poetici: si tratta dei momenti del "goal". Ogni goal è sempre un'invenzione, è sempre una sovversione del codice: ogni goal è ineluttabilità, folgorazione, stupore, irreversibilità. Proprio come la parola poetica. Il capocannoniere di un campionato è sempre il miglior poeta dell'anno. In questo momento lo è Savoldi,. Il calcio che esprime più goal è il calcio più poetico.
Anche il "dribbling" è di per sé poetico (anche se non "sempre" come l'azione del goal). Infatti il sogno di ogni giocatore (condiviso da ogni spettatore) è partire da metà campo, dribblare tutti e segnare. Se, entro i limiti consentiti, si può immaginate nel calcio una cosa sublime, è proprio questa. Ma non succede mai. È un sogno (che ho visto realizzato solo nei "Maghi del pallone" da Franco Franchi, che, sia pure a livello brado, è riuscito a essere perfettamente onirico).
Chi sono i migliori "dribblatori" del mondo e i migliori facitori di goal? I brasiliani. Dunque il loro calcio è un calcio di poesia: ed esso è infatti tutto impostato sul dribbling e sul goal.
Il catenaccio e la triangolazione (che Brera chiama geometria) è un calcio di prosa:esso è infatti basato sulla sintassi, ossia sul gioco collettivo e organizzato: cioè sull'esecuzione ragionata del codice. Il suo solo momento poetico è il contropiede, con l'annesso "goal" (che, come abbiamo visto, non può che essere poetico). Insomma, il momento poetico del calcio sembra essere (come sempre) il momento individualistico (dribbling e goal; o passaggio ispirato).
Il calcio in prosa è quello del cosiddetto sistema (il calcio europeo): il suo schema è il seguente:
catenaccio --> triangolazioni --> conclusioni
Il "goal"in questo schema, è affidato alla "conclusione", possibilmente di un "poeta realistico" come Riva, ma deve derivare da una organizzazione dei gioco collettivo, fondato da una serie di passaggi "geometrici" eseguiti secondo le regole del codice (Rivera in questo è perfetto: a Brera non piace perché si tratta di una perfezione un po' estetizzante, e non realistica, come nei centrocampisti inglesi o tedeschi).
Il calcio in poesia è quello del calcio latinoamericano: il suo schema è il seguente:
discese concentriche --> conclusioni
Schema che per essere realizzato deve richiedere una capacità mostruosa di dribblare (cosa che in Europa è snobbata in nome della "prosa collettiva"): e il goal può essere inventato da chiunque e da qualunque posizione. Se dribbling e goal sono i momenti individualistici poetici del calcio, ecco quindi che il calcio brasiliano è un calcio di poesia. Senza far distinzione di valore, ma in senso puramente tecnico, in Messico è stata la prosa estetizzante italiana a essere battuta dalla poesia brasiliana.

Pier Paolo Pasolini, da Il giorno, 3 gennaio 1971

Rupert
19-June-2014, 10:02
Ecco il bellissimo ritratto di Nereo Rocco vergato da Gianni Brera, maestro della cronaca e della prosa sportiva, nonche geniale inventore di moltissimi neologismi entrati a far parte della lingua italiana in modo indelebile:

Nereo Rocco ricordato da Gianni Brera (http://www.brera.net/gianni/articoli/rocco.html)

Mauro
20-June-2014, 21:57
Certo che fra Pasolini e Brera la poesia si spreca ... se poi penso a quanto è prosaico e cinico il calcio di oggigiorno allora mi viene male a pensare a come lo si sarebbe potuto esaltare invece di farne una macchina da polemica e da soldi (spesso sporchi).
In tutto ciò sono felice della sconfitta odierna della nazionale italiana che nulla ha fatto per dar vita alle parole di Pasolini davanti alla squadra di una nazione piccola e modesta che ha messo tanto cuore nei garretti.