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Sir Galahad
07-April-2013, 20:14
GUIDO CAVALCANTI

1637

Il grande poeta medievale Guido Cavalcanti fu amico di Dante Alighieri e con Dante condivise la passione politica. Guelfo di parte 'bianca', nel 1300 (l'anno del 'gran rifiuto' di Celestino V, del 'mezzo del cammin di nostra vita' dantesco, del papa Bonifacio VIII e del primo anno giubilare ) fu esiliato a Sarzana e dopo due mesi morì di malaria (perniciosa malarica, come si diceva allora). Nell'esilio della cittadina compose la sua ultima poesia:

Per ch'io non spero di tornar giammai, ballatetta, in Toscana,
va tu leggera e piana ritta alla donna mia che per sua cortesia
ti farà molto onore.
Tu porterai novelle di sospiri, piene di doglia e di molta paura:
ma guarda che persona non ti miri che sia nemica di gentil natura.Chè certo per la mia disavventura tu saresti contesa,
tanto da lei ripresa, che mi sarebbe angoscia
dopo la morte poscia pianto e novel dolore.
Tu senti ballatetta che la morte
mi stringe sì che vita m'abbandona
e senti come il cor si sbatte forte
per quel che ciascun spirito ragiona.
Tanto è distrutta già la mia persona
ch'io non posso soffrire:
se tu mi vuoi servire mena l'anima teco,
molto di ciò ti preco, quando uscirà dal core.
Deh! ballatetta, alla tua amistade,
quest'anima che trema raccomando:
menala teco nella sua pietate
a quella bella donna a cui ti mando.
Deh! ballatetta, dille sospirando, quando le sei presente:
'Questa vostra servente, vien per istar con vui,
partita da colui che fu servo d'amore':
Tu voce sbigottita e deboletta, ch'esci piangendo de lo cor dolente
con l'anima e con questa ballatetta
va ragionando della strutta mente.
Voi troverete una donna piacente di sì dolce intelletto
che vi sarà diletto davanti starle ognora.
Anima e tu l'adora, sempre nel suo valore.

Qualche giorno dopo, Guido Cavalcanti moriva.
(Secondo alcuni autori, questo sonetto è precedente all'esilio di Sarzana)

Cavalcanti, grande poeta stilnovista, amico di Dante e di Gianni Lapo ( Guido, io vorrei che tu, Lapo ed io...) segnò fortemente la Letteratura italiana, continuando la poesia dei trovatori in lingua d'oc e di oil, migliorandone certamente la vis poetica. Dante lo ricorda nella Divina Commedia ( Inferno, X e Purgatorio, XI).
Sull'amicizia fraterna tra Guido e Dante consiglio vivamente il libro:
'Biondo era e bello e di gentile aspetto' del neurochirurco lucchese Mario Tobino, Oscar Mondadori.

La malaria era diffusissima in Italia anche in quegli anni. L'umbro Iacopone da Todi, (poesia XI, versi 3-6), così scriveva:

A me la freve quartana,
la contina e la terzana,
la doppia cotidiana,
co la granne etropesia.

kaipirissima
07-April-2013, 20:55
Sbaglio o anche Dante morì di malaria?
ma queste foglie d'alloro con cui pittori li simboleggiano sono reali?

Sir Galahad
07-April-2013, 21:41
Sbaglio o anche Dante morì di malaria?
ma queste foglie d'alloro con cui pittori li simboleggiano sono reali?
Si pensa - senza averne documenti certi - che Dante contrasse la malaria e per essa ne morì. L'Italia - fino al ventennio fascista - aveva le paludi in cui imperava la malaria, questo è certo. E Dante morì anche nelle pianure mefitiche attorno a Ravenna.
Per quanto riguarda le foglie di alloro, Laurus nobilis (che nella mitologia greca e romana simboleggiava la Sapienza e la Gloria), esse cingevano realmente le teste di coloro che ne erano degni. Dante stesso sperò fino all'ultimo di avere cinto il capo di alloro nel suo bel San Giovanni (la chiesa di Firenze, di fronte al Duomo, in cui venivano coronati di alloro i poeti e gli uomini magni)

kaipirissima
07-April-2013, 22:39
Però Cavalcanti non fu mai insignito di tale onorificenza, no?
e Dante se la vide sfuggire nel 1313 (mi sembra)

Petraca, invece, l'ottenne nel 1341 però a Roma in Campidoglio

Quindi ste foglie sono un falso storico.

Sir Galahad
08-April-2013, 08:56
No, non è assolutamente un falso storico.
Il cingersi il capo di alloro (o di tralci di edera) è di origine antica, e lo troviamo negli antichi Greci e, anche, descritto in Orazio.
In Orazio, egli si presenta come cinto di alloro o di edera , rendendosi sacro al dio Bacco, in riti ; l'edera è il premio delle menti dotte (altrove comunque Orazio cita l'alloro per motivi identici) e rende tali persone simile agli dei, perché l'invasamento, in greco enthusiasmòs, significava contenere in sè il divino.

kaipirissima
08-April-2013, 15:00
ahhh OK.
grazie mille.

Indigowitch
13-June-2013, 23:24
"Signori, voi mi potete dire a casa vostra ciò che vi piace". Questa la frase che Boccaccio, nel suo Decameron, mise in bocca a Cavalcanti nella novella dedicata a lui. Consiglio a chi non l'avesse letta di farlo, perché è uno schizzo interessante della personalità di questo poeta, dall'inquietudine molto "moderna". ;)

Patrizia
24-June-2013, 13:01
.

In questo sonetto è magnificamente concentrata la sua idea di scrittura, di sentire poetico:

Noi siàn le tristi penne isbigottite,
le cesoiuzze e il coltellin dolente,
ch’avemo scritte dolorosamente
quelle parole che vo’ avete udite.
Or vi diciàn perché noi sian partite
e siàn venute a voi qui di presente,
la man che ci movea dice che sente
cose dubbiose nel core apparite;
le quali hanno destrutto sì costui
ed hannol posto sì presso a la morte
ch’altro non v’è rimaso che sospiri.
Or vi preghiàn quanto possiàn più forte
che non sdegniate di tenerci noi,
tanto ch’un poco di pietà vi miri.